I legami tra i vivi e i morti

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I LEGAMI TRA I VIVI E I MORTI

di Rudolf Steiner

Parleremo oggi della vita dell’essere umano nel mondo spirituale (in sanscrito Devachan) fra due
incarnazioni. Prima di tutto ricordiamoci che essa non si svolge in un luogo diverso da quello in
cui ci troviamo ora. Il mondo spirituale, il mondo astrale, il mondo fisico sono tre sfere che si
interpenetrano a vicenda. Per capire, con un paragone, come ci viene nascosta la vista del Devachan
pensiamo a quel che erano le forze elettriche nell’universo prima che l’uomo scoprisse
l’elettricità. Esse esistevano nell’universo, che le conteneva, ma erano ancora di natura occulta.
Quel che distingue il mondo spirituale dal mondo fisico è che al suo attuale grado di evoluzione
l’uomo è provvisto di organi che percepiscono il fisico ma non di organi in grado di percepire lo
spirituale.

Immergiamoci nell’ anima di un essere umano che si trovi tra due incarnazioni. Egli ha restituito il
suo corpo fisico alle forze universali; allo stesso modo il corpo eterico è ritornato alle forze
della vita; infine le parti del corpo astrale sulle quali non ha ancora personalmente lavorato sono
state rese alloro ambiente originario. Egli si trova nello stato spirituale.

Non dispone più di ciò che le entità spirituali avevano elaborato nel suo corpo eterico e nel suo
corpo astrale. Ciò che egli stesso, invece, ha forgiato in sé, nel corso di numerose esistenze, è
ora un suo bene personale. Rimane suo, anche nel mondo spirituale. Perché il risultato del lavoro
che noi realizziamo nel mondo fisico è quello di aumentare sempre più la nostra parte di coscienza
nel mondo spirituale. Il legame di due persone può essere il risultato di condizioni naturali, come
tra fratelli e sorelle. Ma un legame morale, spirituale, si aggiunge sempre a quello naturale.
Grazie al karma, noi siamo membri di una stessa famiglia. Ma non tutto è regolato dal karma.

Un rapporto puramente naturale, senza che vi si mescoli un altro elemento, si trova, in fondo, solo
tra gli animali. Gli uomini possono legarsi attraverso il karma, ma per ragioni di natura morale.
Due esseri che non erano uniti da niente e che erano separati perfino da ostacoli esterni possono,
per esempio, diventare amici intimi.

Possiamo perfino figurarci che in un primo tempo si fossero reciprocamente antipatici e che si siano
scoperti solo a poco a poco grazie a un contatto puramente spirituale e morale. Questo legame,
paragonato a quello tra fratelli e sorelle, sarà un potente mezzo per sviluppare organi spirituali.
Esso prende forza nella nostra epoca, anche se inconsciamente esso deriva già dal Devachan.

Le facoltà che l’uomo sviluppa attualmente grazie a questi legami puramente interiori dell’ amicizia
gli danno la possibilità di sperimentare effettivamente qualcosa di spirituale, di prepararsi per il
Devachan. Se gli mancano questi rapporti da anima a anima egli viene privato dell’ elemento animico
nel Devachan, come qui sulla Terra un cieco è privato del colore.

Colui che acquisisce sulla Terra la pratica della vita spirituale percepirà lo spirito nell’ aldilà,
nella misura in cui la sua attività interiore qui glielo farà comprendere. Da qui il valore
inestimabile dell’ esistenza sul piano fisico. Per gli uomini non c’è altro modo di acquisire organi
in grado di percepire lo spirituale se non avendo un’ attività spirituale sul piano fisico: è
attraverso questa che si aprono i nostri organi di percezione spirituale.

E nessuna preparazione può essere migliore dei legami dell’anima che uniscono esseri che nessuna
ragione istintiva univa in un primo tempo. Da questo punto di vista, è bene che uomini si
raggruppino, uniti in un’opera spirituale. Le guide dell’umanità possono riversare forze di vita
attraverso di essa. Quel che ci si scambia attraverso un lavoro in comune di questo tipo, quando
viene svolto in modo sano, prepara lo sguardo a sperimentare le realtà spirituali. Se abbiamo
forgiato in questo modo un legame spirituale con un altro essere sul piano fisico, questo legame fa
parte essenziale di ciò che permane dopo la morte. Ed esso rimane attivo nel defunto e in colui che
gli sopravvive. Quello che ha lasciato il piano fisico resta unito a colui che vi rimane attraverso
uno stretto legame ed è reso ancor più cosciente del rapporto che lo lega in questo modo al suo
amico.

Il defunto resta in rapporto, dopo la morte, con gli esseri che ama. I rapporti precedenti sono come
cause che, nel Devachan, producono effetti. Quello è il mondo dei risultati, degli effetti, mentre
il mondo fisico è il mondo delle cause. L’uomo può formare i suoi organi superiori solo cercando sul
piano fisico la causa che produrrà tali organi. Ed è proprio a questo scopo che egli viene posto sul
piano fisico (1).

Gli uomini devono qui sulla Terra conquistarsi sempre di più rappresentazioni sulla vita dopo la
morte per essere in grado di ricordarsene dopo la morte, onde portare con sé qualche cosa al di là
delle porte della morte (2).

Morire in realtà è solamente uscire dalla coscienza del corpo fisico (3).

Nella morte l’uomo si strappa fuori dalla Terra. E, se abbiamo raggiunto la conoscenza immaginativa,
possiamo vedere che l’uomo non muore, bensì ci è dato di scorgere, in una visione diretta, come
nella morte egli risorga dal suo cadavere in mezzo ad immagini viventi (4).

Quando siamo passati attraverso le porte della morte, la nostra sapienza continua, la vita continua,
diventiamo più capaci. Questo è un fatto di cui gli uomini debbono compenetrarsi (5).

I pensieri che noi ci formiamo qui sui mondi spirituali sono un nutrimento per una delle forze più
importanti che ci rimangono dopo la morte: per la forza del pensare. Possiamo avere tra la morte ed
una nuova nascita immaginazione, ispirazione, intuizione, ma non possiamo avere i pensieri. Questi
li dobbiamo guadagnare qui sulla Terra (per mezzo della coscienza dello Spirito). Di questi pensieri
che ci siamo elaborati qui sulla Terra ci nutriamo per tutto il tempo tra la morte e una nuova
nascita e abbiamo fame di tali pensieri quando non ce li siamo formati qui sulla Terra. La salvezza
della Terra dipende dalla realtà che l’umanità nel presente non trascuri di formarsi pensieri sui
mondi spirituali. Poiché moltissimo dipende dal fatto che il cammino dell’evoluzione dell’umanità
venga compreso spiritualmente (6).

Così l’uomo può sempre meglio imparare qui sulla Terra come sarà la sua vita quando avrà passato la
soglia della morte. Escludere il sapere sui mondi spirituali durante la vita sulla Terra vuoI dire
rendersi cieco nel senso animico-spirituale per la propria vita dopo la morte. E si penetra nel
mondo spirituale proprio come un invalido, dopo la morte, se si abbia trascurato la volontà di
sapere qualcosa del mondo spirituale; poiché l’umanità si evolve verso la libertà.

Naturalmente si passa attraverso le porte della morte anche se qui sulla Terra non si è sviluppato
alcun sapere intorno al mondo soprasensibile; ma si entra in un mondo nel quale non si vede nulla,
nel quale si può procedere solo a tastoni. Sia pure stato, qui sulla Terra, un uomo chiaroveggente
quanto si vuole, abbia pure egli guardato in modo chiaro il mondo spirituale: se è stato troppo
pigro e non ha trasformato quanto gli è stato dato di vedere in concetti ordinari afferrabili con la
logica, egli sarà dopo la morte come accecato nel mondo spirituale.

Il materialismo rende gli uomini ciechi quando essi passano le porte della morte. Per l’intera vita
cosmica ha valore il fatto che l’uomo miri ad un sapere spirituale oppure che trascuri di
raggiungerlo. L’epoca in cui vi si deve arrivare è ormai giunta. Oggi per il progresso dell’umanità
è necessario elevarsi al sapere soprasensibile (7).

Dal momento in cui si risveglia la coscienza dell’uomo dopo la morte, questa è sempre presente per
l’anima che ha passato le porte della morte. La morte le sta sempre dinnanzi, ma le appare
l’avvenimento più bello, più splendido, più grande; come l’avvenimento che l’ha risvegliata al mondo
spirituale. Essa è una meravigliosa maestra di forza che all’anima aperta mostra che vi è un mondo
spirituale, un risorgere dello Spirito parallelo al completo cancellarsi di quanto è fisico. In tale
comprensione l’anima avanza e cresce a poco a poco (8).

Il nostro cadavere in realtà ha ben poco a che fare con noi; esso interessa invece moltissimo al
Cosmo. Con il suo aiuto la Terra intera pensa e si fa delle rappresentazioni come noi lo facciamo
durante la vita terrena parzialmente con il nostro cervello. Chi ha compreso che cosa sia la morte
non la teme più. La morte è la cosa più sublime, l’avvenimento più possente del nostro essere qui
sulla Terra e là nel mondo spirituale (9).

L’antroposofia è il linguaggio che a poco a poco impareranno a parlare i vivi e i morti. Se le anime
che sono ancora sulla Terra e che hanno accolto in sé rappresentazioni sopra i mondi soprasensibili,
se queste anime, prima della morte, hanno diffuso amore possono farlo anche dopo la morte. Le anime
diventerebbero sempre più solitarie, sempre più lontane le une dalle altre, se non potessero creare
nessun ponte, se non riuscissero a creare quel legame che solo accogliendo concetti spirituali deve
formarsi tra un’anima e l’altra.

E allora anche le anime sentiranno qui sulla Terra ciò che può divenire così fruttifero per i morti.
Non si può fare giustamente ciò se non si sente quale benedizione possa essere per i morti il
leggere per loro. Questo è per loro uno dei più grandi doni d’amore. Si possono così formare come
dei centri spirituali attraverso cui moltissimo può venire raggiunto per il procedere
dell’evoluzione dell’anima dopo la morte (10).

Siamo noi che siamo ancora in vita a dover creare le condizioni necessarie a che i morti possano
vederci. Nella vita della nostra anima dobbiamo portare ben chiara la convinzione: l’essere che ha
passato le soglie della morte vive. Sappiamo che i cosiddetti morti vivono. L’uomo può diventare un
aiuto per i morti. Ma anche coloro che sono morti prima di noi possono aiutarci. Molti sanno
benissimo che devono ringraziare i loro morti per le conoscenze spirituali acquisite.

Sovente muoiono bambini nella prima infanzia. Eppure essi sono talvolta anime molto progredite nel
mondo spirituale che ci possono aiutare molto. Ciò che si sviluppa con il pensare intellettuale non
arriva ai morti. I morti percepiscono la luce della verità spirituale. Solo l’antroposofia oggi può
giungere dalla Terra fino ai morti (11).

Vi è una grande differenza per i morti se qui sulla Terra dorme un gruppo di uomini che portano solo
pensieri e sentimenti materialistici nel mondo spirituale, oppure se essi hanno durante la veglia
compenetrato le loro anime con rappresentazioni spirituali. I nostri pensieri non esistono solo per
i vivi ma sono direttamente presenti per i morti.

Perciò bisogna ripetere ancora ciò che già così sovente è stato consigliato ai nostri amici: di
leggere per i morti. Ci si faccia un’immagine della persona che è nel mondo spirituale. Allora il
morto legge insieme a noi. Il morto è nel mondo spirituale, è vero, ma i pensieri sul mondo
spirituale devono essere formati sulla Terra. La cosa più bella, la cosa più importante che possiamo
donare ai nostri morti è di leggere per loro qualcosa che abbia un vero contenuto spirituale. Come
la pioggia scende benedicente dalle nubi sulla Terra, così il pensiero luminoso si solleva verso i
morti, su, fino alle regioni dello Spirito. I morti irradiano le loro forze giù sui viventi. Noi
dovremmo pensare, parlare, agire con la coscienza di poter reggere allo sguardo dei morti.

Così provochiamo un vero aiuto reale se pensiamo sovente che i morti ci guardano. Sin nella punta
delle dita si può avere un tale chiaro sentire di questo operare dei morti verso di noi dal mondo
spirituale (12).

I migliori lettori per i morti sono gli esseri umani che hanno vissuto vicino a loro e quelli che
erano collegati il loro oppure uniti da vincoli di amicizia, quelli che in un modo o nell’altro,
prima della loro morte, avevano con loro un reale rapporto. Certo è comprensibile che noi piangiamo
i nostri morti, ma se non possiamo superare questo stato d’animo significa che non abbiamo fiducia
nella sapienza che regna nel mondo; e il desiderio che il nostro caro non sia morto, che si trovi
ancora con noi e non nel mondo spirituale, è un sentimento che danneggia il morto sopra ogni cosa.

Facilitiamo la vita dei nostri cari che hanno passato le soglie della morte se riusciamo ad
adattarci realmente al nostro destino e a pensare al morto sapendo che la sapienza che regna nel
mondo ha voluto prenderlo con sé nel momento giusto, perché essa ha bisogno di lui in un campo
dell’esistenza diverso da quello che era qui nella sua vita terrena.

E gli uomini impareranno anche a parlare dei morti come di esseri viventi, viventi si intende
spiritualmente. Si può pensare ad un morto com’era durante la sua giornata di lavoro terreno. Si può
rendere vivo nella propria anima tutto l’amore che si è avuto per lui, e verrà certamente un momento
in cui nell’anima si farà strada il sentimento: “Si, il morto opera come se agisse attraverso le mie
mani, attraverso la punta delle mie dita, come se egli accendesse il mio fuoco nell’anima – io sento
la sua forza in me”. Noi impariamo a poco a poco a sapere che i morti non sono morti, sono passati
solamente a un altro campo di azione; essi operano insieme a noi in quello che noi compiamo (13).

Come può venir migliorata la nostra vita sociale? Può esserlo se noi impariamo a chiedere il
consiglio dei morti. Essi devono venir uditi dagli uomini e gli organi esecutori devono essere gli
uomini che vivono sul piano fisico. Di un parlamento in cui ci si sforzi di lasciar parlare i morti
non avremo ancora per molto tempo notizia! Ma in dati campi non ci sarà salvezza se non si vorrà
lasciar discutere con noi anche i morti, se da questo lato la vita sociale non verrà
spiritualizzata.

Nessun essere umano, che dai mondi spirituali entri nel mondo fisico per incarnarsi, è un risultato
della necessità fisica. Ogni penetrare di esseri viventi nel piano fisico è un miracolo. Nel padre e
nella madre non è creata la causa, ma soltanto l’ occasione per tale discesa (14).

I morti si muovono in mezzo a noi. L’uomo dopo la morte resta legato con l’essere della Terra; fili
di contatto scendono da lui verso l’esistenza terrena. Noi non possiamo né sentire né volere senza
che nel nostro sentire e nel nostro volere operino questi morti che erano legati karmicamente a noi.

Il Sé spirituale sviluppa la prossima cultura per mezzo del fatto che i morti saranno i consiglieri
dei viventi sulla Terra (15).

Una vera amicizia fondata sulla scienza dello spirito continua con più grande intensità dopo la
morte, essa arricchisce con nuove forme il mondo dello spirito. Anche un nobile godimento estetico
della natura è nutrimento per il Devachan. L’attività e la beatitudine nel Devachan consistono
specialmente nell’ attività creatrice. I grandi mutamenti della Terra sono creati dall’ essere umano
sotto la direzione e la guida degli esseri superiori. I morti lavorano alla trasformazione della
fauna e della flora. La trasformazione della Terra è dovuta all’operare dei morti. Anche nelle forze
della natura dobbiamo vedere le azioni degli esseri disincarnati. Ciò che l’uomo non può fare qui
sulla Terra lo compie nel periodo che vive tra la morte e una nuova nascita (16).

Tutte le anime che sono giunte alla morte per causa di una catastrofe tellurica (terremoti, eruzioni
vulcaniche) saranno nella prossima incarnazione i migliori spiritualisti. La loro morte violenta è
stata nello stesso tempo l’ultimo colpo che ha spezzato definitivamente per loro gli ultimi legami
del materialismo (17).

La vecchiaia non ci spaventa perché sappiamo che quando qui la vita ha raggiunto il suo punto più
alto e il corpo comincia ad appassire quello che è stato conquistato si accentra in un nuovo germe
che sboccerà a suo tempo in una più ricca vita sulla Terra. Questo sviluppo nello spirito come ce lo
insegna il Cristianesimo racchiude in sé un infinito conforto e ci rende meno dolorosa la
separazione da coloro che amiamo, perché sappiamo che l’esserne divisi ha origine solo dalle
limitazioni fisiche e che nello spirito potremo ritrovare la via verso i nostri cari. Noi sappiamo
che qui sulla Terra si trova il nostro campo di lavoro e che qui deve venir gettato il seme per la
nuova vita (18).

Morire giovani per colpa di un avvenimento esterno rafforza per la prossima vita la forza animica
dell’intelletto pensante. Morire per malattia rinvigorisce la forza del volere per la vita seguente.
Attraverso l’esperienza dell’infelicità dobbiamo crearci il pareggio per le azioni sbagliate ed è
per questo che noi stessi ci prepariamo a quel dolore che più tardi dovremo subire nella vita.
Elaboriamo noi stessi i dolori e progrediamo nel superarli (19).

La morte è terrificante, almeno lo può essere per l’uomo finché egli dimora nel corpo fisico. Ma
quando l’uomo è passato attraverso le porte della morte e si guarda indietro vede la sua morte, vede
che essa è l’esperienza più bella che vi sia per l’uomo nel cosmo. La sua morte è l’avvenimento più
meraviglioso, più possente, l’esperienza più splendida cui può rivolgersi lo sguardo del defunto
(20).

Se un’anima, durante la vita, ha accolto in modo molto forte, con i sentimenti più intimi e con
tutta l’anima, gli impulsi dell’antroposofia, allora essa può, dopo la morte, sviluppare tali
impressioni in modo completamente diverso dalle altre anime. Se noi leggiamo ai nostri morti gli
insegnamenti della scienza dello spirito, oppure raccontiamo loro di essi, questo arriva loro come
un respiro di vita spirituale, come un elisir spirituale di vita; essi ricevono così luce attraverso
di noi che siamo ancora quaggiù. E questa luce che per noi dapprima è simbolica, perché noi udiamo
delle parole e le accogliamo come pensieri nelle nostre anime, i morti la vedono realmente come una
luce spirituale. L’intero essere diventa un possente organo di percezione.

E’ veramente importante che noi impariamo a dire: colui che è passato per le porte della morte ha
solamente acquistato un’altra forma di vita e per il nostro sentire si trova, dopo la morte, come
qualcuno che, per le vicissitudini della vita, abbia dovuto emigrare in una terra lontana, nella
quale noi potremo raggiungerlo solamente più tardi, così che non abbiamo null’altro da sopportare
che un periodo di distacco, di separazione transitoria (21).

Dobbiamo imparare a considerare i morti non come morti, bensì come entità che vivono in mezzo a noi,
che vivono ed operano tra noi. Nel futuro si avrà bisogno, per lo sviluppo della nostra civiltà,
dell’aiuto di coloro che sono lassù. Poiché fa parte di quanto di più bello e di più significativo
riusciamo a conquistare per mezzo della scienza dello spirito il riuscire a vedere coloro che sono
passati attraverso le porte della morte come se vivessero in mezzo a noi, come se ci venissero
incontro e noi potessimo accompagnarci a loro come ci troviamo con quelli che incontriamo nella vita
fisica (22).

I bambini o tutti coloro che muoiono ancora giovani portano con sé dalla Terra nel mondo spirituale
ciò che non vi si può portare se si muore in età avanzata. Questo dà al mondo spirituale una certa
gravità ed impedisce alle forze luciferiche di staccare completamente il mondo spirituale da quello
fisico. Se siamo vissuti sulla Terra fino alla vecchiaia allora portiamo un mondo spirituale entro
la Terra fisica, nello stesso modo in cui portiamo un mondo fisico nel mondo spirituale se moriamo
ancora giovani. Per il fatto che in un certo senso emaniamo un forte elemento spirituale quando
diventiamo vecchi viene impedito il successo del piano di Arimane. Il pericolo cui vanno incontro
gli uomini è che senza la scienza dello spirito essi possano perdere sempre più la loro anima.

Oggi a questa perdita è posto ancora un freno per il fatto che quando muoiono dei giovani al mondo
spirituale viene portata una certa gravità e così viene rovinato il piano fatto da Lucifero; quando
invece muoiono persone anziane viene emanata, irradiando fuori dal 10ro essere entro il mondo
fisico, tanta spiritualità da venir impedito il realizzarsi del piano di Arimane. Ma se la corrente
che si oppone all’ evoluzione della Terra continua sempre più, allora tale freno potrebbe non
bastare e questo pericolo non va dimenticato (23).

———————— NOTE (1) – Conferenza del 9.10.1905 contenuta in “Rudolf Steiner et nos
morts Etudes sur la vie de l’esprit”, Editions de La Science Spirituelle, Parigi, 194?

(2) – “La scienza del divenire dell’essere umano”, 0.0. 183, non tradotto in italiano. Questa e le
successive citazioni sono tratte da una raccolta (dattiloscritta) di pensieri di Rudolf Steiner
sulla morte realizzata dalla Signora E. Hilverkus nel 1949 con l’autorizzazione di Marie Steiner
(traduzione di Fanny Podreider riveduta da S. Boscardin).

(3) – “Alle soglie della scienza dello spirito”, 0.0. 95, pubblicato in italiano da Basaia Editore,
1983, con il titolo “La scienza dello spirito”.

(4) – “Considerazioni esoteriche sui nessi karmici”, vol. V, Editrice Antroposofica, Milano 1990.

(5) – “La morte quale modificazione della vita”, 0.0. 182; pubblicate in italiano solo tre
conferenze dalla Rivista Antroposofia 1948, 1955, 1958.

(6)- “I retroscena spirituali della Prima Guerra Mondiale”, 0.0. 174b, non tradotto in italiano.

(7) – “Nessi cosmici nella formazione dell’organismo umano”, 0.0. 218; la citazione è tratta dalla
conferenza del 9.12.1922 pubblicata sulla Rivista Antroposofia nel 1990, pag. 321. (8) – Conferenza
tenuta a Berlino il 3.3.1915, non risulta nell’O.O.

(9) – “Impulsi della scienza dello spirito per lo sviluppo della fisica”, 0.0. 320, non tradotto in
italiano.

(10) – “Ricerche occulte sulla vita fra morte e nuova nascita”, 0.0. 140, non tradotto in italiano.

(11) – Conferenza tenuta a Erfurt il 13.4.1913, non risulta nell’O.O.

( 12) – “Come si acquisisce la comprensione per il mondo spirituale? “, O. O. 154, non tradotto in
italiano.

(13) – “I nostri morti”, 0.0. 261, non tradotto in italiano, V. anche nota 1.

(14) – “Gli esseri spirituali e le loro azioni”, vol. 111, 0.0. 179, non tradotto in italiano.

(15) – V. nota 5.

(16) – V. nota 3.

(17) – “Il mistero cristiano”, 0.0. 97, non tradotto in italiano.

(18) – “L’avvento del Cristo nel mondo eterico”, 0.0. 118, pubblicato da Tilopa nel 1990 con il
titolo “Sulla via di Damasco”.

(19) – “Natura interiore dell’uomo e vita fra morte e nuova nascita”, 0.0. 153, Editrice
Antroposofica, Milano 1975.

(20) – V. nota 8.

(21) – “Esperienze dell’uomo dopo il passaggio attraverso la soglia della morte “, Editrice
Arcobaleno, 1985, da 0.0. 159 “Il mistero della morte”.

(22) – “Il mistero della morte”, 0.0. 159, V. anche nota precedente.

(23) – V. nota 2.

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