LA PSICONEUROENDOCRINOIMMUNOLOGIA – PNEI

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LA PSICONEUROENDOCRINOIMMUNOLOGIA – PNEI

studio dei rapporti tra Psiche, sistema nervoso, sistema endocrino, sistema immunitario.

di Carmela Sgarrella

La PNEI è diventata negli ultimi anni una delle discipline più ricche e interessanti dell’intera
ricerca medica e scientifica.

La PNEI sta trasformando radicalmente il consueto modo frammentato di concepire l’essere umano,
proponendo una visione realmente unitaria dell’essere umano e dei suoi principali sistemi di
comunicazione interna, una visione olistica in cui la psiche, ossia il pensiero, la coscienza e
l’emozione diventano elementi fluidi e dinamici direttamente implicati in ogni processo nervoso,
endocrino e immunitario.

Prima di addentrarci nell’analisi dei rapporti tra questi grandi sistemi, occorre precisare che le
conoscenze relative al sistema nervoso, al sistema endocrino e al sistema immunitario si sono
arricchite e modificate tanto da stravolgere completamente la precedente visione della funzione di
ciascun sistema.

Gli studi condotti dagli anni settanta ad oggi, hanno portato alla individuazione di particolari
proteine, i neuropeptidi. La loro scoperta ha ampliato le conoscenze sul funzionamento sia del
sistema nervoso che di altri importanti sistemi quale quello endocrino e immunitario, che oggi ci
appaiono molto più integrati nello scopo comune di adattare sempre meglio l’organismo all’ambiente.

Il dato più sconcertante è la loro produzione contemporanea sia a livello centrale, da parte del
sistema nervoso, con funzioni di neuromodulazione, che e a livello periferico, da parte di cellule
appartenenti a sistemi diversi quali il sistema endocrino o immunitario o digerente, ponendo il
problema del significato funzionale di questa doppia rappresentazione polipeptidica centrale e
periferica.

Il sistema nervoso

I neuropeptidi e i rispettivi recettori, hanno messo in discussione i principi basilari della
fisiologia classica riguardo la neurotrasmissione.

La trasmissione nervosa avviene tramite la trasformazione dell’impulso da elettrico in chimico a
livello delle sinapsi cioè dei punti di contatto tra una cellula e l’altra, ma si supponeva che le
sostanze chimiche coinvolte fossero di un solo tipo, i neurotrasmettitori, molecole semplici,
eccitatrici o inibitrici, a struttura non polipeptidica e a rapida inattivazione, attualmente
identificate in noradrenalina, adrenalina, serotonina, acetilcolina, Gaba (acido gamma amino
butirrico), dopamina.

Ora si sa che la stessa cellula nervosa libera anche neuropeptidi (fenomeno chiamato
“cotrasmissione”), molecole più grosse e più complesse, con una vita più lunga, così che ogni
impulso, durante il suo tragitto, viene modulato, ossia arricchito di sfumature al variare dei
neurotrasmettitori, dei neuropeptidi e del tipo dei recettori coinvolti.

Ma la distinzione tra neurotrasmettitori e neuropeptidi a volte è impossibile: prendiamo ad esempio
la vasopressina, essa è al tempo stesso un neuropeptide, un ormone, e un neurotrasmettitore a
seconda della sede e della funzione presa di volta in volta in considerazione. La semplice logica
dell‘acceso-spento è stata soppiantata da quella più complessa della “neuromodulazione”.

Lo psicofisiologo francese Jean-Francois Lambert, sul concetto di neuromodulazione ha valutato le
possibili variazioni di comunicazione in una singola sinapsi neuronica nell’ordine delle centinaia
fino alle migliaia di differenti possibilità.

In questo nuovo modello funzionale del sistema nervoso, mentre i neurotrasmettitori classici servono
a trasmettere segnali alquanto aspecifici ed elementari, i neuromodulatori neuropeptidici hanno
durata relativamente lunga, sono così numerosi e con funzioni tanto integrate che si parla di
sistemi neuropeptidici, ed esercitano la loro azione su aree sinaptiche assai vaste armonizzando e
modulando insieme le centinaia di migliaia di impulsi elementari che transitano nelle vie nervose,
così da influenzare funzioni sempre più complesse, e in ultima analisi il comportamento stesso.

E infatti gli studi di psicobiologia sui correlati biologici dei comportamenti umani, hanno mostrato
una sconcertante convergenza tra comportamenti e sistemi neuropeptidici, come se ad ogni azione
umana corrispondesse un determinato assetto neuropeptidico.

L’indagine sui legami tra comportamenti, eventi esterni e modificazioni biologico-somatiche fu
intrapresa da Seyle nel ’36. Seyle osservò che animali sottoposti a stimoli nocivi sia fisici sia
chimici o in ogni caso minacciosi per la vita, reagivano producendo modificazioni biologiche
specifiche e comportamenti finalizzati.

In particolare Seyle si rese conto che la percezione di un evento stressante determinava
l’attivazione del sistema nervoso vegetativo simpatico, modificazioni del sistema endocrino e un
comportamento volto all’annullamento dell’evento stesso.

Studi successivi hanno mostrato che sono capaci di stimolare una reazione da stress, come quella
descritta per la prima volta da Seyle, non solo le situazioni oggettivamente minacciose, ma anche
soggettivamente valutate come tali.

Questa capacità si manifesta con il progredire della scala evolutiva. Nell’uomo lo sviluppo del
cervello, e in particolare della corteccia cerebrale che presiede alle funzioni cognitive e
dell’area limbica che presiede alle emozioni, fa sì che gli impulsi nervosi provenienti dalla
stimolazione dei nostri sistemi sensoriali si trasmettano a più aree cerebrali capaci di connettersi
tra loro per la fitta rete di interconnessioni gliali. Si realizza così un’integrazione delle
informazioni ricevute con le precedenti esperienze e ogni evento viene associato a determinate
emozioni così da acquistare una valutazione soggettiva. Ogni emozione diventa così l’espressione di
un processo di elaborazione degli stimoli sensoriali e cognitivi capace poi tramite il sistema dei
neurotrasmettitori di trasmettere al resto del corpo questa informazione, con conseguenti
modificazioni metaboliche capaci di adattare il corpo alle nuove esigenze.

I neuropeptidi innescano così tante reazioni a catena, inducendo nel sistema nervoso determinate
attività mentali e nuovi stati emozionali, negli altri sistemi “in periferia” quali quello
neurovegetativo, endocrino, immunitario ecc., modificazioni metaboliche funzionali.

Dunque l’aspetto più interessante di questi studi è quello di aver posto in primo piano nella vita
di ogni uomo l’importanza delle emozioni, capaci di innescare reazioni fisiche per adattare
l’organismo alle mutate condizioni e consentirgli un adeguato comportamento.

Il sistema limbico e le emozioni

La struttura coinvolta più direttamente nell’integrazione degli stimoli provenienti dalle varie aree
cerebrali e nella elaborazione delle emozioni è il sistema limbico.

Con esso si intende una zona del cervello dai confini non ben definiti che include l’ipotalamo,
l’ipofisi, l’amigdala, l’ippocampo, il giro cingolato, il fornice, il setto, i nuclei del talamo.

Il sistema limbico riesce a stabilire fitte interconnessioni con tutto il resto del cervello e con i
principali sistemi del nostro corpo, quali quello endocrino o immunitario, proprio attraverso i
neuropeptidi di cui è particolarmente ricco.

Sono stati individuati oltre 50 neuropeptidi e alcuni autori (Pancheri, Biondi e altri) li hanno
raggruppati in “sistemi peptidergici” correlandoli a determinati comportamenti finalizzati. Sono
stati così individuati e proposti quattro sistemi peptidergici:

sistema dell’azione, del piacere-dolore, della riproduzione, del supporto biologico di base.

Il sistema dell’azione è rappresentato principalmente dai neuropeptidi CRF, ACTH, TRH, Vasopressina.
Essi attivano la sequenza ipotalamo-ipofisi- corticosurrene, tipica della reazione da stress con
significato generale di tipo adattativo e di aumento delle possibilità di sopravvivenza
dell’organismo.

Il sistema del piacere-dolore è rappresentato fondamentalmente dai peptidi oppioidi, endorfine e
encefaline. Tali peptidi modulano la soglia e la reattività emozionale al dolore, ma anche le
reazioni emozionali dei processi di attaccamento e perdita, alcuni comportamenti appetitivi e
alimentari, il comportamento sessuale ecc.

Il sistema peptidergico della riproduzione è rappresentato dal GnRH ipotalamico, LH, FSH,
ossitocina, prolattina, e a livello periferico dagli ormoni gonadici. Queste sostanze, insieme alla
loro azione endocrino-metabolica classica, modulano emozioni e comportamenti sessuali, e il
complesso delle emozioni che portano all’attaccamento materno oltre ancora a svolgere un ruolo
sull’apprendimento e la memoria.

Il sistema di supporto metabolico delle funzioni vitali comprende una pluralità di neuropeptidi
ognuno con funzioni sia centrali, ossia sul sistema nervoso, che periferiche. I più importanti sono:
angiotensina, CCK, bombesina, Vip, neurotensina, gastrina, peptidi intestinali ecc. Essi sono
implicati in funzioni fisiologiche essenziali per la vita, tra cui alimentazione e assimilazione,
metabolismo, bilancio idrico, sonno, bioritmi, mantenimento della identità genetica.

L’evidenza ed il riconoscimento dell’influenza di fattori psichici ed emozionali sui processi
biologici e quindi anche sui processi di malattia, hanno raggiunto un maggiore consenso proprio con
l’accrescersi di questi studi che hanno documentato su base sperimentale tali rapporti.

I neuropeptidi rappresentano dunque il punto di contatto tra corpo e mente, “l’anello mancante”
(Pancheri ) capace di spiegare la connessione psicosomatica da tanto cercata.

Ogni stimolo provoca emozioni, pensieri e modificazioni organiche contemporaneamente e questo
tramite i neuropeptidi e i propri recettori, definiti da Candace Pert, neurofisiologa, direttrice
del centro di biochimica cerebrale del NIMH, National Institute for Mental Health, “sostanze
informazionali” cioè capaci di trasportare informazioni, immaginando il corpo umano come una rete
interdipendente di sistemi informazionali, in cui l’antica divisione tra corpo e mente non esiste
più.

Il sistema nervoso non deve essere visto più come un semplice incanalatore degli stimoli ambientali
nel momento in cui essi colpiscono i vari organi di senso, ma come un elaboratore di informazioni,
in accordo alle moderne tesi dei neurofisiologi quali Sperry, Eccels, Pibram.

Tutto questo ci impone di ridisegnare i confini del sistema nervoso, modificare i concetti
anatomofisiologici su cui ci siamo basati finora e aprire nel campo delle neuroscienze nuove basi
biologiche del comportamento.

Sistema endocrino

Originariamente si considerava che il sistema nervoso e quello endocrino fossero distinti e che le
informazioni venissero veicolate nel primo caso attraverso l’impulso nervoso e i neurotrasmettitori
chimici, che agivano solo localmente, nel secondo attraverso sostanze chimiche prodotte dalle
cellule delle ghiandole a secrezione interna, che venivano immesse nel sangue e andavano ad agire a
distanza anche notevole dal sito di produzione.

Oggi sappiamo che i due sistemi sono strettamente connessi e la divisione puramente artificiosa. La
scoperta che sostanze ad azione ormonale chiamate peptidi sono prodotte, non solo da cellule
appartenenti al sistema endocrino classico, ma anche da quelle nervose o del sistema immunitario o
del tubo digerente, ha modificato la nostra concezione del sistema endocrino, non più limitato alle
ghiandole propriamente dette (ipofisi, tiroide, paratiroidi, surreni, gonadi, pancreas) ma formato
da cellule che se pure dislocate in tessuti appartenenti a sistemi diversi, hanno tutte la capacità
di secernere ormoni detti anche peptidi o neuropeptidi se secreti da cellule nervose, così che si
può affermare che il cervello stesso è anche un organo endocrino e che è artificiosa la distinzione
tra neurotrasmettitori, neuromodulatori e ormoni.

A.Pearse ipotizzò dieci anni fa che tutte le cellule che producono peptidi sono dei neuroni, con una
comune origine dall’ectoderma neurale, confondendo così i confini tra sistema nervoso e sistema
endocrino.

La scoperta che gli ormoni possono favorire direttamente funzioni quali l’apprendimento, la memoria,
ecc.. ha ulteriormente arricchito le connessioni tra i due sistemi.

Vent’anni di ricerche hanno ormai stabilito che l’equilibrio del sistema endocrino è sensibile a
situazioni e stimoli emozionali non solo stressanti -tipo un intervento chirurgico o una
competizione sportiva, l’attesa di un esame, la morte di una persona cara- ma di tutte le emozioni,
comprese quelle che provocano un riso a crepapelle per una barzelletta spassosa.

Ogni emozione è connessa a dei neurotrasmettitori che vanno a stimolare sia direttamente il sistema
nervoso inducendo determinate attività mentali quali attenzione, memoria ecc, sia attivando altre
emozioni quali dolore-paura-rabbia ecc, sia producendo modificazioni periferiche sul sistema
ormonale propriamente detto così da indurre un metabolismo adeguato alle circostanze.

Se, ad esempio, una emozione spinge l’individuo ad agire, in particolare a muoversi e reagire in
senso attivo(possiamo immaginare per soccorrere qualcuno in difficoltà) l’ipotalamo stimolato da uno
specifico “codice” di vari neurotrasmettitori (noradrenalina NA, dopaminaDA, serotonina 5HT,
acetilcolina Ach, acido gamma amino butirricoGABA ) produce un neuropeptide chiamato CRF che induce
l’ipofisi anteriore a produrre un ormone chiamato ACTH capace di agire sul corticosurrene stimolando
la produzione dell’ormone cortisolo. Tutte queste sostanze, sia il CRF che
l’ACTH che il cortisolo, in vario modo, preparano l’organismo all’azione.

Il CRF ha un importante ruolo nella regolazione del sistema nervoso vegetativo stimolando il sistema
simpatico con l’aumentata produzione di adrenalina e noradrenalina nel sangue, e inibendo il sistema
parasimpatico con conseguente eccitazione del sistema cardiocircolatorio così da rendere pronto
l’organismo a fronteggiare ogni sforzo fisico. Parallelamente il CRF va a deprimere la produzione di
un altro importante neuropeptide, il GnRH gonadotropin realising factor, stimolante la produzione di
ormoni sessuali, così da concentrare ogni attività solo sull’azione.

L’ACTH oltre ad una azione endocrina di stimolo del cortisolo, possiede anche una azione “centrale”
diretta sul cervello stesso rilevabile a livello di risposte comportamentali quali miglioramento
della attenzione, delle capacità di prestazione e della reattività.

Nel caso di uno stress fisico intenso vengono attivati anche altri ormoni quali gli oppioidi
endogeni responsabili della analgesia da stress, e la melatonina che regola il nostro sonno.

Anche uno stress puramente emozionale determina una attivazione dei principali sistemi endocrini, e
gli ormoni coinvolti variano a seconda del tipo di emozione e della durata della stessa e della
maggiore o minore capacità di farvi fronte. Es. lo stress da perdita di una persona cara normalmente
non si associa ad una riduzione degli ormoni sessuali, anche se questo può avvenire, mentre uno
stress acuto da subordinazione si associa sempre ad una riduzione di questi ormoni.

Altra correlazione tra sistema nervoso e sistema endocrino è visibile attraverso lo studio della
cronobiologia, ossia dei ritmi del nostro corpo.

Il cervello produce neuropeptidi con una certa ritmicità o pulsatilità dipendente probabilmente
anche dai condizionamenti ambientali subiti nel corso dell’evoluzione e quindi invia segnali ai vari
tessuti e quindi anche alle ghiandole endocrine che a loro volta possono, attraverso una loro soglia
di concentrazione nel sangue, regolare in maniera retroattiva la produzione dei neuropeptidi
cerebrali e quindi in ultima analisi la loro stessa produzione.

Il sistema immunitario

Anche in questo campo le scoperte degli ultimi anni hanno rivoluzionato l’immagine del sistema
immunitario. La tradizionale concezione del sistema come puro meccanismo difensivo comandato dallo
stimolo antigenico è stata ormai abbandonata. Le cellule immunitarie interagiscono costantemente con
il sistema nervoso e il sistema endocrino a tal punto che non c’è modificazione del sistema nervoso
che non si associ a modificazioni del sistema endocrino e immunitario e viceversa. E come può
avvenire tutto questo?

Le fibre del sistema nervoso autonomo innervano gli organi linfatici avvolgendoli e infiltrandoli
così da creare delle strettissime connessioni con i linfociti, si parla infatti di ‘giunzioni
neuroimmunitarie’, così che ogni più piccola variazione nell’equilibrio del sistema
simpatico-parasimpatico viene registrata dalle cellule immunitarie.

Inoltre l’individuazione sulla parete cellulare dei linfociti di recettori per una serie di sostanze
che possono attivare o inibire le loro funzioni è stata decisiva per comprendere una delle basi
molecolari dell’influenza della mente sul sistema immunitario. Questi recettori sono come serrature
che si possono aprire per dare inizio a delle attività cellulari e le molecole che interagiscono con
essi sono neurotrasmettitori, neuopeptidi, ormoni.

I linfociti posseggono recettori per i neurotrasmettitori del sistema nervoso autonomo,
noradrenalina, adrenalina, acetilcolina. Così ogni più piccola modificazione del sistema
simpatico-parasimpatico, e della concentrazione dei suoi neurotrasmettitori, a livello delle
giunzioni neuroimmunitarie, produrrà i suoi effetti sulle cellule immunitarie stesse, che verranno
più o meno stimolate. E’ stato visto, in animali da esperimento, che denervando linfonodi e milza,
organi nei quali le cellule immunitarie vengono immagazzinate e prodotte, la risposta immunitaria
dopo inoculazione di un virus, era enormemente ridotta. Dunque il sistema nervoso non solo è
collegato a quello immunitario, ma è essenziale per una funzione immunitaria appropriata.

Se consideriamo poi quanto il sistema nervoso autonomo, attraverso una eccitazione o inibizione del
simpatico o del parasimpatico, possa far esprimere a tutto il corpo una emozione nata nel sistema
nervoso centrale, allora ci apparirà sempre più evidente il nesso tra emozioni e sistema
immunitario.

Altri recettori linfocitari sono specifici per i neuropeptidi ipotalamici e ipofisari:

CRH, TRH, GRF, GnRH, encefaline, endorfine, ACTH, VIP, sostanza P, alfaMSH, prolattina e per ormoni
propriamente detti quali estrogeni, ormoni tiroidei ecc.

Ogni nuovo assetto neuroendocrino, che sappiamo si stabilisce al variare delle richieste del nostro
corpo per fronteggiare gli eventi della vita, da quelli banali dei ritmi sonno-veglia, alle cicliche
modificazioni ormonali per garantire una procreazione, alle continue sollecitazioni del mondo
esterno che richiedono adattamenti fisici e psichici, alle emozioni più o meno forti, si associa ad
un adattamento del sistema immunitario. E come il cervello è in grado di apprendere e di
memorizzare, così fa anche il sistema immunitario, capace di riconoscere il “sé” dall’estraneo e di
produrre quella memoria immunitaria che ci protegge da nuove aggressioni dello stesso virus o che ci
rende immunodepressi di fronte anche al solo ricordo di un evento stressante.

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