Stress e tecniche di rilassamento

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Stress e tecniche di rilassamento

Lo “stress” è una condizione normale per ogni essere vivente in quanto permette di adattarsi alle
varie circostanze; quando, però, tale condizione supera un determinato livello, compare il disagio
ed il pericolo che possano nascere delle malattie.

Lo stress è un insieme di fenomeni ambientali, sociali, organici e psichici che è stato studiato per
la prima volta negli anni trenta da Hans Selye, biologo all’Università di Montreal. Egli è partito
dall’osservazione che la vita è costellata di cambiamenti: uno sbalzo di temperatura o una
variazione delle abitudini alimentari, l’inizio di un impiego o il trasloco in una nuova abitazione
stimolano l’organismo a una risposta, chiamata “risposta di stress”, utile per adattarci a quella
novità. Secondo Richard Lazarus, psicologo all’Università della California a Berkeley, la medesima
risposta segue anche a eventi che la singola persona giudica superiori ai mezzi che ha a
disposizione per fronteggiarli e, quindi, nocivi per il proprio benessere organico o emotivo. E
chiaro che, in questo secondo caso, lo stress sopravviene per il modo in cui l’evento è valutato,
oltre che per l’evento in quanto tale; il nuovo impiego, allora, può rivelarsi stressante non solo
perché comporta cambiamenti nelle abitudini di vita, ma anche perché è sentito come un compito che
mette alla prova le capacità personali e il senso di sicurezza in sé.

Anche Selye era giunto a questa conclusione: “Per lo stress non è tanto importante quello che ci
accade, quanto il modo in cui noi lo interpretiamo.”

La risposta di stress, in ogni caso, attiva processi fisiologici che operano lungo due vie. La prima
è la via nervosa, costituita dal sistema nervoso ortosimpatico e dalla porzione midollare dei
surreni; grazie alla liberazione di catecolammine (adrenalina e noradrenalina), si suscita una
risposta ergotropa, tale da far affrontare l’evento in modo rapido e valido. La stessa risposta è
alla base di una sindrome che il fisiologo Walter B. Cannon aveva chiamato “di lotta o fuga”: quella
sindrome che ha permesso all’uomo primitivo di sopravvivere abbastanza a lungo per procreare. La
seconda via è quella endocrina, costituita soprattutto dalla porzione corticale dei surreni; gli
ormoni corticosteroidi, il principale dei quali è il cortisolo, vengono chiamati “adattivi” proprio
perché ci preparano all’incombenza. Di fatto, fino a un certo punto, catecolammine e cortisolo danno
tono all’organismo e alla psiche, preparando al lavoro e migliorando la qualità della vita: è lo
stress benefico, o eustress (dal greco eu = bene). La continua esposizione a fattori di stress
(“stressori” ) più o meno gravi, invece, porta a un’attivazione fisiologica esagerata e alla
comparsa di ansia, di tensione e di disturbi funzionali soggettivi (i “campanelli d’allarme”); in
seguito all’azione protratta e intensa dei corticosteroidi e delle catecolammine, inoltre, si ha una
caduta delle difese immunitarie e, col tempo, l’insorgenza di malattie. In questi casi, lo stress
diventa nocivo ed è detto anche distress (dal greco dys, con valore peggiorativo).

CAMPANELLI D’ALLARME DELLO STRESS

Non si può sfuggire allo stress; esso fa parte della vita ed è il naturale risultato di qualsiasi
attività. Per l’uomo contemporaneo, inoltre, gli stressori di origine personale sono tra i più
frequenti. E’ chiaro che molti stressori dipendono dall’ambiente (biologici , fisici e sociali) come
ad esempio l’alternanza delle stagioni, la malattia di un familiare ecc. È però anche chiaro che
un’infinità di altri stressori sono il risultato di comportamenti di cui si è personalmente
responsabili. Noi abbiamo infatti due modi per “scegliere” lo stress. Il primo è con condotte
intenzionali quali l’accumulo di impegni, la pratica di sport pesanti, l’assunzione di caffeina e/o
di alcolici, i regimi alimentari errati, la vita sedentaria. Il secondo modo è con reazioni emotive,
che dipendono da caratteristiche personali profonde e che fanno interpretare gli eventi in modo
negativo: l’individuo ansioso o depresso, per esempio, vede gli impegni come altrettante minacce al
suo senso di sicurezza personale.

Tra le tecniche più efficaci, vanno ricordate il controllo volontario della respirazione, il
bio-feedback, il rilassamento progressivo e il training autogeno. Per ciascuna di queste tecniche
sono fondamentali due concetti. Il primo è quello di allenamento, ovvero è necessario ripetere più
volte determinate operazioni affinché si possa arrivare ad una completa padronanza delle tecniche.
Il secondo concetto, già noto, è quello della responsabilità personale: è infatti indispensabile
essere direttamente e profondamente motivati. Coloro che si avvicinano ai metodi di rilassamento per
semplice curiosità o perché spinti da altri non hanno un interesse sufficiente per allenarsi nel
modo giusto e non ottengono, quindi, risultati apprezzabili.

Il controllo volontario della respirazione è la pratica più semplice e, forse, anche la più antica
per ottenere il rilassamento. “Noi non ce ne rendiamo conto, ma la respirazione diaframmatica
profonda costituisce un mezzo di rilassamento innato, naturale” scrive Martin Schaffer, dello Stress
Management Consultants di San Francisco. “Siamo tutti programmati geneticamente a rilassarci in
questo modo, eppure, col passare degli anni, lo disimpariamo.” Con la tensione che accompagna il
distress, tra l’altro, si ha iperventilazione, ossia atti respiratori rapidi e insufficienti.
Va sottolineato che la maggior parte dei sintomi del distress è proprio imputabile
all’iperventilazione. Diviene quindi necessario allenarsi in esercizi specifici per riapprendere a
respirare correttamente. Vi sono due ipotesi per spiegare in che modo il distress venga ridotto dal
controllo della respirazione: una è fisiologica (la respirazione diaframmatica indurrebbe un
temporaneo stato trofotropico); l’altra è psicologica (concentrandoci sull’atto respiratorio, ci
distrarremmo da pensieri ansiogeni).

Il bio-feedback è una tecnica con la quale si apprende a regolare alcune funzioni organiche che, di
norma, sono automatiche e passano quindi inosservate. Con l’impiego di apparecchi specifici, tali
funzioni vengono tradotte in segnali luminosi o acustici; in questo modo, la persona è informata
sulle risposte del suo organismo e, con l’esercizio, sarà poi in grado di correggerle da solo. Il
bio-feedback viene applicato per regolare, tra l’altro, le funzioni cardiovascolare e respiratoria,
la temperatura cutanea, la tensione muscolare. Va qui notato che la muscolatura striata è sottoposta
al controllo della volontà, e sembrerebbe perciò facile da rilassare; l’attivazione cronica dovuta
allo stress fa però aumentare il suo stato di contrazione in modo così lento e impercettibile che la
persona non se ne rende conto. Il bio-feedback permette di “toccar con mano” questo stato e, quindi,
anche di correggerlo.

Il rilassamento progressivo, messo a punto dal fisiologo statunitense E. Jacobson, è un metodo a
carattere fisiologico e analitico; con esso ci si concentra sui singoli fasci muscolari a uno a uno,
esercitandosi in un alternarsi di forte contrazione e di distensione. In questo modo, vengono
raggiunti due scopi: si acquisisce la capacità di osservare le proprie sensazioni interne (una
specie di “introspezione fisiologica”, come ha scritto Jacobson), e si apprende a distinguere gli
stati di tensione muscolare anche lieve da quelli di riposo e, quindi, a rilassarsi e a far
diminuire l’attività del sistema nervoso autonomo. I risultati sono ottenuti impegnando la volontà e
concentrandosi attivamente sulle sensazioni provate.

Infine troviamo il training autogeno, una tecnica messa a punto dallo psichiatra berlinese J.H.
Schultz. Questo metodo di rilassamento si basa sulla ripetizione (costante nel tempo) di alcuni
facili esercizi (training), dove il soggetto giunge a una risposta di rilassamento che “nasce da
sola”, in modo auto-indotto (autogeno). I risultati si ottengono non con uno sforzo volontario, ma
“ascoltando”, concentrandosi passivamente sul corpo in riposo, distaccato dalla psiche che si fa
sempre più lontana, assente. Proprio per questo, Schultz ha definito il training autogeno “yoga
occidentale”.

Dove approfondire:

– H. SELVE, The Stress of Life, McGraw-Hill, New York, 1976.
– M. FARNÈ C. A. SEBELLICO, Psicologia, salute e malattia, Zanichelli, Bologna, 1990.
– M.T. MERENDA, V. POERIO, Il benessere comincia dalla mente. Dagli effetti dello stress ai benefici
del relax: tecniche mentali, terapie naturali, alimentazione. Franco Angeli, 2003.
– R. WEINSTEIN, Difendersi dallo stress, Red Edizioni, 2005.

da altopotenziale.it

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