L’ESSERE QUANTICO ABITUDINARIO (PARTE PRIMA)

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L’ESSERE QUANTICO ABITUDINARIO (PARTE PRIMA)

Tratto dalla Lezione del Corso di Counseling tenuta in data 21/03/2009

di Andrea Boni

Sommario.
I recenti ritrovati della fisica moderna inducono a dedurre che lo stato di coscienza di una persona
determina la tipologia delle sue reazioni agli eventi, ai problemi che emergono sul piano della
psiche e la scelta delle relative soluzioni. Grazie a una precisa conoscenza delle dinamiche
psichiche si può ampliare il punto di vista del soggetto cui è necessario infondere sicurezza nelle
scelte. Per agire con successo occorre apprendere chi siamo, chi è l’altro e comprendere le
relazioni fra noi e l’altro. Si deve sentire l’altro come parte di noi stessi e di quel Tutto col
quale dobbiamo necessariamente entrare in relazione per essere completi. Se si comprende
l’importanza del nostro ruolo all’interno del Cosmo e se si riscopre la nostra reale capacità di
aiutare l’altro, tutto diventerà più semplice per il cammino di crescita che di fatto rappresenta il
fine della nostra vita. In questo percorso, come evidenziato sia dalla Filosofia Samkhya che dai
risultati della Fisica moderna, la comprensione della relazione che intercorre fra osservatore ed
osservatorappresenta il punto cruciale . Questo articolo tratta dell’osservatore e dell’osservato, e
mostra come l’essere nel suo insieme sia di fatto un essere “quantico”, ovvero un essere in cui le
emozioni, i sentimenti, i pensieri, e tutto ciò che ne consegue, incluso il corpo stesso, sono
conseguenza dello stato di coscienza in essere.

Il Cervello: uno strumento potente per l’evoluzione.
Esistono tanti studi che evidenziano come l’Universo nel quale noi viviamo sia costituito di
informazioni. Si pensi che il nostro cervello ha la capacità di lavorare con circa 400 miliardi di
informazioni, ma noi abbiamo consapevolezza solo di 2000 di esse. Quindi c’è da chiedersi, quanto
siamo effettivamente consapevoli di cosa sia la realtà? In verità noi stiamo utilizzando una
piccolissima parte del nostro cervello. Per avere un ordine di valutazione, si consideri che il
cervello umano è mille volte più veloce del più veloce supercomputer oggi presente sulla terra. La
massa cerebrale contiene tanti neuroni quante sono le stelle della Via Lattea, circa 100 miliardi,
ed il numero di connessioni possibili fra essi è pressoché infinito. Inoltre, il cervello modifica
continuamente queste connessioni, ovvero è dotato di un fenomeno noto come neuro-plasticità, cioè
della capacità esistente in noi al livello cerebrale di poter modificare continuamente le
connessioni sinaptiche, strutturare nuove reti, e quindi dare vita a nuove modalità percettive, a
capacità di elaborazione e di apprendimento, a generazione di nuove emozioni o di abitudini. Quindi
dobbiamo renderci conto che il cervello è uno strumento estremamente potente e versatile che noi
abbiamo a disposizione e che in realtà viene utilizzato per una piccola parte delle sue piene
potenzialità.

Nell’ambito della psicologia e della filosofia dell’India antica questi aspetti, erano ben noti. I
Rishi vedici, i saggi indovedici, avevano questa conoscenza e avevano anche la capacità, grazie al
loro elevato stato di consapevolezza, di poter attingere pienamente alle potenzialità del cervello e
della mente. Noi invece stiamo utilizzando questi strumenti poco e male. Come tutti gli strumenti
che abbiamo a disposizione, il cervello e l’apparato psichico nel suo insieme, ci vengono forniti al
fine di conseguire progressivamente una evoluzione della coscienza, e di accedere quindi a livelli
di consapevolezza sempre più elevati nei quali è possibile percepire la vera essenza della
personalità, e come naturale conseguenza sentirsi parte del Tutto e in unione con Esso. Questo è uno
degli aspetti più interessanti della Cultura Indovedica che si discosta da quella occidentale.
Infatti, mentre secondo la scienza occidentale classica, in linea con l’approccio di Darwin,
l’evoluzione è spiegata come conseguenza di una modificazione genetica, sostanzialmente una
evoluzione della struttura fisica a partire da una forma primitiva fino ad arrivare a una
apparentemente più evoluta, nella Cultura Orientale e dell’India Antica in particolare, questa scala
evolutiva altro non è che un effetto di una evoluzione di coscienza, l’essenza della parte più
profonda della personalità.

Come spiegano anche i risultati più recenti della Fisica quantistica, ma già presenti nella cultura
dello Yoga, del Vedanta, delle Upanishad e dei Purana, è la coscienza a creare la realtà. E’ la
coscienza che modifica le strutture neurali, i geni, e da forma al percepito (la materia). In questo
articolo vedremo come sia il nostro stato di coscienza a modificare anche struttura cerebrale, che
poi condiziona certi automatismi che si manifestano nel comportamento, nell’umore, nella tipologia
di emozioni. Da qui l’importanza di cambiare paradigma nella nostra visione di base. Questo è
proprio il punto di vista fondamentale di una parte della scienza di oggi ed è caratteristico del
portato, non solo indiano, ma della cultura orientale in generale.

Il paradigma personale.
Quando noi viviamo come soggiogati da meccanismi mentali (bolle psichiche) pensiamo che quella che
percepiamo sia la sola realtà e non riusciamo ad andare al di fuori di quella ristretta visione che
costituisce il nostro paradigma personale. Ecco che determinante risulta essere il ruolo di una
personalità esterna (una guida spirituale, il counselor, ecc.), che ci illumini fornendoci un’altra
prospettiva e che ci convinca che abbiamo dentro di noi tutte le risorse per riscoprire la parte più
profonda e luminosa della nostra personalità, con la quale sollevare la nostra condizione, al fine
di accedere a piani di consapevolezza più vasti a partire dai quali è possibile vedere la soluzione
dei problemi e di fatto modificare la realtà.

La nostra vita è governata da credenze inconsce mai esaminate, le quali operano a livelli
sotterranei, quelli della coscienza ottenebrata. Si tratta di convinzioni che riguardano il nostro
valore e la nostra competenza. Convinzioni depositatesi durante l’esperienza già vissuta nel corpo e
tuttora operanti nel determinare sia il modo in cui ci poniamo in relazione col mondo, sia la nostra
struttura psicofisica. Infatti, oltre a quell’apparato hardware che è lo strumento fisico costituito
dal cervello, siamo dotati di un apparato molto più sottile, molto più profondo, che è rappresentato
da tutta la componente psichica nel suo insieme, contraddistinta dalla mente, dall’intelligenza, e
dalla mente profonda nella quale si sono depositate, attraverso diverse esperienze, tante
impressioni e credenza che, da lì, a nostra insaputa, ci guidano. Tale deposito è l’inconscio, il
karmashaya. Esso opera proprio come se si trattasse di un pilota automatico, una struttura
programmata e tutto dipende dai dati che vi abbiamo deliberatamente inserito. Siamo di fatto
pilotati da innumerevoli credenze inconsce che si sono depositate all’interno della nostra mente
profonda e che definiscono un paradigma personale che condiziona il nostro comportamento ed il modo
con cui ci rapportiamo agli altri. Ecco perché i Santi di tutte le Tradizioni hanno evidenziato la
necessità di operare un lavoro profondo di pulizia della mente, al fine di acquisire un’altra
prospettiva. Questo aspetto è anche molto in relazione con l’equilibrio sociale e con quella che è
la visione più olistica della vita. Perché, come ci insegnano le Upanishad, c’è una stretta
relazione fra il micro e il macro cosmo, e dunque ciò che accade dentro di noi, nel nostro piccolo,
rispecchia anche quello che succede poi al livello della Società, e viceversa. In questo senso si
inserisce il discorso dell’inconscio collettivo, spiegato e introdotto da C. G. Jung, del quale non
siamo esenti perché tutti noi siamo in rete come parte di un’unica realtà. Diventa quindi importante
acquisire una visione olistica della vita piuttosto che rimanere in quella frammentata.

Un nuovo paradigma.
Ciò è sempre più difficile al presente poiché la società di oggi è fortemente basata su di una
visione meccanicistica, piuttosto che olistica. Cosa vuol dire questo? Fondamentalmente la fisica, a
partire dal 1600 circa, grazie all’introduzione del metodo scientifico da parte di Galilei, ha
introdotto leggi postulate da Padri Fondatori, grandi menti della fisica classica e allo stesso
tempo anche spiritualisti dedicati, come Newton [Sir Isaac Newton, 04.01.1643 – 31.03.1727], i
quali, da intelligenze superiori quali erano, avevano studiato la Natura e dedotto dei modelli che,
nel contesto studiato, rappresentavano bene le leggi di funzionamento del mondo fenomenico. E’
questo il periodo noto come il “periodo delle scienze esatte”, in cui ogni principio o legge è
scientificamente tale se e solo se validata dall’esperimento. In sostanza da allora si è proceduto
con la fiducia nel fatto che la mente umana potesse trarre dalla sperimentazione le leggi e la
spiegazione della struttura dell’Universo e dei suoi fenomeni. Dal ‘600 al ‘900 sono state così
elaborate diverse teorie scientifiche che hanno fatto progredire ogni ramo della scienza portando
sicuramente contribuiti di indubbio valore. Tra le tante, citiamo la legge della gravitazione di
Newton, sulla quale si fonda tutta la astronomia; la teoria ondulatoria della luce di Fresnel, sulla
base della quale si è sviluppata l’ottica; la teoria di Maxwell che regge tutti i fenomeni
dell’elettromagnetismo; la teoria di Dalton, che costituisce la base di tutta la chimica, ecc. Di
fronte ai risultati ottenuti da questi studi, l’uomo si è convinto che qualsiasi avanzamento
scientifico, qualsiasi conoscenza, può essere ottenuto in virtù della logica del raziocinio tramite
evidenze sperimentali. Ciò ha portato ad una visione duale, meccanicistica e frammentaria della vita
che ha allontanato da una prospettiva unitaria del creato, da cui sono sorte tutte le conseguenze
degradanti sia al livello individuale che sociale.

A partire dall’inizio del ‘900, tuttavia, sono stati fatti molti studi che hanno messo completamente
in discussione questi modelli e, studiando la materia nella sua parte più infinitesimale, hanno
invece evidenziato che è enormemente più autentico il concetto di Unità e di quanto noi facciamo
parte di un’unica Realtà nella quale, pur con la nostra peculiarità, siamo immersi interagendo con
gli altri. I fondatori di questa fisica moderna – la fisica Quantistica – si sono interrogati su
questi aspetti e all’inizio non si sono trovati molto a loro agio di fronte a determinati risultati
che emergevano via via dagli esperimenti. Questo proprio perché tali risultati contraddicevano
quelli dedotti in trecento anni di studi classici. Ciò ha portato ad un diversificato e affascinante
confronto sul concetto di realtà.

La maggior parte delle persone pensa che la realtà sia costituita da ciò che i sensi presentano e
per quattrocento anni la scienza ha condiviso e rafforzato questa impostazione. “Se non si può
percepire con i nostri sensi non è reale”. Questa è stata la convinzione che ha guidato la nostra
società, il nostro modo di studiare la materia, e, necessariamente, il nostro modo di relazionarci
con gli altri. Infatti gli studi e i conseguenti risultati della fisica, e delle scienze in
generale, influenzano inevitabilmente anche l’aspetto sociale e quello relazionale. Intra e infra
relazionale. Le conclusioni ottenute dalle scoperte della fisica moderna, datate ormai cento anni,
evidenziano aspetti molto importanti che inferiscono sul contesto sociale e relazionale e detti
risultati sono così importanti che non è possibile non tenerne conto. Ciò che si è osservato è che
quando si considera qualsiasi oggetto – ad esempio un tavolo – nella sua struttura più profonda, non
soltanto al livello di nome (nama) o di forma (rupa), ma soprattutto nel suo livello energetico
(shakti), si appercepisce una struttura molto diversa da quella che ci potremmo aspettare perché,
per esempio, pur pensando che per il tavolo si tratti di una struttura solida, ci accorgeremmo che
non è assolutamente così. Anche il nostro corpo al 99% è fatto di “vuoto” . Alcuni fisici affermano
infatti che è veramente un miracolo che noi riusciamo a stare in piedi, perché tutto è
apparentemente composto da “vuoto” e noi siamo appoggiati su qualcosa che è “vuoto”. Si tratta di un
fatto estremamente sconvolgente che ci indica come la realtà sia qualcosa di ben diverso da quello
che noi sperimentiamo con i sensi. P

er fortuna ci sono stati pensatori e scienziati che hanno avuto la sensibilità di capire e
comprendere l’importanza di queste osservazioni e quindi hanno studiato ancora più approfonditamente
la materia e, a loro volta, hanno proposto postulati che cercavano di spiegare la Realtà secondo una
nuova prospettiva. Ad esempio uno di questi scienziati, è stato il fisico David J. Bohm (1917 –
1992) ebreo ungherese – lituano, un poco messo da parte dalla Comunità Scientifica, come accade
purtroppo spesso a chi fornisce teorie “fuori dal coro”. Bohm fece diversi studi nell’ambito della
Fisica Quantistica, e fornì anche una definizione approfondita di Ordine Implicito ed Esplicito,
avvicinandosi con questi concetti agli insegnamenti millenari tramandati dai Veda. Infatti Bohm fu
in stretto contatto con Krishnamurti (1885 – 1986) e insieme scrissero anche un interessantissimo
libro impostato tra Scienza e Spiritualità. Il suo lavoro, tuttavia, non è così diffuso in
Occidente, purtroppo, a causa di una parziale “censura” dovuta a ignoranza e scetticismo, proprio
come accaduto in ambito psicologico a diversi scienziati che hanno cercato di avere un approccio non
di stampo meccanicistico a questa disciplina. E’ il caso ad esempio di Karl Gustav Jung, padre
fondatore della visione psicoanalitica che ha portato un contributo immenso alla definizione del sé
e dell’inconscio collettivo integrando ed espandendo il lavoro del suo maestro Sigismund Schlomo
Freud (1856 – 1939). Come succede nei corsi universitari di Fisica per Bohm, allo stesso modo Jung
non viene studiato approfonditamente nei corsi di Psicologia, anzi, più facilmente viene messo da
parte e citato solo ogni tanto. Insomma, c’è proprio la volontà automatica di mettere da parte certi
punti di vista più innovativi, che si distaccano da quella che è la visione prevalente nella società
di oggi.

Il modello Quantistico.
Mettendo insieme i risultati della Fisica Classica e della Fisica Moderna, possiamo quindi osservare
che i fenomeni del mondo sensibile possono essere descritti da due modelli distinti a seconda che ci
riferiamo al Macro o al Micro. Al livello macroscopico, i fenomeni sono descritti dal modello
newtoniano messo per iscritto secoli fa. Tuttavia, quando pensiamo ad una scala molto piccola, al
livello degli atomi, ci accorgiamo che quelle leggi non valgono più e che devono esserne applicate
altre, quelle del modello Quantistico. Mentre il primo modello è sostanzialmente deterministico, il
secondo è prevalentemente probabilistico, ovvero lo stato finale assunto dall’osservato è uno tra
diverse possibilità probabili a priori, e dipendente dall’osservatore. Tuttavia il fatto rilevante è
che ciò che succede al livello macroscopico è conseguenza di ciò che succede al livello
microscopico. Ovvero, come spiega Bohm, c’è un Ordine implicito che sottende la nostra realtà macro,
che è quindi basata su un ordine più profondo, un ordine che nella cultura Indovedica veniva
definito con il nome di Dharma. Si tratta dell’Ordine Etico Universale. L’Ordine che sta alla base
di tutto e sulla base del quale viene costruito l’ordine esplicito, quello tangibile. A livello
esplicito si manifestano nomi e forme, le differenze; mentre al livello implicito c’è una unità
nella quale ogni essere ha le sue peculiarità. Ecco quindi che questa nuova scienza è, appunto,
olistica, una scienza del tutto piuttosto che una scienza riduzionistica. E in essa assume
importanza fondamentale la figura dell’osservatore, ed in particolare la coscienza.

La dualità onda-particella e la manifestazione della realtà sensibile.
Il fenomeno della coscienza è stato preso in considerazione come determinante nella manifestazione
della realtà sensibile solo a seguito dell’avvento dei primi esperimenti di Fisica Quantistica, e
comunque qui in Occidente gli studi sulla coscienza sono in ogni caso assolutamente recenti.

Lo studio della fisica delle particelle è stato il presupposto per intuire il ruolo centrale della
coscienza nella manifestazione della realtà sensibile.
Già alla fine dell’ottocento al livello microscopico si è visto che la materia è composta di atomi,
strutture base che la compongono. Ciò è un fatto ben noto nella Cultura del Vedanta e del
Vaisheshika, in cui è spiegata con grande precisione la struttura atomistica della materia. In
seguito si è scoperto che l’atomo è composto di particelle elementari – protoni, elettroni e
neutroni, in cui gli elettroni si muovono attorno ad un nucleo composto da neutroni e protoni. In
particolare si è visto che una particella, ad esempio un elettrone, in generale, ha un comportamento
anomalo: Esso può comportarsi sia come onda di energia, sia come un elemento corpuscolare. Si deve a
Erwin Rudolf Josef Alexander Schrödinger (1887 – 1961) la definizione di una funzione d’onda, e di
un’equazione che porta il suo nome, che modella matematicamente la particella-elettrone espressa
come “onda” e grazie alla quale è possibile rappresentare in termini probabilistici la sua posizione
all’interno di un atomo. Più o meno nello stesso periodo in cui Schrödinger ha definito l’equazione
della funzione d’onda, Werner Karl Heisenberg (1901 – 1976) ha postulato il suo principio di
indeterminazione, secondo cui è esplicitata l’impossibilità di conoscere con esattezza la realtà
attraverso i sensi.

Infatti, dalla definizione dell’elettrone in quando onda di probabilità, Heisenberg ha osservato che
non è possibile definire simultaneamente la posizione e la velocità dell’elettrone; nota una rimane
indefinita l’altra. Si è inoltre osservato che la particella, oltre alle caratteristiche di onda,
poteva assumere, sotto altre condizioni, delle connotazioni di corpo corpuscolare vero e proprio,
dotato di massa, e di tutti gli attributi connessi. Ciò che fa la differenza tra una manifestazione
della particella come onda ed una come corpuscolo, è la presenza di un osservatore, e quindi della
coscienza. In assenza di un osservatore che considera il suo movimento, il suo comportamento, questa
entità di energia si comporta come un’onda, se invece c’è un osservatore che misura l’oggetto, essa
si manifesta come una massa, come una particella. Ciò è qualcosa che ha sconvolto completamente la
comunità degli scienziati per tutte le implicazioni che possono derivare non soltanto a livello
scientifico, che sono pure importanti, ma anche e sopratutto a livello filosofico e sociale, poiché
questo fenomeno ha una grossa influenza circa l’interpretazione della realtà, in quanto i risultati
degli esperimenti affermano che la manifestazione al livello grossolano della realtà dipende
essenzialmente da un osservatore. La realtà è formata da un insieme di possibilità, e quella che si
manifesta è una tra tante possibili, definita per il sovrapporsi di una coscienza.

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