Le corde che ci legano

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Le corde che ci legano

di Navina Syama Dasa

L’edificio più singolare di Filadelfia è il Museum of Art, uno dei più grandi musei degli Stati
Uniti. Sorge in cima a una collina che domina lo Schuylkill River simile a un monumento greco con
colonne bronzee. All’interno delle sue gallerie, che sono più di duecento, si possono trovare più di
225.000 oggetti che mostrano i talenti creativi di artisti americani, europei e asiatici delle
ultime migliaia di anni. Un elemento saliente è la collezione dei dipinti degli Impressionisti
francesi famosa in tutto il mondo. Tra le centinaia di pezzi che la compongono (specialmente opere
come “I papaveri di Monet” e “Il Monte Saint-Victoire” di Cezanne) si possono individuare migliaia
di diverse tinte e sfumature. Tuttavia l’intera varietà visiva della galleria dedicata
all’Impressionismo – e in definitiva di tutto museo – nasce solo da tre colori primari: giallo,
rosso e blu.

Quanto sia meraviglioso aver concepito tale complessità e bellezza partendo da questa triplice
semplicità, Sri Krishna lo evidenzia in modo ancora più notevole nella Bhagavad-gita, in cui
dichiara che l’universo stesso è in ultima analisi solo un prodotto dei tre guna: sattvam, rajah e
tamah. In effetti Srila Prabhupada ha fatto spesso uso dell’analogia dei colori primari per spiegare
gli enigmatici guna: “In origine ci sono tre colori, il rosso, il blu e il giallo e se li mescolate
tra loro essi danno il verde, l’arancione, il rosa e molti altri colori. Nello stesso modo la
combinazione delle tre qualità della natura materiale, sattvam, rajah e tamah, ha creato moltissime
forme di esseri viventi.” (Dal “La Manifestazione del Dharma nell’Essere Umano”, un articolo
pubblicato precedentemente dalla rivista Dharma-prakash).

Trattando lo stesso argomento in una lezione (Bombay 1973) egli concluse: “ In questo modo la natura
materiale è la più grande degli artisti.” Proprio come un pittore usa differenti miscele dei colori
primari per realizzare un capolavoro sulla tela, così il Signore usa i guna come tavolozza per la
creazione dell’universo. Anche Srila Prabhupada ha messo in relazione il giallo con sattvam, il
rosso con rajah e il blu con tamah, spiegando che questi colori sono “rappresentazioni” dei guna.
Egli ha inoltre spiegato spesso che quando le tre influenze vengono “mescolate fra loro” danno
origine a nove differenti combinazioni e quando queste nove vengono di nuovo mescolate producono
ottantuno combinazioni e così via.

I guna sono un aspetto della realtà descritto solo nelle tradizioni religiose dell’India (Le Tre
Parche dell’antica Grecia potrebbero costituire un’eccezione; vedi l’inserto “Le Tre Parche”),
tuttavia essi non sono un dettaglio tecnico né un’arcana sottigliezza; al contrario i guna giocano
un ruolo fondamentale nel modellare il mondo così come lo conosciamo. Krishna ne parla in tutta la
Bhagavad-gita ed ogni preghiera contenuta nello Srimad-Bhagavatam fa riferimento ad essi. In effetti
la loro funzione è così essenziale e pervadente che si possono usare i guna per differenziare le
principali categorie d’esistenza, vedi Dio, il mondo e gli esseri viventi.

Prima però di usare i guna per tracciare il grande quadro cerchiamo di capirli meglio. Sebbene
l’analogia con la pittura li faccia sembrare i mattoni della materia, questo non è esatto. Anzi,
Krishna nella Bhagavad-gita spiega che il mondo materiale è fatto di terra, acqua, fuoco, aria ed
etere ed inoltre di mente, intelligenza e falso ego. I guna non sono nemmeno la forza che muove
l’universo, perché questo ruolo è giocato dal tempo. I guna invece guidano la materia composta dagli
otto elementi e spinta dal tempo nei movimenti e negli spostamenti; i guna sono le forze primordiali
che colorano e controllano il cosmo. Alcune delle differenti traduzioni di guna aiutano a capire la
natura e lo scopo del termine.

La parola più comunemente usata da Srila Prabhupada è “influenza”. In questo senso i guna
rappresentano la maniera in cui la materia viene sperimentata ed espressa. Un’altra traduzione che
egli ha dato è “qualità”. In questo senso i guna sono le tre qualità primarie, che in varie
combinazioni, conferiscono agli esseri viventi la loro personalità e agli oggetti inanimati le loro
caratteristiche distintive. Un’altra traduzione è “corda“. In questo senso i guna sono quelli che ci
legano e ci limitano nella percezione, nel pensiero e nell’agire in un certo modo.

I Sintomi dei Guna

In ultima analisi però il modo migliore per comprendere i guna è esaminare i loro sintomi. Nei
Capitoli 14, 17 e 18 della Bhagavad-gita e nel Capitolo 25 dell’Undicesimo Canto dello
Srimad-Bhagavatam, Krishna fornisce una gran quantità di spiegazioni. La creazione e l’attività
caratterizzano rajah. Il deva Brahma sovrintende questo guna ed è giustamente il progettista del
mondo materiale, in cui dà forma ai corpi di tutte le 8.400.000 specie di vita. Srila Prabhupada ha
tradotto il termine rajah con “passione”, volendo richiamare l’ardore per il piacere che essa
invariabilmente accende. Una persona influenzata da rajah lavora sempre duramente per ottenere
prestigio e ricchezza e in questo modo inevitabilmente diventa ansiosa; in ultima analisi dunque
questo guna produce solo sofferenza.

All’origine di tale intenso sforzo vi è un desiderio insaziabile: per quanto riesca ad ottenere,
costui rimane insoddisfatto e desideroso di averne di più. Rajah rende una persona orgogliosa,
invidiosa e soggetta ai capricci emotivi della mente. Una metropoli piena di attività è l’esempio di
un luogo sotto l’influenza della passione e il cibo sotto questa influenza è eccessivamente
speziato, salato o acido. Poiché il piacere che si ottiene attraverso rajah si fonda sull’indulgenza
sensuale, esso è effimero e degenera rapidamente in sofferenza. Sattvam è caratterizzata dalla
conservazione e dall’appagamento. Sri Visnu presiede a questo guna giacendo sul Suo letto costituito
dal serpente Sesa Naga mentre senza sforzo mantiene l’universo.

Srila Prabhupada ha tradotto questo termine con “ virtù”, non tanto in senso morale (anche se la
rettitudine morale è certamente un sottoprodotto di questa influenza), ma in quello più ampio di
“benevolenza”. Una persona influenzata da sattva-guna vede tutti gli esseri viventi come parti della
stessa natura spirituale. Una persona che agisce sotto l’influenza della virtù lo fa non
aspettandosi un riconoscimento o una felicità futura, ma solo per dovere. Non avendo desideri
egoistici tale persona non è mai frustrata; qualunque sia il risultato essa continua ad agire con
determinazione ed entusiasmo.

Infine, questa stabilità genera conoscenza, soddisfazione e semplicità. Gli spazi naturali come le
foreste sono sotto l’influenza della virtù e il cibo è succoso, grasso e salutare. Poiché la
felicità di sattvam deriva dal sé, per accedervi è necessario uno sforzo iniziale, ma una volta
ottenuta, essa dà una durevole assenza di paura. Tamah è caratterizzata dalla distruzione e
dall’oblio. Siva presiede questo guna e quando viene il tempo della distruzione dell’universo, la
sua danza disastrosa mette in moto l’azione finale.

Srila Prabhupada ha trodotto tamah con “ignoranza” e una persona sotto la sua influenza ha
certamente una scarsa conoscenza ed è incapace di distinguere ciò che è giusto da ciò che è
sbagliato. Si lamenta del passato, rimanda nel presente e sogna cose futili per il futuro. Avaro,
negligente e violento, costui è destinato alla depressione ed infine alla pazzia. I luoghi bui e
sporchi, come i covi urbani dove si scommette, sono sotto l’influenza dell’ignoranza e in questa
situazione il cibo è stantio, insapore e contaminato. Il piacere illusorio che deriva da tamah ha le
sue radici nel sonno e nella degradazione.

Dio, il Mondo, i Guna e Noi

Ora che abbiamo un’idea di che cosa siano i guna, possiamo ritornare al nostro progetto originale di
usarli come una lente filosofica attraverso cui vedere l’universo. Basate sulle loro relazioni con
le influenze, possiamo differenziare le principali categorie d’esistenza. Cominciamo con questo
mondo. Il dominio della materia è un prodotto dei tre guna nella misura in cui essi ne determinano
la forma e l’operatività. Come risultato del suo contatto con loro, questo mondo viene continuamente
sottoposto a vari cicli d’esistenza, dall’inattività allo sviluppo e alla continuazione e poi di
nuovo all’inattività.

Gli esseri viventi che vi abitano sono parimenti spinti e tirati dalle influenze dei guna. C’è però
un altro dominio, composto di spirito e non soggetto ai guna o più precisamente non soggetto ad
alcuna traccia di rajah o tamah. Esso esiste in uno stato conosciuto come suddha-sattva, la pura e
incontaminata virtù. Dunque il mondo spirituale rimane sempre com’è e i suoi abitanti godono di una
situazione stabile di piena consapevolezza e felicità. Poi c’è il Signore. Egli è eternamente al di
là della portata dei guna; anzi, essi sono un’esibizione della Sua potenza e funzionano sotto la Sua
supervisione. Egli prende varie forme nel mondo spirituale e quando è necessario discende anche nel
mondo materiale.

Coloro che sono confusi da rajah o da tamah credono che la Sua forma umana terrestre consista di
materia e sia controllata dai guna. Coloro invece che sono situati nella conoscenza comprendono che
Dio resta in tutte le condizioni e in tutti i tempi l’indiscusso padrone di ogni esistenza. Infine
abbiamo gli esseri viventi. Come il Signore, essi in origine risiedono nel mondo spirituale al di là
dei guna. Anch’essi possono scegliere di scendere nel mondo materiale, ma a differenza del Signore,
quando lo fanno cadono sotto il controllo dei guna. La maggioranza delle jiva non fa mai questa
scelta fatale, felici di rimanere con il Signore nel Suo regno spirituale. Qui esse vivono
praticamente allo stesso livello di Dio, rivestite di una stessa forma, condividendo la residenza e
l’opulenza, ma coloro che cedono alle loro morbose curiosità prendono forme diverse in funzione dei
guna da cui sono attratti.

Come un artista mescola i colori primari per creare una particolare sfumatura, così il Signore
combina le influenze per creare un particolare tipo di mente e di corpo per ogni essere vivente.
Questa distinta mescolanza agisce come un filtro colorato sulla coscienza pura della jiva
determinando il modo in cui la persona percepisce ed agisce in riferimento al mondo esterno.
Sfortunatamente non tutti ottengono occhiali rosa. In funzione dei loro precedenti desideri ed
attività, gli esseri umani esprimono qualità diverse in una miscela di sublime serenità dovuta a
sattvam, di incessante agitazione dovuta a rajah e di oscura illusione dovuta a tamah. Anche le
specie animali sono così suddivise, con la mucca associata a sattvam, il leone a rajah e la scimmia
a tamah.

La Conoscenza applicata dei Guna

Sebbene questo particolare aspetto della teologia indiana chiarisca certamente le varie categorie di
esistenza aiutandoci a comprendere la relazione tra gli esseri viventi, il mondo e Dio, la
conoscenza dei guna è utile anche per un altro scopo pratico. Innanzitutto possiamo usare questa
conoscenza per capire quale guna ci influenza come individui. Sono una persona che vuole eccellere,
piena di energia e di motivazioni nel seguire i miei scopi, ma in genere sopraffatta dai miei
successi, stroncata dai miei errori e sovraccaricata dall’incessante scorrere dei miei desideri? La
forte spinta di rajah è probabilmente la responsabile. Sono soggetto ad attacchi di pigrizia o di
collera o dedito ai diversivi dati dagli intossicanti?

Se è così, tamah ha certamente preso potere su di me. Quando individuiamo l’influenza di questi due
guna inferiori nella nostra vita, la mossa successiva è modificare le nostre abitudini sforzandoci
di pensare, parlare e agire sotto l’influenza della virtù, liberandoci dall’ansietà di rajah e
scuotendoci dal torpore di tamah. Krishna ci assicura che praticare la qualità della virtù ha un
effetto che ci eleva e che la pratica dell’agire in virtù può aiutarci a recuperare la nostra
posizione con Lui nel regno spirituale, dove tutti e tutto sono saturi di pura sattvam. Se però le
tendenze innate della nostra esistenza condizionata appaiono insormontabili, non dobbiamo aver
paura.

Il famoso speaker dello Srimad-Bhagavatam, Sukadeva Gosvami, c’informa che servire Krishna con il
cuore pieno d’amore è il modo più veloce e più facile di coltivare la virtù. In realtà, l’offerta
completa di noi stessi a Dio è l’unico mezzo con cui possiamo trascendere completamente i guna ed
essere reinseriti nella nostra condizione naturale di suddha-sattva, la virtù senza traccia di
passione o ignoranza. Perciò sia che la tela della nostra vita sia colorata come la pervinca dei
“Fiori nel vaso“ di Monet o come il verde giada dell’”Orto” di Pissarro, lo scopo comune di ogni
essere in questo mondo dovrebbe essere cercare di portare un po’ più di “giallo” nel quadro. Se
facciamo questo tentativo cercando di compiacere Krishna e di essere pienamente coscienti di Lui,
Egli completerà l’opera personalmente, inondando rapidamente la tela della nostra vita con la Sua
misericordia dorata.

Navina Syama Dasa è discepolo di Sua Santità Bhakti Caru Swami. Vive von sua moglie, Krishna Priya
Dasi, e la loro figloletta, Varada Lila, a Filadelfia, dove studia legge alla Temple University.

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