Lo Yoga dalle Otto Membra

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Lo Yoga dalle Otto Membra

dalle Upanishad

LE OTTO MEMBRA DELLO YOGA

Odi dunque, o figlio di Samkrti, io ti esporrò la dottrina dello yoga con le sue otto membra. Prima le prescrizioni e le restrizioni d’ordine morale, quindi le posture del corpo, ed infine il controllo della forza vitale. A ciò segue la ritrazione dei sensi dagli oggetti loro propri, supremo patrimonio di conoscenza. Poi concentrazione, meditazione o incentramento dell’attenzione coronano, o saggio, la disciplina. Srijabaladarsanopanisad I 4 – 5

LE DIECI PRESCRIZIONI

Non violenza, verità, rifiuto adesso ogni appropriazione indebita, castità, compassione, rettitudine, pazienza, fermezza, moderazione nel vitto e purezza sono le dieci prescrizioni. La non violenza consiste nel non causare mai dolore a nessun essere mediante atti corporei, vocali o mentali. La verità consiste nel proferire parole conformi ai fatti e che siano foriere di prosperità per gli esseri, mediante atti fisici, vocali o mentali. Il rifiuto di ogni appropriazione indebita consiste nel non impadronirsi di proprietà altrui mediante atti corporei, vocali o mentali. La castità consiste nel rinunciare sempre al rapporto sessuale in ogni circostanza e condizione mediante i propri atti corporei, vocali o mentali. La compassione consiste in una perpetua disposizione d’animo pietosamente favorevole verso tutti gli esseri. La rettitudine consiste nel mantenimento di equanimità ed uniformità negli atti corporei, vocali o mentali per quanto riguarda l’esecuzione o la non esecuzione di azioni rispettivamente prescritte o proibite. La pazienza consiste nel sopportare con mansuetudine tutto ciò che risulti spiacevole o piacevole, come l’esser battuto o riverito. La fermezza consiste nella capacità di conservare la stabilità mentale in occasione dell’acquisto o della perdita di beni o persone care. La moderazione nel vitto consiste nel cibarsi solo di alimenti oleosi e dolci, lasciando vuota la quarta parte dello stomaco. La purezza poi è da considerarsi duplice, a seconda se si esterna o interna. Quella esterna consiste nella pulizia del corpo con argilla ed acqua; quella interna comporta la purificazione dell’organo mentale, e si ottiene grazie alla conoscenza del proprio Sé. Sandilyopanisad I 1

LE DIECI RESTRIZIONI

Le dieci restrizioni sono: austerità, contentamento, retta fede, carità, venerazione del Signore, osservazione dei sommi principi, pudore, retta opinione, recitazione rituale, rispetto dei voti. L’austerità è la mortificazione del corpo mediante l’esecuzione puntuale di varie pratiche ascetiche come quella con cui a stento ci si conserva in vita o il digiuno regolato secondo le fasi lunari eccetera. Il contentamento consiste dell’esser paghi di quel che ci giunge secondo il caso. La retta fede consiste nel credere alla validità dei meriti e dei demeriti, così com’è descritta nella scienza sacra rivelata. La carità consiste nel donare con fede granaglie o denaro e simili, guadagnati onestamente, a persone meritevoli. La venerazione del Signore consiste nell’adorare con purezza gli dei, Visnu, Rudra e simili, secondo le proprie capacità. L’osservazione dei sommi principi consiste nell’attento esame del significato dei principi ultimi della scienza sacra rivelata. Il pudore è la vergogna che si deve provare qualora si compiano azioni contrarie al sentiero segnato dai precetti della scienza sacra rivelata o della saggezza mondana. La retta opinione è la fede nella condotta che segua questa sentiero. La recitazione rituale consiste nella pratica costante delle formule sacre che non siano contrarie alla scienza sacra rivelata e siano state impartite dal maestro spirituale secondo le regole prescritte. E` di due tipi, vocale e mentale. Il tipo mentale va di conserva alla meditazione intellettuale. Il tipo vocale è a sua volta duplice, a seconda che sia pronunciato ad alta voce ovvero sussurrato. Il tipo pronunciato ad alta voce reca un frutto conforme a ciò che proclamano i dettami della scienza sacra rivelata; il tipo sussurrato ha un valore mille volte superiore; e millanta quello mentale. Il rispetto dei voti poi consiste nella scrupolosa esecuzione o astensione rispetto ad azioni prescritte o proibite dai dettami della scienza sacra rivelata. Sandilyopanisad I 2

LE POSTURE DEL CORPO

Le posture del corpo più importanti sono otto: quella di buon auspicio, quella a muso di vacca, quella del loto, quella del leone, quella dell’eroe, quella prospera, quella libera e quella del pavone. Ponendo le piante di ambo i piedi tra ginocchio e coscia, e tenendo il corpo eretto, si assume la postura di buon auspicio. Posta la caviglia sinistra sotto il lato della natica destra e la destra sotto il lato della sinistra si ottiene la posizione a muso di vacca, così chiamata perché ricorda appunto il muso di una vacca. Se si afferra l’alluce destro con la mano sinistra e viceversa, dopo aver posto ambo i piedi sopra le cosce, si assume, o sandilya, la postura del loto, da tutti venerato. Posto un piede sopra la coscia della gamba opposta e l’altro sotto di essa si ha la postura dell’eroe. Posta a destra la caviglia sinistra e viceversa, appoggiate le mani sulle ginocchia, le dita distese, la bocca spalancata, si fissi la punta del naso attentamente: questa è la postura del leone, sempre lodata da coloro che praticano lo yoga. (…) Si stringano le caviglie sotto lo scroto ai due lati del frenulo prepuziale e si tengano fermi strettamente i lati dei piedi con le mani: questa è la postura prospera, che distrugge ogni malanno e vanifica ogni veleno. Si prema la caviglia sinistra sul lato destro del frenulo prepuziale, là dove s’assottiglia, e la destra sul fianco sinistra: questa è la postura libera. La postura del pavone, che dissipa ogni calamità, è poi la seguente. Si poggi a terra su entrambe le mani e si pongano i gomiti ai lati dell’ombelico, quindi si levino in alto il capo e i piedi, sì da restare saldi in aria come un bastone. Con queste pratiche ogni malanno del corpo svanisce, ogni veleno è riassorbito senza danno.
Sandilyopanisad I 3-8,10-14a

IL CONTROLLO DELLA FORZA VITALE

Il controllo della forza vitale si ottiene mediante l’inspirazione, l’espirazione e l’apnea inspiratoria, che ne costituiscono le tre varietà. (…)
Disciplinando la forza vitale invero ci si libera in men che non si dica. Il flusso del soffio che proviene dall’esterno per riempire completamente l’interno del corpo è noto come inspirazione. Mantenere il soffio che ha interamente riempito il corpo gonfiandolo come un vaso è l’apnea inspiratoria. L’emissione all’esterno del soffio che sta all’interno è nota come espirazione.
Srijabaladarsanopanisad VI 1b-2a,12-13

LA RITRAZIONE DEI SENSI DAGLI OGGETTI LORO PROPRI

La ritrazione dei sensi dagli oggetti loro propri consiste nella cessazione di ogni attività mentale riguardante gli oggetti che rappresentano l’ambito di esplicazione dei sensi.
Mandalabrahmanopanisad I 1i

Ecco dunque la ritrazione dei sensi, che ha quintuplice forma. Il ritirarsi a forza dei sensi degli oggetti loro peculiari è detto ritrazione. Contemplare tutto ciò che si vede come se fosse il Sé è detto ritrazione. La rinuncia ai frutti delle proprie azioni quotidiane è detta ritrazione. Distogliersi da tutti gli oggetti dei sensi è ritrazione. Ed infine è ritrazione la concentrazione rivolta rispettivamente ai diciotto punti vitali sotto elencati: piedi, alluci, caviglie, polpacci, ginocchia, cosce, ano, membro virile, ombelico, cuore, gola, palato, naso, occhi, punto mediano tra le sopracciglia, fronte e capo, compiuta in ordine prima ascendente e pi discendente. Sandilyopanisad I 69

CONCENTRAZIONE

Il primo distogliersi della mente dagli oggetti, seguito dal consolidarsi della consapevolezza nella coscienza, è la concentrazione. Mandalabrahmanopanisad I 1l-m

CONCENTRAZIONE, MEDITAZIONE E INCENTRAMENTO DELL’ATTENZIONE

La conncentrazione è triplice, a seconda che si rivolga a fissare la mente sopra il Sé, a trasferire lo spazio esteriore nel rarefatto spazio interno, o infine a contemplare le cinque forme divine nei cinque elementi, terra, acqua, fuoco, vento e spazio. Ecco poi la meditazione, che comprende due varietà, quella dotata di attributi e quella priva di attributi. La prima consiste nella meditazione su di una forma divina. La seconda è la meditazione sulla realtà del Sé. L’incentramento dell’attenzione infine consiste nella condizione di identità che si instaura tra Sé individuale e Sé supremo, e che si pone al di là della triade di soggetto conoscente, conoscenza ed oggetto conosciuto. Tante stato è fatto di pura consapevolezza, e in esso consiste la suprema beatitudine.
Sandiloypanisad I 70-72

Riuscendo a vedere l’Assoluto ovunque vagli la mente, si ottiene la concentrazione mentale, che ne è la varietà suprema. La meditazione poi si ha quando si indulge a pensieri positivi del tipo “Io sono l’Assoluto e null’altro”, senza che il pensiero si riferisca a nessun oggetto. Questo tipo di pratica conferisce somma beatitudine. Il raggiungimento e il successivo superamento di uno stato di immutabilità, mercè la comprensione della condizione dell’Assoluto, porta allo stato di incentramento dell’attenzione. E il saggio dovrebbe sforzarsi di perseguire questa beatitudine non artificiale sinchè non riesca ad unirsi per un attimo alla condizione del Sé che costituisce l’intimo del suo essere. Allora questo re di coloro che praticano lo yoga raggiunge la perfezione e si libera del bisogno stesso di una disciplina spirituale. Tejobindupanisad I 35-39a

YOGA E CONOSCENZA

Senza lo yoga come potrebbe mai la conoscenza conferire la liberazione? Senza la conoscenza poi come potrebbe lo yoga procurare la salvezza. Pertanto chi ardentemente desidera più d’ogni altra cosa la liberazione dovrebbe sforzarsi di perseguire sia la gnosi sia lo yoga.
Yogasikhopanisad I 13-14a

Lo yoga va conosciuto tramite lo yoga, dallo yoga lo yoga acquista vigore. Chi grazie allo yoga attinge la concentrazione prova diletto per lungo tempo. Si fissi un termine al sonno, un limite al cibo, e si ponga mente a ben digerire. Bandita ogni eccessiva austerità ci si sieda a proprio agio in un luogo isolato e fresco, liberi da ogni brama, sforzandosi di raggiungere questa condizione, oppure si cerchi di imbrigliare la forza vitale, senza deflettere dal sentiero della propria pratica usuale. Si riempia la bocca di soffio vitale, e si faccia penetrare il soffio che scorre verso il basso sin nella sede del fuoco gastrico, divoratore dell’oblazione. Colà, arrestatolo, con le sei (sic) dita a partire dai pollici si tappino orecchie, occhi e narici. Seguendo questa via i praticanti riescono a sorgere appieno la loro parte di verità, la mente tutta intenta alla molteplice contemplazione del sacro suono interiore. Orecchie, bocca, occhi e naso vanno ostruiti. Allora nell’arteria che è detta “assai graziosa” così purificata si potrà udire senz’alcuna distorsione e chiaramente il suono interiore. Allora nella regione che si dice del suono non prodotto da percussione si udrà una risonanza distinguibile in molteplici armonie; il corpo del devoto diverrà divino, ripieno di splendore e colmo di profumi celestiali, ed egli non sarà mai più soggetto a malattie di sorta. Il suo cuore si colmerà di tale suono, ed allorquando lo spazio ivi contenuto prenderà a risuonare egli diverrà a pieno diritto un adepto dello yoga. Poi, infrantosi ogni ulteriore ostacolo, il soffio prenderà a fluire nella regione mediana.
Saubhagayalaksmyupanisad II 1c-6

I SEI CERCHI D’ENERGIA SOTTILE

Chi non comprende che nel proprio corpo vivono di queste entità, i sei cerchi d’energia sottile, i dodici sostrati, le tre caratteristiche e i cinque tipi di spazio, come potrà ottenere la perfezione? Quanto ai sei cerchi, quello fondamentale ha quattro parti dette petali, quello fondato su se stesso ne ha sei. Nell’ombelico vi è il loto da dieci petali, nel cuore quello dai dodici raggi. La ruota a sedici raggi, detta purissima, sta a metà delle sopracciglia, e ha due petali. Il cerchio che conta mille petali si trova nella fontanella del cranio. Yogacudamanyupanisad 3b-6a

LA FORMULA RECITATA INCONSCIAMENTE

Il respiro viene esalato con il suono “ha” ed inalato con il suo” sa”. Pertanto ogni individuo vivente recita perpetuamente questa formula meditativa “Hamsa”, ventunomilaseicento volte in un giorno e una notte. Essa è detta “formula rituale sacra non recitata”, ovvero recitata inconsciamente, dai seguaci dello yoga, e si ritiene conferisca infallibilmente la liberazione. Mercè la mera decisione di compiere questa recitazione ci si sbarazza d’ogni male. Non v’è mai stata né vi sarà scienza sacra, recitazione rituale o gnosi salvifica che possa stare alla pari con questa formula ripetuta inconsciamente.
Yogacudamanyupanisad 31b-35a

SUONI MISTICI

Assunta stabilmente la postura perfetta si pratichi l’esercizio noto come sigillo di Visnu: si udrà allora infallibilmente nell’orecchio destro levarsi il suono interiore. Questo suono rende il praticante sordo a ogni disturbo sonoro d’origine esterna. Superato ogni ostacolo, il devoto raggiunge il quarto stato di coscienza in capo a una quindicina di giorni. All’inizio della pratica udrà dapprima parecchi suoni di timbro possente. Con lo sviluppo dell’esercizio il timbro del suono via via si assottiglierà sempre più. Nello stadio preliminare i suoni saranno simili a quelli generati dall’oceano, da una nube temporalesca, da un timpano o da una cascata. Nello stadio intermedio somiglieranno al suono di un tamburo, di un’esclamazione di stupore, di campane, del corpo. Nello stadio finale ricorderanno il suono di campanelle, del flauto di giunco, del liuto, del ronzio sordo delle api. In tal modo egli udrà svariati suoni via via più sottili. Giunto allo stadio in cui si percepisce il suono del timpano e simili dovrebbe sforzarsi di dirigere la propria attenzione solamente a quelli che si fanno via via più sottili. Potrà rivolgere il proprio interesse ai suoni sottili a partire da quelli grossolani o viceversa non dovrà permettere che la mente si distragga rivolgendosi a nessun altro oggetto. L’organo mentale si con centra dapprima su di un suono qualsivoglia, si fissa progressivamente su di esso e giunge a fondervisi. Divenuta del tutto insensibile agli stimoli esterni, la mente si fa tutt’una con il suono, come il latte miscelato all’acqua, e rapidamente si dissolve nello spazio interiore della coscienza. Divenuto indifferente ad ogni stimolo sensoriale mediante la pratica costante di una simile meditazione, colui che segue il metodo dello yoga dovrebbe concentrarsi ogni giorno vieppiù su questo suono che ha la proprietà di annichilire la mente. Quindi, abbandonato ogni pensiero e lasciata ogni aspirazione egli si concentrerà con tutto il suo essere su tale suono, vedrà che la sua mente giunge a dissolversi in esso. Come l’ape tutta intenta a suggere il nettare dei fiori non si cura del profumo che essi emanano, del pari la mente, costantemente assorbita dal suono, più non brama gli oggetti dei sensi, giacché, tutta avvinta dal soave aroma di esso, ha abbandonato la sua natura instabile. Il serpente interiore della mente è ipnotizzato dal suono, e dimentico d’ogni alla cosa si fa tutt’uno con esso, senza più vagare altrove. La mente, che come un elefante infoiato scorrazza nel giardino degli oggetti dei sensi, vien controllata grazie al pungolo acuminato costituito dal suono. Il suono è la trappola per catturare l’antilope interiore, è la sponda che argina l’oceano interiore, la mente. Tale suono,
che procede dalla sillaba sacra che è l’Assoluto stesso, è sostanziato di splendore divino. La mente è assorbita in esso, attingendo la sede Suprema di Visnu.
Nadabindupanisad 31-47a

LA MANIFESTAZIONE DEL MONDO L’ASSOLUTO OLTRE OGNI MUTAMENTO

O Sandilya, il supremo Assoluto, che è la Realtà stessa, è imperituro e scevro di azione.
Sandilyopanisad III 4

CARATTERISTICHE DELL’ILLUSIONE COSMICA

Priva di inizio, è suscettibile di subire una fine; è conoscibile e al contempo non conoscibile; non si può dire che vi sia, né che non vi sia, e neppure che ad un tempo vi sia e non vi sia; è causa di ogni mutamento pur essendo priva di mutamento lei stessa; non è ben definibile, essendo per definizione indefinibile; è priva di caratteristiche individuanti: questi i tratti salienti dell’illusione cosmica.
Sarvasaropanisad IVe

CARATTERISTICHE DEL SIGNORE

Riflesso nell’illusione cosmica che sotto forma di purissima lieve luminosità fa da sostrato all’universo, il Signore non è soggetto a nascita. (…) Ed invero l’illusione cosmica non rappresenta altro che un’erronea costruzione mentale sovrapposta alla signoria
dell’Onnisciente. Facoltà di soggiogare gli altri, unicità ed onniscienza gli appartengono. E` il Signore dei mondi, grazie alla sua matura sostanziata di luminosità, alla sua perfezione e al suo essere testimone d’ogni evento. E` in grado di manifestare il mondo, di non manifestarlo o di manifestarlo altrimenti da com’esso si presenta. Sarasvatirahasyopanisad 14a, 15-16

L’Assoluto, avendo manifestato i mondi mediante la potenza che ha il nome di “principio oggettuale”, penetra in essi e ne diviene l’intimo reggitore. Giacché governa l’operare delle varie figure divine preposte alla manifestazione dei mondi, nonché degli organi di senso e d’azione dei soggetti coscienti, è detto “Signore”.
Niralambopanisad 2

I CINQUE PRINCIPI DI REALTA`

Il corpo è composto di terra e di altri elementi grossolani. Ciò che in esso si presenta come duro è fatto di terra, ciò che fluido è fatto d’acqua, ciò che è caldo è fatto di fuoco, ciò che si muove è fatto di vento, ciò che è cavo è fatto di spazio. L’orecchio e gli altri organi costituiscono gli strumenti di senso conoscitivi. L’orecchio è fatto di spazio, la pelle di vento, l’occhio di fuoco, la lingua di acqua, il naso di terra. Ciò che tali organi percepiscono è rispettivamente il suono, il tatto, la forma, il sapore e l’odore, che sorgono dai rispettivi elementi grossolani, a partire dalla terra. Gli organi di senso preposti all’azione poi sono la bocca, le mani, i piedi, l’apparato escretore e quello riproduttivo. I loro ambiti d’azione, che sorgono dai rispettivi elementi grossolani, a partire dalla terra, sono nell’ordine l’atto di parlare, di afferrare, di muoversi, di espellere e di godere. L’organo interno poi è quadruplice, diviso in mente, intelletto, senso dell’io e coscienza. I loro ambiti di funzione sono rispettivamente la volizione e
il dubbio, la decisione, l’orgoglio, la memorizzazione. Sede della mente è la gola, dell’intelletto il volto, del senso dell’io il cuore, della coscienza l’ombelico. Ossa, pel, vasi, nervi, capelli e e carne partecipano della natura della terra. Urina, muco, sangue, sperma e sudore partecipano della natura dell’acqua. Fame, sete, accidia, obnubilamento e copula partecipano della natura del fuoco. Il camminare, il grattarsi l’aprire e il chiudere gli occhi e simili partecipano della natura del vento. Desiderio, ira, cupidigia, obnubilamento e paura partecipano della natura dello spazio. Il suono, il tatto, la forma, il sapore e l’odore sono qualità proprie della terra. Il suono, il tatto, la forma e il sapore sono qualità proprie dell’acqua. Il suono, il tatto e la forma sono qualità proprie del fuoco. Il suono e il tatto sono qualità proprie del vento. Il mero suono è la qualità propria dello spazio. Sarirakopanisad I 1-20

LE SEI MODIFICAZIONI DEGLI ESSERI

Esistenza, nascita, crescita, maturità, decadimento e distruzione sono le sei modificazioni cui vanno soggetti gli esseri.
Varahopanisad I 8

I QUATTRO STATI DI COSCIENZA

Si ha lo stato di veglia quando il Sé percepisce gli oggetti sensibili grossolani quali il suono e simili tramite i suoi quattordici organi a partire dalla mente, che hanno il sole come divinità di sostegno. Quando poi il Sé, insieme ai quattro organi che costituiscono l’apparato mentale, accompagnati dalle impressioni subconoscie ad essi relative, percepisce oggetti sensibili quali il suono, anche in assenza della loro presenza fisica, si ha lo stato di sogno. Quando, in grazia dell’assenza di funzionamento dei quattordici organi (ossia i quattro mentali più i cinque sensi percettivi e i cinque sensi d’azione) e del conseguente venir meno di una coscienza specifica, non si percepiscono più in alcun modo oggetti sensoriali quali il suono, e simili, allora si ha lo stato di sonno profondo. Ma quella unica ed ininterrotta consapevolezza che funge da testimone tanto alla presenza quanto all’assenza dei tre stati precedenti, di per sé scevra di tale presenza o assenza, è ciò che vien detto il quarto stato.
Sarvasaropanisad Ic – IIa

IL PROCESSO DELLA RINASCITA

La morte, che è radicalmente alla rispetto ai quattro stati di coscienza, ed è tale da ingenerare terrore in tutti gli esseri, dal manifestatore divino Brahma giù giù fino all’umile filo d’erba, distrugge il corpo grossolano. Poi il principio vitale individuale, obnubilato dall’ignoranza e dagli elementi che compongono l’universo si appropria degli organi di senso e di quelli d’azione, nonchè dei relativi oggetti e dei vari tipi di forza vitale, insieme alle azioni che compie spinto dal desiderio, ed assume un altro corpo, raggiungendo un diverso livello d’esistenza. I frutti delle precedenti azioni del principio vitale individuale continuano a maturare, ed esso non conosce riposo, come un insetto che si dibatta in uno stagno. Ed è solo grazie alle buone azioni compiute che, al termine di parecchie rinascite, sorge nell’uomo il desiderio della liberazione. Solo allora, se si è fatto ricorso ad un buon maestro spirituale e lo si è servito per lunghi anni, si potrà ottenere la liberazione dalla schiavitù. E in verità causa della condizione di schiavitù è la mancanza di quest’esame della condizione umana; la salvezza invece è originata da tale esame. Pertanto ci si dovrebbe sempre sforzare di praticare un’analisi sul proprio Sé. E` possibile accertare la realtà del Sé tramite l’esame delle false attribuzioni cui questi va soggetto e la conseguente loro confutazione. Pertanto non ci si dovrebbe stancare di esaminare con attenzione il mondo, il principio vitale individuale e il Sé universale. Messo in luce il modo proprio di essere del principio vitale individuale e del mondo, ciò che resta è l’Assoluto, che si rivela non dissimile dal Sé individuale. Paingalopanisad II 55 – 64

IL MODO PROPRIO DI ESSERE DELLA REALTA` L’ASSOLUTO IN SE’ E PER SE’

Uno, senza secondo, reale, privo di nome e forma, questo io sono: mercè questa riflessione che ha per oggetto l’identità io divengo l’Assoluto. Sukarahasyopanisad III 5a

L’Assoluto non è soggetto ai tre tempi, passato, presente e futuro; e anzi non è soggetto a alcun’altra possibile dimensione temporale. L’Assoluto si presenta sia in possesso di attributi sia senza di essi. Privo di sostanza propria, intimamente vacuo è l’Assoluto al principio, nel mezzo e alla fine. Quest’intero universo invero è l’Assoluto. L’Assoluto sta al di là dell’illusione cosmica, al di là delle qualità costituenti il principio oggettuale. Infinito, inconoscibile, intatto, perfetto è l’Assoluto. Senza secondo, somma beatitudine, puro, illuminato, sciolto, vero e reale, onnipervadente, indifferenziato, indiviso è l’Assoluto. L’Assoluto è essere, coscienza e beatitudine, luce di per sé splendente. L’Assoluto non è pascolo per la mente o la parola. Integro, l’Assoluto non dà luogo ai metodi logici di retta conoscenza. Incommensurabile, l’Assoluto si lascia conoscere solo mercè i principi che costituiscono il fine ultimo della scienza sacra. L’Assoluto è privo di distinzioni quanto a luogo, a tempo e sostanza. Interamente perfetto è l’Assoluto. Pari al quarto stato di coscienza, esente da mutamenti, unico è l’Assoluto. Non soggetto alla dualità, inesprimibile a parole è l’Assoluto.
Tripadvibhutimahanarayanopanisad I 54-69

Infinito e non manifesto è questo Sé.
Jabalopanisad II 1

Chi ha gli occhi della mente riesce a scorgere tutti gli esseri, dal manifestatore divino Brahma giù giù fino alle creature immobili. Gli iniziati invero contemplano quell’uno, che irradia luce tutt’intorno e pervade ogni cosa.
Mantrikopanisad 16

Il supremo Assoluto è somma verità, e ha come attributi caratteristici essere, coscienza e beatitudine. Inconoscibile, inesplicabile, inavvicinabile dalla parola o dalla altrimenti, esso è puro, sottile, privo di forma, immutabile, immacolato. E` altresì infinito, esente da distinzioni, incomparabile, salvifico.
Yogasikhopanisad II 16 – 17

Vero e reale, il supremo Assoluto è l’unico rimedio a quest’universo di trasmigrazione. Senza macchia al di là d’ogni immaginazione, perenne, è privo d’un inizio, d’un mezzo o d’una fine.
Annapurnopanisad V 72

Il supremo Assoluto rifulge immacolato, privo di parti: è di buon auspicio, imperituro, non conosce il dolore.
Parabrahmopanisad 8

Sostegno dell’intero universo, libero dalle coppie di opposti, il supremo Assoluto è eterno. Si manifesta come essere, coscienza e beatitudine, e parola e pensiero non riescono a comprenderlo. Rudrahrdayopanisad 26

L’ASSOLUTO NEL CORPO

In mezzo alle sopracciglia si trova il salvifico Assoluto, che è essere, coscienza e beatitudine, e si presenta come sommo splendore. Mandalabrahmanopanisad I 2d

L’ASSOLUTO PERSONALE

Chi, concentrando la mente in un sol punto, mediti assiduamente su di me, Hari l’imperituro, e parimenti rifletta sul proprio Sé nel loto del cuore, costui senza dubbio si libera. La mia forma è l’Assoluto scevro di dualità, privo di un inizio, di un mezzo o di una fine. Chi con devozione partecipa della mia luce splendente, che è essere, coscienza e beatitudine, quegli conosce l’imperituro.
Vasudevopanisad 25 – 28

Vero e reale, eterno, testimone d’ogni evento è il Gran Signore: è perpetua beatitudine, è libero da elaborazioni concettuali, ineffabile. Il Beato, il Signore della parola, è dotato di una potenza impensabile, e la terra è solo il prodotto dell’ignoranza degli uomini.
Sarabhopanisad 20

Egli tutto conosce, egli è il protettore del mondo.
Ekaksaropanisad 9

Onnisciente è il Signore (…), Sire degli esseri soggetti a schiavitù. Jabalyupanisad 13

LA SILLABA SACRA

L’assoluto, che è la gioia del Sé individuale, il principio cosciente, ha come modo proprio di presentarsi la triplice sillaba OM, costituita dai fenomeni A, U e M. Colui che, dedito allo yoga, la pronunci, si libera dai lacci delle nascite e delle rinascite.
Atmobodhopanisad I 1

IDENTITA` DELLE VARIE FIGURE DIVINE

Colui che percepisce del pari la coscienza e gli oggetti che ne sono privi, quegli è l’incrollabile, sostanziato di conoscenza. Questi invero è il Gran Signore, il sommo Hari. Questi invero è lo splendore di tutte le luci, è il supremo Signore. Questi invero è l’eccelso Assoluto, e quest’Assoluto sono io stesso, senz’alcun dubbio. Il vivente è Siva, Siva è il vivente, e dunque codesto individuo vivente è sciolto dai legami, è Siva. Il chicco di riso grezzo costretto dalla pula diviene, quando se ne libera, riso brillato. Del pari l’individuo vivente è costretto, ma quando sia distrutto il fardello delle sue azioni egli diviene pari a Siva l’imperituro. Il vivente è avviluppato dai suoi lacci, ma quando se ne libera diviene para Siva l’imperituro. Il vivente è avviluppato dai suoi lacci, ma quando se ne libera diviene para Siva l’imperituro. Omaggio a Siva che appare come Visnu, e a Visnu che appare come Siva. L’intima realtà di Siva è Visnu, l’intima realtà di Visnu è Siva. Come Visnu è sostanziato di Siva, così Siva lo è di visnu. Giacché non scorgo differenza tra i due, possa io ottenere prosperità in vita. Skandopanisad 4 – 9

PRIMA DEL TEMPO

In antico non c’era affatto tutto questo mondo: non c’era il cielo e lo spazio intermedio, e neppure la terra c’era. Solo l’Assoluto, isolato, senza inizio e senza fine, privo di un aspetto minuto o grossolano, privo affatto d’ogni aspetto, impercepibile, sostanziato di conoscenza esisteva come pura beatitudine.
Avyaktopanisad 1

REALTA` ED APPARENZA

Quest’assoluto invero si manifesta assumendo le sembianze del mondo. (…) Ma esso resta in realtà isolato, puro, per chi vede le cose com’esse sono. E non si dà dunque conoscenza né ignoranza, mondo o realtà suprema.
Atmopanisad 2 – 4 a

L’ASSOLUTO SI RIVELA COME IL SE’

Il supremo principio cosciente si manifesta assumendo le sembianze della coscienza, ed è il sommo Sé. E` colui il quale per loro e in loro ode, pensa, vede, impartisce l’insegnamento, tocca, grida, conosce, guida, colui il quale è il principio cosciente interno a tutti gli altri, colui il quale va conosciuto come il Sé. Colà non v’è più questione di mondi o non mondi, dei o non dei, esseri bruti o non esseri bruti; colà l’asceta non è più asceta, il sanguemisto non più sanguemisto, il saggio non più saggio. Invero quell’unico supremo Assoluto rifulge, e la molteplicità scompare. Colà non vige più il magistero di dei, veggenti ed antenati, ma colui il quale si è risvegliato attinge l’onniscienza.
Tripurataepinyupanisad V V iv-viii

Pienamente compiuto, senza inizio e senza fine, insondabile dalla conoscenza, immutabile, ricolmo di essere, coscienza e beatitudine, imperituro, non soggetto a modificazioni, il principio cosciente individuale è indifferenziato, perfetto, infinito, il viso ovunque rivolto, irrefragabile ed inalienabile, imprendicabile; privo di sostegno, di attributi qualificanti, di attività proprie; sottile, indubitabile, immacolato; il suo modo proprio di presentarsi è indeterminabile; impraticabile da parte della mente e della parola; sovrabbondante di realtà ontologica, di per sé perfetto, puro, illuminato, senza pari. Questo dunque è quell’Assoluto, uno e non duale. Adhyatmopanisad II 61 – 64

Il mondo, il principio cosciente individuale, il Sommo Signore e simili non hanno un’esistenza indipendente dal Sé compiuto e autonomo, e neppure l’illusione cosmica: io sono intimamente privo delle caratteristiche di tutte queste entità. Qualità come l’azione, il merito e simili, che si presentano sotto le vesti della ignoranza e della più fitta tenebra non sono in grado di scalfire me, il Sé che è luce di per sé splendente. Colui il quale riesce a scorgere il proprio Sé come testimone d’ogni evento quale che sia, al di là delle convenzioni dettate dall’ordinamento sociale e dagli stadi di vita, dotato dello stesso aspetto dell’Assoluto, diviene egli stesso quell’Assoluto. Colui il quale, grazie all’insegnamento ultimo impartito dalla scienza sacra rivelata, veda quest’universo visibile come la sede suprema che ha la forma stesso dello splendore divino, è immediatamente liberato. Quando la conoscenza che vanifica l’erronea opinione secondo la quale il corpo sarebbe il Sé sorge nell’uomo, questi ottiene la liberazione quand’anche non la desiderasse affatto. Pertanto come potrebbe essere schiavo delle proprie azioni colui che percepisce costantemente la gioia propria dell’Assoluto, caratterizzata dalla pienezza di verità, conoscenza e beatitudine, in tutto superiore alla tenebra dell’ignoranza? (…) Come un cieco non può scorgere neppure il sole che pur risplende, così chi è privo degli occhi della gnosi non può scorgere l’Assoluto, che non è che consapevolezza, e ha la verità e la consapevolezza come sue caratteristiche qualificanti.
Varahopanisad II 11b-17a, 19

Il supremo sé va venerato secondo i precetti degli imperituri ed inalterabili dettami della scienza sacra rivelata. (…) Simile ad un seme di baniano, ad un chicco di miglio, esso è grande quanto la centomillesima parte della punta di un capello. Inafferrabile, è per di più impercettibile. Non è soggetto a nascita e nemmeno a morte; né brucia né si bagna né si dissecca, non può essere scosso né trafitto, e neppure tagliato o spezzato: è il testimone impassibile privo d’ogni qualità. Puro, indivisibile, sciolto da ogni legame, sottile, privo di parti, immacolato, esente da orgoglio, impenetrabile dai cinque sensi: suono, tatto, sapore, vista ed odore, libero da dubbi, senza vane speranze, esso pervade ogni cosa. Non lo si può concepire ed ancora meno descrivere. Purifica ciò che è di per sé impuro ed inquinato. Sciolto com’è dai lacci dell’azione, non v’è per lui alcuna possibilità d’essere soggetto al ciclo delle rinascite.
Atmopanisad 1 d-i

a guruji.it

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