Introduzione alla meditazione di visiona profonda

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Introduzione alla meditazione di visiona profonda

< Introduzione alla meditazione di visiona profonda >

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Traduzione di Mauro Barinci

Introduzione
Sostenere l’attenzione
Stando seduti
Camminando e stando in piedi
Stando distesi
Coltivare il cuore
La riflessione
Contemplare la pratica
Vivere consapevolmente
Altri suggerimenti
Note sulla postura

INTRODUZIONE ALLA MEDITAZIONE

Questo opuscolo si propone di essere uno strumento introduttivo alla pratica
della Meditazione di Visione Profonda, secondo l’insegnamento che viene dato
nella tradizione del Buddhismo Theravada. Per utilizzare questa introduzione
non è necessario avere familiarità con gli insegnamenti del Buddha; tuttavia
una conoscenza del genere può essere di aiuto per rendere più chiara la
comprensione che può svilupparsi per mezzo della meditazione.

Lo scopo della Meditazione di Visione Profonda non è dare vita a un sistema
di credenze; piuttosto, esso consiste nel fornire una guida su come vedere
con chiarezza la natura della mente. In questo modo si acquista una
comprensione in prima persona di come le cose sono, senza affidarsi a
opinioni o teorie; un’esperienza diretta, che è vitale di per sé. Inoltre,
ciò fa nascere quel senso di calma profonda che proviene dal conoscere
qualcosa nel nostro intimo, al di là della dimensione del dubbio.

La Meditazione di Visione Profonda è un fattore chiave del sentiero che il
Buddha ha offerto per il bene degli esseri umani; l’unico criterio è
metterla in pratica! Queste pagine, pertanto, descrivono una serie di
esercizi di meditazione e danno dei suggerimenti sul modo di utilizzarli.
L’efficacia è maggiore se si segue la guida progressivamente, lavorando con
cura su ogni sequenza di istruzioni prima di passare oltre.

Il termine “meditazione di visione profonda” (samatha-vipassana) fa
riferimento a pratiche mentali che sviluppano calma (samatha) per mezzo
dell’attenzione prolungata e visione profonda (vipassana) per mezzo della
riflessione. Una tecnica fondamentale per sostenere l’attenzione consiste
nel concentrare la consapevolezza sul corpo; tradizionalmente la si pratica
nella meditazione seduta, oppure in quella camminata. La guida inizia con
qualche consiglio al riguardo.
La riflessione si presenta in modo del tutto naturale più in là nel tempo,
quando ci si trova ‘a proprio agio’ nell’esercizio di meditazione. Si prova
un senso di agio e di interesse, ci si comincia a guardare intorno e la
mente che medita comincia a divenirci familiare. Questo ‘guardarsi intorno’
si chiama contemplazione, è un modo di vedere personale e diretto che una
tecnica, quale che sia, può suggerire soltanto in modo indiretto. Nella
seconda sezione del testo sono esposte alcune idee e indicazioni pratiche al
riguardo.

SOSTENERE L’ATTENZIONE

Stando seduti
Tempo e luogo

Stando seduti è agevole concentrare la mente sul corpo. Dovreste trovare un
momento e un luogo che vi consentano di rimanere calmi e indisturbati.
Una stanza silenziosa, senza una quantità di oggetti che possano distrarre
la mente, è ideale; un ambiente luminoso e spazioso fa un effetto di nitore
e chiarezza, mentre una stanza ingombra e male illuminata fa l’effetto
opposto. Anche la scelta del tempo ha importanza, in particolare perché per
la maggior parte delle persone le giornate si svolgono secondo uno schema
fisso. Non è particolarmente produttivo meditare quando si ha qualcos’altro
da fare, o quando si ha fretta. E’ meglio riservare un periodo – ad esempio,
la mattina presto o la sera, dopo il lavoro – nel quale potete dare sul
serio e pienamente la vostra attenzione alla pratica. Cominciate con una
quindicina di minuti. Praticate con sincerità, con i vostri limiti di tempo
e di energia, ed evitate che la pratica, pur abituale, divenga un
automatismo. La pratica meditativa, sostenuta da un’autentica volontà di
investigare e di fare pace con sé stessi, si svilupperà naturalmente in
termini di durata e di destrezza.

Consapevolezza del corpo

Lo sviluppo della calma è aiutato da una postura stabile e da uno sforzo
costante ma sereno. Se vi sentite irrequieti non c’è pace; senza
un’applicazione deliberata si tende a fantasticare. Una delle posizioni più
efficaci per coltivare la combinazione appropriata di quiete ed energia è
quella seduta.

Adottate una postura che mantenga la schiena eretta senza tensione. Una
semplice sedia con lo schienale dritto può riuscire utile, oppure forse
siete in grado di sedervi in una della posizioni del loto. (note sulla
posizione). Dapprima queste posizioni possono sembrare innaturali; col
passare del tempo, però, esse possono conferire uno straordinario equilibrio
tra fermezza e delicatezza, che allieta la mente senza affaticare il corpo.

Inclinare il mento leggermente verso il basso aiuta; non fate però pencolare
il capo in avanti perché questo favorisce la sonnolenza. Tenete le mani in
grembo, con le palme in alto, l’una poggiata lievemente sull’altra e in modo
che le punte dei pollici si tocchino. Prendetevi il tempo che ci vuole, e
arrivate al giusto equilibrio.
Adesso raccogliete l’attenzione e cominciate a percorrere con essa il corpo,
lentamente. Notate le sensazioni. Sciogliete le tensioni, specialmente
quelle al viso, al collo e alle mani. Chiudete, o socchiudete, le palpebre.

Investigate come vi sentite. Ansiosi o tesi? Poi allentate un po’
l’attenzione. E’ probabile che in questo modo la mente si calmi, e può darsi
che si presentino dei pensieri – riflessioni, fantasticherie, ricordi,
oppure dubbi se state facendo correttamente l’esercizio! Invece di
assecondare o contrastare questi pensieri, date più attenzione al corpo,
esso è un utile ancoraggio per una mente che divaga.

Coltivate uno spirito di ricerca nel praticare la meditazione. Prendetevi il
tempo che ci vuole. Portate l’attenzione, ad esempio, dalla cima del capo
giù per tutto il corpo, sistematicamente. Notate le differenti sensazioni –
come calore, palpitazioni, sensibilità attenuata o accentuata – nelle
articolazioni di ogni dito, l’umido delle palme delle mani, i battiti al
polso. Anche aree nelle quale può darsi che non si avvertano sensazioni
particolari, come gli avambracci o i lobi delle orecchie, possono essere
‘percorse’ in modo attento. Notate come anche l’assenza di sensazioni sia
qualcosa della quale la mente può essere consapevole. Questa costante e
prolungata investigazione si chiama consapevolezza (sati) ed è uno degli
strumenti fondamentali della Meditazione di Visione Profonda.

Consapevolezza del respiro (anapanasati)

Anziché col ‘percorrere il corpo’, oppure dopo un periodo preliminare di
questa pratica, la consapevolezza può essere sviluppata per mezzo
dell’attenzione al respiro.

Dapprima seguite la sensazione del respiro che fluisce attraverso le narici
e riempie il torace e l’addome. In seguito cercate di mantenere l’attenzione
su un punto determinato, come il diaframma, oppure – localizzazione più
sottile – le narici. Il respiro ha una qualità che induce calma, è solido e
rilassante se non viene forzato; a ciò contribuisce una postura eretta. La
mente può divagare; voi però, pazientemente, ritornate al respiro.

Non è necessario sviluppare la concentrazione fino al punto di escludere
ogni altra cosa tranne il respiro. Qui lo scopo, piuttosto che creare uno
stato di trance , è quello di farvi notare il lavorio della mente e di
apportare una certa quantità di tranquilla chiarezza in essa. Nel suo
insieme il processo – raccogliere l’attenzione, notare il respiro, notare
che la mente ha divagato e ristabilire l’attenzione – sviluppa
consapevolezza, pazienza e capacità di comprendere in profondità. Perciò non
fatevi fuorviare da quello che sembra un ‘fallimento’; semplicemente,
ricominciate. Continuare in questo modo fa sì che alla fine la mente si
calmi.
Se siete molto irrequieti o agitati, rilassatevi. Praticate a essere in pace
con voi stessi, dando ascolto alle voci della mente – senza necessariamente
dare loro credito.
Se avvertite sonnolenza, siate più accurati e attenti nei confronti del
corpo e della postura. In situazioni del genere cercare di rendere più
sottile l’attenzione o perseguire la tranquillità non farà altro che
peggiorare le cose!

Camminando e stando in piedi

Molti esercizi di meditazione, come quello precedente di ‘consapevolezza del
respiro’, si praticano nella posizione seduta. Di solito, peraltro, alla
modalità di meditazione seduta si alterna quella camminata. Quest’ultima, a
parte il fatto che fornisce cose diverse da notare, è un modo appropriato di
immettere energia nella pratica qualora l’effetto calmante della meditazione
seduta vi inducesse al torpore.

Se potete muovervi all’aperto, stabilite come percorso per la meditazione un
tratto di 25-30 passi (oppure un percorso ben definito fra due alberi).
Ponetevi a una estremità del percorso e portate l’attenzione sulle
sensazioni del corpo. Iniziate mantenendo l’attenzione sulla sensazione del
corpo eretto, con le braccia sciolte con naturalezza e le mani congiunte,
senza stringerle, davanti o dietro. Guardate un punto a terra davanti a voi,
a circa tre metri, evitando così distrazioni visive. Ora camminate, senza
tensione, con passo misurato ma ‘normale’, fino all’altra estremità del
percorso. Fermatevi. Portate l’attenzione sul corpo eretto per la durata di
un paio di respiri. Voltatevi, e tornate indietro. Mentre camminate siate
consapevoli del fluire delle sensazioni fisiche nel loro insieme, oppure,
più specificamente, portate l’attenzione ai piedi che entrano in contatto
con il terreno, agli spazi fra un passo e l’altro, alle sensazioni del
fermarsi e del ripartire.

La mente divagherà, è scontato. Perciò è importante coltivare la pazienza e
la determinazione a cominciare di nuovo. Adeguate il passo allo stato in cui
si trova la mente: vigoroso quando è sonnolenta o è presa da pensieri
ossessivi, fermo ma dolce quando è irrequieta e impaziente. Alla fine del
percorso, fermatevi; inspirate, espirate; ‘lasciate andare’ ogni
irrequietezza, preoccupazione, calma, beatitudine, ricordi od opinioni su
voi stessi. Il ‘chiacchiericcio interiore’ può arrestarsi momentaneamente, o
dissolversi. Ricominciate. In questo modo inducete continuamente freschezza
nella mente e le consentite di procedere al ritmo che le è congeniale.

In spazi più limitati modificate la lunghezza del percorso secondo le
disponibilità. In alternativa potete fare il giro di una stanza, fermandovi
e rimanendo fermi per qualche momento a ogni giro compiuto. Il tempo in cui
rimanete fermi può essere prolungato fino ad alcuni minuti, applicando la
tecnica del ‘percorrere il corpo’.
Camminare porta energia e fluidità nella pratica; mantenete stabile il passo
e lasciate che la mente sia attraversata dalle condizioni mutevoli. Invece
di pretendere che la mente sia quieta come potrebbe esserlo quando siete
nella posizione seduta, contemplate il fluire dei fenomeni. E’ notevole
quante volte possiamo trovarci presi in una serie di pensieri concatenati,
arrivando alla fine del percorso e ‘risvegliandoci’ di soprassalto! Ma è
naturale per la nostra mente non addestrata farsi assorbire da pensieri e
stati d’animo. Perciò, invece di cedere all’impazienza, imparate a lasciar
andare e ricominciate. Allora può nascere un senso di agio e di calma, così
che la mente divenga aperta e chiara in modo naturale, senza forzature.

Stando distesi

Quando alla fine di una giornata andate a riposare, meditate per qualche
minuto stando sdraiati su un fianco. Tenete il corpo ben disteso e piegate
un braccio all’insù in modo che la mano faccia da sostegno alla testa.
‘Percorrete il corpo’, sciogliendone le tensioni; oppure portate
l’attenzione al respiro, mettendo consapevolmente da parte i ricordi del
giorno appena trascorso e le aspettative per l’indomani. In pochi minuti,
con la mente chiara, potrete riposare bene.

Coltivare il cuore

Coltivare la benevolenza (metta) conferisce un’altra dimensione alla pratica
della Visione Profonda. La meditazione insegna di per sé la pazienza e la
tolleranza, o almeno mostra l’importanza di queste qualità. Così può ben
accadere che vogliate sviluppare un’attitudine più amichevole e sollecita
verso voi stessi e verso gli altri. Nella meditazione potete coltivare la
benevolenza in modo molto realistico.

Concentrate l’attenzione sul respiro, che ora userete come strumento per
effondere sollecitudine e benevolenza. Cominciate da voi stessi, dal vostro
corpo. Visualizzate il respiro come una sorgente luminosa, oppure vedete la
consapevolezza come un raggio caldo e gradualmente passatelo sul corpo.
Delicatamente, concentrate l’attenzione sul centro del torace, vicino al
cuore. Nell’inspirare, rivolgete sollecitudine paziente a voi stessi, magari
con il pensiero “Possa io essere felice” oppure “pace”. Nell’espirare, fate
che l’attitudine di quel pensiero, o la consapevolezza della luce, si
effonda dal cuore, attraverso la mente, e si espanda al di fuori di voi.
“Possano gli altri essere felici”.

Se sperimentate stati mentali negativi, inspirate le qualità della
tolleranza e del perdono. Visualizzare il respiro con una colorazione
risanatrice può essere di aiuto. Nell’espirare, lasciate andare – qualunque
tensione, preoccupazione o negatività – ed espandete il senso di distensione
attraverso il corpo, attraverso la mente e al di fuori di voi come prima.

Questa pratica può impegnare in tutto o in parte un periodo di meditazione;
dovete giudicare voi stessi quello che è appropriato. Meditare con
un’attitudine di gentilezza induce alla calma ed è positivo per iniziare un
periodo di meditazione seduta; tuttavia ci saranno senz’altro periodi in cui
questo approccio andrà utilizzato a lungo, per penetrare in profondità nel
cuore.

Cominciate sempre con ciò di cui siete consapevoli, anche se vi sembra
banale o poco chiaro. Lasciate che la mente vi si riposi con calma – si
tratti di noia, di un ginocchio che duole, o della frustrazione di non
sentirsi particolarmente gentili. Lasciatelo stare; praticate a essere in
pace con quello che c’è. Riconoscete e mettete da parte, con gentilezza,
ogni propensione alla pigrizia, al dubbio, o al senso di colpa.

La pace può svilupparsi in una sollecitudine molto nutriente verso voi
stessi, se innanzitutto accettate senza riserve la presenza di ciò che non
vi piace. Mantenete salda l’attenzione e aprite il cuore a tutto quello che
sperimentate. Questo non implica approvare gli stati negativi, ma apre loro
uno spazio nel quale possono andare e venire.

Generare benevolenza nei confronti del mondo al di là di voi stessi segue in
gran parte lo stesso schema. Un modo semplice per effondere gentilezza
consiste nel lavorare per fasi successive. Cominciate da voi stessi,
associando il sentimento dell’accettazione benevolente al movimento del
respiro. “Possa io essere felice”. Quindi, pensate alle persone che amate e
rispettate, e augurate loro felicità, una per una. Passate alle persone con
le quali avete un rapporto amichevole, poi a quelle nei confronti delle
quali sentite indifferenza. “Possano essere felici”. Infine, portate alla
mente le persone delle quali avete timore o che non vi piacciono e
continuate a effondere benevolenza.

Questa meditazione può espandersi, in un moto di compassione, fino a
includere tutte le persone al mondo, nelle loro molteplici condizioni. E
ricordate, non è necessario che sentiate di amare ogni persona per augurarle
felicità.

La sollecitudine e la compassione scaturiscono dalla stessa fonte della
benevolenza ed espandono la mente al di là della prospettiva puramente
personale. Se non vi sforzate continuamente di far andare le cose come
volete che vadano; se siete più accomodanti e ricettivi nei confronti di voi
stessi e degli altri così come sono, la compassione nasce da sé. La
compassione è la naturale sensibilità del cuore.

LA RIFLESSIONE

Consapevolezza non selettiva

La meditazione può svolgersi anche senza un oggetto specifico, in un stato
di contemplazione pura, o ‘consapevolezza non selettiva’.

Dopo aver calmato la mente con uno dei metodi descritti in precedenza,
consapevolmente mettete da parte l’oggetto di meditazione. Osservate il
flusso delle immagini mentali e delle sensazioni nel loro sorgere, senza
indulgere in critiche o apprezzamenti. Notate ogni avversione e attrazione;
contemplate ogni incertezza, felicità, irrequietezza o tranquillità al loro
nascere. Quando il senso di chiarezza diminuisce, o se cominciate a sentirvi
sopraffatti dalle impressioni, potete ritornare a un oggetto di meditazione
(come il respiro). Quando ritorna un senso di stabilità potete nuovamente
abbandonare l’oggetto della meditazione.

Questa pratica dell”attenzione pura’ si presta bene all’osservazione dei
processi mentali. Oltre a osservare i particolari ‘ingredienti’ della mente
possiamo rivolgere l’attenzione alla natura del contenitore. Per quanto
riguarda i contenuti mentali, gli insegnamenti buddhisti mettono in rilievo
soprattutto tre semplici e fondamentali caratteristiche.

In primo luogo c’è la mutevolezza (anicca), l’eterno processo dell’inizio e
della fine al quale tutte le cose sono sottoposte, il costante movimento del
contenuto della mente. Il contenuto mentale può essere piacevole o
spiacevole, ma non si ferma mai.

C’è anche un senso di insoddisfazione (dukkha), persistente, spesso
impercettibile. Le sensazioni spiacevoli lo evocano facilmente, ma anche
un’esperienza piacevole causa una stretta al cuore quando finisce. Così nei
momenti migliori permane una qualità di incompiutezza in ciò che la mente
sperimenta, un vago senso di insoddisfazione.

Man mano che il costante nascere ed estinguersi delle esperienze e degli
stati d’animo diviene familiare, diviene inoltre chiaro che – dato che
questi contenuti sono impermanenti – in realtà nessuno di essi vi
appartiene. E, quando i contenuti tacciono – rivelando una luminosa
spaziosità della mente – non si trova alcuna caratteristica puramente
personale! Questo può essere difficile da capire, ma in realtà non c’è
nessun ‘me’ e nessun ‘mio’ – la caratteristica del ‘non sé’ o impersonalità
(anatta).

Investigate a tutto campo e notate come queste qualità appartengano a tutte
le cose, fisiche e mentali. Indipendentemente dal fatto che le vostre
esperienze siano gioiose o a malapena sopportabili, questa contemplazione
condurrà a una prospettiva serena ed equilibrata rispetto alla vostra vita.

Contemplare la pratica

Questi esercizi di meditazione servono tutti a porre le basi per la
consapevolezza delle cose così come sono. Focalizzandovi senza riserve sulle
varie esperienze, noterete con maggiore chiarezza lo stato della mente
stessa – ad esempio, se al momento siete svogliati oppure superzelanti nella
vostra pratica. Con un approccio minimamente onesto diviene evidente che la
qualità della pratica meditativa dipende non dall’esercizio che si usa, ma
da ciò che ci mettete voi. Con questo genere di riflessioni sarete in grado
di vedere più in profondità nella vostra personalità e nelle vostre
abitudini.

Ci sono alcuni punti che è utile avere in mente ogni volta che meditate.
Considerate se state cominciando con freschezza ogni volta – oppure, anche
meglio, a ogni respiro o passo. Se non praticate con mente aperta potete
ritrovarvi a cercare di far rivivere un’intuizione che avete avuto, oppure a
essere riluttanti a imparare dai vostri errori. C’è il giusto equilibrio
nell’energia per cui fate tutto quello che potete, senza forzarvi troppo?
Siete in contatto con ciò che sta effettivamente accadendo nella mente,
oppure vi servite di una tecnica in modo ottuso, meccanico? Per quanto
riguarda la concentrazione, è bene verificare se state mettendo da parte
questioni che non sono di importanza immediata, ovvero se indulgete a vagare
tra pensieri e stati d’animo. Oppure, state cercando di reprimere delle
sensazioni senza riconoscerle e rispondere in modo appropriato?

La concentrazione appropriata è ciò che unifica il cuore e la mente.
Riflettere in questo modo vi incoraggia a sviluppare un approccio adeguato.
E naturalmente la riflessione vi mostrerà di più che non come meditare: vi
darà la chiarezza per comprendere voi stessi.

Ricordate, finché non avrete sviluppato una certa destrezza e scioltezza
nella meditazione, è meglio usare un oggetto di meditazione, come il
respiro, per focalizzare la consapevolezza e come antidoto nei confronti
della natura opprimente delle distrazioni mentali. Anche in questo caso,
indipendentemente da quanto tempo abbiate cominciato a praticare, è sempre
di aiuto ritornare alla consapevolezza del respiro o del corpo. Sviluppare
questa abilità di ricominciare conduce a stabilità e scioltezza. Con una
pratica equilibrata vi rendete conto sempre di più di come sono il corpo e
la mente e vedete come vivere con maggior libertà e armonia. Questo è lo
scopo e il frutto della Meditazione di Visione Profonda.

Vivere consapevolmente

Con la pratica della Meditazione di Visione Profonda vedrete più chiaramente
i vostri atteggiamenti e arriverete a conoscere quali sono utili e quali
creano difficoltà. Un atteggiamento aperto può far sì che anche le
esperienze spiacevoli diventino occasione di saggezza – ad esempio,
comprendendo il modo in cui la mente reagisce al dolore o alla malattia.
Quando vi accostate a esperienze del genere in questo modo, spesso siete in
grado di sciogliere la tensione e la resistenza al dolore, e di alleviare
quest’ultimo in modo considerevole. D’altro canto, un moto di impazienza
porta a risultati diversi: vi irritate nei confronti degli altri se
disturbano la vostra meditazione; siete frustrati se la pratica non sembra
progredire con sufficiente rapidità; cadete in stati d’animo spiacevoli per
questioni insignificanti. La meditazione ci insegna che la pace della
mente – o la sua assenza – dipende fondamentalmente dal contemplare, o meno,
gli eventi della vita con uno spirito di riflessione e di apertura.

Esplorando le vostre intenzioni e i vostri atteggiamenti nella quiete della
meditazione, potete investigare il rapporto tra desiderio e insoddisfazione.
Vedete le cause della scontentezza: volere ciò che non avete; respingere ciò
che non vi piace; non essere in grado di conservare ciò che volete. Questo è
particolarmente oppressivo quando siete voi stessi l’oggetto della
scontentezza e del desiderio. Non è facile per nessuno essere in pace con la
propria personale debolezza, specialmente quando nella società viene tanto
enfatizzato lo stare bene, il farsi avanti e ottenere il meglio. Di fatto
aspettative di questo tipo rendono difficile accettarci per quelli che
siamo.

Tuttavia, con la pratica della Meditazione di Visione Profonda scoprite uno
spazio che vi consente di prendere una certa distanza da ciò che pensate di
essere, da ciò che pensate di avere. Contemplando queste percezioni diviene
più chiaro che non possedete nessuna cosa in quanto ‘me’ o ‘mio’; ci sono
semplicemente esperienze, che vanno e vengono nella mente. Così se, per
esempio, esplorate un’abitudine che vi irrita anziché deprimervi a causa
sua, non la rinforzate ed essa se ne va. Può ripresentarsi, ma questa volta
è più debole e voi sapete cosa fare. Coltivando una quieta attenzione i
contenuti mentali perdono forza e può accadere che svaniscano, lasciando la
mente chiara e fresca. E’ così che la visione profonda procede sul suo
cammino.

Essere capaci di pervenire a un quieto centro di consapevolezza nel flusso
mutevole della vita quotidiana è il segno di una pratica matura, poiché la
visione profonda acquista enormemente in capacità di penetrazione quando è
in grado di estendersi a tutte le esperienze. Cercate di usare la
prospettiva della visione profonda quale che sia l’attività del momento –
lavori domestici, guidare l’auto, prendere una tazza di tè. Raccogliete la
consapevolezza, mantenetela ferma su ciò che state facendo e risvegliate un
senso di investigazione nella natura della mente in attività. Usare la
pratica per centrarsi sulle sensazioni fisiche, gli stati mentali o la
consapevolezza di ciò che si vede, si ode o si odora può sviluppare una
contemplazione continua, che converte gli atti della vita quotidiana in
fondamenta per la visione profonda.
A mano a mano che si radica nella consapevolezza, la mente diviene libera di
rispondere in modo appropriato al momento presente, e c’è maggiore armonia
nella vita. Questo è il modo nel quale la meditazione fa ‘lavoro sociale’ –
portando la consapevolezza nella vostra vita, apporta pace nel mondo. Quando
siete in grado di convivere pacificamente con la grande varietà delle
sensazioni che sorgono nella coscienza, siete in grado di vivere in modo più
aperto nel mondo e con voi stessi così come siete.

ALTRI SUGGERIMENTI

Condotta personale

Man mano che la nostra visione acquista in profondità, vediamo con maggiore
chiarezza i risultati delle nostre azioni – la pace che buone intenzioni,
sincerità e chiarezza di intenti promuovono; il patimento che confusione e
noncuranza creano. E’ questa accresciuta sensibilità, specialmente
nell’osservare la sofferenza che causiamo a noi stessi e agli altri, che
spesso ci ispira a voler vivere in modo più saggio. Per un’autentica pace
della mente è indispensabile che la meditazione formale si combini con un
impegno alla responsabilità e con la sollecitudine per noi stessi e per gli
altri.

In realtà non c’è nulla di misterioso nel cammino della Visione Profonda.
Nelle parole del Buddha, la strada è semplice: “Fate il bene, non fate il
male, purificate la mente”. E’ una tradizione consolidata, perciò, che le
persone che si impegnano nella pratica spirituale diano grande importanza a
una condotta appropriata. Molti meditanti prendono dei voti morali
realistici – come non fare del male a esseri viventi, non tenere una
condotta sessuale sconsiderata, non assumere sostanze che alterino la
coscienza (bevande alcoliche o droghe), astenersi dal pettegolezzo e da
altre brutte abitudini nell’espressione verbale, per alimentare la propria
chiarezza interiore e magari incoraggiare con gentilezza quella degli altri.

Compagni di strada e regolarità nella pratica

Meditare con regolarità in compagnia di alcuni amici può essere un notevole
supporto per la costanza nella pratica e lo sviluppo della saggezza. Chi
medita da solo alla fine si trova di fronte a un calo della sua forza di
volontà, dato che c’è sempre qualcos’altro da fare che sembra più importante
(o più interessante) dell’osservare il respiro. Meditare regolarmente in
gruppo, per un periodo stabilito, fa sì che i partecipanti vadano avanti,
indipendentemente dall’oscillazione del flusso dei loro stati d’animo.
(Investigare questi mutamenti nella disposizione spesso conduce a importanti
intuizioni, ma da soli può essere difficile sostenerle nel tempo). Oltre a
vederne i benefici per voi stessi considerate che i vostri sforzi aiutano
gli altri a perseverare nella pratica.

Note sulla postura

L’ideale è una postura eretta, vigile. Accasciarsi ha unicamente l’effetto
di aumentare la pressione sulle gambe e causare disagio alla schiena. E’
importante prendersi cura della posizione con saggezza, non con una forza di
volontà senza sensibilità! La posizione migliorerà col tempo, ma voi dovete
lavorare con il corpo, non usare la forza contro il corpo.

Controllate la vostra postura:

§ Le anche sono inclinate all’indietro? Questo vi farà accasciare.

§ La parte inferiore della schiena dovrebbe mantenere la sua curvatura
naturale, senza forzatura, così che l’addome sia in avanti e ‘aperto’.

§ Immaginate che qualcuno eserciti una lieve pressione tra le vostre
scapole, mentre voi mantenete rilassati i muscoli. Questo vi farà vedere se
inconsciamente ‘ingobbite’ le spalle (e perciò tendete a chiudere il
torace).

§ Notate tutte le tensioni nella zona collo/spalle e scioglietele
delicatamente.

Se sentite tensione o inerzia nella vostra posizione:

§ Raddrizzate la spina dorsale immaginando che la cima del capo sia sospesa
dall’alto. Questo inoltre fa sì che il mento si inclini leggermente verso il
basso.
§ Tenete le braccia sciolte e all’interno verso il corpo, contro l’addome.
Se stessero in avanti vi farebbero perdere l’equilibrio.

§ Servitevi di un piccolo cuscino duro per appoggiare la parte inferiore
delle natiche e sostenere l’angolatura delle anche.

Per le gambe:

§ Fate qualche esercizio per stirarle (come toccarsi le dita dei piedi con
tutte e due le gambe distese, stando seduti).

§ Se durante un periodo di meditazione seduta provate molto dolore, cambiate
posizione, sedete su un piccolo sgabello o su una sedia, oppure alzatevi in
piedi per un po’ di tempo.

§ Se di solito vi sedete (o vorreste farlo) sul pavimento o appena un po’
più in alto, sperimentate con cuscini di diversa dimensione e durezza,
oppure provate uno sgabello specifico per la meditazione (ce ne sono di vari
tipi).

Per la sonnolenza:

§ Provate a meditare a occhi aperti.

§ Con l’attenzione ‘percorrete’ sistematicamente il corpo.

§ Concentratevi sul corpo nel suo insieme e sulle sensazioni fisiche,
piuttosto che su un oggetto esile come il respiro.

§ Alzatevi e camminate consapevoli per un po’ di tempo all’aria aperta.

Per tensioni o mal di testa:

§ Può darsi che vi stiate sforzando troppo; capita! In questo caso diminuite
l’intensità della concentrazione. Ad esempio, potreste portare l’attenzione
alla sensazione del respiro nella zona dell’addome.

§ Generate l’energia della benevolenza (ved. ‘Coltivare il cuore’), e
dirigetela verso la zona della tensione.

§ Visualizzare e diffondere luce per il corpo può essere di aiuto per
alleviarne i dolori e le sofferenze. Provate davvero a focalizzare una luce
benevolente su una zona difficile!

Da:
space.tin.it/associazioni/erneses/santacittarama/meditazione.htm

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