La Meditazione, spiegata da Sri Sai Baba – J.S.Hislon – Seconda parte

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La Meditazione, spiegata da Sri Sai Baba – J.S.Hislon – Seconda parte

DHYANA

“La meditazione negli insegnamenti di Sri Satya Sai Baba”

Mother Sai Publications

(Seconda parte)

IL DIVINO MAESTRO Tl PARI A

In conversazione col Bhagavan

Mai come nelle conversazioni dirette e personali Sai Baba rivela, con stu- pefacenti particolari, i
problemi che un cercatore incontra durante il suo percorso. Nel leggere queste interviste, tratte
qua e là da quelle raccolte e redatte da Hislop, ognuno di noi può cogliere la risposta alla domanda
che avrebbe voluto fare a Svami. II Divino Maestro non economizza le Sue esortazioni e al fortunato
lettore parrà di avere continuamente al suo fianco il guru che ha sempre sospirato d’avere.

Hislop – Che medicina mi consiglia il Medico Supremo dello spirito?

Sai – La meditazione. La prima cosa che acquisirai nella meditazione è il con- trollo dei sensi. Lo
yoga sarà di sostegno al tuo corpo. Quando la mente è stabile, giunge automaticamente la
concentrazione e, in questa concentrazio- ne, la tua mente sarà in pace. (CB 32)

– Esiste l’Atma, non la mente –

Hislop – L’automobile su cui ci troviamo ha delle caratteristiche naturali, che oltrepassano le
connotazioni di bene e di male. Se si muove, acquista veloci- tà e moto. Analogamente, quali sono i
poteri naturali della mente?

Sai – La mente non ha alcun potere. L’unico potere che ha è l’Atma Shakti, ossia il potere
dell’Atma, o Essenza Divina. In realtà, la mente non ha esi- stenza. Non c’è. La luna riceve luce
dal sole. Ciò che noi vediamo è il riflesso del sole. Quanto viene scambiato per mente è la luce
riflessa dell’Atma, il Supremo Sé che risplende nel cuore. In verità, c’è solo il cuore. Si
considera mente la luce riflessa, ma non è che un concetto, un modo di vedere. Esisto- no solo il
sole e la luna. (Un riflesso non è un terzo oggetto). In altri termini, la mente non può essere
paragonata ad un’auto. Una macchina ha una for- ma, mentre la mente non ha forma, in quanto non ha
una sua propria esi- stenza. Si può dire che la mente sia un tessuto di desideri. L’Atma, la Divina
Essenza irradia la Sua Luce sul cuore, sia esso puro o impuro. Un cuore pu- rificato e il desiderio
focalizzato unicamente su Dio è ciò che di meglio possa esserci.

Hislop – La mia mente e la mia intelligenza, in questo momento, sono in azione, indipendentemente
dalle sue qualità fini o rozze. Baba dice che l’unico pote- re è quello dell’Atma. Ma allora, perché
non vedo l’Atma, quello stesso At- ma che in questo preciso momento è all’opera servendosi del
complesso mente- intelligenza?

Sai – Si potrà vedere l’Atma in tutta la Sua purezza quando, per mezzo della pratica spirituale
(Sadhana), saranno rimossi gli ostacoli che impediscono una chiara visione. La vera disciplina non
consiste solamente nel sedersi in medi- tazione. La meditazione è una costante indagine interiore:
Chi sono io? che c’è di amabile in me? che c’è di aspro? La meditazione consiste nel riflettere sui
principi spirituali e nel cercare di mettere in pratica gli insegnamenti di Baba.

(CB 68-69)

Quanto tempo meditare?

Hislop – Nel sistema di Buddha, teso al rallentamento dell’attività mentale, si dedicava particolare
attenzione al “burma”. Svami, tu devi avere un mo- do migliore.

Sai – I1 sistema di Buddha, consistente nell’osservazione del respiro che entra ed esce dalle
narici, rappresenta solo una fase iniziale di alcuni minuti, allo scopo di preparare la meditazione.
Non esiste modo migliore per calmare la mente. C’è un solo modo. Sedendosi in meditazione, spesso ci
si chiede: “Quanto tempo dovrà durare?”. Ma non c’è risposta. Non c’è una durata particolare. In
realtà, la meditazione è un processo che si protrae per tutta la giornata. I1 sole splende e la sua
luce cade qua e là. Qual è la differenza fra il sole e la sua luce?

Hislop – Nessuna.

Sai – Allo stesso modo, tutto è Dio: pensieri, desideri, tutto è Dio. Ogni pen- siero va visto come
Dio.

Hislop – Però, Svami, rimane ancora il difficile problema di come rallentare l’attività della mente.

Sai – In verità, la mente non esiste. I1 problema è in ciò che si desidera. Quan- do l’unico
desiderio è incentrato su Dio, andrà tutto bene.

Hislop – Ma, durante la meditazione, la mente viene attraversata da una fol- la di pensieri e di
idee. Non si rende necessario acquietarla, affinché ci possa essere tranquillità nella meditazione?

Sai – Sì. La mente va tenuta a freno. Ad un certo stadio si fermerà. Se i desi- deri che si
presentano durante la meditazione vengono orientati all’unione con Dio, la mente subirà uno
spontaneo rallentamento. Non ci sono metodi particolari da usare; nessuna coercizione. I1 desiderio
non dovrebbe essere troppo intenso o esagerato. (CB 77)

Domare la mente: ecco il problema!

Hislop – Nell’impegno di questa disciplina, perché non è possibile fin dal pri- mo inizio adottare
il Signore come Maestro e abbandonarGli la propria vita?

Sai – (continuando a ridere) Non è così facile! È difficilissimo. Innanzitutto bisogna ammansire la
mente. È proprio come un elefante selvaggio nella fo- resta. Bisogna catturarla e addomesticarla.
Una volta soggiogata e domata, la mente è come un elefante da circo, che può essere indotto da un
ragazzino a stare su un piccolo sgabello. E questo è il risultato di allenamento e pratica.

Ospite – Mi pare assai difficoltoso allenare la mente. Perché non intrapren- dere il sentiero
dell’amore?

Sai – Anche amare non è facile. Nel mondo ci può essere un eccesso di amo- re, che genera azioni
squilibrate. La cultura indiana tiene sotto controllo le mogli, mantenendole occupate a tempo pieno
nella casa. Ma, mentre per il Divino l’amore non ha limiti e non corre pericoli, per il mondo
dovrebbe es- sere limitato. L’ignoranza non è così pericolosa come l’equivoco. In Ameri- ca il
cinema è considerato una fortuna, mentre in India corrompe e distrugge il rispetto per la
femminilità.

– I “Maestri” di Meditazione –

Ospite – Che dire dei guru americani?

Sai – C’è gente che viene dall’America, apprende uno yoga, torna in Ameri- ca, fonda
un’associazione, un “istituto Yoga” e vi si mette a capo. Costoro hanno letto qualche libro e poi
offrono una risposta a tutti i problemi. I1 ve- ro capo spirituale mette in pratica e vive la sua
filosofia, in modo che la gen- te guardi a lui e scorga nella sua vita il suo messaggio.

Hislop – Come dovremmo considerare questa moltitudine di guru che ci sono un po’ per tutto il mondo?
Per alcuni di loro, che sembrano svolgere un’otti- ma opera, Svami non ha parole di incoraggiamento.
Essi parlano molto bene del Divino e raccolgono molti discepoli.

Sai – Il miglior comportamento è quello della persona che ammette di non conoscere Dio e che
suggerisce a coloro che lo seguono di condurre insieme la ricerca e di praticare la disciplina
spirituale. Ma costoro non fanno così. Il loro metodo consiste nel raccogliere qua e là qualche
risposta e riportare delle nozioni come un registratore, arrogandosi della saggezza. Persone si-
mili hanno a casa propria un figlio su cui non esercitano alcuna autorità o influenza; non sanno
guidare la propria famiglia, ma si propongono a guida degli altri. È ridicolo.

Hislop – Altro tipo di guru è quello indiano che va in America. L’esempio più clamoroso proviene da
un uomo noto a livello internazionale e che ha anche qualche milione di seguaci. Per mezzo di lui
molta gente si interessa all’India, apprende la meditazione, e ci sono migliaia di ricerche sui
benèfici effetti nella vita dei seguaci. Non è forse un guru di un certo valore questo?

Sai – Un milione di persone in meditazione a gambe incrociate: nessuno ot- tiene la liberazione
dalla schiavitù. A che serve tutto ciò? Se almeno il guru ottenesse la liberazione, ne varrebbe la
pena. Ma non accade nemmeno que- sto. E il più piccolo errore che venisse compiuto provocherebbe un
gran dan- no. Tutto ciò è una trappola che corrompe sia il guru che il discepolo. Gli apparenti
beneficl sono soltanto momentanei, non permanenti. Tu hai avuto una considerevole e autentica
esperienza. Vuoi essere un guru?… (CB 162-163)

– Quando e quante volte meditare –

Ospite – Che fare per avere abbastanza fiducia nella meditazione? Manca il tempo.

Sai – Non è vero! C’è sempre abbastanza tempo per conversare, per andare a cinema, ecc. Sicuramente,
c’è il tempo anche per meditare.

Ospite – Dopo la meditazione si ha una sensazione di forza. Da dove provie- ne quell’energia e in
che relazione sta con la meditazione?

Sai – L’energia viene da Dio. La relazione fra Dio e il devoto è amore ed è praticamente impossibile
esserne coscienti. Dio è più sottile del sottile e il rap- porto che si ha con Lui è della stessa
natura sottile.

Ospite – Svami, hai detto che è meglio meditare due volte al giorno?

Sai – La cosa migliore è meditare al mattino presto. La mente è quieta e non . . . . Ci sono
preoccupazioni che premono

Hislop – È giusto meditare di tanto in tanto lungo il giorno?

Sai – Durante il giorno ci sono delle difficoltà. C’è gente in giro e c’è il lavo- ro. Se ci si
dedicasse alla meditazione, si comprometterebbe il lavoro.

– Concentrazione, Contemplazione e Meditazione –

Ospite – Che cos’è la meditazione?

Sai – È vera meditazione l’essere assorti nell’unico pensiero di Dio, come uni- co fine. Dio solo,
solo Dio. Pensate a Dio, respirate Dio, amate Dio, vivete Dio.

Ospite – Che cosa si può dire della concentrazione?

Sai – Concentrazione significa che tutti i sensi e i desideri spariscono e c’è solo Dio. La
concentrazione di Paramahansa Ramakrishna fu così natural- mente intensa che, meditando su Hanuman,
si vide crescere una specie di co- da di scimmia. II suo corpo era come una bolla iridescente di
sapone, tanto forte era la sua concentrazione. Lo specifico lavoro della concentrazione non
necessariamente è un avvio alla meditazione. Ogni volta che nell’azione ven- gono interessati la
mente, l’intelletto ed i sensi, è in atto la concentrazione, senza la quale non potreste nemmeno
camminare. Non ha bisogno di un par ticolare esercizio. Essa sottosta ai sensi, mentre la
meditazione sovrasta l’at- tività sensoriale. Tra concentrazione e meditazione, a guisa di confine
fra le due, sta la contemplazione. Dalla concentrazione si passa alla contemplazio- ne ed infine
alla meditazione. Finché uno pensa “Sto meditando”, c’è attivi- tà mentale e non meditazione. Finché
si è coscienti di meditare, non si medita. Assorti in Dio, si accantona ogni forma e ci si fonde in
Lui. In quel processo, I’attività mentale cessa spontaneamente.

Ospite – Baba dice di scartare ogni forma nella meditazione, ma noi adoria- mo la forma di Svami.

Sai – Giustissimo. Ma, quando ci si avvicina a Baba, ha termine la visualizza- zione. In questo
momento, stai guardando Baba faccia a faccia. Lo stai for- se ancora visualizzando?

– “Chi sono io?” –

Ospite – Che dovrei fare? La mia meditazione consiste nel chiedermi “Chi sono io?”.

Sai – L’indagine di Ramana Maharshi non basta da sola. Deve combinarsi con la meditazione, che, per
essere ben praticata, deve avvenire nello stesso luogo e alla medesima ora. In questo modo darà
sicuramente dei risultati. Se si viaggia, o si è assenti da casa, non ha importanza dove ci si
trova: basta recarsi mentalmente nel solito posto. Per la ricerca della Verità un luogo vale
l’altro: la Verità è dovunque, sempre. Essa va vissuta, non ricercata. “Ko- ham” (Chi sono io?) è il
pianto del neonato. Dopo un’intera vita nella disci- plina spirituale, il vecchio dice “Soham” (Io
sono Dio). Quando si è lontani da Svami, basta ricordarLo mentre fa questo o quello e la batteria
“si ricari- ca”. Anche questa è autentica meditazione. La meditazione è la continua ri- cerca
interiore: chi sono io? che cos’è la Verità? che cos’è l’attività dell’ego? che cosa è amabile e che
cosa non lo è? È meditazione pensare ai principi spirituali, cercando di scoprire il modo di
applicarli alla propria vita secondo quanto Baba insegna.

– Le discipline dello Yoga –

Hislop – Svami attribuisce valore al Pranayama (controllo del respiro, NdR) e al Pratyahara (ritiro
dei sensi dagli oggetti, NdR).

Sai – Prima viene il controllo dei sensi esterni, poi quello dei sensi interni, poi un senso di
equilibrio con dei limiti alla libertà, in quanto la libertà pone fine alla saggezza. Quindi,
vengono il Pranayama e il Pratyahara.

Hislop – Ad ogni modo, Svami li apprezza entrambi. Come dovrebbero com- portarsi i devoti a questo
proposito?

Sai – Tutte queste pratiche, quali lo “Hatha Yoga” e così via, sono come esami. Voi studiate,
passate l’esame e vi sentite fiduciosi e fieri. È come an-r dare al college: vi sono otto livelli di
base e, lavorando, li superate uno per uno. Ma essi sono necessari solo se si va a scuola. A coloro
che si sono com- pletamente abbandonati a Dio e il cui cuore è pieno di divino amore, non servono
questi “corsi”, non hanno alcun senso e sono assolutamente inutili.

– Dove ha sede l’Atma? –

Hislop – L’Atma è situato in qualche punto particolare del corpo, sul quale fissare l’attenzione
durante la meditazione? Si può ritenere che l’Atma abbia una sede?

Sai – L’Atma è dappertutto, ma ai fini della meditazione, si può considerare che il principio vitale
si trovi a 10 pollici sopra l’ombelico, al centro del tora- ce, intendendo per pollice la larghezza
del pollice di una mano nella giuntura della prima falange.

Hislop – Ho letto che la sede dell’Atma si trova a destra della zona centrale del torace, là dove si
punta solitamente il dito per indicare se stessi.

Sai – L’indicazione della parte destra come dimora del Sé è solo un punto di vista. I mancini lo
indicherebbero in modo diverso.

Hislop – Una volta che l’individuo è assorto in meditazione, sorge la doman- da di quanto rimanerci.

Sai – Non c’è risposta. Non c’è un tempo determinato. In realtà, la medita- zione è un processo che
si protrae per tutta la giornata.

– II circuito elettrico –

Hislop – Svami ha precisato che, nella nostra vita quotidiana, facciamo già uso di un ottimo livello
di concentrazione. Perché dunque la concentrazione non sorge automaticamente nella pratica
spirituale?

Sai – Non si fa niente senza concentrazione e ci si serve di essa per tutta la giornata. Come mai la
stessa concentrazione diventa così difficile in campo spirituale? Perché la mente si rivolge
all’esterno e col desiderio aderisce agli oggetti. Ma è possibile allenare la mente a concentrarsi
verso l’interno ed a coltivare nel cuore l’amore verso Dio. In che modo? Per mezzo della “sa-
dhana”, disciplina spirituale. La migliore disciplina è il compimento di ogni azione della giornata
come atto di adorazione a Dio. Dio è come l’energia elettrica. II cuore è la lampadina. II filo è la
disciplina. L’interruttore è l’in- telligenza. L’atto di accendere l’interruttore è la meditazione
del mattino, del mezzogiorno, o della sera. Una volta che l’interruttore, il filo e la lampadina
sono a posto, non occorre altro: basta girare l’interruttore e c’è luce. Intorno ad un giovane
albero si mette una protezione. Identica precauzione va osser- vata anche nella meditazione. La
gente pensa che vada bene meditare dovun- que, ma ci sono delle correnti e, di conseguenza,
dell’energia. Forti correnti attraversano la terra; per questo, essa esercita una forte attrazione.
Durante la meditazione è consigliabile isolarsi da queste correnti. Per tali ragioni i me- ditanti
siedono su una tavola di legno e si coprono le spalle con uno scialle di lana. Una volta consolidato
il modo di meditare, allora si può sedere do- vunque senza risentirne. (CB 174-179)

– Concentrazione sulla luce (Jyoti) –

Hislop – Svami, alcuni occidentali meditano sulla luce, non nella forma defi- nita della fiamma di
una candela (1yotl), bensì con una luce amorfa e, con- centrandosi su di essa, la proiettano
mentalmente. È corretto usare una luce -informe per concentrarsi?

Sai – Non è pratico cercare di concentrarsi su ciò che non ha forma. La con- centrazione sul jyotl è
solo un esempio. L’oggetto della concentrazione può essere un suono, una forma, una luce, eccetera,
ma dev’essere qualcosa di concreto. Non è facile fissare la mente sull’astratto.

Hislop – C’è un tragitto particolare che la fiamma deve percorrere entro il corpo?

Sai – Si porta innanzitutto la fiamma al cuore, concepito come un fiore di loto i cui petali stanno
per dischiudersi. Poi si porta la fiamma alle altri parti del corpo. Non c’è una sequenza obbligata,
ma è importante che la zona con- clusiva sia la testa. Qui la fiamma si espande a forma di corona,
che custodi- sce e protegge il capo. La luce, poi, va all’universale. Mandatela a parenti, amici,
nemici, alberi, animali, uccelli, finché l’intero mondo con tutte le sue forme viene visto
nell’estensione della medesima luce che c’è in voi. L’idea è quella di portare la luce nella fase
uni- versale, ossia di vedere la stessa luce divina all’interno di ognuno, in ogni cosa e in ogni
luogo. Per imprimere questa universalità nella mente, si fa espan- dere la luce fuori dal proprio
corpo. Quanto più profondamente ci si inoltra in questo mondo, tanto maggiore è la comprensione di
quanto accade nella meditazione: il pensiero della luce si dissolve e subentra l’oblìo della propria
corporeità e, quindi, I’esperienza diretta di non essere il corpo. Questa è la fase della
contemplazione, nella quale si dimentica totalmente il corpo. È una condizione che non può essere
forzata; viene da se ed è il livello che viene dopo una corretta concentrazione. Vivekananda diceva
che, nella meditazio- ne, non riusciva più a ritrovare il suo corpo. “Dov’è? – diceva – Non lo trovo
più”. Visualizzare la luce e spostarla qua e là serve a far lavorare la mente, a tenerla occupata
nella giusta direzione, in modo che non venga turbata da questo o quel pensiero che sarebbe di
ostacolo al processo del suo progressi- vo calmarsi. Diffondere la luce nell’Universo, mandarla a
tutti gli altri corpi fino a perdere la coscienza del proprio, è lo stato di “contemplazione”. Con
l’approfondirsi della contemplazione, si entra, senza un particolare atteggia- mento volitivo, nella
fase meditativa, che non è mai il risultato di uno sfor- zo. Finché il meditante è conscio di se’ e
della sua meditazione non medita affatto, ma si trova ancora nella fase preliminare, all’inizio
della concentra- zione. Ci sono dunque tre fasi: concentrazione, contemplazione e meditazio- ne.
Quando la contemplazione diviene profonda, si traduce con naturalezza in meditazione e quest’ultima
è completamente al di sopra dell’attività sen- soriale. Nello stato di meditazione, il meditante,
I’oggetto della meditazione ed il processo meditativo svaniscono: c’è solo l’Uno, e quell’Uno è Dio.
Tut- to ciò che è soggetto a mutamento si dissolve ed esiste solo la condizione del “Tat Tvam Asi”:
Quello sei tu. Infine, rientrati nel normale stato di coscien- za, si ripone la fiamma della candela
nuovamente al centro del cuore, per tenervela accesa tutto il giorno.

Hislop – Nella meditazione sulla forma di Dio, Svami dice che il passaggio agli stati di
contemplazione e di meditazione avviene in modo naturale, sen- za la volizione di chi medita. Ma
come si lega questo alla meditazione sulla luce, dove il meditante porta la fiamma nelle varie parti
del corpo con un preciso atto di volontà?

Sai – Nell’autentica meditazione, l’esperienza di una forma, o della luce è da- ta dalle
tre fasi: dalla concentrazione, che è sottoposta ai sensi, dalla medita- zione che li sovrasta e
dalla contemplazione, che sta fra le due, in parte sotto e in parte sopra il livello dei sensi. Non
ci sono differenze sostanziali fra una forma e la luce. Se il devoto predilige una certa forma di
Dio, può fonderla nel jyotl, ed essa sarà oggetto della sua concentrazione, mentre la fiamma segue
il suo percorso. Orbene, la concentrazione può essere proprio sulla forma di Dio, dal momento che
Dio si trova universalmente in ogni forma. Ripeto: la scelta della forma è solo un espediente, che
permette di sprofondare nella quiete e far sì che il corpo, il “non-Sé” esca dal campo della
coscienza. Co- me oggetto di concentrazione si può adottare qualsiasi cosa concreta: una lu- ce, una
forma o un suono. Non è possibile entrare direttamente nello stadio della meditazione.

Hislop – Parlando di yoga, Svami ha detto che il “Bhakti yoga”, lo yoga della devozione a
Dio, è il solo che valga la pena di praticare e che gli altri sono inutili. Ma gli occidentali
obiettano che Ramakrishna Paramahansa ha fornito una descrizione della “kundalini” che sale ed apre
ogni “chakra”. Qual è la risposta più giusta a tale dubbio?

Sai – Ramakrishna si è servito dei “chakra” per indicare simbolicamente i punti di
maggiore sensibilità lungo la colonna vertebrale.

– Il Pranayama –

Hislop – Ma Svami, che dire allora del serpente “kundalini”, che si risveglia alla base della spina
dorsale e, nell’elevarsi, attiva i vari “chakra”?

Sai – Non è necessaria e Svami la sconsiglia. La zona fra la no- na e la dodicesima vertebra è
particolarmente sensibile. Una lesione in quel punto può ridurre alla paralisi. La Meditazione
insegnata da Svami è la via regia, il sentiero più facile. Perché mai complicarsi la vita con altre
pratiche? Affinché la Meditazione sia efficace, è necessario praticarla con costanza, senza fretta e
senza inquietudine. Con la tenacia, la persona che pratica la Meditazione diverrà tranquilla e lo
stato meditativo si presenterà spontanea- mente: il successo è garantito. Volgere la mente a tanti
modi diversi di medi- tare è del debole. Invocate Dio ed Egli vi verrà in aiuto, vi risponderà e
sarà Lui stesso il vostro guru; vi guiderà e sarà sempre al vostro fianco. Pensate a Dio, vedete
Dio, udite Dio, mangiate Dio, bevete Dio, amate Dio. È la strada più semplice, la via regale per
farvi giungere alla mèta: la dissoluzione dell’i- gnoranza e la realizzazione della vostra vera
natura: quella di essere uno con Dio.

Hislop – Gli occidentali sono estremamente interessati a tutto quanto dice Svami e ci pensano e ne
parlano. II fatto del respiro che si esprime sotto forma di “So-Ham” 21.600 volte al giorno ha
generato della confusione in alcuni, per- ché non consta loro di respirare con quel ritmo.

Sai -121 .600 respiri al giorno sono un esempio tipo: rappresentano la media calcolata sulla vita di
una persona. In momenti di sforzo fisico o di tensione, il respiro sarà frequentissimo; in momenti
di pace e di tranquillità, sarà len- to. Alcuni possono superare la media dei 21.600 respiri al
giorno. Un provet- to yogi non può avere una media di 15 respiri al minuto, ma avrà un basso ritmo
fra i 6 e i 7 respiri al minuto. Più lento è il respiro, più lunga sarà la durata della vita. La
scimmia, che ha vita breve, respira all’incirca 40 volte al minuto, mentre il longevo serpente da
tre a quattro volte al minuto

– Perchè proprio un lume di candela? –

Sai – (Ad un gruppo di occidentali) Avete dubbi o domande? Solo domande di natura spirituale.

Ospite – Perché un lume di candela nella meditazione?

Sai – Perché un lume? Se si continua a prelevare sabbia da una spiaggia, essa si esaurirà. Se si
preleva acqua da una sola cisterna, l’acqua, prima o poi, finirà. Ma migliaia di persone possono
accendere la loro candela ad una me- desima fiammella, senza farla venir meno. Accendete una
lucerna, o una can- dela. Mettetela davanti e fissatela. Poi, portate la fiamma della candela, – il
jyotl – nel vostro cuore e visualizzatela all’interno dei petali del cuore. Os- servate i petali del
cuore aprirsi e vedete la luce che illumina il cuore. I cattivi sentimenti non possono più rimanere.
Poi, dirigete la fiamma alle mani: non possono più compiere azioni tenebrose. Quindi, allo stesso
modo, portate la fiamma agli occhi ed alle orecchie, così che possano accogliere solo sensazio- ni
luminose e pure. Poi, estendete la luce all’esterno di voi e mandatela verso gli amici, i parenti e
i nemici; quindi, agli animali, agli uccelli e agli oggetti, in modo che tutto venga irradiato dalla
stessa luce. Cristo disse: “Tutti sono nell’unità; vivete nell’uguaglianza con tutti”. In questo
modo, non sarete più limitati a questo corpo, ma vi espanderete per tutto l’universo. II mondo, che
è tanto grande, vi apparirà piccolo, molto piccolo. Dilatarvi oltre i vostri stessi confini e vedere
che la vostra stessa luce è la luce dell’universo, è liberazione. La liberazione non è qualcosa di
diverso da questo.

– Perchè la schiena eretta? –

Ospite – Non è proprio facile star seduti diritti.

Sai – Sedere diritti è importante. L’Energia Vitale sta fra la IXa e la XIIa vertebra. Se si lede la
spina dorsale in questa zona, è la paralisi. Se il torso sta in posizione eretta, come se fosse
fasciato rigidamente ad un palo, I’E- nergia Vitale vi può risalire e fornire alla mente un’intensa
qualità di concen- trazione. Inoltre, proprio come l’asta di un parafulmine ritta sul tetto di un
palazzo attira i fulmini, il tempio del vostro corpo perfettamente diritto of- fre, per così dire,
un passaggio al potere divino che può attraversarlo e darvi l’energia necessaria per compiere il
vostro dovere e raggiungere il traguardo.

Per fare un altro esempio, I’energia divina c’è sempre, come le onde radio; ma, per captarne il
segnale, occorre un’antenna, e se non si regola a puntino la sintonia, si udranno solo dei suoni, ma
non della vera musica. Allo stesso modo, lk’energia divina, che è sempre presente, può fluire dentro
di voi, se la Meditazione è corretta ed il corDo diritto

– Perchè meditare al mattino presto? –

Ospite – Che cosa possiamo sapere sulla Meditazione nel “Brahma Muhurta”?

Sai – “Brahma Muhurta” è il primo mattino, fra le tre e le sei, quando i sensi sono tranquilli,
perché il sonno ha calmato la mente e il giorno non li ha an- cora messi in agitazione. Bisogna
comunque scegliere un’ora, senza mai cam- biarla; non una oggi e un’altra domani. Mezz’ora al
mattino e mezz’ora la sera sono sufficienti per meditare. Se si fa per tutta la giornata, dopo un
paio d’anni, la Meditazione perde la sua attrattiva. Le pratiche spirituali hanno bisogno di varietà
per suscitare interesse. Qualche bhajan, un po’ di ripetizio- ne del Nome del Signore, un po di
tempo trascorso in compagnia di persone che abbiano interessi spirituali e così via. Proprio come
nella vita quotidia- na, un po’ di varietà rende interessante la giornata.

Hislop – Svami, come concludere la Meditazione sul jyotl?

Sai – In un primo momento, voi siete nella luce. Poi la luce è in voi. Infine, voi siete la luce e
la luce è dovunque. Godetene per un momento, poi riporta- tela nel cuore e mantenetevela per tutto
il giorno. Vi si può racchiudere an- che la forma di Dio: Krishna, Rama, Gesù, Sai, come preferite.
La forma di Dio che avete scelto può essere visualizzata al centro della fiamma dovun- que la
portiate e così, dovunque, sarete con Dio.

– Cambiare tecnica? –

Ospite – Ad una riunione è stato detto che chi pratica altri tipi di meditazione non dovrebbe essere
ammesso in un Centro Sai Baba.

Sai – Non importa che sia questo o quello yoga. Sì, vi può entrare anche chi fa altri tipi di
meditazione. Fate in modo che tutti si sentano uniti nel conse- guimento di un unico fine. Dio si
raggiunge solo con l’amore. II “Pranaya- ma” sottopone cuore e polmoni a sforzi e pressioni: per
farlo occorre buona salute. La cosa migliore è il “Bhakti yoga”. Un gran miscuglio creerà solo della
confusione. La Meditazione sulla luce è senza rischi, sicura e porta di- ritto alla mèta.

Ospite – Se però si è stati iniziati ad un’altra meditazione, in un libro di Sva- mi si dice che è
peccato cambiare.

Sai – La meta rimane la stessa. Si tratta solo di varianti sul sentiero, nel me- todo impiegato. La
Meditazione sulla luce è autentica meditazione. La luce è senza forma, è eterna, è divina: è un
sentiero sicuro e privo di rischi. Ma soprattutto c’è l’amore. L’amore è la suprema via regale che
porta a Dio. Dio è amore. Sul principio bisogna esaminare attentamente il tipo di medita- zione e la
“sadhana” che si intende adottare. Bisogna chiedersi chi è il guru e quali gli insegnamenti. Se poi
avrete piena fiducia – quella piena fiducia che condurrà alla nostra mèta spirituale -, andate
avanti decisi e senza ripen- samenti. Tuttavia, non va dimenticato che la mèta a cui si aspira è una
mèta spirituale, non fisica e nemmeno è un traguardo a livello dei sensi.

Ospite – Ma, come avere quella fiducia che non ho neppure in me stesso?

Sai – Per compiere azioni cattive, soprattutto quando vengono fatte con de- cisione, la fiducia in
te stesso ce l’hai e l’hai anche quando compi quelle buo- ne. Tutti hanno fiducia in se stessi.

Hislop – Questa è un’ottima cosa.

Sai – Sì, è importante che ci sia sempre la fiducia in sé. Se c’è interesse per il bene, c’è anche
la fiducia per portarlo ad effetto. Alcuni vanno in America e fanno pagare cifre di ogni genere per
dare informazioni di carattere spiri- tuale, che spettano a tutti e per le quali nessun onere
dovrebbe essere richie- sto. Queste informazioni non si devono vendere e gli Americani non
dovrebbero comprarle.

Non sono ben sicuro che Svami abbia affermato che la Meditazione sulla lu- ce porta alla
Liberazione.

Sai – Tu sei la luce, la stessa luce che si trova anche negli altri. II corpo si dissolve e tu sei
la luce. Questa è liberazione.

Hislop – Svami vuol forse dire che per mezzo della luce ci si espande per l’u- niverso intero e che
non si è più limitati dal corpo?

Sai – Svanisce il senso di “mio”. Non c’è più.

Hislop – C’è una meditazione offerta dal Signore in persona e che conduce direttamente alla
liberazione. Chi vorrebbe occuparsi tanto di altri tipi di me- ditazione?

Sai – Magari per qualche sensazione gradevole, per qualche beneficio fisico.

Hislop – Ieri, Svami, qualcuno si è messo in mente che nei Centri si possa praticare qualunque tipo
di meditazione.

Sai – Non preoccupatevene. Dopo un po, capiranno quant’è grande la Medi- tazione sulla luce e
sostituiranno la loro tecnica con questa. Non costringete- li. Date loro del tempo.

– Come giungere allo stato “Meditazione”? –

Hislop – Svami dice che il massimo beneficio si ottiene quando la vita di un individuo è tale da
meritare l’amore di Dio. Come si fa a sperimentare diret- tamente questo amore divino?

Sai – C’è un dolce in cucina. Per averlo e sentirne il gusto basta entrare in cucina e mangiarlo:
solo allora il desiderio si placa. Per godere la dolcezza dell’amore divino, dovete cercare di farne
l’esperienza diretta. Come arrivarci?

I nostri antichi Rishi (Saggi, Veggenti) trovarono la beatitudine nell’isolamento dei romitaggi,
standosene rigidamente seduti, apparentemente in catalessi.

Oggi, invece, si vedono delle persone che continuano a dondolare la testa e il corpo. Costoro non
possono concentrarsi. I1 corpo viene paragonato ad tempio che ospita il Signore. Se si muove una
data parte del corpo, anche il contenuto, la mente, sarà in movimento: per questo motivo si
prescrivono determinate posizioni di meditazione. Quando siete in meditazione, la vostra mente va
così in profondità da non subire più distrazioni. Quanto più in pro- fondità va la mente, tanto
minore sarà il disturbo arrecato dal rumore ester- no. Nella Gilta si dice che la concentrazione
precede la saggezza. Se, mentre siete seduti in meditazione, vi mettete a grattarvi la testa o la
schiena, vuol dire che il vostro modo di meditare è sbagliato. C’è chi, per meditare, dopo essersi
semplicemente seduto, pensa solo al momento in cui cambierà posi- zione. Quando meditate,
concentratevi sulla forma che avete scelto; poi, pas- sate alla contemplazione e, quindi, alla
meditazione. Ci si arriva esclusivamente per questi tre passaggi: dalla concentrazione
attraverserete il campo della con- templazione per entrare nella meditazione, nella quale il
meditante, la forma scelta e il processo della meditazione si fondono in un unco stato: quello della
meditazione vera e propria. Se però per tutto il tempo avvertite che sta- te meditando, la vostra
non è “meditazione”. Ad essa vi porterà soltanto l’attenzione totale sulla forma prescelta, quando
cioè l’attenzione della men- te è totalmente distolta dal corpo e concentrata tutta sulla forma
preferita come oggetto di meditazione.

(continua)

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