Esperienze di pre-morte, le neuroscienze cercano di spiegarle

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Esperienze di pre-morte, le neuroscienze cercano di spiegarle

di Ben Bendig

14.10.2013

Le recenti spiegazioni riguardo le esperienze di pre-morte,
provenienti dalle neuroscienze, hanno alcuni difetti e non riescono a
spiegare i vividi dettagli, riportati dalle persone.

Le descrizioni delle esperienze di pre-morte (Nde) esistono da sempre.
Vengono raccontate da persone che sono state vicine al decesso o che
sono trapassate realmente e poi tornate in vita.

Queste esperienze, seppur diverse tra loro, possiedono tuttavia molti
elementi che le contraddistinguono: vedere un tunnel di luce; vedere
un proprio caro trapassato; provare gioia o euforia; avere un senso di
consapevolezza accresciuto; sentire un senso di grande amore; rivedere
la propria vita in un breve periodo di tempo e avere la sensazione che
l’anima lasci il corpo. Le Nde tendono a trasformare in maniera
positiva le vite delle persone che le sperimentano.

Queste ricche e interessanti esperienze hanno suscitato domande
riguardo alla possibilità che l’uomo possegga veramente un’anima o se
la coscienza sia prodotta dal cervello. Con i progressi delle
neuroscienze, abbiamo un crescente numero di affermazioni che relegano
la spiegazione delle Nde al campo neuroscientifico, evitando qualsiasi
riferimento o spiegazione che prenda in considerazione l’anima.

SPIEGARE LE ESPERIENZE DI PRE-MORTE (Near Dead Experience, Nde)

Quanto sono consistenti le spiegazioni delle neuroscienze?

Una parte importante delle informazioni riguarda il fatto che metà
delle Nde accadano quando gli individui pensano di essere in punto di
morte ma in realtà, dal punto di vista medico, non siano vicini alla
morte. Per esempio il caso di qualcuno che cade da un edificio e pensa
di stare per morire, ma in realtà ha subito solo delle ferite lievi.
Ciò significa che se cerchiamo nel cervello la spiegazione di tutti i
differenti elementi distintivi delle Nde, dobbiamo tener conto, in
termini medici, dei casi in cui una persona sta morendo realmente e
dei casi in cui non c’è un reale pericolo di morte.

Una spiegazione comune, avanzata da alcuni scienziati, è che quando il
cervello è senza ossigeno si possono sperimentare varie situazioni, in
particolare un senso di luce splendente nei centri nervosi legati alla
visione. Questo tipo di sensazioni possono essere prodotte realmente
da una mancanza di ossigeno, ma il problema è che non tutte le Nde
comportano mancanza di ossigeno e nonostante ciò la sensazione di
untunnel di luce permane.

Inoltre quando il cervello è in mancanza di ossigeno, inizia a fornire
risposte in modo disorganizzato: non lavora in modo corretto. Dalla
nostra conoscenza del cervello, in questo stato non dovremmo
aspettarci delle esperienze organizzate, ma piuttosto un disordine
probabilmente simile a una crisi epilettica o a una malattia mentale
insomma altre situazioni in cui il cervello non lavora in modo
corretto.

Tuttavia abbiamo delle esperienze dinamiche, organizzate e reali:
secondo quanto affermano le persone, le Nde sono «più reali del reale»
e quando le hanno vissute si sentono libere, hanno compreso l’universo
a un livello profondo e non sono mai state così felici. Questo può
accadere sia quando il cervello non è in pericolo immediato e sia
quando si trova in situazioni difficili a causa di un pericolo di
morte.

LA FORZA DELLA MENTE

Curiosamente, quando il cervello è vicino alla morte, avviene un
miglioramento cognitivo: la mente è senza restrizioni e può gestire
più pensieri del solito. Il fatto che in situazioni difficili il
cervello abbia un miglioramento delle funzioni cognitive non quadra
con la nostra comprensione delle funzioni cerebrali.

Un’altra spiegazione basata sul cervello è che le esperienze
extracorporee (Obe), che fanno parte delle Nde, siano causate da un
malfunzionamento della giunzione parieto-temporale, una regione del
cervello deputata alla formazione del concetto del proprio corpo.

La prova che sia questa regione la responsabile della sensazione di
perdita della percezione del corpo e dell’ambiente circostante, come
stanze o zone vicine, è sorprendentemente debole. Lo studio di Blanke
e dei colleghi, spesso menzionato, è basato sul caso di un paziente;
le spiegazioni del paziente indicavano che, quando non aveva la
sensazione del proprio corpo, poteva ugualmente vedere il tronco e le
gambe.

Tuttavia lo studio dimostra solo che la stimolazione elettrica di
questa parte del cervello permette alle persone di avere la sensazione
di non essere nel corpo, ma non produce nessuna delle altre situazioni
caratteristiche di una Obe, come vedere tutto il corpo, galleggiare
nella stanza e vedere l’ambiente circostante. In breve non riesce a
descrivere nulla di qualitativamente simile allo stato extracorporeo
vissuto durante una Nde.

RIVEDERE LA PROPRIA VITA

Le spiegazioni date al fenomeno di rivedere la propria vita ossia ai
casi in cui si riesce a osservare, a volte con grande dettaglio,
l’intero corso della propria vita provando rimorso per le azioni
egoiste e soddisfazione per quelle ‘buone’, sono particolarmente
misteriose.

Una spiegazione, in un articolo di Charlese Choi in American
Scientific, suggerisce che la regione del cervello responsabile del
fenomeno di rivedere la propria vita è probabilmente il locus
coeruleus, un’area coinvolta nello stress e collegata alle aree che
gestiscono l’emozione e la memoria. Perché tuttavia quest’area può
evocare tutti i ricordi delle azioni di una vita, durante la morte – o
quando la morte è imminente – e non evoca alcun ricordo durante altri
stress estremi? E come si possono spiegare la formazione di nuovi
concetti morali che spesso accompagnano una Nde?

Un altro articolo, di Mobbs e Watt, apparso su Trends in Cognitive
Sciences, cerca di spiegare il fenomeno citando il caso di un paziente
che, durante una Nde, era in stato di Rem (uno stato caratteristico
del sogno). Loro concludono che il fenomeno del rivedere la propria
vita è collegato probabilmente allo stato Rem, dato che è presente
durante la Nde ed è anche associato con il consolidamento della
memoria.

Un problema critico in questo argomento è che lo stato di Rem è
coinvolto solamente nel processo di consolidamento dei ricordi
procedurali – quando impariamo nuove abilità, come ad esempio andare
in bicicletta – e non è coinvolto nei ricordi episodici che
costituiscono i ricordi pregressi, presenti durante il fenomeno del
rivedere la propria vita.

La spiegazione ha un altro problema fondamentale, lo stesso
dell’esempio della sensazione extracorporea. Essa fa riferimento a un
unico paziente. In casi come questi utilizzare un solo esempio per
fare generalizzazioni significa fare un cattivo uso della scienza,
dato che non si può sapere se si tratta di una situazione eccezionale.

Mobbs e Watt cercano di spiegare la presenza dei propri cari deceduti,
sostenendo che a volte alcune persone, che soffrono di gravi problemi
di Parkinson, hanno allucinazioni in cui compaiono cadaveri senza
testa, mostri, fantasmi e parenti defunti. Il Parkinson provoca
problemi a un’area del cervello che produce la dopamina, un
neurotrasmettitore e gli autori suggeriscono che queste allucinazioni
sono causate da uno squilibrio di questo neurotrasmettitore.

Il problema è che quasi tutti i casi di Nde riportano delle esperienze
positive, sensazioni d’amore e gioia: non ci sono cadaveri senza
testa. Ci sono alcuni casi in cui le persone vivono esperienze in cui
sono presenti demoni e situazioni infernali, tuttavia la maggior parte
dei casi non sono di questo tipo.

Un altro problema è che nei casi di Parkinson il paziente è
consapevole che queste sono allucinazioni, mentre nei casi di Nde è
consapevole di essere di fronte a un fenomeno reale. In effetti questo
fatto potrebbe suggerire un differente tracciato neurale.

Una buona spiegazione in campo neuroscientifico non deve solo spiegare
un singolo fenomeno, ma deve collegare i vari fenomeni e spiegare come
possano verificarsi contemporaneamente.

FALSI RICORDI?

Un altra spiegazione proposta per le Nde è basata sul fenomeno dei
falsi ricordi: essa sostiene che queste esperienze sono create dalla
mente per spiegare la mancanza di coscienza. Questa spiegazione è
stata proposta dal biologo P.Z. Myers, un noto scettico.

Myers affema che quando le persone ritornano in vita dopo la morte
clinica e raccontano alcune situazioni sperimentate, non significa che
durante il periodo di morte clinica siano state consapevoli, potrebbe
essere solo una spiegazione del cervello per giustificare il periodo
di incoscienza. In un articolo pubblicato su Slate, il biologo afferma
che «questa è la risposta standard dei neuroscienziati su come il
cervello funziona».

Questa spiegazione soffre degli stessi problemi principali, presenti
nelle altrespiegazioni neuroscientifiche: circa metà delle Nde non
accadono in situazioni di pericolo di vita, ciò significa che queste
persone non sono assolutamente inconsapevoli e quindi non c’è alcun
gap da giustificare.

L’altro problema è che in un primo momento una spiegazione basata sul
fenomeno deifalsi ricordi sembra plausibile ma nella letteratura
scientifica i falsi ricordi e gli eventi straordinari – entro cui una
Nde dovrebbe essere considerata – accadono solo a persone con gravi
problemi di memoria.

Le persone, che hanno recentemente subito dei traumi cerebrali e
soffrono di problemi legati all’apprendimento di nuove informazioni e
al ricordo di vecchie informazioni, a volte creano falsi ricordi per
spiegare le cose. In alcuni casi essi sono abbastanza fantastici, come
essere un pirata spaziale, tuttavia mostrano pochi punti in comune con
le esperienze di tipo Nde.

La spiegazione ha altre debolezze, in primo luogo questo tipo di falsi
ricordi spariscono col tempo, in secondo luogo i racconti spesso
cambiano e per terzo essi non hanno il requisito dell’ineffabilità, un
elemento caratteristico delle Nde, infatti nelle descrizioni di queste
esperienze le persone cercano di spiegare cos’hanno sperimentato ma
ammettono che le parole sono davvero inadeguate per descriverle.

Una spiegazione basata sui falsi ricordi è poco esaustiva: in un primo
tempo può sembrare buona, ma non combacia con ciò che sappiamo sui
falsi ricordi e non funziona per metà delle Nde.

È importante cercare di spiegare questi fenomeni utilizzando sistemi
conosciuti, dato che non vogliamo accettare le cose in modo
superficiale, ma dobbiamo anche riconoscere le debolezze di una
spiegazione e quando essa proprio non funziona.

Articolo in inglese: Neuroscience Struggles to Explain Near Death Experiences

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