Intervista al Maestro Universale Raphael

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Intervista al Maestro Universale Raphael

articolo pubblicato in Iniziazione da mikeplato

Raphael è il fondatore dell’Ordine Asram Vidya di Roma ed insegnante
delle antiche Tradizioni, prendendo ispirazione sia dalla Tradizione
occidentale che dalla Tradizione orientale. Egli è un praticante
Asparsin che dopo più di trentacinque anni di insegnamento vive ora
nell’eremo dell’Academia Ordo-Rael nelle colline fuori Roma,
completamente ritirato nel silenzio. Egli è autore ed insegnante sia
della Tradizione Metafisica occidentale che della Tradizione Vedanta.
Raphael ha tradotto e commentato numerosi testi chiave Vedantici che
includono alcune opere di Samkara e alcune Upanisad dal sanscrito
originale. Il suo intero lavoro rappresenta una possente
riunificazione delle Tradizioni occidentale e orientale nella grande
Tradizione Unitaria della Metafisica.

D.: Che cosa cercava nella sua vita?

R.: Che cosa cercavo? Fortunatamente in questa incarnazione non
cercavo assolutamente nulla. Evidentemente avevo cercato e mirato a
cose in passate incarnazioni! (ridendo). Possiamo dire, quindi, che in
questa particolare incarnazione ciò che possiamo definire uno “stato
di coscienza” è apparso su questo piano unicamente per essere svelato
in totale innocenza. Questo stato di coscienza è venuto soprattutto
per svelare i Grandi Misteri o Paravidya secondo il termine
tradizionale sanscrito. E’ uno stato di coscienza che è venuto per
svelare ciò che può essere definito come l’ultima Verità. Ogni tanto
deve esserci un essere che perviene a questa dimensione per
perpetuare, per continuare la Tradizione, altrimenti se non ne
rimanesse traccia la Tradizione potrebbe persino non esistere più. Ci
sono alcuni stati di coscienza che sono pe rvenuti a questa dimensione
perché il loro compito, possiamo dire, è quello dell’insegnamento e
perciò in termini orientali potremmo dire che sono dei guru. La mia
posizione è un po’ diversa, non sono venuto qui per avere discepoli,
in quanto tali, se una persona viene da me per essere guidata ,non c’è
problema, lo farò, ma questo non è il principale scopo di questa
particolare incarnazione di coscienza. Il Dharma di Raphael è quello
di permettere che persone come Samkara, Gaudapada, Platone, Plotino,
Parmenide possano parlare nuovamente ed è in loro nome che questo
particolare stato di coscienza è disceso su questa dimensione. Quindi,
l’immagine di Raphael è messa da parte in modo che questa gente,
questi altri stati di coscienza che abbiamo menzionato possano
parlare.Ci sono alcui guru che vengono su questo piano, il loro scopo
è quello dell’insegnamento, essi possono persino creare un asram e poi
scomparire. Tutto finisce lì. Invece, possiamo dire, il mio ruolo non
è quello di creare uasram con il proprio nome, ma piuttosto di
perpetuare questa Conoscenza che specialmente in Occidente è qualcosa
che è carente. Quanto al mio corpo fisico, persino quando ero
estremamente giovane, quando avevo circa 20 anni già sapevo
esattamente che cosa dovevo fare. Quindi, in questa particolare
incarnazione, la persona che incarna Raphael non aveva nessun problema
di sadhana , di comprendere certi insegnamenti, di ascensione e di
realizzazione perché tutto ciò era stato fatto precedentemente.

D.: Quello che lei chiama uno ”stato di coscienza” si riferisce a una persona?

R.: Ogni cosa in questo mondo è Coscienza e uno stato di coscienza è
un modo per svelare le possibilità che esistono dentro questa
Coscienza. Infatti Raphael è uno stato di coscienza ma anche voi siete
uno stato di coscienza che deve essere svelato.

D.: Ogni cosa è Coscienza, ma in questa unica Coscienza ci sono
diversi movimenti, è questa una buona spiegazione?

R.: Potremmo dire che esiste una sola o unica Coscienza che è espressa
mediante i guna che sono le qualità e le qualificazioni e a secondo
della perfezione dei guna la Coscienza ha una maggiore o minore
possibilità di esprimersi. In un albero o in un animale la
Coscienza non ha alcuna possibilità di esprimersi. Ciò che limita
questi stati di coscienza o consapevolezza è la forma. La
Realizzazione è la possibilità di rompere tutte queste limitazioni,
queste circonferenze che limitano la Coscienza, così da permetterle di
essere svelata in tutta la sua maestà. La Coscienza esiste ovunque,
anche nel regno minerale, nell’essere umano,naturalmente, ha una
maggiore possibilità di espressione. In un Deva, e cioè in un essere
di livello superiore, la Coscienza si svela attraverso
l’Ananda-mayakosa e perciò ha possibilità molto più grandi. Secondo il
Vedanta noi abbiamo cinque veicoli o strumenti di contatto con il
resto del mondo e questi vanno dal livello del corpo grossolano al più
sottile che è quello dell’ Ananda o beatitudine. Questo è esattamente
quello che si pensava nell’antica Grecia e nell’antico Egitto. Nulla è
cambiato. E’ stato dato solo un nome diverso a questi stati ma la
conoscenza di base è esattamente la stessa.

D.: E’ mai stato in India?

R.: No, non sono mai stato in India. L’ambasciatore dell’India a Roma,
Apa Pant, spesso mi ha invitato ad andare in India. Ogni volta ho
detto “andrò là prima o poi, un giorno ci andrò”. Uno dei nostri
fratelli sta attualmente in India, è andato a Samkaramaths e sarà di
ritorno alla fine del mese. Ci sono cinque o sei persone che sono
andate in India per me e avranno un bel pò di materiale da riportare
qui. D’altra parte la Conoscenza va oltre lo spazio, noi tutti siamo
figli della stessa dimensione, perché la Conoscenza non è qualcosa che
esiste qui o là o che puoi trovare qui o là, la Conoscenza è come il
sole sta lassù ed è per tutti. Diversi Swami mi hanno invitato ad
andare in India a visitare i loro asram, anche Samkaramaths mi ha
invitato ed ho detto ci andrò.

D: Visto che in questa vita non c’è stata alcuna ricerca potrebbe dire
che lei è nato realizzato?

R: Questo particolare stato di coscienza non ha un ego che possa dire
“io sono un realizzato”, sono gli altri che possono definirmi come un
realizzato o non-realizzato. Quando ero molto giovane i fratelli e le
sorelle sul sentiero continuavano a dire che eronato vecchio, invece
io pensavo di essere molto normale, secondo me ero come chiunque
altro. Altre persone dicevano “tu sei un filosofo” e io rispondevo
“non credo,sto solo dicendo le cose che sento di dire”. Tutto è così
bello!

D: Quando e perché sono nati l’Asram Vidya e l’Academia Ordo-Rael?
Quale è la lorofunzione?

R: Prima di tutto dobbiamo fare una distinzione tra l’Asram Vidya che
fu fondata a Roma e che ora è la sede della Casa Editrice e questo
particolare luogo che è l’Academia. Dobbiamo fare una distinzione
perché è possibile che siate a conoscenza del fatto che nella
Tradizione ci sono quattro differenti stadi di vita, i primi due stadi
sono il discepolo-studente, quello che sta imparando qualcosa sul
sentiero e il cosiddetto capo famiglia o la persona che ha ogni genere
di responsabilità, questi due stadi di vita devono essere portati
avanti nel mondo e per il mondo. Non possiamo fuggire dal mondo, il
mondo deve essere integrato,questo per evitare qualsiasi evasione
dalla realtà, fughe psicologiche e così via. Gli altri due stadi sono
quelli dell’eremita e del samnyasin o rinunciatarioI primi due stadi
di vita sono quelli che abbiamo seguito a Roma nell’ Asram Vidya, gli
ultimi due stadi sono quelli che portiamo avanti qui, perchè essere un
eremita o un rinunciatario è più difficile da conseguire in città e
quindi di solito vivono in campagna o in montagna e nel silenzio.
Quanto agli ultimi stadi di vita lo stadio dell’eremita rappresenta un
ritorno dentro se stessi, in sanscrito uparati , questo porta al
silenzio, alla concentrazione interiore e alla contemplazione. Lo
stadio del samnyasin è rinuncia totale persino al proprio corpo
fisico, se il corpo stesse per andarsene, non ci sarebbe alcun
problema. Questa rinuncia, comunque, è dovuta al fatto che il proprio
stato di coscienza si è elevato a tali livelli che non c’è più nessuna
connessione con il mondo dei nomi e delle forme. In aggiunta, questa
particolare Academia non fu fondata perché c’era un certo specifico
desiderio da parte mia ma piuttosto perché potessimo ricevere la
possibilità di ancorare certi principi su questo livello, vale a dire
un influsso del livello metafisico e cioè dei Grandi Misteri o
Paravidya. Ciò che Samkara cercò di fare con i quattro Maths e che
Plotino cercò di fare con la Città dei Filosofi, noi ora cerchiamo di
farlo qui con grande modestia. (Mostrando un libro) Questi sono i
principali quattro Maths di Samkara ma ce ne sono anche altri. Questo
è per dare la possibilità alla Tradizione di essere perpetuata e di
continuare. E, dopo 1200 anni , questa Tradizione è ancora viva. E’ di
grandissima importanza il fatto di perpetuare la Tradizione perché se
la Tradizione non dovesse esistere più tutta l’umanità sarebbe
lasciata orfana. Se ora siamo in grado di seguire questi insegnamenti
è perché Samkara scrisse i cosidetti testi sacri , questo ci dà la
possibilità di non avere alcuna illusione e procedere con la nostra
auto-realizzazione. Queste sacre scritture o testi sacri devono essere
curati da qualcuno in modo che possano continuare nel tempo ed essere
perpetuati. E’ molto importante che i guru indiani vengano in
Occidente e parlino dell’ Advaita Vedanta ma è altrettanto importante
avere le sacre scritture con le quali confrontare cosa viene detto. E’
molto importante comprendere questi piani d’azione, in realtà, sono un
solo piano d’azione: deve esserci l’insegnante, ma devono esserci
anche le scritture. Se dovessimo perdere tutto ciò che esiste nei
libri sacri, quali i Veda e le Upanishads, i Darshana e così via,
cadremmo nell’ignoranza, questo è qualcosa di molto importante, credo
che l’abbiate compreso.

D: Le persone che vivono qui dedicano la loro vita allo studio dei
testi tradizionali e alla loro applicazione?

R: E naturalmente alla realizzazione del Sé . Qui abbiamo alcuni
residenti stabili e a parte questo ci sono moltissime persone che
vengono dall’Italia e dall’estero per incontrarmi, per avere qui un
certo tipo di esperienza. C’è un altro tipo di esperienza molto
speciale che la gente può avere qui, perché come potete vedere trovate
sia uomini che donne che vivono accanto l’un l’altro. Molti guru
dell’India lo disapproverebbero, ma poiché noi guardiamo ai Grandi
Misteri o Paravidya , presumiamo che la gente che viene qui e ancor di
più le persone che risiedono qui abbiamo un “idoneo stato di
coscienza”, infatti nulla di speciale è mai accaduto qui! Molte
persone che risiedono qui quando vennero erano molto giovani, ora
anche se li guardate non ci farebbero caso e naturalmente non
creerebbero alcun problema. Ci sono parecchi gruppi qui in Italia che
seguono il mio insegnamento e che hanno fondato loro stessi dei
gruppi. Alcuni di essi sono qui e potete incontrarne alcuni che
vengono dalla Sicilia, dalla Calabria, dal centro Italia (Marche) e
dal nord (Piemonte). Questi gruppi periodicamente vengono per fare le
loro esperienze e possono anche ricevere l’insegnamento. La relazione
che ho con queste persone o con questi gruppi non è quella di un guru
con i suoi discepoli ma è una relazione come quella dell’Acharya che è
una relazione basata sul dialogo affinché possa stabilirsi una totale
capacità di intendersi, un totale accordo tra due esseri, allora
avviene lo svelamento di ciò che si è realmente. Quindi, io non dirò
mai alle persone che vengono qui “devi fare questo” o “non fare
quello, per questa o per quella ragione”. No, questo non è il genere
di relazione che ho con i miei figli o con gli esseri che vengono qui.
Poiché ho integrato dentro di me tutti i diversi rami della
Tradizione, posso a secondo della persona che è davanti a me offrire
quel particolare tipo di insegnamento, quello che è più adatto alla
persona. Esprimerò o presenterò quindi una visione generale di come la
vita dovrebbe essere e poi permetterò alla persona totale libertà di
manifestare o fare sua questa visione. Se ci sono particolari
condizioni che creano ostacoli alla realizzazione di questa visione,
la sola cosa da fare è parlarne e vedere perché ci sono questi
ostacoli e che cosa farne. Quanto alle Tradizioni, il fatto che io
abbia il dono dei diversi linguaggi, è qualcosa che lascia le persone
un po’ stupefatte, molto sorprese, perché la maggior parte dei
discepoli quando cercano un Maestro si aspettano che il Maestro sia
Quello e niente altro: così egli è o Buddista o Cabalista o qual cosa
di specifico e null’altro. Talvolta mi chiedono: “a quale corrente
appartiene? E’ lei un Indù? E’ Lei dell’ Advaita Vedanta ? E io
rispondo: “no, non sono nemmeno quello”. “E’ lei un Cabalista, ha
scritto libri sulla Qabbalah?” E questo li disorienta completamente!
(ridendo). Così generalmente provo a chiedere alla persona: “Che cosa
cerchi? Che direzione hai nella vita? A quale punto posso venire verso
di te e possiamo aiutarci l’un l’altro?”. Così trovo che è molto
difficile quando qualcuno parla di me e dice che io sono un esperto di
Vedanta, sento che mi viene da ridere perché questo non è ciò che
penso di essere. Ci deve essere uno stato di coscienza che integri
tutte le diverse possibilità e opportunità, anche se sei fuori da
queste correnti, perché questo stato di coscienza non si identifica
con alcuno dei diversi sentieri . Questa è la grande difficoltà che ho
nel rispondere a specifiche domande. Se qualcuno mi chiede: “ha
seguito un particolare sentiero?” La mia sola risposta potrebbe
essere: “si, li ho seguiti tutti”.

D: Che cosa ha luogo qui?

R: Qui abbiamo un tempio ma è sbagliato chiamare questa costruzione un
tempio perché l’intero composto è un tempio. La gente che risiede qui
medita nella stanza accanto. Ci sono particolari circostanze per le
quali non è consigliato a tutti di meditare tre volte al giorno (e il
Mercoledì molto di più) perché potrebbero non sostenere questo tipo di
meditazione e quindi è una buona cosa per i non residenti meditare
nelle proprie celle – le quali sono anch’esse templi – se condo la
propria scelta. Voi per esempio, molto probabilmente avete il vostro
proprio guru che vi ha dato tecniche speciali o una meditazione
particolare, modi di meditare e così via e quindi è una buona cosa non
disturbare il vostro modo di meditare. Non mi aspetto che la gente
segua le nostre tecniche o il nostro modo di meditare e così via e
quindi è una buona cosa per voi meditare secondo ciò che sapete e come
siete stati istruiti, e voi potete farlo nella vostra cella. Non è
quindi una questione di essere esclusivi ma piuttosto di dare ad
ognuno
una opportunità e la libertà.

D: Qui sentiamo un silenzio molto profondo e molto rispetto per esso.
Perché è importante stare nel silenzio?

R: Abbiamo già detto che il terzo stadio di vita inizia con il ritorno
in se stessi. Nell’ Asram a Roma c’erano molti dialoghi, conferenze e
ognuno poteva esprimere il proprio punto di vista, invece qui presuppo
niamo almeno che queste esperienze siano state integrate, diciamo che
a quel livello la loro comprensione sia stata integrata. Durante i
primi due stadi di vita è stato più che giusto per le persone dire
ogni cosa, esprimere il loro punto di vista, avere un dialogo e
qualcuno che li ascoltasse e così via. Il mio lavoro è cercare di far
si che la gente comprenda che anche in Occidente c’è un sentiero
metafisico che concerne i Grandi Misteri, ieri parlavamo dell’Unità
della Verità. Uno dei miei compiti è quello di portare nuovamente
qualcosa alla luce – naturalmente non c’è nulla di nuovo tutto è già
stato detto – per avere anche la ricomparsa della Filosofia
tradizionale occidentale che è parte dei Grandi Misteri. Ci sono
alcuni occidentali che credono che la Verità appartenga solo
all’Oriente ma questo non è vero perché anche in Occident e abbiamo
una Tradizione, tutto quello che dobbiamo fare è permetterle di
manifestarsi. Plotino per esempio fu un grande realizzato, fu un
mistico ed un filosofo e volle dare alla Tradizione la possibilità di
essere, di riapparire, di riemergere e volle creare la Città o
Cittadella dei filosofi ma in termini tradizionali. Al tempo
dell’imperatore Gallieno, Plotino fu uno degli insegnanti del figlio
dell’imperatore ma sfortunatamente a causa de i problemi di corte non
gli fu permesso di proseguire con l’idea di creare una Cittadella dei
filosofi a sud di Napoli. Platone, per esempio, volle fondare in
Sicilia (al tempo la Magna Grecia) la “ Politeia” e cioè la
Repubblica. Spesso viaggiò dalla Grecia alla Sicilia per portare la
visione di uno Stato basato sulla giustizia e sull’ordine , per ordine
egli intese che fosse commisurato con i piani più alti, con i piani
universali. Anche Pitagora ebbe questo tipo di Scuola in Calabria che
durò per lungo tempo e anche lui fondò parecchi gruppi. Quindi,
naturalmente, la Tradizione seguita da Platone, Plotino e Pitagora
esiste anche in Italia e in Occidente. Questo è per permettervi di
comprendere che purtroppo in Occidente la Tradizione è stata più della
natura dello kshatriya, del guerriero, più che essere contemplativa, e
naturalmente con il Cristianesimo tutto ciò fu completamente
cancellato. Plotino era solito affermare che si vergognava di stare in
un corpo fisico, io direi la stessa cosa (ridendo). A Plotino non
piaceva che la gente lo ritraesse e quindi rimase nascosto per tutto
il tempo. Così uno dei suoi discepoli Amelio chiese ad un artista di
venire dalla Grecia e la sola immagine che abbiamo è questa qui
(Raphael mostra la copertina del libro) che fu qualcosa che qu
est’uomo imparò a memoria e dipinse in seguito, l’immagine è di lui
insieme al suo discepolo Porfirio, questa immagine è dovuta alla
memoria di un pittore!

D: Sembra che molti occidentali siano più attratti dall’India e dall’
Advaita Vedanta, infatti sembrano dargli più valore. Perché ne sono
così attratti?

R: Ci sono stati due eventi principali, il primo fu il Cristianesimo
che volutamente cercò di oscurare la filosofia occidentale, solo il
Cristianesimo ha i Piccoli Misteri e non i Grandi Misteri. L’Islam ha
il Sufismo che è già di un ordine più grande e contiene i Grandi
Misteri. La Torah il vecchio Testamento ha una parte esoterica che è
la Qabbalah, il Cristianesimo non ha questo livello metafisico e
questa visione dei Grandi Misteri. L’altra ragione è che l’Occidente è
principalmente positivista e materialista e quindi vede ogni cosa in
termini di materialità e ha interpretato la filosofia in un modo
positivista e materialista. Questi due eventi gradualmente hanno
oscurato i Grandi Misteri e la maggior parte della filosofia
occidentale. Sebbene Platone, Plotino e Parmenide abbiano parlato
molto chiaramente, oggi i filosofi non accettano che Platone sia stato
un grande realizzato, queste persone sono considerate solamente come
dei grandi filosofi discorsivi. In Sicilia c’è un gruppo che è stato
fondato sotto la mia direzione e che è principalmente centrato su
Platone. Voi avete incontrato il coordinatore di questo gruppo, egli è
il coordinatore di questo specifico gruppo platonico e dei diversi
gruppi che abbiamo in Sicilia. C’è anche un gruppo che ha a che fare
con la politica e che si ispira alla “ Politeia” che è “la Repubblica
e le leggi” scritte da Platone. Un paio di anni fa abbiamo avuto una
ragazza che divenne sindaco di una piccola città in Sicilia e che
cercò di seguire i decreti di Platone.

D. Sente che nei testi tradizionali greci si parla delle stesse cose
dell’Advaita Vedanta?

R. Quando parliamo dell’Advaita Vedanta parliamo dei tre stati
dell’Essere più un quarto il Nirguna, l’Assoluto che è oltre la
manifestazione. Platone dice esattamente la stessa cosa, Platone parla
del mondo dell’Essere che è esattamente come lo stato dell’Essere di
Isvara nell ’Advaita Vedanta. Platone parla anche dell’ “Uno-Uno” che
è oltre l’Essere che corrisponde al Nirguna dell ’Advaita Vedanta.
L’albero Sephirotico (Qabbalah) ha tre differenti livelli, esattamente
come le altre due Tradizioni più uno che è chiamato Ain- Soph, il
quale è oltre la manifestazione. Ho cercato di far capire alla gente
che tutti i diversi rami della Tradizione conducono esattamente alla
stessa conclusione, che c’è qualcosa che è oltre la manifestazione e
che c’è solamente l’Unità, anche Parmenide dice esattamente la stessa
cosa. L’insegnamento di Parmenide è un insegnamento molto sintetico
perché non ci sono rimaste molte cose di lui, ma ciò che è rimasto
dice esattamente le stesse cose di Gaudapada e Samkara. Parmenide
dice: “l’Essere è e non diviene e perciò è una Realtà assoluta. La
manifestazione non è altro che un’apparizion e, appare all’orizzonte e
scompare”. Questo è esattamente lo stesso concetto della maya nel
Vedanta.

D. Quando pensa a se stesso o quando dice “io” , che concetto ha di se
stesso? A che cosa si riferisce questo “io”?

R. Prima dicevamo che Raphael è uno stato di coscienza. Uno stato di
coscienza non può dire “io sono questo”,“io sono quello”, “io sono
realizzato”, “io non sono realizzato”. Uno stato di coscienza è
totalmente impersonale. Abbiamo un ego o un “io” ogni qualvolta c’è
un’identificazione del riflesso di Coscienza con il corpo fisico che
dice “io sono questo”. Questo “io” dirà “io sono il corpo” , “io
sento” “io sono le emozioni”, “io sono il pensiero”. In Francia
abbiamo Cartesio con il famosissimo assioma “io penso, perciò sono”,
“io ho dubbi, perciò sono”. La Tradizione va totalmente all’opposto di
questo punto di vista, essa lo ribalta: “io sono, perciò penso” e non
“io penso, perciò sono”. Cartesio scambia la causa per l’effetto e
questo ha creato non poche divisioni in Occidente, anche se Cartesio
credeva in Dio. Se vi identificate con un veicolo perdete la vostra
identità totale. Questo è il mito di Narciso. Narciso era quello che
specchiandosi nell’acqua vide la sua immagine, si innamorò della sua
immagine, cadde nell’acqua e perciò morì. Anche in Occidente abbiamo
questi simboli molto significativi che sono molto importanti dal punto
di vista della Realizzazione. Anche la parabola del “figliuol prodigo”
che si allontanò dal padre, perciò dall’Unità, va nel mondo fa molte
esperienze, anche moltissime esperienze negative e poi ritorna dal
padre e perciò all’Unità, ha un profondo significato tradizionale. Nel
Vivekacudamani di Samkara che è un libro molto interessante sulla
relazione fra Istruttore e discepolo, il discepolo cerca dal suo
Maestro la realizzazione finale che è la realizzazione del Brahaman.
L’Istruttore inizia dicendo “Non sei il corpo fisico, non sei il corpo
emotivo, né il corpo mentale, non sei il corpo super-conscio che è il
corpo della buddhi e non sei nemmeno il corpo causale”. Allora il
discepolo si impaurisce un po’ perché se “io non sono questo, non sono
quello e non sono l’altro, dove è la fine di questo?” Il Maestro
permette allora al discepolo di comprendere che c’è una sola ultima
Verità e Essa non ha nulla a che fare con i veicoli perché tutti i
veicoli hanno appena il tempo di apparire che già sono andati via,
sono già morti. Naturalmente è molto difficile essere distaccati dai
veicoli o perdere l’identificazione con i veicoli. Il Vedanta dice “tu
non sei questo, tu sei Quello” “Tat twam asi”. Sembra molto semplice,
ma purtroppo è molto difficile da realizzare, e questo è dovuto al
fatto che c’è un inconscio collettivo che ci risucchia al livello
delle forme. Se osservate dal punto di vista dell’
“Uno-senza-secondo”, tutto ciò che avviene è al suo giusto posto,
secondo il movimento dei guna e l’identificazione dell’ego con questo
o quello, può solamente dare origine a quello che sta accadendo ora.
Un sentiero che ha che fare con i Grandi Misteri conduce alla
pacificazione del cuore. Qui spesso diciamo “Chiunque abbia compreso
tutto questo vive in un silenzio onnipervadente e dona
amore.Gaudapada, nell’ Asparsa Yoga, dice che “questo yoga è lo yoga
della non-opposizione”, ma questa non è una questione di emozioni o
sentimenti, questo è il risultato della Conoscenza e della
comprensione che ogni cosa in un dato tempo e spazio è al suo giusto
posto. Ho incontrato persone che hanno davvero sofferto molto, ho
provato a indicare a queste persone il sentiero che conduce alla
beatitudine ma non hanno voluto seguire quel sentiero, possiamo dire
che l’umanità è masochista.

D. Sembra essere un aspetto molto forte dell’io, quello di mantenersi
al suo posto a dispetto di qualsiasi cosa che viene a cercare di farlo
a pezzi.
R: Si, questo è il potere dell’ego, sebbene l’ego non sia una Realtà
assoluta. Qualcuno potrebbe dire “in questo momento sono felice” e poi
può sopraggiungere qualche genere di notizie tristi e negative e
quindi dice “sono infelice”. Allora gli dico “non capisco veramente
che sta succedendo, hai appena detto che eri felice e ora non lo sei.
Quanti ego hai?” Ma ora anche nella psicologia sappiamo che c’è un ego
sociale o un “io” che è solamente usato in ufficio o tra gli amici, un
“io” che è usato in famiglia con il marito o la moglie e così via;
quindi possiamo dire che l’ego è un camaleonte. Ma nonostante tutto
ciò, la maggioranza delle persone si attacca a questo ego e permette
la sua perpetuazione nel tempo. L’ego è causa di conflitto perché crea
la dualità ego e non-ego.

D: Allora perché la gente fa questo? Perché accade?

R: E’ una possibilità di vita, un modo di vita. Perché, vedete, ci
sono diverse possibilità che vengono concesse all’essere umano. Un
essere umano può pensare e identificarsi ma può anche pensare senza
identificarsi, non è qualcosa che è proibito, questo può essere fatto.
La persona potrebbe persino non pensare affatto, gli è permesso anche
quello. Questa è la libertà dell’Essere perché noi siamo i figli
dell’Essere e perciò facciamo parte di quella libertà. Tra tutte le
possibilità di scelta, naturalmente egli può scegliere quella che più
gli piace e desidera, è ovvio che secondo la sua scelta e la direzione
che l’ego prende, ci sono effetti diversi. L’identificazione prende
posto gradualmente.

D: Lei parla di risveglio come “fermare il movimento del jiva”. A cosa
si riferisce il jiva e che cosa significa esattamente questa
affermazione?

R: Possiamo parlare in termini occidentali o orientali, ma anche il
Cristianesimo parla del corpo, dell’anima e dello Spirito. Platone
parla di soma, psyche e pneuma. Il Vedanta parla di un corpo fisico
denso o corpo grossolano, il jiva , che è un riflesso dell’atman e
l’atman corrisponde allo Spirito puro. Secondo il Vedanta , l’atman è
un riflesso della Realtà assoluta, del piano metafisico. Quindi il
jiva è la fase intermedia tra il livello fisico grossolano che include
la mente, i sentimenti e così via e lo Spirito puro. L’anima, secondo
Platone, ma anche secondo il Vedanta, può essere diretta o verso il
corpo o verso lo Spirito puro. Se si identifica con il mondo
sensibile, per usare le parole di Platone, inevitabilmente si avranno
certi effetti, se invece si rivolge verso la controparte divina che è
il livello metafisico si avranno effetti diversi. Quindi, è importante
fermare questo movimento verso il basso e dirigerlo verso la
trascendenza. Questo terzo stadio di vita che viviamo qui come eremiti
è quello che ha a che fare con l’evitare il movimento dell’anima verso
il mondo esterno e l’identificazione con quel mondo; l’eremita cerca
di identificarsi con qualcosa che non ha niente a che fare con le
emozioni, le sensazioni e così via ma con la propria trascendenza. In
altre parole è un ritorno dentro se stessi. In termini sanscriti
questo è uparati, questo è un rivolgersi all’interno e un distacco dai
veicoli e da qualsiasi cosa che ci circonda. Platone parla di
periagoge che è un distacco da tutte le cose del mondo, ma
naturalmente questo non avviene a causa di una evasione dalla realtà
ma a causa di una integrazione. Quindi vedete, diciamo esattamente le
stesse cose, la Tradizione è una e solo una, tutti i differenti rami
della Tradizione appartengono a Quello.

D: Nel suo libro “Il Sentiero della Non-Dualità” lei dice: l’Uno può
essere conosciuto solo per un atto d’ “ Identità”. Che significa
questo?

R: Secondo Platone e la filosofia greca, esistono diversi gradi di
conoscenza e questo è anche nel Vedanta. Il primo livello di
conoscenza è possibile grazie alle nostre sensazioni e sentimenti, per
esempio gli animali attraverso le loro sensazioni conoscono e
comprendono e perciò abbiamo una conoscenza attraverso le sensazioni.
Anche gli esseri umani a livello istintuale funzionano secondo le loro
sensazioni e quindi abbiamo la cosiddetta conoscenza empirica, quella
che è trasmessa alla mente dai sensi. Questa è un tipo di conoscenza
duale perché abbiamo un soggetto e un oggetto. Così in termini
sanscriti abbiamo il manas e in greco dianoia , ma è esattamente la
stessa cosa. La scienza, per esempio, fa molto affidamento sul manas
perché deve scoprire tutte le diverse leggi che hanno a che fare con i
fenomeni, il mondo fenomenico, e questo va bene perché per conoscere i
diversi fenomeni abbiamo bisogno di usare il manas, la mente, che ha
la sua importanza. Anche qui abbiamo una conoscenza che ha a che fare
con il soggetto-oggetto, è un soggetto che conosce un oggetto. Se
andiamo dentro più in profondità ci rendiamo conto che questa
conoscenza dualistica non ha più la sua “ragione di essere” perché
come ci portiamo più in alto tutta la molteplicità diviene Unità o
l’Uno; scopriamo che non c’è nulla da conoscere che è fuori di se
stessi. A questo punto, in termini umani, possiamo parlare di una
Conoscenza per Identità perché “Io sono ciò che sono” senza secondo,
poiché il soggetto e l’oggetto sono stati integrati in quell’Uno che
esiste e non diviene. Quando un discepolo scopre che è la mente ch e
crea la dualità tra soggetto e oggetto, può accostarsi a questo tipo
di Conoscenza e realizzare che c’è un solo Essere al di là di tutto
questo genere di movimento. Ecco perché è impossibile conseguire la
Realizzazione a livello del manas, perchè il manas proietta un Dio o
una Divinità fuori di se stessi. Sant’Agostino dice “Dio è dentro di
noi” e Gesù Cristo dice “il Regno dei Cieli è dentro di noi”, sono i
preti che dicono che tutto ciò è fuori di voi. A questo punto si
diventa la Conoscenza e il soggetto e l’oggetto scompaiono. In termini
sanscriti noi parliamo di Sat-Cit-Ananda che è l’Unità, l’Uno. Cit è
entrambi Conoscenza e Coscienza e i due sono uno. In Occidente abbiamo
creato una distinzione tra Conoscenza e Coscienza e ne abbiamo fatto
due cose diverse da una, invece sia in termini orientali che
occidentali abbiamo Cit o Gnosis che vuol dire una Conoscenza
non-duale. In Occidente abbiamo una mente più che empirica e vorremmo
comprendere il livello dell’Assoluto mediante la mente empirica che è
una mente relativa. C’è un nostro fratello che ha un manas molto forte
e che vorrebbe comprendere l’Assoluto mediante la mente. Non è che si
deve sopprimere la mente, la mente è un veicolo, uno strumento come
tutti gli altri, è importante comprendere il suo giusto valore ma per
conoscere qualcosa che è oltre se stessi dobbiamo arrenderci.

D: Qui avvengono due cose: si vuole la liberazione e si vuole
comprendere e forse arrendersi, ma nello stesso tempo parte di questo
processo deve avvenire da solo, non lo puoi veramente causare anche se
lo si conosce.

R: Noi abbiamo il discernimento e poco a poco attraverso
l’Insegnamento riusciamo ad afferrare la Realtà, spesso porto
l’esempio di colui che mette il dito sul fuoco. A causa del tamas
dell’inconscio collettivo abbiamo il desiderio di fare esperienze che
è come mettere il dito sul fuoco. Supponete che una persona venga da
me e gli spiego tutte le ragioni per cui se mette il dito sul fuoco si
brucia: questa persona può realizzare questo immediatamente e quindi
non passare attraverso l’esperienza oppure mettere ancora il dito sul
fuoco e quindi bruciarsi. Poi in seguito viene da me e dice “mi sono
bruciato, che cosa devo fare per evitare di bruciarmi? Io gli dico “
bene, forse non hai compreso, se vuoi te lo spiego ancora una volta”.
Il mondo dell’ego crea questo genere di dualità. Crea gioia e dolore,
conflitto e così via. Posso indicare la strada che conduce alla
soluzione di questo genere di conflitto ma se la persona va via e
mette ancora il dito sul fuoco, nel mondo della dualità, del
conflitto, del dolore ecc., naturalmente si brucerà di nuovo. Ora, se
lui lo vuole posso spiegargli tutte le ragioni per cui è stato
costretto a ri farlo. Se non si instaura un dialogo tra due menti ma
piuttosto tra un Maestro, o uno stato di coscienza che è al di là di
tutto questo e un discepolo, attraverso questo dialogo c’è la
possibilità per questo stato di coscienza di penetrare il discepolo o
la Coscienza dell’altra persona e la possibilità è che una vera
comprensione emergerà in questa persona senza sforzo. Il rapporto tra
un Maestro e un discepolo è qualcosa davvero straordinaria e
bellissima perché è un rapporto tra qualcuno che si concede, che dà se
stesso, che si dona e qualcuno che è là per aprirsi, per ricevere ciò
che viene dato fino ad un punto in cui non c’è distinzione tra i due e
i due divengono uno, ma talvolta è difficile arrivare a questo livello
perché c’è una certa resistenza da parte del discepolo. Possiamo
identificarci con certi contenuti psicologici, con il manas , con
altre esperienze e così via. Lo stato di coscienza di un essere
realizzato non è altro che la possibilità di toccare un altro stato di
coscienza che non è ancora risvegliato, ma allo stato potenziale tutti
noi siamo Quello. Più che parlare di un “essere realizzato”,
preferisco parlare di un “fratello maggiore”. C’è un solo Maestro, e
quello è Shiva . Quindi questo “fratello maggiore” deve toccare lo
stato di coscienza dell’altra persona e non i guna di questa persona.

D: Questo si collega con la domanda seguente che è sugli esseri
realizzati. Nel suo libro Tat Twam Asi c’è la descrizione di un essere
realizzato e ci chiedevamo se ha qualche consiglio da dare alle
persone per aiutarle a discriminare tra un essere veramente realizzato
e qualcuno che ha semplicemente coltivato certi poteri.

R: Non è difficile vedere la differenza ma naturalmente è inevitabile
che la persona che si sta chiedendo se l’essere che è davanti a lui è
realizzato o no dovrebbe aver raggiunto un certo livello di
discernimento. Viene detto che un essere realizzato può essere
compreso solo da un altro essere realizzato (ridendo). Ma vedete,
quando abbiamo parlato della Tradizione scritta, questa è molto
importante perché possiamo confrontare con i testi tradizionali la
persona che stiamo ascoltando e guardando. Diamo un esempio molto
semplice che tutti co nosciamo: il Vangelo. Qualcuno potrebbe
avvicinarsi a me e dire “io ho realizzato questo stato che è spiegato
nel Vangelo” e uno potrebbe dire “molto bene, però fammi andare a
vedere che cosa Gesù Cristo ha veramente detto nel Vangelo” Per
esempio l’occidente cristiano ha prodotto molte guerre ed ha
effettivamente proposto e favorito la separazione tra le nazioni e
così via. Quindi se sono sufficientemente intelligente vado a prendere
il Vangelo e cercherò di capire se Cristo ha detto che questo é il
modo di portare il suo insegnamento nel mondo. Cristo nel Vangelo
dice: “amatevi l’un l’altro come io ho amato voi”. E poi dice:
“pregate Dio in modo che il sole possa splendere sul giusto e
sull’ingiusto. Che cosa ne guadagnate se amate solo la gente che vi
ama? Io vi dico: “amate la gente che non vi ama.” E così guardo
intorno e potrei chiedermi se i preti hanno seguito tutto ciò, se
hanno veramente realizzato tutto questo. Ci sono state guerre di
religione, in Europa abbiamo avuto più guerre di religione che guerre
politiche (ridendo) e Gesù dice: “ porgi l’altra guancia”. Quindi
questo è il ruolo della Tradizione: il Vangelo è il mio specchio.
Studiando il Vangelo posso dire “si, questa persona veramente segue il
Vangelo, lo ha realizzato perché offre l’altra guancia e ama anche il
suo nemico.” Possiamo dire la stessa cosa per l’Advaita Vedanta .
Qualcuno potrebbe venire da me e dire: “ho realizzato lo stato
dell’Uno- senza- secondo”. E noi diremmo: “andiamo a vedere”. Se poi
ci rendiamo conto che questa persona è un panteista o un nichilista,
vado a controllare che cosa ha detto Samkara e possiamo facilmente
vedere che le due cose non coincidono. Questa è la grande importanza
della Tradizione. Solo in questo modo possiamo comprendere se quella
persona è un essere realizzato oppure no. Dobbiamo stare molto attenti
perché stiamo vivendo nel Kali-yuga e molte persone conoscono la
Dottrina, non è difficile imparare cose dai libri ma viverle e
realizzarle è una cosa completamente diversa. I soli modi e mezzi che
un discepolo ha per vedere se una persona è realizzata o no è di
andare a confrontare il suo comportamento con ciò che è scritto nei
libri di Plotino, Gaudapada, Samkara e così via. Ma c’è un altro
aspetto: spesso i discepoli sono molto passivi ed è molto difficile
per loro andare in profondità in questi insegnamenti spirituali. Molto
spesso dico ai fratelli di andare avanti con le loro esperienze, di
andare in India e visitare molti guru , ma poi alla fine devono
trarre la loro sintesi e confrontare diversi testi in modo che
veramente sappiano che cosa stanno facendo. Ho scritto diversi libri
in cui si confrontano differenti sentieri, purtroppo non sono stati
ancora tradotti in francese e in inglese. C’è un libro che ho scritto
La Filosofia dell’Essere che dice: “ci sono falsi maestri perché ci
sono falsi discepoli (ridendo)”. Se parliamo dell’Advaita Vedanta lo
dobbiamo a Samkara e Gaudapada che lo hanno portato in manifestazione.
Se qualcuno mi dice: “sono uno studioso di Platone” – perché persino
oggi abbiamo scuole di platonismo e neo-platonismo – la giusta cosa da
fare è andare direttamente ai suoi testi, così che io sappia che cosa
disse Platone. Oggigiorno questi sono i soli mezzi rimasti ad un
discepolo. In India nel passato, dove c’era una società tradizionale,
era molto più facile, ma oggi non ci sono queste opportunità e mezzi,
questo è il mondo dell’ avidya . Gesù dice: “li riconoscerete dai
frutti che danno” ma un discepolo deve essere intelligente e in grado
di comprendere. C’è da fare anche una distinzione tra una reale
realizzazione di uno stato di coscienza e le siddhi . Le siddhi
appartengono a prakriti , ai guna e perciò creano dualità mentre la
Realizzazione è al di là delle siddhi e non c’è siddhi più alta della
Realizzazione. I poteri hanno la loro ragione di essere ma dobbiamo
sapere che essi appartengono ad un particolare piano e relegarli al
loro giusto posto.

D: Proprio prima di venire a vedere lei, una nostra amica stava
attraversando una crisi. Intellettualmente sapeva che avrebbe dovuto
arrendersi e lasciar essere le cose ma le sue emozioni andavano in
un’altra direzione e le impedivano di lasciarsi andare. Quindi, la
domanda è: come conciliare ragione, emozioni e sentimenti?

R: In questo caso abbiamo una identificazione con il corpo emotivo e
questa identificazione è così forte che non le permette di lasciarsi
andare, di arrendersi. Si tratta di rieducare entrambi, le emozioni
che sono così forti e la ragione che non ha la capacità di strapparsi
via da esse. La sua posizione dovrebbe essere tale da essere in grado
di comprendere anche con il manas , con la mente, che può porsi al di
là di questo stato, oltre le emozioni e la ragione. Naturalmente la
condizione ideale sarebbe di venir fuori da tutta questa situazione e
porsi in uno stato di silenzio, in questo caso avrebbe risolto tutti i
suoi problemi ma purtroppo i sentimenti e le emozioni la frenano e
quindi potrebbe trovarsi esattamente nel mezzo di una battaglia tra la
coscienza razionale e le emozioni che stanno combattendosi
reciprocamente, la sua coscienza è proprio nel mezzo di questo
conflitto.

D: Allora la migliore cosa per lei dovrebbe essere di porsi al di
sopra di entrambi, non è vero?

R: Si, questa sarebbe la soluzione totale, questa è già Realizzazione;
tutto dipende dalle emozioni, se lei è abbastanza forte da sganciarsi
da esse. Se avesse una visione, un certo tipo di conoscenza
tradizionale ecc. potrebbe essere aiutata a creare una identità non
con le sue emozioni ma con questa visione.

D: Che cosa è la meditazione? E’ una tecnica per raggiungere qualche
cosa e se è così che cosa?

R: All’inizio la meditazione è estremamente importante, c’è la
meditazione con un seme (un oggetto) o senza un seme. Per un
principiante , la migliore cosa da fare è iniziare con un certo tipo
di seme concreto, come per esempio un libro così che la mente della
persona possa raggiungere una certa concentrazione e attenzione su
quel particolare seme; poiché la mente ha la tendenza a vagabondare è
molto difficile fermarla su una posizione. Quindi, la meditazione con
un seme favorisce la concentrazione. Nello Yoga- Darshana che è il
Raja-Yoga di Patanjali gli ultimi tre mezzi sono dharana, dhyana e
samadhi, abbiamo quindi attenzione, concentrazione e meditazione su un
seme, così che la mente possa concentrarsi su qualche cosa. Di solito
la mente spreca molte delle sue energie, una mente che disperde le sue
energie non può creare qualcosa di positivo, qualcosa di buono.
Chiunque abbia raggiunto qualcosa di una certa importanza, perfino nel
mondo esterno, deve avere in ogni caso una concentrazione molto forte.
Uno scienziato o un matematico devono avere questo tipo di
concentrazione per scoprire certe leggi. Naturalmente, quando la
Coscienza riposa su se stessa e vive in se stessa e dentro se stessa,
la meditazione non è più necessaria. Quindi, la meditazione è un mezzo
molto
potente, un mezzo estremamente potente che pone tutti i veicoli in uno
stato di attenzione, di concentrazione. Naturalmente, ci sono diverse
tecniche di meditazione ma non penso abbiamo il tempo di approfondirle
adesso.

D: Ieri le ho detto che avevo avuto bagliori della visione dell’Unità,
ma che era qualcosa che non vivevo costantemente e lei mi ha risposto
che era sufficiente riportarsi a quella visione. La mia domanda è: non
è questo soltanto un ricordo, qualcosa di irreale?

R: Naturalmente, non parliamo di una memoria psicologica alla quale
risalire, però possiamo favorire questa visione, questo stato in cui
ci trovavamo. Credo che tutti noi nella vita abbiamo realizzato un
momento di Unità, che la vita è una, tutto quello che dobbiamo fare è
di stabilizzare l’esperienza che abbiamo avuto. Una soluzione viene
offerta dal Vedanta che suggerisce di non guardare ad ogni cosa che ci
circonda come “nome e forma” ma provare a cercare che cosa c’è al di
là delle forme. Così, in questo preciso momento, guardando voi vedo i
fili della Coscienza, i fili sono esattamente gli stessi sebbene siano
coperti da forme diverse. Quindi possiamo dire che la differenza tra
il modo in cui io guardo le cose e il modo in cui le guardate voi è
che io vedo l’Unità della Coscienza. Noi in un certo qual modo ci
fermiamo subito alla forma e manchiamo di vedere al di là del nome e
della forma.

D: Lei sente di essere dappertutto?

R: Sì. Non c’è nè differenziazione né opposizione. Il bhakta, proprio
per usare i termini Indù, ha bisogno di porre Isvara fuori di sé e di
considerare Isvara come un “secondo”, in realtà Isvara è uno stato di
coscienza che deve essere realizzato, Isvara o Dio è uno stato
dell’Essere. A questo punto avete la possibilità di guardare sia con
gli occhi della Coscienza che con gli occhi fisici, Platone parla di
“Unità nella diversità”, questo significa che l’Unità è il sostrato
dell’ “altruità”, della diversità. Questo è molto bello e molto
importante. Se guardate con gli occhi dell’Unità non potete opporvi a
nessuna cosa e a nessuno. Voi potreste dire: ma la gente si comporta
in un modo che non ha nulla a che fare con la visione dell’Unità. Sono
consapevole di questo comportamento ma sono anche consapevole che
queste persone che si comportano in un modo diverso sono espressione
dell’Unità. Talvolta abbiamo situazioni che sono farses che. Possiamo
trovare fratelli e sorelle che vengono da me e dicono “sono questo,
sono quello, sono un uomo, sono una donna sono un dottore, sono un
avvocato”. Guardo questa persona e dico ”ma tu non sei tutte queste
cose di cui tu parli”. Molto probabilmente tutte queste persone che
vengono da me si sono messe in mente di considerarsi come uomini,
donne, dottori, avvocati e così via. Accettiamoli come credono di
essere. Plotino dice che: “il mondo è un immenso palcoscenico in cui
ognuno recita il proprio ruolo” e questo è ciò che tutti noi facciamo
(ridendo). Mi rendo conto di tutto ciò ma sembra che tanti altri non
riescano a comprenderlo. Ecco perché è difficile quando le persone
vengono da me e dicono “Lei è un Maestro, Lei è un insegnante”. Un
insegnante è già un ruolo e allora le persone dicono “bene, se Lei non
è un Maestro posso anche andare via da qui”.

D: Quindi osservare le cose come “nome e forma”, è qualcosa di
mentale, un processo mentale sul quale occorre ricordarsi di lavorarci
sopra?

R: Naturalmente non puoi forzarti a fare questo ma devi favorire
questo tipo di attitudine ad osservare le cose non come “nome e forma”
ma come un aspetto della Coscienza che è al di là di “nomi e forme”.
C’è un bellissimo esempio dato da Samkara che è pertinente a questo
caso: abbiamo l’etere che è onnipervadente ed è l’Uno; part e di
questa aria o etere è contenuta dentro un vaso e ci sono diversi vasi
di ogni forma e dimensione, il vaso naturalmente può essere preso per
intendere un essere umano, un albero o un animale ma l’etere che è
racchiuso nei vasi è della stessa natura dell’etere libero fuori dei
vasi. Quindi dovremmo avere la visione di essere tutti vasi e di avere
questo corpo che è il nostro vaso ma all’interno dei diversi vasi c’è
l’Uno. La differenza è che esiste uno stato di coscienza che vede
l’etere a ll’interno e fuori dei vasi ed altri invece vedono soltanto
con gli occhi del vaso, nel qual caso un vaso è diverso dall’altro e
questo dà origine a conflitto e anche a vanità perché con tutto
rispetto “il mio vaso è meglio del tuo” (ridendo). Quindi se avete
avuto questa esperienza, questo è qualcosa di molto vantaggioso per
voi. Tornate indietro a quel momento in cui avete visto l’Unità e
osservate ogni cosa con l’occhio di quella Unità e potrete vedere che
l’Unità ha assunto diverse forme: un albero, un animale o una persona
e così via – sarebbe saggio riprendere la visione dell’Uno. E’ molto
importante tuttavia che il manas, la mente, non interferisca con
questa visione iniziando a concettualizzare.

D: In quel momento ho avuto questa visione, non c’erano concetti, ma
per me tornare indietro a quel momento diviene un concetto perché non
è qualcosa che sta accadendo ora.

R: Ma ora tu sei completamente cosciente del fatto che questo stato
esiste perché è stata una esperienza diretta. Ora non puoi più
concettualizzare. Quando qualcuno ti dice “osserva il mondo dei nomi e
delle forme”, non puoi più concettualizzare perché sai cosa c’è al di
là di esso.

D: Si, so che questa è la Realtà. La maggior parte della giornata ho a
che fare con i concetti e sono ancora catturato da essi ma dentro di
me so che questa non è la Realtà.

R: In ogni caso, hai avuto l’esperienza di uno stato di coscienza
senza concetti e perciò sai che la Realtà è al di là dei concetti.
Quindi quello che puoi fare ora è fare una passeggiata qui intorno e
osserva gli alberi, guarda ogni cosa che incontri e osserva ma non
concettualizzare.Quando andiamo a fare una passeggiata automaticamente
la nostra mente inizia a concettualizzare, non guarda solamente
l’albero ma dice “questo albero è alto o basso, mi piace, non mi
piace, è questo, quello ed altro”. Quindi ciò che devi fare è
contemplare senza concettualizzare e piano piano questo può essere
portato anche nella tua vita lavorativa perché è la tua Coscienza che
ti dirige e non più i concetti. Per essere più specifici possiamo
chiamarla “intuizione” proprio per darti una idea di ciò che accade.
Alcune persone potrebbero dire “ma come posso continuare a vivere e a
lavorare in questo modo? Ho bisogno di usare la mia mente, ho bisogno
di fare questo”. Puoi farcela benissimo, sembra impossibile ma è del
tutto facile. Difatti è estremamente facile, ho fatto tutto questo e
posso fare tante cose: guido il trattore, taglio la legna, posso
cucinare, mi occupo della pulizia del pavimento, pulisco i miei
vestiti e faccio tutto ciò con la gioia nel cuore perché tutto ciò è
molto bello. E’ molto importante per te coltivare nella vita questa
visione dell’Unità perché è molto importante ciò attraverso cui sei
passato, in termini vedantici questo sarebbe il Savikalpa Samadhi;
questa è la possibilità di vedere l’Unità della vita mediante i tuoi
occhi, attraverso gli occhi della Coscienza.

D: Potrebbe spiegare quale è il ruolo dello yoga e delle sue diverse
discipline? E’ necessario seguire uno yoga particolare?
R: Ci sono diversi tipi di yoga, avete letto il libro “Essenza e scopo
dello Yoga” che tratta dall’Hata Yoga all’ Asparsa Yoga , che è
l’Advaita Vedanta , il sentiero metafisico. Nei tempi antichi c’erano
diversi gradini o passaggi per entrare in un sentiero più espanso e
così allora c’era solamente un unico yoga con differenti possibilità e
dimensioni ma tutti questi diversi tipi di yoga conducevano alla
trascendenza, persino l’Hata Yoga. Oggi l’Hata Yoga in Occidente è
soltanto una serie di esercizi che promette una buona salute e questo
è tutto. Ma non c’è uno yoga che sia meglio di un altro yoga perché
c’è un solo yoga. Naturalmente in Oriente la Tradizione è ancora viva
e perciò può permettere alle diverse persone che si imbattono in essa
di essere presi al proprio livello di preparazione, di guna e così
via. In Occidente e in alcuni paesi, per i passati duemila anni non
abbiamo avuto nient’altro che il Cristianesimo e perciò non abbiamo
avuto nessuna scelta e nessuna possibilità di dare la giusta soluzione
ad ogni singola persona, poiché ogni individuo è un mondo a sé .
Invece l’Oriente ha una serie di opportunità che è molto più grande e
soddisfa i bisogni di ciascuna persona a seconda dei suoi guna o
qualità. Anche il Vedanta può essere definito come yoga, lo yoga della
conoscenza. Nei libri che ho scritto ho cercato di non usare la paro
la “yoga” perché è stata degradata, purtroppo questo è ciò che succede
ma questo genere di degradazione è inevitabile perché siamo nel Kali
Yuga. Infatti se dicessimo alla gente “noi facciamo lo Yoga Vedanta”
essi direbbero “allora facciamo ginnastica? Quali sono le posizioni?
Dov’è la palestra?” (ridendo).

D: Chiunque può decidere di risvegliarsi o accade spontaneamente senza
alcuna preparazione?

R: Naturalmente, il risveglio non può essere qualcosa che puoi
ottenere con la volontà. Avviene da solo. Ma dobbiamo essere preparati
a quando il risveglio avverrà, deve esserci quindi una certa
preparazione al mome nto del risveglio. Anche nella nostra vita
quotidiana, per esempio quando andiamo a scuola, studiamo tanto e poi
tutte le cose che studiamo non servono per le nostre professioni ma
questo tipo di addestramento ha preparato la nostra mente a un certo
tipo di intuizione, a un miglior modo di comprendere le cose e così
via e perciò la preparazione nei nostri studi è molto utile. Così la
preparazione ci porterà ad accog liere il genere di evento che accadrà
spontaneamente, da solo. Non può esserci alcuna forzatura, usare
violenza su noi stessi è completamente inutile.

D: In India parecchie volte abbiamo visto gente che va a trovare un
Maestro e dice “rimarrò qui in India solamente alcune setti mane,
quindi per favore illuminami subito perché desidero viaggiare da ogni
parte e andare a vedere anche il Taj Mahal prima di ritornare a casa”.

R: (Ridendo) Magnifico! Questo avviene anche in Occidente, c’è tanta
innocenza nel mondo.

D: Che consiglio darebbe a qualcuno in cerca della Verità?

R: Questa domanda non è molto facile (ridendo). Dare consigli a
qualcuno è molto difficile. Naturalmente, se la persona sta veramente
cercando la Verità, la cosa può essere vista. Ecco perché parliamo di
un certo grado di maturità di una persona, di quando c’è un miglior
controllo dei guna ecc.. A questo punto, naturalmente i consigli
possono essere dati, il problema nasce quando qualcuno vive in uno
stato di sofferenza e in uno stato di dualità e vuole risolvere i
propri problemi ma vuole anche rimanere in quello stato di dualità.
Quindi è molto difficile consigliare qualcuno che è identificato con
questo stato di dualità. D’altra parte da un punto di visto filosofico
possiamo dire che non c’è nulla oltre o al di fuori dell’Essere e
prima o poi non possiamo che ritornare all’Essere. Un Advaitin è
pacificato, possiamo dire ha trovato la sua pace, non è spinto dal
desiderio di cambiare questo o quello e questa è la ragione per cui
egli non cerca discepoli o seguaci. La dualità è uno stato
dell’esistenza che è stato integrato e quindi non c’è nessun desiderio
di cambiamento. Naturalmente, l’ Advaita è offerto a tutti ma non
tutti vogliono pervenire a questa dime nsione ma prima o poi la
raggiungeranno perché ciascun individuo al mondo è Quello. Potrebbero
pensare a se stessi come qualcosa di diverso ma essi sono Quello.
Siamo tutti alienati perchè crediamo di essere ciò che non siamo. Per
concludere con una nota allegra: dopo Napoleone ci furono parecchie
persone che nella loro alienazione credevano di essere Napoleone,
erano convinti di essere Napoleone e portavano cappelli sulle loro
teste ma non erano Napoleone, in questa situazione tutto quello che
possiamo fare è cercare di risvegliarli alla realtà che essi non sono
Napoleone. La Conoscenza tradizionale ci dice che siamo tutti
alienati, siamo identificati con i diversi vasi e ciascun vaso è
diverso dall’altro vaso. Un Advaitin nota tutta la sofferenza del
mondo ma nello stesso tempo vede che tutto questo è molto comico
(ridendo) perché comprende che queste persone ha nno soltanto
dimenticato ciò che sono. Qualcuno potrebbe dire: “soffro” e la
risposta potrebbe essere “no, tu non soffri”. “si, io soffro!”.
Qualcuno altro potrebbe dire: “ora sto per morire” e la risposta è “ma
tu non puoi morire,sei immortale”. Se questa persona è convinta che
morirà che possiamo fare! Tutto ciò che possiamo fare è attendere che
riconosca che è immortale e che non può in alcun modo morire. Quando
lasceremo il nostro corpo fisico grossolano, la maggior parte di noi
andrà nella parte inferiore di Taijasa , lo stato luminoso, in termini
occidentali questo è il piano astrale. Alcuni materialisti quando
raggiungono questo piano hanno difficoltà a comprendere che non sono
morti. Alcuni discepoli si dedicano a lavorare su questo livello per
cercare di rieducarli a credere che non sono morti. Poiché sono tanto
convinti, dicono: “come posso non essere morto? Sono morto, devo
essere morto”. Questa persona non si arrenderà all’evidenza che
esiste, che parla e perciò vive in quest’altra dimensione. Io dico
sempre che la vita che facciamo sul piano umano è “una tragicommedia a
lieto fine”.

D: Quali sono i principali ostacoli a vivere la Verità? E come si
possono superare?

R: Abbiamo già risposto a questa domanda dicendo che abbiamo questa
identificazione con i guna. Quando andrai a fare una passeggiata e
proverai a ritornare alla tua visione, dovrai verificare dentro di te
“quale è l’ ostacolo che mi impedisce di essere Quello? Quale veicolo
subentra tra me e quella Realtà? E’ la mente o qualche contenuto
psicologico che ho? Potrebbe essere il mondo dei sentimenti o il mondo
delle emozioni? Potrebbe anche essere un idealismo, un pensiero?”
Quindi, tutti questi potrebbero creare ostacoli ma non appena sono
risolti, poiché questi problemi si auto-risolvono, Quello emerge da
solo. In Oriente viene fatto un esempio molto significativo: abbiamo
una stanza piena di oggetti, ci sono così tanti oggetti che potete
muovervi a malapena, l’identificazione con i diversi oggetti non ci
permette di vedere la stanza nella sua realtà. Oggi potrei
identificarmi con il tavolo, domani con l’impianto di riscaldamento,
il terzo giorno con un’altra cosa . Se prendo tutti questi oggetti e
li getto via (naturalmente per gettarli via intendo l’integrazione di
tutti questi oggetti) mi ritroverò in una stanza vuota e perciò in uno
spazio libero. Io sono questo spazio libero e questo vuol dire che
l’etere dentro il vaso è della stessa natura dell’etere all’esterno
del vaso. Questi esempi o queste analogie possono essere di grande
importanza nel comprendere la Realtà sottostante.

D: Circa quattro anni fa, una sera ho cominciato a ripetere nella mia
mente la frase “io sono Quello” e all’improvviso sono stato colpito
dal fatto che l’ “io” che avevo assunto di essere non aveva nulla a
che fare con Que llo. Prima di questa presa di coscienza, ero solito
pensare che l’ “io”, che è tutti questi concetti che io consideravo di
essere, sarebbe diventato Quello per mezzo della Realizzazione. In
quell’istante ho visto che Quello non aveva nulla a che fare con
questi concetti; vedere questo è stato molto importante per me.

R: Si, naturalmente non ha nulla a che fare con l’ego, l’ “io”. L’
“io” è una non-realtà ma questo è un errore che fanno tutti.

D: Se viviamo in uno stato di completa spontaneità, abbiamo alcun
controllo su ciò che accade nelle nostre vite?

R: Deve essere la spontaneità dell’etere, quel tipo di spontaneità.
Solo in quel caso puoi avere il controllo perché in questo caso è
l’etere che si serve del vaso e non il vaso che si serve dell’etere. E
l’etere è innocenza, è spontaneità. Questo è lila il gioco divino, il
gioco di un bambino. Quindi dovremmo fare una chiara distinzione tra
spontaneità in quanto spontaneità istintuale e la spontaneità
dell’etere, che è una faccenda completamente diversa. E’ molto
importante fare questa distinzione perché alcune persone sono molto
istintive, emotive e perciò spontanee ma potrebbero causare grandi
danni. Dalla posizione di Quello, questo non potrebbe mai succedere.
L’innocenza di cui stiamo parlando è una cosa del tutto diversa.

D: Può descrivere la sua propria natura?

R: E’ proprio la vostra stessa natura. Ognuno di noi è etere
onnipervadente, giusto per darvi questa idea che può essere del tutto
illuminante. Non c’è alcuna differenza tra me e ciascuno di voi.
Potrebbe esserci giusto questa differenza: una persona potrebbe essere
identificata con uno dei suoi veicoli o con una delle esperienze che
ha avuto mentre Raphael ha chiuso tutti i conti con le esperienze.

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