Come affrontare la morte – Dalai Lama

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Come affrontare la morte

del Dalai Lama

Tratto da:
Dalai Lama
LA VISIONE INTERIOREI
Edizioni di red studio redazionale

Come affrontare la morte In questi ultimi anni, nel mondo occidentale il
tema della morte è divenuto, in un certo senso, di moda. Mentre prima si
tendeva per lo più a rimuovere ogni discorso inerente a essa, oggi la morte
è al centro di convegni, libri e dibattiti. E all’interno di questa
attenzione il punto di vista del buddhismo tibetano è quello che forse
suscita il maggiore interesse. Per esempio, nella sola Italia, esistono
cinque differenti traduzioni del Libro tibetano dei morti. Cominciamo,
quindi, proprio da quest’ultimo… Santità, ritiene positivo per un non
tibetano leggere questo testo?

In generale, francamente, ritengo di no. Vede., anche in Tibet il testo
conosciuto in Occidente con il nome di Libro tibetano dei morti e che si
chiama invece Pardo Thodrol, la cui traduzione esatta suona più o meno come
“Autoliberazione attraverso l’udire”, non è considerato un libro di
semplice lettura. Al contrario viene ritenuto un testo piuttosto
complesso… che deve essere studiato con un maestro esperto in grado di
conoscere i significati esteriori e segreti. Si tratta di insegnamenti
molto difficili che devono essere compresi con esattezza altrimenti si fa
una grande confusione. Quindi non ritengo che la lettura di questo libro
vada affrontata con semplicismo… potrebbe rivelarsi generatrice più di
confusioni che di chiarezze.
Conosco dei giovani seguaci occidentali del buddhismo tibetano che hanno
addirittura letto delle pagine del Pardo Todhrol al genitore appena
defunto…

Con tutto il rispetto per le loro motivazioni, credo che si tratti di
praticanti animati da ottime intenzioni, ma non penso che i risultati siano
sicuramente stati dei migliori…
Perché?

Perché è estremamente importante consentire a una persona che sta morendo
di farlo nel modo più sereno e pacifico possibile. Quindi, se conosce gli
insegnamenti del Pardo Thodhrol, se ha avuto modo di praticarne le
meditazioni durante la sua esistenza… in altri termini, se ha
dimestichezza con questo mondo di simboli, di linguaggi, di meditazioni…
allora ne riceverà certamente un vantaggio, e ascoltare, subito dopo la
cessazione delle attività fisiche, le indicazioni di quel testo servirà
alla mente per orientarsi nel momento intermedio tra la morte e la
successiva rinascita. Ma se non vi sono questi presupposti, e mi par di
capire che nei casi che lei mi ha citato non vi fossero, allora è meglio
non leggere quel testo, ma piuttosto far sentire al morente tutta la nostra
tenerezza… fargli sentire il nostro amore.
Libro tibetano dei morti a parte, qual è la posizione del buddhismo
Vajrayana riguardo alla morte?

Prima o poi tutti moriremo… anche se è una cosa che non ci fa piacere,
anche se magari vorremmo che non fosse così… questa è però la cruda
realtà. Quindi è estremamente importante esserne consapevoli. Il problema è
non farsi cogliere impreparati dalla morte…
Vale a dire?

Vale a dire che se cominciamo a riflettere sulla certezza della morte… su
quanto sia precario il momento presente… allora faremo ogni possibile
sforzo per prepararci al futuro. I praticanti buddhisti, in special modo i
praticanti del tantra, sperimentano ogni giorno la morte nelle loro
meditazioni. È un poco come morire ogni giorno a livello mentale. Se ci
abituiamo a pensare alla morte fin dall’inizio… fin da quando la nostra
vita è piena, fin da quando siamo in ottima salute, quando poi arriveremo
al momento decisivo… al termine della nostra attuale esistenza, saremo in
grado di affrontarlo con intelligenza… saremo in grado, come dire, di
controllare la nostra attività mentale.

Vede, la meditazione sulla morte si fonda sulla teoria del Karma… Come
abbiamo visto in precedenza, noi buddhisti riteniamo che vi sia un
continuum mentale, una sottile forma di coscienza che si reincarna
esistenza dopo esistenza, vita dopo vita. Quindi, da questo punto di vista,
prepararsi alla morte è molto importante perché, in un certo senso,
l’esperienza della morte è una delle principali che ci aspettano. Se quella
presente è soltanto una delle innumerevoli vite che noi sperimentiamo, da
una parte non è così importante attaccarci nevroticamente ad essa e
dall’altra siamo consapevoli che con le nostre azioni attuali… con la
nostra presente condizione mentale prepariamo quelle future. Quindi tramite
le nostre meditazioni sulla morte e sull’impermanenza dei fenomeni ci
prepariamo ad affrontare il momento del cambiamento di stato con
un’attitudine interiore di apertura, di tranquillità, di chiarezza. Se la
morte ci coglierà in questo stato, piuttosto che in uno di panico… di
attaccamento nevrotico, allora potremo essere in grado di attraversare quel
delicato periodo intermedio che separa la fine di un’esistenza dall’inizio
della successiva con la necessaria apertura e chiarezza mentale.

Vede, se è importante vivere sereni, lo è ancora di più morire sereni. Nel
buddhismo abbiamo molti insegnamenti relativi alla preparazione alla
morte… sono contenuti sia nei sutra sia nei tantra. E tutti questi
insegnamenti insistono sul fatto che dobbiamo assolutamente essere
consapevoli dell’esistenza della morte lungo tutto l’arco della nostra
vita. Se riflettiamo, se meditiamo su questa evidenza comprenderemo meglio
la natura impermanente dei fenomeni… sarà più facile allora sviluppare un
certo grado di non attaccamento alle cose materiali. Porremo vedere con
maggiore chiarezza come la qualità della nostra esistenza dipende molto più
che dai fattori materiali dal livello della nostra consapevolezza mentale,
interiore. Forse non è piacevole ricordarlo ma fra una sessantina di anni
al massimo, e forse anche meno, nessuno di noi sarà più vivo… nessuno di
quanti leggeranno queste interviste esisterà, almeno non con il presente
corpo fisico. Spesso questo sfugge alla coscienza ordinaria o meglio, c’è
una parte di noi stessi, una parte della nostra mente, che non vuole
riflettere su questo fatto. Ma non essere consapevoli della presenza della
morte è un gravissimo errore… Rimuovere l’idea della morte non solo non è
di alcun aiuto, ma ci incoraggia a essere pigri per quanto riguarda la
nostra pratica spirituale… C’è una sorta di pigrizia innata in ognuno di
noi che ci inganna più o meno consapevolmente… una sorta di voce
interiore che ci dice di rimandare le nostre meditazioni… che avremo
tempo più avanti per occuparci della nostra crescita. Questi sentimenti di
pigrizia possono essere molto potenti… possono ingannarci e allontanarci
dal sentiero spirituale. Ma se ci ricordiamo quotidianamente che tutto
quanto sperimentiamo è impermanente… che la morte può coglierci in ogni
momento e che non siamo certi di nulla se non del fatto che comunque
arriverà… ecco, penso che questa consapevolezza possa essere di grande
aiuto per farci iniziare subito e senza indugi il nostro cammino
spirituale, la nostra pratica religiosa. Ritengo di poter affermare che se
non contempliamo seriamente la morte sarà difficile prendere sul serio il
Dharma. Evitare di pensare al dolore, alla sofferenza e alla morte non
eviterà certo di incontrare questi aspetti della vita nel corso delle
nostre esistenze… Al contrario, potremo cambiare, potremo evitarli solo
comprendendone le cause. Solo meditando sull’origine del dolore e sulla
natura dell’impermanenza potremo migliorare le nostre vite. Non si tratta
di essere pessimisti, ma semplicemente di prendere atto di una realtà!

Qualcuno potrebbe pensare che un praticante buddhista, meditando
quotidianamente sulla morte, esprima una concezione della vita negativa o
pessimista. Non è così… Al contrario, riflettere sulla morte e
sull’impermanenza rende le nostre vite molto più significative, più
fruttuose… e, come ho detto prima, ci consentirà di giungere a quel
traguardo preparati e senza rimpianti.
Potremmo allora affermare che tutta la nostra vita altro non dovrebbe
essere che una preparazione alla morte? Che dal momento in cui veniamo al
mondo inizia una sorta di conto alla rovescia rispetto alla nostra fine?

In un certo senso è vero… non c’è alcun essere vivente che dopo essere
nato si allontana dalla morte. Invece per tutti il momento della morte si
avvicina sempre di più ogni giorno, ogni ora, ogni secondo che passa. Come
dice Lama Tzong Khapa, il processo dell’avvicinarsi della morte ha inizio
subito dopo il concepimento. Quindi lei ha ragione… è una specie di
“conto alla rovescia” di cui dobbiamo essere assolutamente consapevoli. In
realtà è come quando dobbiamo partire per un lungo viaggio. Dobbiamo fare
con cura i piani e i preparativi, altrimenti avremo dei problemi. Questo
non significa, ovviamente, che la nostra esistenza debba essere
ossessionata dal pensiero della morte… sarebbe del tutto sbagliato…
piuttosto ritengo che dovremmo impiegare metà del nostro tempo a preparare
la vita futura e l’altra metà a prenderci cura di quella attuale. Dovrebbe
essere chiaro che la consapevolezza della morte è la base dell’intera
pratica spirituale… Se non sviluppiamo questa consapevolezza tutti gli
altri aspetti del nostro percorso interiore ne potranno risentire. Credo
che parlare di questi argomenti… per esempio discutere delI’impermanenza
o della ineluttabilità della morte, sia relativamente facile… facile
almeno per quanti accettano i presupposti della religione buddhista: le
Quattro Nobili Verità. Ma praticare effettivamente queste meditazioni nella
vita di tutti i giorni è un’altra cosa. È molto più difficile e complesso.
Si tratta, come le ho detto, di sperimentare la morte quotidianamente… di
“entrare” in questo stato durante le meditazioni… e non sempre possiamo
notare dei cambiamenti significativi nel nostro livello di consapevolezza.
sovente, invece, ci sembra proprio di non procedere di un passo, di
rimanere fermi al punto di partenza…
Come mai?

Intanto perché questi cambiamenti mentali non sono facili da ottenere…
occorre tempo, determinazione e molta pazienza, dal momento che anche
quando avvengono hanno bisogno di tempi piuttosto lunghi per aver luogo.
Non stiamo certo parlando di settimane o di mesi. E poi perché non sempre è
facile rendersi conto dei mutamenti avvenuti… Dobbiamo guardare dentro
noi stessi con molta attenzione, con grande perspicacia, per comprendere
cosa sia mutato e in che misura.
Santità, lei ha detto che è essenziale per una persona poter morire
serena…

Vede, quando si esala l’ultimo respiro… cioè quando sopraggiunge la morte
così come è intesa comunemente, è fondamentale che la mente possa essere in
uno stato di calma e di serenità… È come se si trattasse dell’ultima
occasione che abbiamo… ed è un’occasione che non dovremmo perdere.

Può essere di grande aiuto al morente avere intorno i famigliari e dei
religiosi che possano infondergli una energia positiva… In Tibet,
tradizionalmente, si cercava di creare una situazione di questo genere
intorno a colui che stava per lasciare il suo corpo. È anche importante che
nella stanza in cui sta morendo una persona ci siano delle immagini del
Buddha o di altre divinità, in modo da trasmettergli tutta l’energia e la
pace che queste immagini possiedono. L’importante, comunque, è che il
trapasso avvenga nelle migliori condizioni possibili… che la mente della
persona che sta entrando nella morte sia serena, calma e priva di emozioni
negative quali l’odio, l’attaccamento e la paura.
Potrebbe, anche se per sommi capi, descriverci le fasi principali del
processo della morte in accordo con la tradizione tibetana?

Dopo la morte si entra nello stadio intermedio, il Pardo… ma ancor prima
della morte propriamente detta appaiono dei sintomi che indicano il tipo di
rinascita che si prenderà nell’esistenza successiva.
Che genere di sintomi?

È come se il calore corporeo si concentrasse, o per meglio dire, si
ritirasse in una specifica parte del corpo… a seconda di come il calore
corporeo si ritira, si può avere una generica impressione della successiva
rinascita. Generalmente viene considerato segno di una reincarnazione
positiva il ritirarsi del calore dal basso verso l’alto mentre il contrario
è ritenuto negativo. Questo parlando da un punto di vista molto generale…
però, quando si affronta il tema della morte si dovrebbe avere una certa
conoscenza della struttura complessiva dell’organismo… di come il
buddhismo concepisce l’organismo…
Vale a dire?

Nel senso che, oltre al corpo fisico, il buddhismo, sia per quanto riguarda
le spiegazioni fornite nei sutra sia per quelle contenute nei tantra, parla
di una fisiologia “mistica” che non può essere osservata a occhio nudo ma
che esercita lo stesso una serie di importanti funzioni… Ovviamente non
possiamo condensare in poche parole queste dottrine estremamente
elaborate… qui sarà sufficiente accennare al fatto che questa fisiologia
parla di innumerevoli venti interni, gocce di fluido, canali… Sono tutte
caratteristiche “sottili” dell’organismo… caratteristiche di grande
importanza.

Per esempio, riguardo ai canali… essi sono diverse decine di migliaia, ma
i principali sono tre: uno centrale, che si muove dalla testa fino al
termine della spina dorsale, e due laterali che scorrono a destra e a
sinistra. Riguardo ai venti, anche qui ne troviamo descritti un gran
numero, ma i più importanti sono dieci: cinque primari e cinque
secondari… Le gocce di fluido vengono considerate come i due costituenti
essenziali, il bianco e il rosso. Ora, il differente movimento all’interno
dell’organismo di tutti questi elementi fa sì che il processo della morte
possa variare da soggetto a soggetto. Ma è importante considerare che vi
sono diverse fasi nel processo della morte… e durante questi stadi tutta
una serie di fattori si dissolvono per gradi. Mi sta seguendo?
Sì e no…

Vedrò di spiegarmi meglio. In questi diversi stadi in cui si suddivide il
processo della morte ci sono venticinque fattori che si dissolvono…
Venticinque fattori? Santità, può parlarcene più in dettaglio?

Certamente… si tratta dei Cinque Aggregati: la forma, le sensazioni, la
facoltà discriminante, gli elementi composti e la coscienza. Poi vengono i
Quattro Costituenti, vale a dire acqua, aria, terra e fuoco. Quindi seguono
le Sei Sorgenti: i sensi della vista, dell’udito, dell’olfatto, del gusto,
del tatto e della mente. Infine abbiamo i Cinque Oggetti, cioè le forme, i
suoni, gli odori, i sapori e le cose che possiamo toccare… e per ultime
arrivano le Cinque Saggezze Ordinarie: la saggezza fondamentale pura come
lo specchio, la saggezza fondamentale dell’equanimità, la saggezza
fondamentale discriminante, la saggezza fondamentale del compimento delle
azioni e la saggezza fondamentale della norma dei fenomeni…
La gradualità di questo processo di dissoluzione è uguale per tutti coloro
che entrano nel processo della morte?

No. Dipende da come si arriva al momento della morte. In caso di malattie
prolungate che hanno gravemente deteriorato il paziente o, ancora di più,
in occasione di morti violente, dovute a incidenti improvvisi, o omicidi,
le differenti fasi del processo avverranno in modo estremamente rapido…
Nel caso di una morte più dolce, che avviene lentamente e in un organismo
non eccessivamente devastato, le otto differenti fasi si manifesteranno
gradualmente e il morente potrà così mettere in pratica gli insegnamenti
sulla morte che ha ricevuto nel corso della sua esistenza.

Per dirla in poche parole… in tutte queste fasi avvengono determinate
dissoluzioni e la coscienza sperimenta una serie di visioni ognuna
caratteristica di un determinato stadio. Se, grazie agli insegnamenti
ricevuti, è possibile mantenere attiva la coscienza durante le fasi della
dissoluzione, potremo in qualche modo influire sulla nostra successiva
incarnazione e ricordare molti aspetti della precedente.

Al termine delle otto fasi, alla nostra coscienza appare una visione della
mente primigenia, la mente fondamentale da cui promanano tutte le altre…
una mente che da un tempo senza inizio è presente in ogni individuo e che
continuerà nel processo delle successive reincarnazioni… processo che
avrà fine solo con il raggiungimento dell’Illuminazione.
In che modo la visione di questa mente appare alla coscienza del morente?

Sotto la forma di una chiara luce, chiamata anche la “mente di chiara
luce”… Se si muore nelle condizioni favorevoli di cui ho parlato,
generalmente si dimora nello stato della “mente di chiara luce” più o meno
per tre giorni, ma vi sono casi di grandi meditatori che sono riusciti a
dimorare in questo stato per settimane ed anche mesi… e questo proprio in
virtù dell’aver sperimentato durante le loro meditazioni l’intero processo
della morte, per anni e anni.

Anche qui in esilio, in India, abbiamo avuto dei casi del genere… e
questo nonostante il torrido clima indiano…
Sta parlando di persone che hanno conservato un organismo non deteriorato
anche in assenza della vita?

Esattamente… persone il cui corpo era clinicamente morto, in cui non vi
era più il respiro, eppure che per settimane non dava segni di
decomposizione. Ovviamente sono molto rari i maestri e i meditatori in
grado di avere un tale controllo mentale, però ve ne sono e ve ne sono
stati in passato.
Quando termina la visione della “mente di chiara luce’?

A parte questi casi particolari, in genere dopo circa tre giorni…
trascorsi i quali la coscienza inizia a ripercorrere in senso inverso gli
otto stadi che avevano accompagnato la dissoluzione. E a seconda di quella
che dovrà essere la nostra successiva rinascita, si fermerà nello stadio
corrispondente.
Secondo il buddhismo Vajrayana quanto dura il dissolversi della coscienza
nello stadio intermedio?

Da un minimo di sette a un massimo di quarantanove giorni… Dopo una
settimana, infatti, se la coscienza trova la situazione adatta alla nuova
incarnazione, in accordo con il proprio Karma, la rinascita può già avere
luogo… in caso contrario continuerà a rimanere nello stadio intermedio ma
non oltre un periodo di quarantanove giorni… entro i quali dovrà per
forza incarnarsi nuovamente.
Santità, da quanto ci ha detto potremmo concludere che la morte è in
effetti un’esperienza psichica… forse addirittura un’affascinante
esperienza psichica?

Vede, dovremmo capire che la morte non è altro che la separazione della
coscienza da un determinato corpo fisico. Abbandonato questo corpo fisico
la coscienza, tramite le modalità che le ho sommariamente descritto prima,
entra in un altro… Si tratta di un processo senza inizio e che potrà
terminare solo con il raggiungimento della condizione di Buddha. È solo la
nostra ignoranza, il nostro attaccamento egocentrico, la nostra assenza di
prospettiva a caricare la morte di tutti i tragici significati che
normalmente le diamo. Per questo, tornando al tema con cui abbiamo iniziato
questa conversazione ho sottolineato quanto sia importante confrontarsi per
tempo con la morte, con questa “esperienza”. Lei ha detto che potremmo
addirittura considerarla “affascinante”… Se la affronteremo preparati
potrà sicuramente rivelarsi, non so se affascinante, ma certamente
costruttiva… nel senso che ci preparerà a una migliore rinascita. Ma se
la morte ci coglierà invece impreparati, di sorpresa, allora potrà essere
anche un’esperienza terribile… le visioni che incontreremo durante il
Pardo potranno terrorizzarci e l’intera successiva rinascita potrà essere
negativamente segnata da queste esperienze. Quindi è di fondamentale
importanza prepararsi al momento della morte… comprendere bene cosa essa
sia, cosa realmente significhi… soprattutto, lo ripeto ancora una volta
perché è veramente importante capirlo, dobbiamo sperimentare il processo
della morte durante le nostre meditazioni… dobbiamo “morire” centinaia di
volte durante la nostra pratica per essere in grado di farlo
consapevolmente quando quel momento arriverà sul serio. È un addestramento
difficile, che necessita dedizione, impegno e costanza, e proprio per
questo si deve iniziare prima possibile, quando abbiamo ancora molto tempo
davanti a noi.
Quindi, se vogliamo capire il senso della vita dobbiamo prima comprendere
quello della morte?

Credo che cogliere realmente il senso della vita voglia dire cercare di
ottenere uno stato completamente libero da malattia, sofferenza e
caducità… uno stato di assoluta liberazione e totalità. Per arrivare a
questo dobbiamo comprendere molte cose e, innanzi tutto, cosa rappresenta
la morte… cosa essa effettivamente sia e come possiamo attraversarla nel
migliore dei modi.

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