Il fondamento logico della “febbre”

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Il fondamento logico della “febbre”

del Dr. Herbert Shelton

Tratto da “Scienza & Salute”, novembre 1989

La febbre costituisce un indice delle capacità reattive del corpo

Nella sua oggi famosa conferenza su ” La Vera Arte Guaritrice”, tenuta allo Smithsonian Institute
nel Febbraio 1862, il Dr. Trall dichiarava:
«La febbre non ha una sede; essa è un’azione. Non dimenticate la domanda fondamentale: che cosa è la
malattia? La febbre è una forma patologica e come tale è un processo di purificazione; pertanto essa
sarà uno dei metodi attraverso cui il sistema si libera della materia morbosa». «Per quanto tempo
ancora i medici si spremeranno il cervello e consumeranno carta e inchiostro per cercare UNA COSA
CHE NON E’ AFFATTO TALE,e tentare di trovare una sede per una malattia che non ha nessuna
ubicazione?»

L’idea qui espressa, vale a dire che la febbre non è altro che una parte dei processo generale di
ricostruzione e purificazione che è la malattia, e che la febbre è salubre o benefica, è stata
sostenuta dagli Ortopatici, dagli Idropatici e dal Naturopatici nonchè dai Fisiomedici sin dalla
loro origine. L’idea venne derisa dalla professione medica “regolare”, sebbene, come dimostreremo
più tardi, essa, oggi, inizi a farsi strada anche tra loro. Si dice, in realtà, che Ippocrate abbia
detto: «Datemi la febbre e curerò qualsiasi malattia», ma Ippocrate certo non può essere
classificato come un “regolare”. Egli fu una via di mezzo tra un moderno idropatico ed un
fisiomedico.

L’idea fisiomedica della febbre è visibile nella seguente citazione tratta da “Fisiomedicin” del Dr.
J. S. Thomas:
«Da ora in poi ci batteremo per sostenere quanto abbiamo detto, e cioè che LA MALATTIA E’ UNA
CONDIZIONE CHE DIMINUISCE L’ENERGIA DI QUELLA FORZA CHE SOSTIENE E MANTIENE LA VITA , e che
L’IRRITAZIONE, L’INFIAMMAZIONE E LA FEBBRE sono semplici manifestazioni della forza vitale di
restaurare la condizione originaria».

Continuando: «Queste azioni vitali (le azioni della malattia) sono tutte benefiche per il paziente,
e dovrebbero essere aiutate invece di essere soffocate. LA FUNZIONE SOSPESA DELLA SUPERFICIE CUTANEA
PRIMA Di UN ATTACCO Di BRIVIDI (SENSAZIONE DI FREDDO) non può ESSERE RIPRESA SENZA LA FEBBRE , e
nessuna lacerazione della carne può essere risanata senza quel processo fisiologico chiamato
infiammazione, che insieme alla febbre, loro (Allopatici ed Omeopatici) trattano come ‘malattia’».
Il dr. Joel Shew nel suo “Il medico di famiglia Idropatico”, dichiara: «Qualsiasi sia la verità a
proposito della natura e della tendenza generale della febbre, bisogna però sottolineare il fatto
che i pazienti, quando convenientemente curati, e non danneggiati da misure rigide ed arbitrarie,
dopo un attacco stanno molto meglio. Ciò si osserva addirittura dopo certe febbri che hanno avuto
origine nella malattia».

E’ stato detto che “l’infiammazione è una febbre locale e che la febbre è un’infiammazione
generale”. Se con questo si vuol dire che entrambe sono parte dello stesso processo di guarigione,
non abbiamo nulla da obiettare.
Un’infiammazione generale però per poter esistere ha bisogno di un quantitativo sufficiente di
sangue che la produca. La febbre, da parte sua, è piuttosto una reazione generalo dei sistema nel
caso in cui irritazione ed infiammazione sono estese e, in una certa misura colpiscono anche organi
interni.
Di regola, le febbri sono precedute da una sensazione di freddo. Questa è dovuta al ritiro del
sangue dalla superficie del corpo e causa una sospensione dell’irraggiamento dei calore cutaneo; a
tale sospensione segue la febbre. La febbre non solo metto le cellule dell’interno dei corpo in
condizioni di accelerare le proprie attività, ma assicura anche il calore della superficie dei corpo
che altrimenti rimarrebbe fredda.

Le cellule di tutti i tessuti e liquidi colpiti da febbre ed infiammazione si ingrossano. Ciò è
dovuto ad un’accresciuta essudazione di liquidi dal sangue nelle parti colpite, che ha come effetto
un maggior nutrimento ed una più rapida crescita. Questo aumento della temperatura corporea durante
le infiammazioni e le febbri è costante, ed è impossibile che queste si sviluppino senza che si
abbia un temporaneo aumento della quantità di materia vivente nelle zone interessate. Nelle cellule
si osserva sempre un aumento dei processo nutritivo.
Forse per spiegare meglio il fondamento logico della febbre, prendiamo in esame i movimenti di una
ameba in diverse condizioni di temperatura. Per autonoma che tale creatura monocellulare possa
apparire, essa in realtà è incapace, senza un’influenza esterna, di accelerare le proprie funzioni
al di sopra dei proprio standard fisiologico e, parimenti, di rallentarle o bloccarle.
Se la temperatura dell’ambiente in cui si trova viene aumentata di pochi gradi, i suoi movimenti,
precedentemente forse lenti e fiacchi, immediatamente si rinvigoriscono: l’attività vitale cellulare
aumenta. UN AUMENTO DELLA TEMPERATURA E’ NECESSARIO AD AUMENTARE L’ATTIVITA’ VITALE.

Una diminuzione della temperatura sortisce l’effetto contrario. Se il liquido in cui si trova
l’ameba viene gradualmente raffreddato, la cellula gradualmente cessa i suoi movimenti ed attività
e, alla fine, diventa un semplice globulo inerte capace di riprendere le sue attività originarie
soltanto una volta che la temperatura sarà stata aumentata. UNA RIDUZIONE DELLA TEMPERATURA RIDUCE
L’ATTIVITA’ CELLULARE.
Se la temperatura viene aumentata troppo, i movimenti della cellula gradualmente cessano. Ad un
certo grado di calore, la cellula diventa rigida e inerte e può riprendere a funzionare soltanto
dopo averne fatto scendere la temperatura. IL CALORE ECCESSIVO BLOCCA L’ATTIVITA’ CELLULARE.
Noi possiamo aumentare la temperatura dell’ameba quanto vogliamo in quanto siamo noi stessi che,
dall’esterno, forniamo il calore; questo, infatti, non è prodotto della sua attività cellulare. Nel
corpo, durante la febbre, le cose vanno diversamente. Il calore è il risultato della stessa attività
corporea, e se esso supera una certo soglia, l’attività cellulare viene automaticamente rallentata e
la produzione di calore diminuita. ESISTE QUINDI UN CONTROLLO AUTOMATICO DELL’AUMENTO DELLA
TEMPERATURA.

Una delle funzioni principali della pelle è quella di regolare la temperatura corporea. Il calore
viene diffuso attraverso la pelle, soprattutto attraverso la sudorazione. Il corpo viene raffreddato
dall’evaporazione dei sudore; qualsiasi liquido, infatti, evaporando assorbe calore. Il sudore,
evaporando, sottrae calore al corpo.
Regolando la quantità di sangue che raggiunge la pelle, viene controllata la fuga di calore dal
corpo. Più sangue è nella pelle, più calore verrà emanato dal corpo. Se il corpo viene raffreddato,
i vasi sanguigni della pelle si contraggono. Ciò obbliga il sangue a defluire dalla superficie verso
l’interno del corpo e a conservare il suo calore. Quando il corpo è caldo, i vasi in superficie si
dilatano, permettendo così a quantità maggiori di sangue di raggiungere la pelle e dissipare così
parte dei loro calore.
Vi sono due categorie di nervi preposte a regolare la conservazione e l’emanazione dei calore:
quelli vasomotori, che controllano la contrazione e la dilatazione dei vasi sanguigni, controllando
pertanto il flusso sanguigno, e quelli secretori che stimolano le attività delle cellule
ghiandolari. Generalmente ad un aumentato flusso sanguigno si accompagna un’accelerazione
dell’attività ghiandolare, sebbene talora capiti – nel caso di soggetti molto nervosi o di shock –
che si abbia una profusa traspirazione appiccicaticcia contemporaneamente ad una diminuzione dei
flusso sanguigno. La secrezione del sudore è regolata dal sistema nervoso. I centri ad essa
preposti, situati nel midollo spinale, vengono attivati dal moto, dalle variazioni della temperatura
esterna, da emozioni, da molte sostanze e spesso da un aumento della temperatura dei sangue
circolante nello stesso midollo spinale.

Il corpo non solo regola l’emanazione dei calore, ma ne regola pure la produzione e la
distribuzione. Capita spesso in soggetti motto deboli o in casi di shock che la capacità dei corpo
di produrre o conservare calore sia ridotta, cosicché la sua temperatura scende al di sotto del
normale. In molti stadi di una malattia acuta, la temperatura è al di sopra dei normale e si dice
che il paziente ha la febbre.
FEBBRE E’ UN SEMPLICE AUMENTO DI QUALCHE GRADO DELLA NORMALE TEMPERATURA CORPOREA.
Durante la febbre, di solito si ha una produzione di calore maggiore rispetto alle condizioni
normali, sebbene il calore prodotto non eguagli mai quello provocato da un violento esercizio
fisico. Questa differenza di calore prodotto è dovuta al fatto che la febbre non è tanto una maggior
produzione di calore, ma piuttosto una diminuzione della sua emanazione. L’emanazione attraverso la
pelle viene sospesa e non sempre alla febbre si accompagna un aumento di produzione di calore.

La febbre, invece, si accompagna spesso ad una ridotta capacità respiratoria, come nel caso della
polmonite, e all’introduzione nel sangue di un quantitativo di ossigeno ridotto rispetto al normale,
con una successiva riduzione nella formazione ed espulsione di acido carbonico. L’infiammazione e la
febbre non dipendono necessariamente da un aumento dei processo di ossidazione. La febbre non è un
processo di “combustione”, né per quanto concerne il corpo né per quanto concerne le cause della
malattia, malgrado sia una parte essenziale di qualsiasi malattia acuta.
Febbri ed infiammazioni leggere non necessariamente provocano dei cambiamenti permanenti nei
tessuti. Molte di loro passano senza lasciare la benchè minima traccia; non provocano la
degenerazione di alcun tessuto organico, né cambiamenti strutturali. Non rimane, insomma, alcuna
traccia della battaglia svoltasi. Dopo una febbre o un’infiammazione l’organismo può presentarsi
esattamente come era prima che iniziasse la battaglia; o, addirittura – in quei casi in cui la
febbre non sia stata soffocata, ma lasciata libera di svilupparsi – l’organismo appare rinnovato e
purificato.

Laddove, dopo una febbre, il corpo, o una sua parte, risulta danneggiato la causa del danno non va
ricercata nella febbre, ma piuttosto nelle misure adottate per sopprimerla; non è la febbre in sé
che danneggia il corpo, bensì tutti i metodi usati per sopprimerla. La febbre in sé è una parte
essenziale del processo acuto; essa ha un ruolo salutare e costruttivo e non è mai fatale o dannosa.
La presenza della febbre è un segno della – salute che ritorna e, allo stesso tempo, una prova che
il corpo possiede ancora sufficiente vigore vitale per battersi contro i nemici della vita.
La crisi o svolta di una febbre è solitamente caratterizzata da una ripresa della sudorazione, che
precedentemente era stata sospesa, e dal conseguente calo di temperatura corporea. Durante la
febbre, la pelle di solito è secca.
Quando vi è un’infezione intestinale, come, ad esempio, nella febbre tifoidea, e vi è la necessità
di fare affluire grossi quantitativi di sangue all’intestino, il sangue viene “sottratto” alla
superficie corporea ed il risultato è una sensazione di freddo. L’«insorgere» della febbre è
preannunciato da un brivido, il quale ha lo scopo specifico di sospendere l’irradiazione
superficiale dei calore corporeo. Durante questa sensazione di freddo, la temperatura superficiale
dei corpo potrà anche mantenersi normale; in cambio, quella dell’interno aumenterà.

Il “ritiro” del sangue dalla superficie del corpo e la sua concentrazione all’interno squilibra la
circolazione e disturba la pressione sanguigna. Automaticamente, ciò aumenta la rapidità
dell’attività cardiaca, la quale, a sua volta, accelera la respirazione. In questo modo, come
vedremo più avanti, si soddisfano altri due requisiti essenziali ai fini della guarigione.
L’aumento della febbre sarà determinato da:
1) La capacità di reazione del malato, e
2) La virulenza e quantità di tossine contro cui si oppongono le forze della vita. Di questi due
fattori, la capacità di reazione del malato è quello che maggiormente contribuisce a far alzare la
temperatura. Individui giovani e vigorosi facilmente sviluppano febbri molto alte in risposta a
cause minori, mentre gli anziani o gli individui deboli sono spesso incapaci di sviluppare una
febbre difensiva contro le tossine più virulente. Il fatto che la febbre abbia uno scopo
specificamente benefico ha cominciato a penetrare nel cervello degli Eteropatici.

Prima di fornire qualsiasi altra testimonianza medica su questo fatto, desidero citare il dr. Shew,
“Il medico di famiglia Idropatico”: «Il pericolo nelle febbri non è proporzionale all’aumento di
temperatura e allo stato di eccitazione che si manifestano, come è opinione di molti, bensì allo
stato di debilitazione. Prove di questa sono la gran rapidità e la debolezza dei polso, cosi come la
debolezza dei corpo in genere. Se il polso rimane a lungo sul 140/150 non vi possono essere molte
possibilità di ripresa; sappiamo di casi di ripresa con il polso a 160, sebbene si debba ammettere
che casi del genere tra gli adulti sono piuttosto rari. Il dr. Heberden conosceva addirittura di un
caso di ripresa da febbre dopo che il polso aveva raggiunto i 180. Fatti di questo tipo dovrebbero
essere resi noti, sia per l’incoraggiamento dei paziente che per quello dei medico».
Venendo ora alle testimonianze mediche, un’autorità europea, F. A. Riquez dichiara (Patologia
Generale): «La febbre è una reazione di difesa organica, e, come tale, andrebbe protetta e non
osteggiata. Le infezioni febbrili generalizzate sono più pericolose quando si sviluppano
apireticamente (senza febbre), come, ad esempio, la polmonite negli anziani, il colera, la
difterite, ecc».

Schiller dichiara: «La febbre che non uccide rinvigorisce».
La Selezione Letteraria del 14 Giugno 1924, cita il dr. Oliver Heath, quando dice sul “Lancet”,
un’autorevole rivista medica britannica: «Per anni un aumento di temperatura è stato considerato
come un male di per sé terribile – alla stessa stregua in cui oggi siamo soliti considerare un
aumento della pressione sanguigna – ed ogni trattamento per la cura di uno stato febbrile ha avuto
sempre come obiettivo primo la sua riduzione».
«L’esperienza dei farmaci antipiretici ha sollevato però qualche dubbio sugli effettivi benefici che
dovrebbero derivare da un abbassamento della temperatura, mentre alcuni esperimenti hanno dimostrato
che in condizioni infettive qualche grado in più risulta benefico: animali con febbre si sono
dimostrati capaci di resistere a delle infezioni che, in condizioni normali, sarebbero risultate
fatali»

Emerson, che considera la febbre come una misura protettiva. dichiara: «Si potrebbe dire, in
generale, che l’aumento della temperatura non è in realtà indicativo della gravità del caso; le
temperature più alte, di solito, si hanno nelle febbri meno gravi, come la malaria o le febbri di
ricaduta, mentre nelle forme più gravi, nelle infezioni rapidamente fatali, può non esservi affatto
aumento di temperatura. In questo caso, è come se il corpo fosse incapace di usare la febbre come
difesa contro l’infezione».

Dal nostro punto di vista, l’aumento della temperatura, il valore che essa raggiunge, è indicativo
delle forze di reazione del corpo: un indice delle sue capacità combattive. Le “infezioni
rapidamente fatali” sono tali perchè non vi è alcuna forza combattiva, ed è sempre per questo motivo
che le forze Vitali vengono talmente indebolite dall’infezione da non riuscire a sviluppare una
febbre, o, al massimo, da svilupparne una molto bassa.
Riassumendo quanto abbiamo detto finora: LA FEBBRE E’ UN AUMENTO NECESSARIO DELLA TEMPERATURA
CORPOREA, VOLTO A METTERE IL CORPO, 0 UNA SUA PARTE 0 PIU’ PARTI, NELLE CONDIZIONI Di AFFRONTARE IN
MODO EFFICACE, E DI DISTRUGGERE, ALCUNI NEMICI DELLA VITA CHE MINACCIANO L’ORGANISMO NONCHE’ DIRETTO
A PORRE RIMEDIO AD ALCUNI DANNI DA QUESTO SUBITI.

La febbre è assolutamente essenziale ai fini del processo acuto; essa non supera mai i limiti di
sicurezza. Perchè la febbre si sviluppi, devono essere soddisfatte due condizioni essenziali:

1. Sospensione dell’emanazione di calore attraverso la pelle.
2. Aumento della produzione dei calore prodotto all’intorno dei corpo.

Un aumento della produzione di calore richiede un aumento dell’ossidazione. Perchè questa si
verifichi, è necessario un maggior quantitativo di ossigeno, oltre che una circolazione più rapida.
Perchè queste due richieste vengano soddisfatte, nelle malattie acute si osservano una respirazione
ed una attività cardiaca accelerate. Vediamo, quindi, come questi due sintomi di malattia
accelerazione dell’attività cardiaca e di quella respiratoria – servano in realtà a degli scopi
benefici ben precisi.
La produzione di calore non è, durante la febbre, così pronunciata come nel caso della corsa o di
altre attività fisiche impegnative; tuttavia, venendo sospesa l’emanazione attraverso la pelle, esso
rimane nel corpo. La respirazione e l’attività cardiaca osservate durante la febbre non sono rapide
come quelle osservate durante una corsa. Quando si sta compiendo uno sforzo impegnativo, la
sudorazione sottrae calore al corpo e impedisce così alla temperatura di elevarsi. La sospensione,
pertanto, dell’emanazione dei calore attraverso la febbre. è l’elemento più essenziale perchè questa
si sviluppi.

A costo di apparire ripetitivo, mi prendo la libertà di citare il seguente passo, scritto dalla
penna del dr. William F. Havard, uno dei più illustri Naturopatici del mondo: «Vi sono tre
manifestazioni o sintomi cardinali che si osservano in tutte le malattie acute: aumento di
temperatura, accelerazione del battito cardiaco o dei polso, e accelerazione dell’attività
respiratoria. L’accresciuta attività cellulare indica che c’è un aumento nella richiesta di
ossigeno. Questo viene fornito attraverso una circolazione sanguigna più rapida ed una più rapida
attività da parte dei polmoni. Durante i primi stadi di una reazione acuta, vi è una minore attività
della pelle a causa della necessità di una compensazione circolatoria. L’eccessiva dilatazione delle
arterie interno necessita la costrizione dei vasi sanguigni della pelle. Questa riduce l’emanazione
di calore, la quale unita all’accresciuta produzione interna di calore, produce la febbre».
«La febbre svolge un ruolo fondamentale nel mantenimento della reazione acuta. Tutta la materia
manifesta una maggiore attività cellulare man mano che la sua temperatura viene elevata. Il
protoplasma, la materia vivente di cui le cellule sono composte, non fa eccezione. La sua attività è
normale, nel corpo umano, quando questo si mantiene ad una temperatura di circa 99° Farenheit ( 37
°C ); essa rallenta mano a mano che la temperatura viene abbassata al di sotto di questo valore. Se
la temperatura viene portata troppo al di sotto di quella normale, i suoi processi vitali cessano e
si ha la morte. L’attività molecolare dei protoplasma aumenta proporzionatamente all’aumento della
sua temperatura, fino a raggiungere un punto di massima attività; se questo punto viene
oltrepassato, l’attività diminuisce a causa della troppo rapida disintegrazione dei protoplasma.
Nella febbre, laddove l’aumentata temperatura è dovuta alla maggiore combustione che ha luogo nelle
cellule, è impossibile che la temperatura venga portata ad un punto in cui risulterebbe fatale ad
esse. Una volta raggiunta la massima attività, qualsiasi tendenza a superare questo limite, provoca
una diminuzione dell’attività cellulare, ed una conseguente diminuzione della combustione nonchè un
immediato abbassamento della temperatura. L’intero processo è automatico e non deve essere regolato
da nessuna forza estranea».
«Nessuno è mai morto di febbre. Alcuni studiosi hanno registrato casi di malattie acute laddove la
temperatura aveva superato i 108° Farenheit ( 42°C ), e ne hanno documentato la piena ripresa.
Maggiore è la capacità reattiva dei corpo, maggiori sono le probabilità che la temperatura si
abbassi durante una crisi di questa natura. l bambini, la cui naturale vitalità non è stata ancora
corrotta da cattiva abitudini ed abusi, tendono a reagire con febbri più alte che non gli adulti.
Ciò rappresenta una prova favorevole dei fatto che la febbre costituisce un indice delle capacità
reattive dei corpo».

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