I videogiochi inducono comportamenti e pensieri aggressivi

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I videogiochi inducono comportamenti e pensieri aggressivi

Videogiochi & violenza

La strategia per condizionare e deviare le menti dei giovani

di Marcello Pamio – 8 marzo 2007 – disinformazione.it

L’argomento “Videogiochi & violenza” è un argomento ostico e delicato e per questo attaccabile da
coloro che non comprendono, o non vogliono comprendere, l’importanza enorme che invece ha nel
condizionamento della nostra società, soprattutto quella giovanile.
Inizio con una breve analisi storica dell’evoluzione dei giochi, per evidenziare come nel corso di
soli trent’anni, la tecnologia ha reso possibile il passaggio da giochi semplici a strutture
complesse e impressionantemente realistiche.
I videogiochi nascono agli inizi degli anni ’60 da un gruppo di ricercatori del M.I.T.
(Massachusetts Institute of Technology di Boston) che inventano lo Spacewar, un gioco in cui due
navicelle spaziali si sparano a vicenda attorno ad una stella. La grafica per le potenzialità
limitate dei computer dell’epoca è molto scadente e semplice: sfondo nero e astronavi bianche, ma
nonostante questo ebbe una diffusione enorme.

Si dovrà attendere circa 10 anni, perché venga prodotto il primo “videogioco di massa”: il
famosissimo Pong della Atari (prima casa produttrice a livello mondiale).
Il gioco consiste nel colpire una pallina, rappresentata da un quadratino (anche qui la grafica è
scadente). Gioco estremamente semplice e ripetitivo.
Passano gli anni e la tecnologia elettronica (ricaduta militare) fa passi da gigante.
Intorno agli anni ‘70, per la precisione nel 1975, nasce l’Altair 8800 seguito poi da IMSAI 8080.
Nasce il Personal Computer, il 5100 della IBM con 16Kb di memoria e monitor a 16 linee x 64
caratteri.
Il 1976 vede sul mercato addirittura 50 microprocessori (in pratica l’unità centrale di processo del
computer) delle principali marche: Intel, Ami, Motorola, Rca, Rockwell, Toshiba, ecc.
Questo stesso anno la Apple , fondata da Steves Jobs e Steve Wozniak, apre i battenti con l’Apple I
il cui costo è 666.66$ (prezzo simbolico alquanto interessante) e la Microsoft inizia la sua ascesa
diventando l’impero mondiale del software.
I processori, mese dopo mese, si fanno sempre più veloci e le risoluzioni dei monitor sempre più
elevate. Con la crescita delle prestazioni hardware, naturalmente, cresce anche la qualità software
che implica sempre più realismo.

Vediamo adesso alcuni dei principali giochi.
Nel 1991 la ditta Capcom commercializza il primo videogioco della serie “picchiaduro”: Street
Fighter II.

Scopo del gioco: abbattere, sconfiggere l’avversario attraverso una serie di mosse e/o armi.
Le mosse sono sempre le stesse, come pure le armi (l’arma è caratteristica di ogni personaggio
scelto) e questo comporta ripetitività e mosse sleali. Vince chi abbatte tutti i “nemici”.

L’anno successivo la Midway Games sforna, sempre della categoria del “picchiaduro”, il famosissimo
Mortal Kombat. Questo gioco ha fatto così successo che è stato portato perfino sul grande schermo
con ben 3 film (1995, 1997 e 2007).
Nel gioco, la Terra è in pericolo perché il perfido stregone Shang Tsung al servizio dell’imperatore
di Outworld, un mondo tenebroso, è vicino alla realizzazione del suo sogno: ridurre l’umanità in uno
stato miserevole, come quello di Outworld. Per evitare tutto questo, il protagonista deve vincere
per 10 incontri i mostri che gli si pareranno davanti.

Oltre ad un simbolismo molto oscuro iniziano ad apparire scritte evocanti, come per esempio
Armageddon, che – guarda caso – troveremo più avanti anche in altri giochi, e il sangue inizia ad
essere il comun denominatore.

Nel 1993, prodotto dalla ID Software, esce il cruentissimo DOOM.
Il giocatore indossa i panni di un marine statunitense deportato sul pianeta Marte. Qui si troverà a
combattere, con fucili a pompa, motoseghe e armi al plasma, contro gli stessi compagni “mutati” in
zombie e le creature infernali che hanno invaso la colonia.

Altissimi sono i livelli di violenza in questo videogioco, come pure numerose sono i riferimenti a
Satana e questo ha scatenato negli States una forte protesta.
La cosa che ha fatto rizzare i capelli (ma che pochi sanno) è che gli autori del massacro alla
scuola superiore di Colombine (che ha ispirato il documentario di Michael Moore) erano sfegatati
proprio di questo videogioco! Non solo, addirittura Eric Harris, uno dei due criminali, aveva
riprogrammato il gioco con la riproduzione virtuale del suo ambiente scolastico!
E’ d’obbligo precisare a questo punto che Harris era in “cura” con psicofarmaci come Luvox, molto
simile al Prozac. Droghe legali che hanno pesantissimi effetti collaterali, aggravano depressioni,
aumentano il rischio di suicidio e l’aggressività.

Siamo nel 1996 e il mondo viene letteralmente inondato dai Pokemon, della giapponese Nintendo.
Qualcuno potrebbe obiettare che i piccoli mostricciatoli nipponici sono simpatici e buoni e non
possono rientrare in questa analisi! Ma non è così.

Tale gioco, mirato ovviamente ai piccolissimi, ha partecipato invece alla promozione di istinti
violenti. Pokemon, contrazione di Pocket Monsters (piccoli mostri o mostri tascabili), è un sistema
articolato di videogiochi, figurine e film che ha lo scopo di inculcare nella mente dei bambini (che
diventano subito dipendenti) delle regole a cui essi poi si rifaranno nel mondo reale. «La prima è
quella di uccidere, ammazzare soprattutto i poveri, prima che quelli diventino briganti che
ammazzano te»[1] «Nell’universo Pokemon si ammazza in tanti modi, ad esempio c’è chi succhia via l’anima del nemico,
chi spara palle di fuoco, ecc. In sostanza le regole sono quelle di rendere la vita sociale del
tutto meccanicistica»[2]
Alla faccia dei simpatici mostricciatoli!

Nel 1997 la SCI presenta al pubblico un orribile gioco automobilistico chiamato Carmageddon in cui
si acquistano punti investendo con la macchina pedoni e/o animali che attraversavano la strada o che
camminavano lungo i marciapiedi. Furono così tante le polemiche che la casa di produzione dovette
modificare gli uomini con zombie; come se sostituendo le persone con mostri avessero risolto il
problema del modello criminale rappresentato e incarnato (carma) da tale gioco.

Da notare anche in questo caso il gioco di parole Carmageddon, Carma e Armageddon che ricorda la
battaglia finale citata nell’Apocalisse

Il XXI secolo inizia molto bene: esce Hitman, un gioco della IO Interactive.
Gioco questo che ha scatenato un vero e proprio putiferio. Il famoso editorialista del Corsera, Gian
Antonio Stella lo ha aspramente attaccato perché «consente di uccidere il padre». A rincarare la
dose ci pensa il senatore di AN Michele Bonatesta, che ha chiesto alla magistratura il sequestro per
istigazione a delinquere affermando che si tratta di un «videogioco criminale che non solo, come
tanti altri, incita irresponsabilmente i giovani alla violenza e all’assassinio, ma addirittura
insegna ad ammazzare il proprio padre».

In effetti lo scopo del gioco non è proprio pedagogico: si è un killer a pagamento incaricati di
uccidere di volta in volta soggetti diversi.

Nel 2005 la Microsoft di William Henry Gates III, meglio noto come Bill Gates, esce con Gears of
War, un gioco osceno pieno di violenza d’ogni genere.
I giocatori, proiettati in un futuro fanta-horror, lottano per la sopravvivenza contro il Locust
Horde, una razza di creature uscite direttamente dalle viscere del pianeta.
Anche in questo caso la violenza e le scene orride sono all’ordine del giorno.

Per ultimo, nel 2006, Rule of Rose, un horror psicologico della giapponese Punchline.
Un gioco a tinte fosche, in cui una ragazza durante un viaggio in autobus si ritrova vittima di uno
scherzo ad opera di un misterioso bambino. Successivamente verrà catapultata in un universo di
perversione (in cui si scontrerà anche con dei pedofili) dove i protagonisti sono dei bambini
nefasti!
In pratica in questo games, si vuole terrorizzare il giocatore-spettatore non con zombie e/o mostri
ma con i bambini stessi! Per capire la pericolosità è bene evidenziare che sono state fatte
interpellanze parlamentari affinché venga tolto dal commercio.

Questa disamina è incompleta per via della mancanza di decine di altri videogiochi violenti, ma
certamente sufficiente per comprenderne la portata e l’assoluta importanza nella formazione ed
educazione dei bambini.

Adesso vedremo infatti quali implicazioni hanno questi videogames sulla psiche e sul comportamento
dei ragazzi.
Numerose sono le ricerche scientifiche che mettono in guardia sull’impatto devastante e pericoloso
di simili immondizie mentali:

All’Università di AAchen in Germania, un gruppo di ricerca guidati dal Dott. Klaus Mathiak ha
evidenziato che «l’esposizione a videogiochi violenti produce la stessa attività cerebrale provocata
da un evento pericoloso e potenzialmente aggressivo»
In pratica, sottoponendo il cervello a risonanza magnetica durante le sedute ludiche è emerso –
esattamente come nel caso di un pericolo reale – «sia l’amigdala che la corteccia anteriore si
spengono in ogni occasione di violenza digitale». Quindi il cervello preparerebbe –
neurochimicamente parlando – il corpo a reagire con aggressività alla minaccia incombente, anche se
in questo caso la minaccia è assolutamente virtuale!

Dello stesso parere il neurobiologo tedesco Niels Birbaumer, che dalle colonne del New Scientist,
afferma che «i giochi sanguinolenti alimentino abitudini aggressive».
All’Università del Michigan hanno dimostrato le medesime cose: i «videogiochi violenti possono
condurre a schemi di attività cerebrale che possono essere caratteristici del pensiero aggressivo».
Su 600 ragazzi tra i 13 e i 14 anni, è risultato che tra loro quelli che più degli altri avevano
giocato con video violenti, risultavano avere un atteggiamento più ostile nei confronti di
insegnanti e autorità in genere!

I giochi violenti alterano lo stato emotivo, provocando sovreccitazione, inibendo l’autocontrollo
riducendo la capacità di concentrazione e le capacità razionali.

Un altra cosa molto importante, riportata dal Journal of Experimental Social Psycolology è che chi
«utilizza videogiochi ‘violenti’ e ‘cruenti’, sarebbe predisposto ad una tendenziale
‘desensibilizzazione’ nei confronti della violenza reale». Dopo aver fatto giocare in maniera
causale 257 studenti del College a videogame violenti (Carmageddon, Duke Numen, Mortal Kombat, Doom,
ecc.) e non violenti (Pinball, ecc.) è stato chiesto loro di assistere a un video di 10 minuti
contenente scene reali di violenza (tratte da tivù, filmati della polizia, ecc.). Il risultato –
scontato ma agghiacciante – è la minore sensibilità alle scene di violenza reale dagli studenti che
avevano giocato con videogiochi violenti.
Risultato: chi gioca con i videogiochi violenti rischia di diventare meno sensibile alla violenza
reale, e addirittura più violento e “cattivo” nella gestione delle relazioni interpersonali.

Ricapitolando: la violenza virtuale (indotta) dei videogiochi ha provoca i seguenti effetti:

– Produce la stessa attività cerebrale provocata da un evento pericoloso e aggressivo reale;
– Alimenta abitudini aggressive;
– Alimenta atteggiamenti ostili verso gli insegnanti e le autorità;
– Inducono schemi di pensiero, caratteristici del pensiero aggressivo;
– Riducono la capacità di concentrazione e le capacità razionali;
– Diminuisce la sensibilità alla violenza reale;
– Aumentano le difficoltà di gestione delle relazioni interpersonali;

In tutto questo è necessario per completezza sottolineare l’importanza e le implicazioni della
televisione, perché i videogiochi sono solo la punta dell’iceberg che incolla i bambini davanti allo
schermo e trasmette loro messaggi devianti!
I programmi televisivi impiegano composizione delle immagini, sequenze, frequenze e colori
appositamente calibrati per causare la totale dipendenza. Dipendenza non solo di tipo commerciale,
per vendere un prodotto piuttosto che un altro, ma anche psicologica e comportamentale.

Se a tutta la violenza indotta dai videogiochi, aggiungiamo quindi anche quella veicolata dalla
televisione, il quadro si fa molto più completo e assai preoccupante. Ogni anno un bambino assiste
almeno a 100.000 scene di violenza (dati molto sottostimati), in forma di film, documentari,
reality, ecc.
Con tutta questa violenza, e con l’assenza sistematica dei genitori (impegnati ad affrontare
difficoltà economiche di sopravvivenza), i bambini sostituiranno il modello e i punti di riferimenti
famigliari con beceri e squallidi personaggi virtuali presi dai cartoon, dallo spettacolo, dal
cinema, dalla musica, dall’intrattenimento (come i demenziali e totalmente finti protagonisti del
Wrestling), ecc.

Privi di un serio modello, lasciati soli e in balia di un sistema mediatico vergognoso improntato
sulla violenza e la libera pornografia, come potranno crescere questi bambini?
Capirete che lo scopo finale rientra in una strategia occulta mirata ad istupidire e assopire la
popolazione (partendo soprattutto dai bambini che saranno gli adulti di domani), rendendola
desensibilizzata moralmente e culturalmente e deviandola verso dei precetti precisi: sesso
(pornografia), violenza (droga) e soldi (illusione della ricchezza e miraggio di felicità).
Una strategia che punta direttamente, e non casualmente, ai bambini, rendendoli apatici, ripetitivi,
irrazionali, violenti e soprattutto aggressivi. Il tutto isolandoli dalla società per meglio
distruggere la capacità di socializzazione.

In poche parole: modificano il comportamento dei bambini (adulti in divenire), per controllarli e
manipolarli in futuro!
E’ arrivato il momento quindi che i genitori, i quali dovrebbero innanzitutto essere educatori,
comprendano l’importanza e soprattutto la devianza di un Sistema creato ad arte (tivù, videogiochi,
ecc.).

Articoli per approfondire l’argomento:

– “Bambini psico-programmati” di Antonella Randazzo, 27 dicembre 2006
www.disinformazione.it/bambini_psicoprogrammati.htm
– “La nuova violenza figlia dell’utopia mondialista”, 2 giugno 2000 Movisol,
www.movisol.org/pokemon.htm

[1] “La nuova violenza figlia dell’utopia mondialista”, Movisol.

[2] Idem

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