Krishnamurti e la diretta percezione della verità

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KRISHNAMURTI E LA DIRETTA PERCEZIONE DELLA VERITA’

del Prof. P. Krishna

Traduzione a cura del Gruppo Teosofico “Roberto Hack” di Firenze

Krishnamurti è stato uno dei più originali pensatori del nostro tempo,
investigò le fondamentali questioni della vita, il vero significato
dell’amore, della religione, del tempo e della morte senza cercarne le
risposte nei libri, nelle Sacre Scritture, senza accettarne alcuna credenza,
né alcuna religione organizzata, né alcun sistema di pensiero.

Come il Buddha, Krishnamurti cercava la risposta a queste domande mediante
l’osservazione, la ricerca e la conoscenza di sé, giungendo a una percezione
diretta della verità che va oltre i concetti individuali, alle teorie e alle
descrizioni.

Egli non era né un erudito né un intellettuale; non si occupava né di teorie
né di concetti, parlava soprattutto delle sue ricerche e delle sue indagini.

Ciò che lui ha detto può essere stato detto prima da altri, ma Krishnamurti
giunse alla verità da se stesso.

In un’epoca dominata dalla scienza e dall’intelletto, egli ha indicato i
limiti del pensiero e della conoscenza come mezzo di vero cambiamento.

In questo articolo propongo di riflettere su alcuni aspetti essenziali del
suo insegnamento come pure delle grandi verità da lui esposte.

La fonte di tutti i problemi umani, grossi e piccoli, si trova nella psiche
dell’individuo

L’uomo esiste su questo pianeta da oltre un milione di anni, la sua
conoscenza del mondo esterno è molto progredita e sono aumentati e
accresciuti il suo potere e la sua abilità nel fronteggiare le calamità
naturali ma, interiormente, nella sua coscienza, l’uomo non è molto evoluto.

E’ ancora assai simile all’uomo primitivo: pauroso, insicuro, forma gruppi
(religiosi e laici), combatte e prepara la guerra, cerca vantaggi propri e
biasima gli altri.

E’ capace di viaggiare sulla luna e di comunicare con tutto il globo in
pochi minuti, ma non riesce ad amare i suoi simili e a vivere in pace.

L’uomo moderno è ancora brutale, egoista, violento e possessivo come l’uomo
primitivo, anche se ora si nasconde dietro parole e pensieri nobili.

Questo disarmonico sviluppo dell’essere umano lo ha portato all’annullamento
di se stesso.

L’uomo è sull’orlo della guerra nucleare, prossimo alla totale estinzione.

Questi suoi accresciuti poteri e conoscenze non sono uniti alla giusta
intelligenza e alla giusta visione che sono invece necessari.

Perché? Perché non ci siamo evoluti psicologicamente? Perché non abbiamo mai
diretto la nostra attenzione interiormente, per comprendere i nostri
pensieri e i nostri sentimenti?

Siamo così soddisfatti, così abbagliati dai nostri conseguimenti, dal nostro
“progresso” nel mondo esteriore, che abbiamo trascurato completamente il
mondo interiore della nostra coscienza.

L’ostilità dell’uomo primitivo poteva fare solo poco danno, ma quella
dell’uomo moderno, con tutto il suo potere, è molto più devastante e ne
stiamo subendo le disastrose conseguenze.
Crediamo di poter risolvere il problema organizzando meglio la società ma è
una radicata illusione realizzare una società produttiva e non violenta, con
milioni di individui violenti e aggressivi.

Anche se è possibile contenere la violenza in qualche direzione, essa si
esprimerà in altri modi.

Le rivoluzioni vanno e vengono, il dispotismo dell’uomo contro l’uomo non è
ancora superato, ha soltanto assunto altre forme.

Una società veramente non violenta e pacifica è possibile soltanto se
l’individuo si trasforma psicologicamente e fondamentalmente.

Qualsiasi altro cambiamento è insignificante, temporaneo, non risolverà mai
i problemi definitivamente.

Le caratteristiche di una società sono determinate da quelle degli
individui.

Tutti i problemi che si manifestano oggi nella società riflettono i problemi
della psiche dell’individuo.

Quindi dobbiamo soprattutto occuparci della trasformazione interiore
dell’uomo e non semplicemente di come organizzare la società.

L’individuo cambia soltanto quando cambia la coscienza. La virtù non può
essere imposta

Tutte le religioni hanno tentato di cambiare l’uomo ma non ci sono riuscite.
Se ci fossero riuscite, non avremmo tanta crudeltà, guerre e odio.

Dobbiamo quindi prendere in considerazione come mai le religioni non sono
riuscite a trasformare l’uomo e imparare da questo.

Tutte le religioni hanno indicato un sentiero, una serie di virtù da
praticare, dei vizi da evitare.

Mettere in pratica le virtù non altera di per sé la coscienza dell’uomo.

Praticare deliberatamente, intenzionalmente azioni gentili non produce la
gentilezza della propria coscienza, diventa un’altra acquisizione, un’altra
meta nella vita, un altro metodo per ricercare la propria soddisfazione.

La gentilezza del cuore invece si esprime spontaneamente in ogni pensiero,
in ogni parola e in ogni azione.

Similmente non si può praticare la non violenza, finché si è aggressivi,
finché si odia e finché si è violenti interiormente.

La non violenza diventa solo una facciata, un’esteriorità ipocrita, una
fredda e calcolata commedia.

E’ soltanto osservando le cause della violenza ed eliminandole che la
violenza finirà.

Così la virtù non può essere né praticata né coltivata.

E’ uno stato mentale, uno stato della coscienza che sopraggiunge quando c’è
la conoscenza di sé, la comprensione, la chiarezza e la visione intuitiva.

Non può essere acquisita con uno sforzo di volontà, richiede insight. E
l’insight giunge con l’osservazione, con la riflessione e con la
consapevolezza sensibile.

E’ la percezione della verità che libera la coscienza dalla sua ignoranza e
dalle sue illusioni; è l’ignoranza che genera il disordine della psiche.

La bontà deve essere spontanea, altrimenti non è bontà.

Qualsiasi cambiamento nella condotta esteriore dell’uomo, generato dalla
paura, dall’imposizione, dal conformismo, dall’imitazione e dalla
propaganda, non costituisce un vero cambiamento nella nostra coscienza.

Ed è perciò superficiale e contrastante.

La Verità, la liberazione e l’illuminazione non possono dipendere da un
altro

Da tempo immemorabile l’uomo dipende da un Guru, da una religione o da un
libro per conoscere il proprio cammino.

Krishnamurti mette in rilievo che la verità è una terra senza sentiero:
“Dovete essere luce a voi stessi e non cercare la luce da un altro”.

Il ruolo di un Guru è solo d’indicare la via: è l’individuo stesso che deve
imparare. Saper imparare è molto più importante che sapere insegnare e
nessuno può insegnare se non conosce se stesso.

Ognuno deve pervenire alla verità da se stesso.

Le nostre esperienze, le tradizioni della nostra cultura e della nostra
religione non trovano la vera risposta ad alcuna seria questione.

Le nostre credenze, le nostre opinioni, conclusioni e pregiudizi, ci
impediscono di vedere le cose nella loro vera prospettiva poiché colorano la
nostra visione.

Dobbiamo renderci conto di ciò e dubitare di qualsiasi opinione, qualsiasi
conclusione che ci venga alla mente poiché ciò non rappresenta la verità.

E’ quando si indaga in se stessi per ricercare la verità e non semplicemente
per ricercare soddisfazioni che potremo apprendere, in un costante stato di
ricerca e di dubbio, senza cercare di arrivare.

Quel che possiamo ricevere da un altro è un pensiero, una domanda, ma
l’esplorazione deve essere propria.

Finché da voi stessi non pervenite alla verità, la verità è soltanto una
descrizione.

C’è differenza tra il Buddha e il professore di filosofia buddista; il primo
ha il vero insight, la coscienza, l’altro ne ha soltanto una descrizione.

L’uomo spesso confonde il simbolo, la parola e il concetto con la cosa
reale.

Vero cristiano è colui che vive secondo il sermone della montagna (e voi
potete farlo se avete la coscienza del Cristo) e non l’uomo che va in chiesa
e ne adempie i riti.

Tutte le chiese, tutte le religioni organizzate sono solamente riuscite a
ridurre la grande verità semplicemente a un sistema, a un simbolo, a un
rito.

Ciò che importa non è l’abito, l’etichetta, ma il contenuto della coscienza
interiore.

Il ruolo dell’insegnante, del Guru, è quello di fare luce lungo la via. Non
si resta ad adorare la lampada, ma si percorre quella strada.

Krishnamurti ripetutamente enfatizzava che aveva poco significato accettare
o respingere quello che lui diceva. Ha valore soltanto quando esaminiamo e
scopriamo personalmente.

Qualsiasi organizzazione che tenta di propagare la verità con la fede,
ortodossia o propaganda, serve soltanto a condizionare ulteriormente la
mente dell’individuo e a renderlo schiavo.
Una significativa ricerca richiede libertà dalle credenze, dai pregiudizi,
dalle conclusioni e dai condizionamenti. Ciò richiede una profonda
conoscenza di se stessi.

La verità non può essere organizzata e diffusa, le organizzazioni che
cercano di fare questo non hanno valore.

La comprensione intellettuale non è vera comprensione

Spesso una risposta intellettuale soddisfa le nostre domande e ciò pone fine
alla nostra ricerca.

Quando ciò accade, la comprensione intellettuale è un ostacolo alla scoperta
della verità.

La verità è molto più profonda della logica e della ragione e la risposta
intellettuale non è una risposta completa.

La comprensione intellettuale può servire soprattutto a qualcosa di
superficiale.

La comprensione può essere confermata dai libri o da parte di altri, ma è
solo un modello di pensiero, parte della memoria, da non confondere con la
realizzazione della verità di qualcosa.

Così, se la comprensione intellettuale è limitata, allora cos’è che rivela
la verità?

Si deve osservare noi stessi come fa uno scienziato quando osserva un
fenomeno che gli interessa; non vuol cambiarlo, l’osserva senza scegliere,
senza far sì che le sue scelte interferiscano con quello che osserva.

Quando osserviamo noi stessi in quello stesso modo, con passiva
consapevolezza, senza formare una frettolosa opinione o una conclusione,
agendo con pazienza e con scetticismo, soltanto allora potremo scoprire cosa
è vero e cosa è falso e il falso cadrà da solo senza alcuno sforzo di
volontà.

Allora l’ignoranza si dissolverà alla luce della comprensione.

Senza questo obiettivo e senza l’appassionata, autentica ricerca delle
nostre conclusioni, fedi, attaccamenti, desideri e motivazioni, ha poco
significato identificarsi a un gruppo, a una teoria, a una fede e a un
giudizio.

E’ una tragedia della nostra vita non essere stati educati a guardarci nel
modo giusto.

Ci occupiamo solo del mondo esterno affrontando in parte i suoi problemi.

Si può essere abili in certe attività ma non sappiamo se il piacere porta
felicità, se il desiderio e l’attaccamento sono la stessa cosa come l’amore
e perché le diversità fra gli uomini si trasformano in ineguaglianze.

Se vediamo con chiarezza che perseguire il piacere non porta la felicità,
allora la nostra prospettiva verso la vita si trasforma e il perseguimento
del piacere cade senza alcuno sforzo o sacrificio o soppressione.

Allora c’è una naturale austerità, totalmente diversa dalla pratica auto
imposta dell’austerità.

E colui che è realmente realizzato si rende conto che non è diverso da un
altro essere umano.

Come mai diamo tanta importanza alle differenze relativamente superficiali
pur essendo tutte solo acquisizioni e perché ci sentiamo diversi quando in
realtà facciamo parte della stessa coscienza umana?

Se, per ipotesi, togliamo a un uomo i suoi averi, la sua conoscenza, le sue
credenze, ecc. e guardiamo nella sua coscienza, è essa veramente diversa da
quella di un altro essere umano?
Come la casta, il colore, la fede di un essere umano non mutano la
composizione del suo sangue, i suoi requisiti sia mentali che materiali non
alterano la sua coscienza.
E’ l’ignoranza dell’uomo che ci divide, non le differenze fra di noi.

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Conclusione

L’umanità è presa da una grande illusione, crede di poter risolvere i suoi
problemi mediante la legislazione, le riforme politiche e sociali, il
progresso scientifico e tecnologico, una maggiore conoscenza, una grande
ricchezza, un grande potere e un grande controllo.

L’umanità potrà risolvere qualche problema con tutto ciò, ma si tratterà di
problemi superficiali, temporanei; hanno l’effetto dell’aspirina e non
curano la malattia.

Continueremo a creare nuovi problemi da una parte e cercheremo di risolverli
da un’altra parte per mantenere l’illusione di “progresso”.

Non resta molto tempo ormai perché la malattia si aggrava rapidamente e sta
per estinguere l'”Uomo”.

Se l’uomo non si trasforma interiormente, mutando nella sua psiche, presto
farà parte di quelle sfortunate creature che sono vissute a lungo su questo
pianeta e poi si sono estinte perché non hanno saputo adattarsi.

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