L’ARTE DELLA VITA: PER UNA NUOVA COMPRENSIONE DELLA MORTE

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L’ARTE DELLA VITA: PER UNA NUOVA COMPRENSIONE DELLA MORTE

di Marco Ferrini (Matsyavatara Dasa)

Nel corso della stessa vita possiamo sperimentare momenti di passaggio che assomigliano alla morte,
ad esempio quando una certa fase finisce e ne comincia un’altra, oppure quando si modifica il nostro
livello di coscienza. Può dire qualcosa al riguardo?

È la domanda tipica di un ricercatore spirituale, di chi si sta muovendo in questa direzione e ha
già fatto delle esperienze. Una domanda così formulata esprime un livello di consapevolezza che è
già oltre il dubbio. Il mondo, la vita, non sono in bianco e nero, non sono solo gioia o dolore;
questa è la visione preferita dai bambini, tipica espressione della loro coscienza infantile. Ma gli
adulti sanno che tra la gioia e il dolore ci sono infinite sfumature, così come tra il bianco e il
nero. Allo stesso modo anche tra la morte e la nascita, o viceversa, vi sono innumerevoli passaggi
intermedi che consistono soprattutto in mutamenti di coscienza nel corso di un lungo cammino
evolutivo. Considerate il corpo di un bambino. Io ho dei figli, li ho visti nascere, crescere e ora
sono adulti: dove sono adesso i loro corpi da infanti? Non ci sono più; quelli che indossano al
momento hanno poco in comune con i precedenti, con quelli con i quali sono nati e cresciuti, mentre
loro, come persone, come individui, sono inequivocabilmente gli stessi. Non è difficile ripensare
alla nostra infanzia; io ho ricordi che vanno da quando avevo pochi giorni di vita, poche settimane,
pochi mesi, pochi anni, fino ad oggi. È soggettiva consapevolezza e prova oggettiva che quei corpi
non ci sono più. Non è che sono cresciuti, come dicono alcuni; se ne sono andati per sempre, sotto
forma di escrementi. Il corpo si consuma in continuazione e contemporaneamente si rigenera
attraverso il cibo; mentre noi stiamo parlando centinaia, migliaia, milioni di cellule stanno
morendo e vengono riprodotte e rimpiazzate continuamente, fino alla morte di tutto l’organismo.

Come dicevo all’inizio, per morte s’intende quell’ultimo momento dell’esistenza incarnata che
coincide con la dipartita dell’anima dal corpo, ma in un significato più allargato questo termine
può essere anche utilizzato per indicare un importante, decisivo punto di svolta: un taglio a certe
amicizie, a certe abitudini o inclinazioni, rappresenta infatti, per certi versi, qualcosa di simile
alla morte. Eliminare un comportamento che degrada è un po’ come farlo morire; attivarne un altro
che invece ravviva è un po’ come rinascere. Sono dunque tante le sfumature da considerare per
comprendere compiutamente le possibili implicazioni e l’intera dinamica del fenomeno morte. Anche la
vita può essere paragonata ad un poliedro: la sua comprensione dipende da quali e quante
sfaccettature prendiamo in esame e dalla qualità della luce che gettiamo su di esse. Quando tutte le
innumerevoli facce, piccole e grandi, vengono illuminate adeguatamente dalla rinnovata coscienza
spirituale, allora se ne acquisisce piena consapevolezza e quel poliedro che era opaco, oscuro e
inquietante, diventa trasparente come il cristallo. Quando la persona contempla Dio, ricordandoLo
anche in virtù dei Suoi santi Nomi, Forme o Qualità, la psiche non presenta più zone oscure,
misteriose, inconsce; contestualmente al divino illuminarsi della coscienza scompare la paura.

Chi è il saggio e come lo si riconosce? Una delle sue caratteristiche più evidenti è quella di non
turbarsi o disperarsi di fronte alla morte1. Ma ovviamente il saggio non è tale solo nel momento
della morte; siffatta persona dimostra le proprie qualità in tutte le circostanze della vita. Anche
la stanchezza, che quando è eccessiva produce una sorta di stordimento, è un banco di prova per
l’individuo. Si può essere tramortiti anche dalla fame, da un’infermità o da una disgrazia in
genere. È specialmente in queste occasioni che si manifestano le nostre qualità di fondo, nel bene e
nel male. Spesso tali caratteristiche comportamentali sono assai diverse da quelle esibite in
condizioni di normale vigore, di riposo, di buona nutrizione, quando non si soffre né caldo, né
freddo, né sonno. Dunque, per appurare l’equilibrio e la saggezza di qualcuno, dovremmo osservare
come affronta la vita e non aspettare, come unica prova, il momento della morte. Questo è il compito
specifico di tutti gli educatori e segnatamente quello del guru, che impartisce Conoscenza allo
studente verificandolo continuamente. Socrate conosceva molto bene i suoi discepoli. Quando giunse
il giorno della cicuta essi dissero: “Maestro, te ne stai andando e parli di cose di tutti i giorni.
Perché non ci dai altri insegnamenti?”. Socrate rispose: “Siete stati con me a lungo; se non mi
avete capito finora, cosa potrete capire all’ultimo momento?”. Per conoscere profondamente una
persona non è sufficiente la semplice frequentazione, il viverci passivamente assieme; si deve
piuttosto investire del tempo con intelligenza e sensibilità, testimoniare i suoi vari passaggi di
umore aiutandola a superare i propri limiti, permettendole di passare dalla conoscenza virtuale a
quella reale. È questa l’arte della vita.

Tratto da Vita, Morte e Immortalità.

da psicologiaespiritualita.blogspot.com/

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