Sri Sathya Sai Baba – “L’Uomo del Mistero” 1

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Sri Sathya Sai Baba – “L’Uomo del Mistero” 1

del Dr. Giancarlo Rosati

Giancarlo Rosati e’ nato in Etiopia. Dopo avere conseguito il diploma di
maturita’, presso l’Universita’ di Oxford, sil aurea in medicina e
Chirurgia, in Italia, dove consegue sei specializzazioni. E’ socio fondatore
del Centro Esperienze Psichiche di Parma e membro dell’Accademia Tiberina.
Ha partecipato a diversi congressi e incontri televisivi su Sai Baba e,
sulla scia della sua ricerca, ha pubblicato uno studio sulla vita e sulla
paranormalita’ di Gesu’, dal titolo “L’Uomo dei miracoli”. Vive a Parma ed
esercita la professione medica.

da “Sai Baba, l’Uomo venuto dal Cielo” – di Giancarlo Rosati

[…]

Pochi minuti dopo entrano gli studenti che frequentano gli istituti fondati
da Baba. Sembrano truppe militari, tutti vestiti di bianco, disciplinati e
candidi come angeli. Entrano in assoluto silenzio e vanno a sedersi sotto al
portico insieme ai loro insegnanti. Tutti i giorni e piu’ volte al giorno
questi studenti possono godere della visione del Maestro, ma soprattutto
possono beneficiare di un Suo diretto insegnamento. Affidano le loro pene ed
i loro problemi al Maestro; che li consiglia, li guida e li pilota lungo la
strada della virtu’ e del successo professionale. Sono questi studenti che
guideranno il mondo di domani, che occuperanno posti chiave e rifaranno le
leggi incidendo sentieri di rettitudine e di giustizia sui quali dovra’
camminare l’umanita’ intera. Mi torna a mente l’Apocalisse di Giovanni: «Il
Re dei Re, Signore dei Signori, guidera’ le sue truppe vestite di lini
bianchi e puri».

Ed ecco che i colli si allungano. Sai Baba esce dal Tempio. Il suo passo e’
lento. Sembra scivolare sul terreno, leggero come una piuma. E’ lui, non c’e
‘ dubbio. Maometto lo aveva descritto molto bene, quando tracciò l’immagine
fotografica del Maestro del Mondo. Sembra tutto incredibile. Migliaia di
persone affollano ogni giorno quel cortile per avere la visione di un uomo,
per avvertire delle strane misteriose vibrazioni che sembrano partire dal
suo corpo. Siamo nell’anno duemila e ci troviamo qui a credere ancora a
queste fandonie? E la nostra scienza che ci fornisce tutta una serie di
certezze che fine fa? Sono tutte i domande che affollano la mia mente.

Sai Baba si ferma un attimo davanti ad una devota. Fa un gesto con la mano
vuota e alla distanza di quaranta centimetri si materializza nell’aria un
fiore grosso come una dalia, che va a cadere tra le braccia dell’anziana
signora. Passando davanti ai devoti qualcuno cerca di allungare le mani per
toccare i piedi del Maestro. Qualche volta Baba lascia che il devoto si
soffermi sui suoi piedi, tal’altra compie una rapida deviazione per non
farseli toccare.

Ci sono alcune domande che affiorano alla mente e alle quali rispondero’
subito.

La risposta mi e’ stata fornita dal dottor Mucunda il quale si era posto le
mie stesse domande e le aveva girate direttamente allo Swami. Swami e’ il
termine con il quale Sai Baba preferisce farsi chiamare. Vuol dire
semplicemente «maestro».

Il motivo per cui Sai Baba cammina scalzo e’ molto semplice, ma
misconosciuto dalla maggior parte dei devoti.

Il maestro spirituale, che attraverso la meditazione e’ riuscito a
risvegliare la propria energia kundalini, cerca ovviamente di non
disperderla inutilmente. Cosi’, utilizza alcuni accorgimenti come l’uso
degli zoccoli di legno per non cedere al terreno questa sua forza.

Sembra una realta’ fantascientifica, ma non la e’. Il nostro corpo produce
energia.

Questa energia puo’ essere dispersa, ceduta o arricchita assorbendo
l’energia di un altro individuo. L’organismo umano e’ come un accumulatore.
Scarica, e dopo avere scaricato si trova nella necessita’ di ricaricare le
batterie attraverso la pratica della meditazione.

Sai Baba e’ energia pura, e’ l’Energia in se’, per cui non ha bisogno di
ricaricarsi, ne’ si pone il problema di schermare il suo organismo. Cosi’,
egli cammina a piedi nudi per disperdere nel terreno questa sua energia, che
potra’ essere raccolta ed assorbita dai devoti. Il motivo per cui i devoti
sono invitati a camminare scalzi e’ appunto questo. Si da’ loro la
possibilita’ di assorbire un’energia che altrimenti non riuscirebbero ad
accumulare.

Assorbire energia significa avere poi la carica necessaria per riequilibrare
il proprio organismo nella sua duplice matrice di corpo e psiche.

I luoghi denominati sacri hanno appunto il significato di luogo carico di
energia. Ma questo luogo deve essere effettivamente carico di energia
altrimenti perde la sua sacralita’.

Purtroppo il termine e’ stato erroneamente usato e si considera sacro anche
un suolo che sacro non e’. Cosi’, ogni tempio diventa sacro soltanto perche’
si ignora il vero significato di sacralita’ ed il vero motivo per cui e’
consigliabile camminare scalzi in quel luogo.

L’abitudine di far camminare scalzi i devoti che entrano nei centri
occidentali dove Baba non ha mai posato i suoi piedi fisici, pertanto, non
ha senso. Si e’ perso di vista il significato di quella pratica e si
trascina un’abitudine priva di qualsiasi valore. Camminare scalzi ha senso
la’ dove il territorio emana energia o radiazioni particolari, come i luoghi
sui quali sorgono alcune cattedrali, santuari e ashram.

Sai Baba spesso schiva le mani dei devoti compiendo ampi giri. Perche’
qualche volta Baba non si fa toccare i piedi?

I motivi sono due.

Sai Baba a volte e’ così carico di energia da scatenare reazioni dannose e
insopportabili in coloro che allungano le mani e riescono a toccarlo. E’
come afferrare un cavo ad alta tensione. Si rimane folgorati. Qualche volta
lui stesso ha ordinato di non toccarlo e ha spiegato che l’energia che
sprigionava in quel momento avrebbe potuto provocare la morte del corpo
fisico che si sottoponeva ad un’esperienza del genere.

Questa osservazione riconduce il tutto al concetto di energia. Dio stesso e’
pura energia.

Una donna che aveva osato toccare il Maestro in uno di quei momenti di
carica eccessiva era stata scagliata a qualche metro di distanza e
tramortita. Un giorno Baba invito’ uno studente a toccargli i piedi soltanto
con un dito, esattamente con la punta del dito, non con la mano. Il ragazzo
obbedi’ e non appena il suo dito tocco’ la pelle del Maestro venne
scaraventato contro la finestra, colpito da una scarica elettrica ad alta
tensione.

I piedi di Baba possono essere toccati soltanto quando il suo laboratorio
bioelettrico e’ in una fase di quiescenza.

Il secondo motivo e’ legato al passaggio di energia da un individuo
all’altro. Con il toccamento l’energia scorre nei due sensi; chi e’ carico
donera’, chi è scarico assorbira’ a scapito del malcapitato. L’energia
negativa viene identificata in Occidente con il peccato o con le turbe
psichiche.

Sai Baba continua la passeggiata tra i devoti. Si ferma davanti ad un gruppo
di bambini. Fa un gesto con la mano. In mano non ha niente, ma sui bimbi
cade una pioggia di caramelle.
Si ferma davanti ad un devoto, ruota la mano destra e al di sotto dei suoi
polpastrelli compare la “vibhuti”, la cenere sacra. Il devoto allarga il
palmo della mano e la cenere scivola dalle dita di Baba alla mano dell’uomo.
Le dita di Baba restano sporche di cenere ed Egli le strofina sulla fronte
di questo o di quel devoto.

Perché Baba dona la vibhuti e perche’ sporca poi la fronte di qualcuno?

La vibhuti viene materializzata per mille motivi che avremo occasione di
trattare piu’ avanti in particolare, in quanto la cenere rappresenta un
momento importante nella produzione miracolosa e nel messaggio di ogni
maestro spirituale. Di solito i devoti la ingeriscono non appena la
ricevono. E questo deve essere l’atteggiamento del devoto. Sai Baba non
materializza la cenere perche’ la si porti a casa. Quando vuole donare della
vibhuti da portare a chi ne ha bisogno lo dice chiaramente.

Soffermiamoci un attimo sul significato che ha la cenere applicata sulla
fronte o sul collo.

Per meglio comprendere il significato di quel gesto vi raccontero’ cio’ che
e’ successo al dottor Rao. Il dottor Rao si era recato a Puttaparti per il
darshan di Baba. Sai Baba non lo aveva ricevuto, nonostante fosse un antico
autentico devoto. Si era invece fermato all’altezza dell’uomo che sedeva al
suo fianco. A costui aveva materializzato la vibhuti e poi aveva toccato la
fronte di Rao con il dito ancora sporco di cenere.

Il dottor Rao non aveva capito che significato potesse avere quel gesto. Lo
capi’ qualche ora piu’ tardi. Rao raggiunse Bangalore e prese il treno per
tornarsene a casa. II treno parti’ e la prima fermata doveva essere in
corrispondenza di una vicina cittadina. Durante quella sosta il dottor Rao
si senti’ male e perse conoscenza. Quando riprese i sensi si accorse di
essere in un reparto di cardioterapia intensiva.

Che cosa era successo? Durante la sosta alla stazione il suo cuore si era
fermato e il corpo di Rao era rotolato per terra. Qualcuno lo aveva soccorso
e per fortuna nelle vicinanze c’era questo centro di terapia intensiva che
gli aveva salvato la vita. Erano passate quattro ore da quando aveva perduto
conoscenza. Se non fosse stato accompagnato al centro sanitario, in
pochissimi minuti la sua vita sarebbe stata definitivamente perduta.

Che cosa aveva fatto si’ che l’arresto cardiaco avvenisse proprio a pochi
metri da un centro sanitario così attrezzato? Glielo spiego’ qualche tempo
dopo Sai Baba.

L’applicazione della cenere sulla fronte aveva attenuato il suo karma. Rao
non sapeva che di li’ a poche ore la sua vita doveva terminare per arresto
cardiaco. Baba aveva affondato i suoi occhi nel futuro e aveva visto.
L’unico modo per aiutare il suo grande devoto era quello di attenuargli il
karma applicandogli la vibhuti sulla fronte. La cenere, che ha significato
di immortalita’, aveva realizzato il desiderio di Baba di prolungare la vita
di Rao. Non sempre i devoti riescono a capire i gesti di Sai Baba, che
vengono accettati come gratificazione, mentre al di la’ di ogni Suo gesto
c’e’ sempre un significato psicologico che soltanto le anime attente
riescono ad individuare. Sai Baba non fa un gesto e non dice una parola che
non abbiano un significato preciso. Magari ci si rende conto dello scopo
soltanto dopo molto tempo. Ci sembra di capire tutto subito quando, in
realta’, tutto ci sfugge.

Io sono profondamente amareggiato per la posizione che mi e’ toccata. Come
posso avvicinare il Maestro? Sarà sempre cosi’ nei prossimi giorni? Mi
conviene proprio andarmene e utilizzare il mio tempo in maniera piu’
proficua. I miracoli li ho visti. Ma non e’ questo che sono venuto a cercare
e se non posso avvicinare lo Swami tanto vale che me ne vada. I pensieri che
mi frullano nel cervello durante il passaggio di Baba non sono molto
produttivi.

23. Contatto ravvicinato

Sai Baba chiama qualcuno del gruppo italiano. Io ho gli occhi ormai
abbassati e non guardo nemmeno chi chiama.

Giorgio Paulin di Udine, che ho incontrato all’aereoporto di Fiumicino, mi
richiama alla realtà.
«Muoviti, ci ha chiamati!».

Com’e’ possibile? Possiamo entrare nel tempio, accovacciarti ai piedi del
maestro!

Ma che cosa e’ successo?

In un attimo scavalco centinaia di persone. Ancor oggi mi domando come ho
fatto a passare tra quella folla. Ho il cuore che mi scoppia di gioia e non
so nemmeno perche’.

Forse perche’ per un attimo mi sono sentito escluso, emarginato? Forse
perche’ adesso che ha chiamato mi sento gratificato? Ho l’impressione che
qualcosa debba accadere. E’ come se avvertissi che e’ finalmente giunto il
momento piu’ importante della mia vita. E’ mai possibile? Perche’ ho questa
strana sensazione quando nel contatto con altri individui, altri mistici,
non ho mai avvertito questa carica emotiva dentro di me?

Mi siedo sotto al portico del tempio, con altre dodici persone. Le donne da
una parte, gli uomini dall’altra. Anche all’interno del salotto in cui Baba
ci riceve, le donne restano separate dagli uomini.

Ci sediamo attorno a Baba alla moda indiana. Qualcuno si e’ portato un
cuscino. Io ho difficolta’ a sedermi in quella posizione con le gambe
incrociate. I jeans tirano da tutte le parti e mi impediscono persino di
respirare liberamente. Invidio coloro che indossano abiti piu’ ampi e
leggeri.

Sai Baba si siede su una poltrona girevole posta nell’angolo del salotto.
Siamo tutti in silenzio. Aspettiamo che dia il via.

«Avete qualcosa da chiedere?» Sai Baba, che all’esterno mi era apparso duro
e rabbuiato, mostra qui una dolcezza infinita. I grandi occhi neri
scintillano d’amore. E’ come una sorgente di acqua fresca nel deserto
rovente, come un’ombra nelle lande desolate dei bassopiani africani. Ho
quasi l’impressione che il suo viso venga ad abbracciarci. Mi domando che
cosa sta succedendo. Ci sta plagiando? Ma se non ha ancora aperto bocca se
non per dire due banali parole!

Avevo visto guru e stregoni, mi ero trovato in situazioni piu’ difficili e
drammatiche e non avevo mai avvertito ne’ ansia, o paura, ne’ emozione o
pianto. Ma qui dentro vien voglia di piangere. E’ come se improvvisamente ci
si rendesse conto di far parte del mondo e dell’universo, di essere legati a
tutti gli altri individui, che, come noi cercano la fonte della verita’.
Avverto una sensazione tale che la piu’ grande cotta della mia vita diventa
insignificante.

«lo sono l’Amore. Venite a me e prendete a piene mani». Cosi’ si era
espresso una volta il Maestro. E’ questo allora l’amore di cui si parla?
Sono queste le sensazioni che suscita l’Amore con la A maiuscola? E se non e
‘ amore, che cosa altro e’?

Qualcuno piange in silenzio. Alcuni volti sono pallidi. Si intravede
l’emozione tradita da piccoli tremori delle mani. A me sembra di essere
tranquillo. So quello che voglio e non mi lascero’ sfuggire questa grande
occasione tanto attesa. Sono davanti a Colui che viene considerato, a torto
o a ragione ancora non so, il Maestro del Mondo, Colui che sa, l’uomo venuto
dal Cielo. Come potrei farmi tradire dall’emozione e giocarmi la vita
intera, tutta la mia ricerca, la mia sete, la mia fame di sapere? Ora sono
qui. O muoio, o apro la porta che e’ rimasta chiusa davanti a tutte le mie
ricerche. Mi accorgo di essere anche pronto a morire per la conoscenza. E’
assurdo. Sembrera’ irragionevole, ma e’ cosi’.

All’interno del salotto tutti vorrebbero domandare, tutti vorrebbero sapere;
ma, nessuno ha il coraggio di farsi avanti. Sono soltanto i malati quelli
che si fanno coraggio e chiedono. Sono venuti fino a Puttaparthi per quello.
Hanno preso un certo numero di aerei e di taxi, hanno sopportato diversi
disagi, ed ora si trovano di fronte all’ultima spiaggia, all’ultima
occasione.

“Swami, in Italia c’è un ragazzo che ha bisogno del tuo aiuto”.

Chi parla e’ la signora Piera Morandi di Milano.

Sai Baba si concentra un attimo.

“Il ragazzo ha una grave alterazione alla ghiandola pineale”. In effetti il
giovane di cui parla la signora Morandi e’ affetto da comizialita’
farmaco-resistente.

Si tratta certamente di una lesione cerebrale, anche se non possiamo dire
con certezza che e’ la ghìandola pineale ad essere interessata; ma, nello
stesso tempo, non possiamo nemmeno escluderlo.

Sai Baba ruota la mano destra, solleva un dito e tra l’indice ed il pollice
compare un lingam, un ovulo di alabastro grande quanto un piccolo uovo di
gallina. Un istante prima non c’era assolutamente nulla tra le due dita ed
un istante dopo e’ comparso questo ovulo.

La materializzazione e’ inoppugnabile.

Avevo visto diversi fenomeni paranormali nella mia vita e i fenomeni
psicocinetici sono sempre quelli piu’ impressionanti, ma non avevo mai visto
materializzare in quel modo, in una maniera perfettamente cosciente, senza
rituali, senza respiro. E’ come se Sai Baba estraesse da un’altra dimensione
cio’ che desidera.

“Immergi il lingam nell’acqua e fai bere l’acqua al ragazzo tre volte al
giorno e non ti preoccupare piu’ per lui. A lui, ora, penso io”.

Quando Sai Baba fa un’affermazione bisogna prendere in considerazione le Sue
parole in maniera minuziosa e scrupolosa. E’ necessario analizzare
obiettivamente tutto quello che dice. Non fa nulla che non abbia senso e non
dice nulla che non abbia significato. Ogni parola e’ calcolata e ha un suo
significato.

Lo Swami si rivolge ora ad un Suo studente. Parla in Telegu, la lingua
locale, e qualche volta si lascia andare con alcune frasi in inglese. Sembra
che rimproveri il ragazzo. Poi solleva la mano a mo’ di saluto e sul palmo
aperto compare all’improvviso un orologio: il quadrante d’oro, il cinturino
d’acciaio, l’ora esatta. Sono le otto e mezzo in punto. Da dove e’ scaturito
questo orologio? Sai Baba ha soltanto sollevato la mano. Non ha fatto nessun
altro gesto. Poco prima il palmo era vuoto ed ora vediamo un orologio
incollato alla sua mano.

Non c’e’ alcun dubbio. Sono di fronte ad una potenza sovrumana.

Sai Baba materializza “vibhuti” per le sette donne presenti. Ruota la mano e
sotto ai Suoi polpastrelli si materializza la cenere a sufficienza per
accontentare tutti.

Ora, Sai Baba ci invita nel salotto accanto. Non saprei dire il motivo per
cui ci fa spostare. Sembra quasi che Egli riservi un locale per ogni
funzione. La stanza dei miracoli e’ la prima, mentre la seconda e’ quella
dei grandi messaggio delle risposte.

Mi siedo in fondo alla stanza, dove ci sono alcune sedie. Voglio osservare
tutto quello che succede e dominare un po’ tutto il gruppo.

Sai Baba ci invita a porre delle domande.

E’ il mio momento, il momento atteso da una vita.

“Maestro, io penso di sprecare tutta la mia esistenza e di avere sprecato le
mie esistenze precedenti cercando qualcosa che ancora mi sfugge e che forse
non riusciro’ mai a capire. Ma in fin dei conti che cosa c’e’ da capire?.”

Lo shastri che avevo consultato mi aveva accennato alle mie ultime dodici
incarnazioni, che avevo vissuto cercando la verità. Sembra che questa
ricerca sia il vero movente delle mie rinascite. Da asceta a medico, avevo
contattato tutti i mistici delle epoche in cui avevo vissuto, senza venire a
capo della matassa, altrimenti non mi troverei ancora qui, ai piedi di un
Maestro, per porre forse le medesime domande: chi sono, da dove vengo, dove
vado, perche’ tu sei lebbroso ed io no, perche’ tu sei un povero miserabile
accattone ed io godo dei piaceri della vita materiale?

«Tu», dice Sai Baba, «sei Dio. Ciascuno di voi e’ Dio. L’unica differenza
tra voi e me e’ che lo so di esserlo e voi non lo sapete. Dentro a ciascuno
di voi c’e’ una parte del divino, una scintilla divina che voi ignorate
completamente, perche’ siete accecati dall’illusione della vita che cade
sotto i vostri sensi. La realtà vera non e’ quella che voi percepite. Al di
la’ dei veli esiste la realta’ vera e immutabile. Sollevate i veli e
scoprirete di essere un tutt’uno con il Creatore, di essere tutti uniti,
tutti legati. Non esiste differenza tra l’uno e l’altro. Siete tutte gocce
di un medesimo oceano. Quando uno squilibrio colpisce uno di voi, questa
disarmonia si ripercuote su tutti gli altri e sulla matrice del mondo e
della vita che state vivendo. Quello che voi fate agli altri, lo fate a voi
stessi. Se volete conservare il vostro equilibrio, il vostro benessere
materiale e spirituale agite con gli altri come se agiste verso voi stessi.
Nessuno di voi martellerebbe il suo piede. Quando voi combinate un danno
agli altri e’ come se martellaste le piaghe del vostro stesso corpo».

«Vuoi dire che se io riuscissi a spogliarmi di questa matrice illusoria che
e’ il mio corpo e la realtà che percepisco, potrei diventare come te e
acquisire pertanto la conoscenza del tutto?». Le dichiarazioni di Baba mi
hanno preso di sorpresa.

«Quando conoscerete voi stessi, voi conoscerete me; quando avrete sollevato
i veli di maya, voi avrete scoperto il divino che e’ in voi e potrete fare
cio’ che io faccio. Ora, la divinita’ si esprime attraverso la mia mano, con
la quale posso creare qualunque cosa senza limite alcuno. Mi basta esprimere
un desiderio per vedere comparire l’oggetto del mio desiderio la’ dove io
voglio che compaia».

La dichiarazione di Sai Baba e’ drammatica, a dir poco. Le domande si
susseguono e le risposte arrivano puntuali, precise, profonde e vanno a
incidere la mente e l’animo in maniera indelebile. Sai Baba sta affondando
il bisturi nei tessuti più profondi del mio lo per immettere delle
informazioni che, al di la’ delle parole, costringono la mia mente ad
espandersi per intuire cio’ che mi era sempre sfuggito. Manca l’ultimo
tocco. Capisco di essere ai margini di una grande vallata, dove, in un
attimo potrei scoprire l’inspiegabile. Ci sono quasi, ma ancora mi sfugge il
nocciolo, la chiave, la combinazione. Il mio cervello sta elaborando alcuni
dati recepiti tra le stesse parole dello Swami.

Il significato che vuole riferire, al di la’ di cio’ che dice, e’ chiaro, ma
sfuggente. E’ come se parlasse in maniera tale da consentire a ciascuno di
noi di recepire i messaggi in rapporto al proprio livello di coscienza.
Qualcuno avra’ assimilato le parole del Maestro e ne avra’ fatto tesoro,
senza porsi nell’ottica di indagare il sottobosco delle sue dichiarazioni.

E’ facile intuire che con Sai Baba non ci si può fermare soltanto alle
parole. Ogni parola, ogni gesto nasconde un significato. Chi va da Lui deve
essere pronto ad analizzare e a non arrendersi di fronte al fatto di non
capire subito il senso di quello che il Maestro vuol dire. E’ importante non
fermarsi al significato superficiale delle parole.

Altri compagni pongono delle domande. Qualcuno ha problemi di vista e Sai
Baba lo rassicura. Un devoto di Milano gli domanda se e’ d’accordo su un suo
matrimono spirituale.

“Tutte fandonie”, spiega seccato Baba.

Una ragazza pone qualche domanda relativa al suo matrimonio.

“Legami, sempre legami! Voi vi sposate e aumentano i problemi. Prima siete
due gambe, poi quattro, sei, otto e per cinque minuti di felicità voi dovete
soffrire per 23 ore e cinquantacinque minuti al giorno. Dovete vivere la
vostra vita con distacco. Vivete la realta’ che vi e’ nota, ma sempre con
distacco. Tenete le mani sul mondo, ma la mente sempre rivolta a Dio. Questa
e’ la strada che porta all’unione can il Divino”

Le domande ora sono esaurite. Baba scherza sui problemi di questo o di
quello.

Si ride divertiti. Lo Swami ha un elevato senso dell’umorismo. Gioca il Suo
ruolo di uomo alla perfezione, come il piu’ grande attore che abbia mai
solcato il palcoscenico della vita. Per un attimo sembra persino un bambino
giocherellone; con le donne assume la loro stessa dolcezza materna, con
l’uomo presuntuoso ha la rigidità del padre.

Improvvìsamente diventa una potenza divina, insondabile, incomprensibile, un
qualcosa che va al di la’ della normale comprensione e che trascende tutte
le leggi che siamo abituati ad osservare ogni minuto della nostra giornata.
Tutte le leggi che governano il nostro mondo improvvisamente non hanno più
significato. Tempo e spazio non esistono piu’. Non esistono piu’ barriere
tra Lui e il mondo. La Sua forza supera i cancelli segreti del nostro lo per
affondare nella nostra intimita’ passata e presente.

Sai Baba ci invita a ritornare nel salotto precedente. Si alza dalla sua
poltrona, si avvicina alla porta. Si ferma. Mi guarda e dice:

“Tu che lavoro fai?”

” Sono medico, Swami”

«Lo so, lo so», conclude Baba, dirigendosi verso il salotto e la Sua
poltrona girevole.

Ci sediamo ancora per terra ai Suoi piedi.

Sembra che lo Swami mi abbia preso di mira.

“Che cosa vuoi?”

Sai Baba mi guarda con dolcezza.

“Maestro, io ho avuto tutto dalla vita. Nelle tempeste ho ritrovato sempre
il sole. Ogni desiderio e’ stato realizzato, ogni sogno concretizzato, ogni
ostacolo superato con serenita’. Non ho problemi sociali, economici o di
successo. Ho tutto cio’ che la vita puo’ offrire. Mi manca soltanto la
Conoscenza. Cio’ che desidero al di sopra di ogni cosa e’ la consapevolezza
o, perlomeno, vorrei che tu mi indicassi qual’e’ la strada che porta alla
Conoscenza».

Sai Baba non risponde. Ruota soltanto la mano destra. I colli si allungano
nell’attesa di vedere che cosa scaturira’ dalle sue mani. Sai Baba oscilla
il palmo aperto e al di sotto della Sua mano compare un anello che sfida la
forza di gravita’ a due centimetri dalla Sua pelle. Sai Baba lo afferra, mi
invita a porgere la mano e me lo infila al dito, cercando quello piu’
adatto. E’ un anello d’oro, come vengono forgiati dagli orafi del gruppo
semitico Hadramis, che e’ la classe intellettuale ed artigianale per
eccellenza del mondo arabo. Sai Baba spiega:

«Questo e’ un diamante, simbolo dell’illuminazione. Quest’altro e’ la testa
dì un cavallo, simbolo della fortuna. Ed ora vieni con me», mi stacca dal
gruppo e mi conduce nel salotto che avevamo appena lasciato. Lo seguo senza
capire bene quello che mi sta succedendo. II Maestro ha materializzato un
anello per me, lo stesso anello che tre anni prima avevo sognato e
desiderato che mi venisse materializzato. Anche i ricercatori hanno dei
sogni e io avevo immaginato il mio incontro con il Maestro proprio cosi’.
Avevo anche immaginato l’anello. Nell’oggetto che avevo inseguito con la
fantasia mancava soltanto la testa del cavallo.
Sai Baba siede sulla poltrona. Mi accorgo che ai piedi della poltrona c’e’
un cuscino che prima non avevo notato. Mi inginocchio ai Suoi piedì. Sai
Baba afferra i miei polsi, mi fa appoggiare le mani sulle Sue ginocchia e
mentre continua a stringere i polsi comincia a parlare.

La mia mente viene proiettata al di la’ del tempo. Non so nemmeno dire se
sono rimasto con lui pochi minuti o un’eternita’. Mi sento diventare un
gigante. Non esistono piu’ pareti. La mia testa si allunga e mi fa diventare
gigantesco. Le mie stesse braccia si allungano per abbracciare tutta la
creazione. Tempo e spazio non hanno piu’ significato. Non ci sono piu’
dubbi, incertezze, non c’e’ ansia, ne’ paura. I timori comuni ad ogni
mortale svaniscono per lasciare il posto alla certezza di una realta’ che
avevo inseguito senza potere mai afferrare. Ora tutto diventa chiaro. Come
avevo potuto non capire? Ora sembra tutto semplice, matematico, inevitabile.

Quante volte nella mia adolescenza avevo sfiorato questa porta dorata senza
nemmeno vederla. Era li’ a due passi e non la vedevo. Ero stato costretto a
vagare per i deserti, le savane e in capo al mondo per cercare chi poteva
indicarmi il giusto binario.

Avevo tenuto duro e nonostante la presenza di cicatrici che affondavano le
radici nell’animo ero ancora li’, nel grande cortile della vita, pronto ad
impugnare la spada, come sempre, per raggiungere la verita’. Ed ora questa
verita’ io l’avrei difesa al di la’ di qualunque cosa. Non avrei piu’
guardato in faccia il compromesso. Avrei detto pane al pane, vivo al vino.
Chi mai avrebbe potuto distogliermi dal cammino, ora? Il maestro era con me
ed io col Maestro, al di la’ del tempo. Ai Suoi piedi avevo depositato la
mia scienza, i miei esperimenti, le mie ricerche, la mia stessa vita.

Non mi importava nemmeno piu’ di gridare al mondo che avevo trovato la porta
dorata. A chi sarebbe interessato, a cosa sarebbe servito? Era la mia porta,
la mia realta’, la mia verita’ e non potevo sapere se questa verita’ era la
stessa per tutti quanti gli altri. Quel cammino era il mio.

Le parole del Maestro andavano a saziare la mia fame, ad esaurire la mia
grande sete e le lacrime che sgorgavano liberamente dal cuore andavano a
lambire un’anima che era rimasta sempre in ginocchio, durante la carestia e
i tempi grassi, durante la siccita’ e nel tempo delle piogge generose.

Avevo sempre avuto una grande smania di viaggiare e venire in contatto con
personaggi che si dichiaravano iniziati, o illuminati, o che mostravano di
avere capito qualcosa di piu’ di noi comuni mortali. Ora questa smania si
era quietata.

Ero giunto in porto, ero arrivato a casa davanti al fuoco del camino, dove
un buon profumo di minestra ti invita alla mensa.

“Non ostentare l’anello, ma non toglierlo mai dal dito, cosi’ io sapro’
quando avrai bisogno di me. Ora non devi piu’ temere. Io sono con te. Hai la
mia benedizione e la mia protezione. Non temere piu'”
Sai Baba mi da’ un buffetto sulla guancia e mi congeda.

Uscendo da quella porta che mi aveva lanciato per un attimo per l’eternita’
, in una dimensione straordinaria, il passante dei miei jeans si infila non
so dove. Forse nella maniglia della porta. Piu’ tiro e piu’ mi sento
intrappolato. Devo districarmi in fretta. Sai Baba e’ alle mie spalle e non
posso farGli perdere tempo prezioso.

«Slowly slowly. Vai piano, vai piano!», dice lo Swami.

A distanza di tempo riesco a dare un’interpretazione anche a quel banale
episodio.

Nella mia vita penso di avere sempre avuto fretta. Fretta di terminare un
lavoro, fretta di mangiare, fretta di sapere, fretta di giungere in porto.
Tutta la mia vita e’ stata una corsa sfrenata, come se il terreno mi
scottasse sotto i piedi, come se non avessi abbastanza tempo per raggiungere
il traguardo. Dormo poco. Sono sempre indaffarato. Le ore del giorno non
bastano per studiare, lavorare, fare e disfare. Mi sembra quasi che dormire
sia soltanto una perdita di tempo.

Da quando sono tornato faccio delle lunghe dormite, memore di quello che
dice Sai Baba:

” Non sprecate tempo, ma non sprecate nemmeno energie, se non per la ricerca
di qualcosa di costruttivo per la vostra vita e la vostra eternita’”

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