Morte: la Grande Avventura – di A. e Roberta Nardi – Undecima parte

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Morte: la grande avventura

Capitolo 11

a cura di Adriano e Roberta Nardi

Opera di Restituzione… Arte della Eliminazione… Processo di Integrazione
.. Questi tre processi sono la Morte.

Il campo dell’esperienza (dove esiste la morte, quale intesa comunemente) è
costituito dai tre mondi ove l’uomo evolve: il fisico, l’emotivo, il mentale
Questo campo, per certi aspetti e per quanto riguarda la morte, è duplice,
il che giustifica l’espressione «seconda morte». Altre volte ho applicato
questa espressione per la distruzione del corpo causale, che è il vero
veicolo dell’anima. Ma la si può usare, in senso più letterale, per indicare
la seconda fase della morte nei tre mondi. In tal caso si riferisce solo
alla forma, e quindi ai veicoli di espressione inferiori ai livelli
a-formali del piano fisico cosmico. Tali livelli, della forma, sono (come
ben sapete, in quanto si tratta dell’ABC dell’occultismo) quello della mente
concreta, quello ove la natura emotiva reagisce alla così detta sostanza
astrale, e il mondo fisico, che è duplice, in quanto consiste del fisico
denso e dell’eterico. Per conseguenza, la morte dell’uomo consta di due
fasi:

Prima: morte del fisico-eterico, a sua volta suddivisa in due stadi:
a) ritorno degli atomi del corpo fisico alla riserva da cui furono
sottratti, che è il totale della materia terrestre e il corpo fisico denso
della vita planetaria;
b) ritorno delle forze aggregate del corpo eterico alla riserva generale
dell’energia.
L’insieme di questi due stadi è la Restituzione.

Seconda: la «ripulsa» (come è detta talvolta) dei veicoli emotivo-mentale,
che in realtà sono uno solo, cui i primi teosofi davano, a buon diritto, il
nome di «kama-manas», cioè fusione di desiderio-mente. Ho affermato, altrove
che in verità il piano e il corpo astrale non esistono affatto. Se il corpo
fisico è composto di una materia che non è considerabile come un principio,
l’astrale – dal punto di vista della mente – è dello stesso genere. È cosa
difficile da comprendere, poiché desiderio ed emozioni hanno tale importanza
da sembrare reali. Ma – in senso rigoroso – per la mente il corpo astrale
non è che una «reazione immaginaria»; non è un principio. L’uso cumulativo e
continuo della immaginazione a servizio del desiderio ha finito per
edificare un mondo illusorio, annebbiante, che è appunto l’astrale. Durante
l’incarnazione fisica, e quando ancora non si ha percezione dell’anima, esso
appare perfettamente reale, dotato di vita sua propria. Dopo la prima morte
(cioè del corpo denso) non perde consistenza. Ma il suo potere gradualmente
svanisce; l’uomo mentale si accorge a poco a poco del proprio vero stato di
coscienza (più o meno evoluta) e allora si fa possibile la seconda morte.
Questa seconda fase è appunto l’Eliminazione.

Superate le due fasi dell’arte del morire, l’anima disincarnata non è più
costretta dalla materia; esse – temporaneamente – l’hanno purificata da ogni
sostanza contaminante. Ciò è compiuto non dall’anima entro la forma, cioè da
quella frazione dell’anima che diciamo umana, ma dall’anima spirituale, che
l’astrae a sé, sul suo piano. È opera dell’anima adombrante, non dell’anima
immersa nella personalità. L’anima umana, in questa fase, risponde
semplicemente all’attrazione esercitata dall’anima spirituale, che, di
proposito, la astrae dagli involucri che la imprigionano. Procedendo il
corso evolutivo, l’anima assume sempre più il controllo sulla personalità,
ed allora essa stessa, entro i suoi veicoli, che decide e dirige in modo
cosciente e volontario le fasi della morte. All’inizio ciò avviene con il
soccorso dell’anima adombrante. Poi, quando l’uomo ormai vive nel mondo come
anima, egli stesso – in perfetta continuità di coscienza – governerà i
processi di astrazione, e (con intento deliberato) «salirà là donde è
venuto». È il riflesso nei tre mondi della divina ascensione compiuta dal
Figlio di Dio ormai perfetto.

I termini qui usati a proposito dei requisiti fondamentali sono stati scelti
per il loro significato specifico:
1. Opera di Restituzione. Significa riconsegnare la forma alla riserva
generale della sostanza; oppure il ritorno dell’anima, energia spirituale
divina, alla propria fonte: a livello egoico o monadico, secondo lo sviluppo
evolutivo. Essa soprattutto è compiuta dall’anima umana entro l’involucro
fisico, e interessa i centri del cuore e della testa.
2. Arte di Eliminazione. Sono le due attività dell’uomo interiore
spirituale: eliminare ogni controllo esercitato dal triplice uomo inferiore
e riconcentrarsi sui livelli concreti della mente come punto di luce
radiante. Sono precipue dell’anima umana.
3. Processo di Integrazione. È l’opera dell’uomo spirituale liberato che
si fonde con l’anima (la super-anima) sui livelli superiori della mente.
Così la parte ritorna al tutto, e si comprende il vero senso delle parole di
Krishna: «Pervaso l’intero universo con un frammento di Me, Io rimango».
Anche la particella cosciente che, sperimentando, ha pervaso il piccolo
universo della forma nel triplice mondo, rimane, e sa di essere parte
dell’intero.
Questi tre processi sono la Morte.

Tutto questo capitolo, intitolato ai Requisiti Fondamentali, si impernia in
realtà sul processo della morte, sulle condizioni del mondo materiale, cioè
dei tre mondi ove ci si incarna per servizio. In questa prima parte
considereremo la restituzione del corpo alla riserva generale della sostanza
oppure al servizio nel mondo esterno, nel mondo della vita fisica di ogni
giorno, nonché la restaurazione dell’anima nella sua sorgente, nel suo mondo
oppure, all’inverso, la sua reintegrazione alla piena responsabilità del
corpo. Nella seconda, studieremo l’eliminazione del principio vitale e di un
aspetto della coscienza, e non si tratta della formazione del carattere.
All’inizio ho accennato al carattere e alla qualità individuali perché la
giusta comprensione dei principi fondamentali della vita e della morte è
agevolata dalla retta azione basata sul retto pensiero, e ciò costruisce un
retto carattere. Ma non intendo soffermarmi su questi requisiti elementari.
I processi di integrazione che qui voglio considerare sono quelli dell’anima
nel suo triplice corpo, se così stabilisce il karma, o nel suo proprio regno
se il karma decreta la morte.

Studiamo dunque i tre grandi processi che già ho menzionato; essi riguardano
tre diversi periodi e preparano, in fine, altri processi, secondo la Legge
della Rinascita.

1. Restituzione, che riguarda il ritrarsi dell’anima dal piano fisico e
dai suoi due aspetti fenomenici, cioè i corpi fisico denso ed eterico. È
l’Arte di morire.

2. Eliminazione, che controlla la vita dell’anima dopo la morte fisica,
negli altri due mondi dell’evoluzione umana. L’anima elimina il corpo
astrale-mentale, ed è pronta a «vivere libera nel suo luogo».

3. Integrazione, per cui l’anima, ormai libera, riprende coscienza di sé
quale Angelo della Presenza e si reintegra nel mondo delle anime, in stato
di riflessione. Sospinta dalla legge di necessità karmica si appresta poi a
ridiscendere nella forma.

La Legge di Attrazione regola, dunque, la morte, come ogni altra cosa. È il
principio di coesione che preserva intatto l’assetto del corpo intero, ne
rende stabile il ritmo e i cicli vitali e presiede ai mutui rapporti fra le
sue parti. È il massimo coordinatore in ogni forma, poiché (nell’anima)
esprime il primo aspetto divino, la volontà. Forse ciò vi stupisce, in
quanto siete abituati a considerare questa legge come manifestazione del
secondo aspetto, cioè dell’amore-saggezza. Ma il principio di attrazione
agisce in tutte le forme, dall’atomo al pianeta. Se però è coesivo e
integrante, è anche il mezzo di «restituzione», per cui l’anima umana
periodicamente si riassorbe nell’anima adombrante. Questa sua funzione è
stata poco studiata sinora, perché concerne il suo massimo aspetto ed è
quindi connessa alla volontà divina, o della Monade.
… in futuro, gli uomini cominceranno a saper distinguere (come devono e
vogliono) fra volontà personale e spirituale, fra intento, piano, proposito,
polarità definita, e allora la questione si chiarirà.
Come tutto ciò che è manifesto, la Legge di Attrazione si scinde in tre
aspetti, connessi ai tre aspetti del divino:
Pone in rapporto vita e forma, spirito e materia – terzo aspetto.
Governa il processo coesivo e integrante che produce le forme – secondo
aspetto.
Provoca lo squilibrio che disintegra e trascende la forma – per quanto
riguarda l’uomo – e che si attua in tre fasi:
Restituzione, per cui il fisico si dissolve e restituisce i suoi componenti,
cellule e atomi, là donde provennero.
Eliminazione, identico processo che coinvolge le forze costituenti gli
involucri astrale e mentale.
Assorbimento, per cui l’anima umana si riunisce alla propria sorgente,
l’anima universale che tutto adombra.
Quest’ultima fase è un’espressione del primo aspetto.

Se ben compreso, ciò illustra e dimostra l’immenso potere della Legge di
Attrazione e il suo rapporto con quella di Sintesi, regolatrice del primo
aspetto divino. L’integrazione è foriera di sintesi. Ripetuta molte volte,
ciclicamente, nel lungo ciclo dell’anima che si reincarna, genera infatti
quella sintesi ultima, fra spirito e anima, che è la meta dell’evoluzione
umana. Dopo la terza iniziazione, nasce la completa libertà dall’attrazione
esercitata dalla sostanza dei tre mondi, e quindi la facoltà di avvalersi,
con perfetta conoscenza di causa, della legge di Attrazione e delle sue
varie fasi che regolano il processo creativo. Altri suoi aspetti saranno
impiegati in seguito.

La Legge di Disintegrazione è un aspetto della Morte. Regola la demolizione
della forma affinché la vita entrostante risplenda in pienezza… essa
spezza le forme, mentre la Legge di Attrazione ne restituisce alla fonte
primordiale i materiali componenti.

Come ben sappiamo, il sangue è vita. Questa attività vitale è ciò che
raccoglie e tiene assieme in una forma tutti gli atomi e le cellule del
corpo. Quando, alla morte, l’anima ritrae il filo della vita, gli atomi si
separano, il corpo decade e si disintegra, e le vite atomiche tornano al
grande serbatoio, nel seno della materia vivente da cui provennero.

La paura che l’uomo prova per la morte ha la sua prima causa nel fatto che
il regno delle anime, il quinto regno di natura, si è orientato (sino a
tempi relativamente recenti) verso l’esternazione, al fine di desumere
esperienza dalla materia, per poi meglio e liberamente governarla. Le anime
non orientate in tal senso sono così poche, in proporzione a quelle che
invece vogliono sperimentare nei tre mondi, che si può affermare che la
morte ha regnato trionfante sino all’inizio dell’era o del ciclo del
cristianesimo. Ma oggi siamo alla vigilia di un mutamento radicale, perché
l’umanità – in modo molto più sensibile che mai prima – si sta debitamente
orientando; infatti i valori superiori e la vita dell’anima, esplorati con
insistenza dalla mente, sia concreta che astratta, stanno assumendo potere.
Ne seguirà, inevitabile, un diverso atteggiamento circa la morte, che sarà
considerata come naturale, desiderabile e ritmica. Si capirà il senso di
queste parole del Cristo: «Date a Cesare quel che è di Cesare, e a Dio quel
che è di Dio». Con esse Egli intese alludere al grande processo di
restituzione di cui trattiamo. Meditate su quell’episodio e sul simbolismo
dell’anima contenuta nell’anima universale come pesce nell’acqua, con in
bocca una moneta, simbolo della materia.
In un antico scritto si leggono queste parole:
Disse il Padre al Figlio:«Va, e prendi ciò che non è te stesso, ciò che non
è tuo, ma Mio. Fa come fosse tuo e scopri perché è apparso. Lascia che
sembri essere te stesso. Scopri così il mondo della nebbia, del grande
incantesimo, dell’inganno. E impara che hai preso ciò che non è scopo
dell’anima.
E quando giunge il momento, in ogni ciclo appare l’inganno e il furto, si
ode una voce. Obbediscile. È la voce di ciò che in te ode la Mia, non udita
da chi ama rubare. L’ordine si ripete: Restituisci ciò che hai rubato.
Impara che non è per te. Ad intervalli maggiori quella voce comanda:
Restituisci ciò che hai preso in prestito; salda il debito.
E, imparate tutte le lezioni, la stessa voce dirà: RidamMi con gioia ciò che
fu Mio, che fu tuo ed ora è nostro. La forma più non ti serve. Sei libero».

Gli ideali enunciati da Cristo rimangono tuttora i più elevati dati finora
in tutta la continuità della rivelazione, ed Egli stesso ci ha preparati in
vista dell’emergere di quelle verità che segneranno il tempo della fine
della vittoria sull’ultimo nemico, che ha nome Morte.

E la Morte, a cosa si riferisce? Non alla morte del corpo o della forma, ciò
che è relativamente senza importanza, ma al «potere di abbandonare», che col
tempo diviene la caratteristica del discepolo consacrato.
La nuova era è in arrivo; i nuovi ideali, la nuova civiltà, i nuovi modi di
vita, di educazione, di presentazione religiosa e di governo stanno
lentamente precipitando e nulla potrà arrestarli. Possono però essere
ritardati dalle persone di natura reazionaria, dagli ultraconservatori e
dalle menti ristrette, e da coloro che aderiscono con determinazione
adamantina alle loro amate teorie, ai loro sogni e vedute, alle loro
interpretazioni e alla loro comprensione particolare e spesso ristretta
degli ideali presentati. Essi sono quelli che possono trattenere e
trattengono l’ora della liberazione.
La fluidità spirituale, la disposizione ad abbandonare tutte le idee e gli
ideali preconcetti, come pure tutte le tendenze predilette, le abitudini di
pensiero coltivate e ogni sforzo determinato di rendere il mondo conforme al
modello di ciò che all’individuo sembra il meglio perché è per lui il più
attraente, tutto questo deve essere portato sotto il potere della morte.
Tutto questo può essere abbandonato con tranquillità e sicurezza e senza
temerne i risultati, sé il movente della vita è un amore reale e durevole
dell’umanità. All’amore, al vero amore spirituale come lo conosce l’anima,
possono sempre essere affidati potere ed opportunità, perché la fiducia non
sarà mai tradita. Esso predisporrà tutte le cose in accordo con la visione
dell’anima.

Pensate quale mutamento nella coscienza umana, quando la morte sarà
considerata il semplice e volontario abbandono della forma.

L’eliminazione è dunque diversa per ciascuna di queste tre categorie:
Uomini esclusivamente astrali, per qualità e costituzione.
Uomini, dalla personalità integrata, in cui emozione e mente si equilibrano.

Uomini progrediti, e discepoli in genere, il cui «punto focale di vita» è in
prevalenza mentale.
Valgono per tutti le stesse regole fondamentali, ma varia l’accentuazione.
Tenete presente che quando non esiste più un cervello fisico, e la mente non
è sviluppata, l’uomo interiore è come «soffocato» in un involucro astrale, e
per lungo tempo resta immerso appunto in quella sfera che diciamo astrale.
Chi è della seconda categoria vive in «duplice libertà», poiché dispone di
una forma duale che gli consente di attingere, a volontà, i livelli astrali
superiori e gli strati inferiori del mentale. Notate che non ha un cervello
fisico che registri questi contatti, di cui tuttavia è cosciente in modo che
dipende dall’attività o dalla capacità di apprendere e valutare dell’uomo
interiore. L’individuo mentale, invece, ha un veicolo traslucente la cui
densità luminosa dipende dal grado di purezza della sostanza mentale di cui
è composto. Il processo di eliminazione, come ho detto, è simile per le tre
categorie, variano solo le tecniche. Si può affermare, per chiarezza, che:
L’uomo «astrale», cioè della prima categoria, elimina il corpo astrale per
logoramento, e lo espelle tramite il corrispondente astrale del centro del
plesso solare. Il logorio è generato dal fatto che, a questo livello, tutti
i desideri e le emozioni sono per la natura animale e il corpo fisico – ed
entrambi, non esistono più.
L’uomo della seconda categoria usa due metodi, e ciò è logico, in quanto
deve eliminare prima l’astrale, poi il mentale.
a. Si libera dal primo con il crescente desiderio di vita mentale. A
poco a poco, ma costantemente, si ritrae nel corpo mentale, e l’astrale
esotericamente «scade», e scompare. Di norma questo processo è inconscio e
dura assai a lungo. Se il soggetto è di levatura superiore alla media e
prossimo alla terza categoria, il veicolo astrale scompare in modo dinamico
e repentino, ed egli resta, libero, nell’involucro mentale. Di solito, ciò
avviene in maniera cosciente e celere.
b. Distruggere il mentale con un atto di volontà umana, coadiuvato
dall’anima, che comincia, a poco a poco, a prendere coscienza del proprio
riflesso, e lo attrae, anche se ancora debolmente. La rapidità del processo
dipende dall’intensità dell’influsso mentale.
L’uomo mentale, deve compiere due operazioni:
Dissolvere qualsiasi residuo astrale che offuschi la luce del corpo mentale:
il veicolo astrale, a questo punto, non ha più valore espressivo. Ciò si
compie invocando luce maggiore dall’anima. È questa infatti che dissipa la
sostanza astrale, in questo stadio, così come la luce dell’anima della
collettività umana dissolverà un giorno il mondo astrale.
Distruggere il veicolo mentale, usando a tal fine certe Parole di Potere,
comunicate al discepolo dal suo Maestro. Esse esaltano assai il poter
dell’anima, e dilatano quindi a tal punto la coscienza, che il mentale si
infrange e non limita più l’uomo interiore. Questi allora, libero figlio
della mente, dimora nell’Ashram del Maestro e «non ne uscirà mai più».

Dopo tutto, la morte altro non è che un atto di restituzione. Si tratta
infatti di restituire sostanza ai tre mondi, volentieri e di buon animo; di
restituire l’anima umana alla fonte da cui venne, con la gioia di essere
colà riassorbiti. Dovete tutti imparare a considerare la morte come un atto
di restituzione…

Qui è opportuno rammentare che, «restituiti» i due aspetti del corpo fisico,
l’uomo interiore è pienamente consapevole. Non esiste più un cervello, né il
vorticoso rotare delle forze eteriche (alquanto caotico per la maggior parte
degli esseri umani). Per questi fatti si è creduto che le esperienze a quei
livelli fossero un semplice, incerto vagare attorno, in stato semi-cosciente
o una futile ripetizione della vita, tranne per gli uomini molto evoluti, i
discepoli o gli iniziati. Non è affatto così. Sui livelli interiori, l’uomo
è consapevole di sé quale individuo – fa progetti, vive, opera – quanto lo
era nel mondo fisico, e inoltre percepisce gli stati di coscienza che lo
circondano. Può essere attirato dall’illusione astrale o soggetto
all’impressione telepatica delle mutevoli correnti di pensiero che vengono
dal mondo mentale, ma ciò non gli impedisce di aver coscienza di sé e della
sua mente (o della sua quota di attività pensante), in modo ben più spiccato
che quando disponeva di un cervello, allorché la sua coscienza di aspirante
era centrata in esso. La sua vita è ora più piena e ricca che mai, e se ci
pensate finirete per concludere che non potrebbe essere diversamente.

È necessario osservare che la frase «la terra alla terra e la polvere alla
polvere» sovente ripetuta nei riti funebri occidentali si riferisce appunto
alla restituzione e descrive il ritorno degli elementi del corpo fisico alla
riserva generale della sostanza, e delle forze vitali alla loro fonte; la
frase «lo spirito tornerà al suo Creatore» si ricollega, se pure in modo
inesatto, al riassorbimento nell’anima universale. Ma questi rituali in
genere non danno rilievo al fatto che è proprio l’anima individuale che, in
quel processo, ordina e decreta la restituzione, con un atto del suo volere
spirituale. In Occidente si dimentica che il «comando di restituire» è stato
emesso con frequenza crescente, nei millenni, da tutte le anime incarnate;
in tal modo il primo aspetto divino – la Monade – inevitabilmente e
continuamente migliora la presa sul corpo di manifestazione, tramite l’anima
che la riflette. La volontà esercita sempre meglio la propria azione,
culmina sul sentiero del discepolo e diviene cosciente nelle fasi della via
iniziatica. È bene rammentare che nel comandare al proprio riflesso nei tre
mondi, l’anima impara a esprimere il proprio aspetto, e ciò avviene dapprima
e per lunghissimo tempo, esclusivamente in punto di morte. La difficoltà
odierna sta nel fatto che sono relativamente pochi gli uomini consapevoli
dell’anima, e quindi la grandissima maggioranza non ne percepisce i «decreti
occulti». Ma il genere umano giungerà a quella consapevolezza (e sarà uno
degli effetti dell’agonia vissuta durante la grande guerra), e la morte sarà
intesa allora come un evento «predisposto», attuato in piena coscienza e
sapendo che è periodico. Naturalmente ciò porrà fine al terrore che se ne ha
e a quella tendenza al suicidio che si accentua in momenti di crisi.
…
Da quanto precede si comprende perché gli occultisti tanto insistano sulla
legge dei cicli, e perché lo studio del Ritmo sollevi interesse sempre
maggiore. Sovente la morte pare sopraggiungere senza motivo, ma solo perché
si ignora l’intento dell’anima, perché non si esplora il passato del
processo di incarnazione, non si indaga l’eredità né l’ambiente, non ci si
educa ad ascoltare la voce dell’anima. Ma queste sono cose che si stanno
ormai per riconoscere; la rivelazione si approssima, e le va spianata la via

Alla morte fisica, quindi nell’atto della restituzione, l’anima, per
ritirarsi, deve competere con questi elementi:
L’elementale fisico, cioè la vita integrata e coordinata del corpo denso,
continuamente impegnata a tenersi unita, sotto il gioco delle forze
attrattive delle parti che la compongono e dei reciproci scambi. Agisce in
molti centri minori.
Il veicolo eterico, che ha una potente vita sua propria, attiva nei sette
centri maggiori che reagiscono all’energia impellente astrale, mentale ed
egoica. Esso opera anche mediante alcuni centri secondari non reattivi a
quell’aspetto del complesso umano che non è un principio, e cioè il corpo
fisico denso.

Vi esorto, poi, a considerare come verità elementare che qualsiasi gruppo
che intenda guarire seguendo queste prescrizioni (come azione preliminare)
deve capire cosa sia la morte, cui si dà l’appellativo di «grande processo
restauratore», o di «restituzione». Si tratta di saper restituire con
saggezza, a dovere, a tempo opportuno, il corpo alla fonte degli elementi
che lo compongono, e l’anima alla sua sorgente essenziale. Scelgo le parole
con cura perché voglio che riflettiate intensamente e con decisione
sull’enigma della morte. Tale almeno essa è per l’uomo, ma non per i
discepoli e i saggi.

L’argomento della morte, che qui consideriamo, deve essere studiato per
quanto possibile come cosa del tutto normale, con atteggiamento scientifico.
Il complesso di paura di cui soffre l’umanità penetra nella sua coscienza
proprio attraverso la morte; infatti la paura di non sopravvivere è
fondamentale – eppure la morte è il fenomeno più comune nel mondo.
Ricordatelo. È un grande rito universale che controlla tutta la vita
planetaria, ma solo il regno umano, e in minima misura l’animale, vi
reagiscono con la paura. Se foste in grado di vedere il mondo eterico, come
Coloro che vivono e sperimentano interiormente, vi scorgereste il grande
atto planetario di restituzione che si ripete senza sosta. Vedreste una
grande attività eterica, per cui l’anima del mondo, l’animale e l’umana
costantemente restituiscono la sostanza delle forme fisiche alla grande
riserva generale. Tale sostanza è in essenza altrettanto viva che l’anima
mondiale, di cui tanto si parla. L’agire reciproco dei due principi, della
vita e della morte, è l’attività fondamentale del creato. La forza
propulsiva e direttiva è la mente divina del Logos planetario, che persegue
il Suo divino proposito e porta seco tutti i mezzi con cui Si manifesta.

Mediante la morte si attua un grande processo di unificazione. La «caduta di
una foglia», che poi si identifica col terreno che l’accoglie, è un pallido
esempio di questo grande ed eterno processo, che si svolge attraverso il
divenire, e il morire per effetto del divenire.

…nel senso comune, essa annienta il ciclo di separazione proprio
dell’individuo fisico, e quindi riunifica.

“Tratto dalla mailing list Sadhana

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