Spiritualità del silenzio

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Spiritualità del silenzio

Da “La meditazione e l’esperienza del Vuoto”,

di Giancarlo Barbadoro, Edizioni Triskel – Torino 98

Spiritualità del silenzio

Può sembrare strano parlare di una spiritualità del silenzio, perché il silenzio, a prima vista, è
soltanto una vacuità senza senso, pura mancanza di parole, pensieri e sentimenti. In realtà il
silenzio della parola, dell’immaginazione e dello spirito è una dimensione umana fondamentale:
appartiene alla nostra essenza, perché è il custode del nostro mondo interiore, la condizione previa
dell’ascolto, la necessaria premessa di ogni umana comunicazione.

Percorrendo le gallerie delle catacombe o sostando nelle cripte, siamo immersi in un’ atmosfera di
silenzio, che è tuttavia solo il silenzio di un antico cimitero. Ma esso ci colpisce intimamente,
perché non è il silenzio della morte, del rimpianto senza speranza di tutto ciò che era caro ai
Cristiani durante la loro vita. È un silenzio di pienezza, riempito dalle voci dei martiri che hanno
vissuto la nostra vita, e che hanno però coraggiosamente e costantemente testimoniato la loro fede
non soltanto in tempo di pace religiosa ma specialmente durante le persecuzioni.

Questo silenzio è pieno di pace, di speranza in una futura vita migliore, nella luce della
risurrezione di Cristo. Il silenzio delle catacombe è pieno di storia e di mistero; è sacro,
significativo e più eloquente delle stesse parole; è arricchente perché ci porta a riflettere sulla
Chiesa delle origini, sull’eroica testimonianza dei Martiri, come sull’ordinaria testimonianza dei
semplici cristiani, che non seppellirono la loro fede sottoterra, ma la vissero nella vita di ogni
giorno, nella famiglia, in società, al lavoro, in ogni compito e professione.
È un silenzio comunicativo, che parla al cuore e alla mente dei pellegrini, che rivela loro il mondo
sconosciuto della Chiesa primitiva, con le sue classi sociali, sentimenti ed affetti; con le pene e
le speranze dei Cristiani sepolti nelle catacombe. Non possiamo soffocare questo silenzio, che parla
per se stesso, o piuttosto grida imperiosamente. San Gregorio il Grande parlò dello “strepitus
silentii”, del “fragore del silenzio”, un contrassegno che si adatta perfettamente al silenzio delle
catacombe.

Questa atmosfera di silenzio, evocativa della vita e del sacrificio dei primi Cristiani, costituisce
un luogo privilegiato di meditazione spirituale, di revisione di vita, di rinnovamento della fede.
La loro testimonianza coraggiosa e fedele ci interpella personalmente. Qual’è la “nostra” risposta
oggi all’amore di Dio, in una società che forse non è così ostile come la loro, ma che è
principalmente indifferente ai valori religiosi?
Le catacombe ci lasciano un messaggio di fede silenzioso, ma chiaro, tanto più necessario poiché la
nostra età è malata di rumore, esteriorità, superficialità. Qui le parole non sono necessarie,
perchè le catacombe parlano da se stesse.

Questo è il Cristianesimo, al massimo grado di semplicità e d’intensità, incorporato in figure di
martiri, confessori e vergini, parlanti dalle cripte e dagli ambulacri, dalle pitture e dalle lapidi
consacrate da quasi due millenni di venerazione. È appunto questo carattere di essenzialità
elementare, efficace, inesauribile, che ha reso le catacombe romane una delle mete predilette della
Cristianità pellegrinante.
Sui passi dei martiri e dei primi cristiani, la spiritualità delle catacombe ci aiuterà a celebrare
il Giubileo con un vero e profondo rinnovamento della nostra fede per “vivere della pienezza della
vita in Dio” (Tertio Millennio Adveniente, n.6).

L’esperienza del silenzio interiore.

Nel liberarsi dai parametri virtuali del mondo creato e dominato dalla mente, per accedere alla
condizione aperta sul piano della natura, l’individuo esce inevitabilmente dal turbinio e dal
frastuono virtuale della mente e accede a una condizione di silenzio interiore dove trova se stesso
di fronte al mistero dell’esistenza. Questa esperienza di silenzio e’ fondamentale poiche’ distingue
la facolta’ spirituale dalle soggettivita’ e dalle emotivita’ della mente.
Vivere questa condizione di silenzio non significa ovviamente chiudersi in se stessi, ne’ isolarsi
dal mondo. Significa invece uscire dalla soggettivita’ della mente per entrare nella purezza
luminosa dello Shan.
Significa ritrovare se stessi e dare tante risposte a tante domande. Ed e’ anche un modo per
rapportarsi reciprocamente con altri che, come noi, stanno realizzando una esperienza al di fuori
della soggettivita’ della mente.

L’esperienza del silenzio contiene in se’ molte potenzialita’ esperienziali che si articolano in una
sequenza di esperienze realizzabili secondo l’interesse dettato dalle necessita’ dell’individuo.
Il primo evento immediato e utile che si verifica in questo silenzio e’ l’esperienza che la
filosofia della meditazione identifica nel concetto di pacificazione della mente.
Nel tacitare la mente per dar modo alla condizione spirituale di identificarsi e di emergere alla
sua reale natura, accade che le ansie, i problemi della personalita’ e le turbe della psiche perdono
automaticamente di mordente. Si affievoliscono per lasciar posto alla capacita’ di godere della
propria vita, consentendo di uscire dai sensi di colpa causati dal giudizio ipercritico delle
necessita’ del proprio ego per giungere a una felicita’ fino a quel punto negata nella dimensione
della mente.

Il fatto stesso di realizzare un processo di tacitazione della mente, quale puo’ offrire
l’esperienza della meditazione, rende implicito di imparare a relativizzare i valori che la mente
stessa propone, e quindi di prenderne le distanze senza piu’ crederci. Il che pone, di fatto,
l’individuo nel pieno della dimensione dell’esperienza spirituale, fuori dal plagio della mente.
Libero e pronto ad intraprendere la piu’ grande avventura della propria vita.
Ecco quindi che l’esperienza del silenzio si rivela in grado di poter offrire altre esperienze.
Ma le potenzialita’ esperienziali possibili nell’esperienza del silenzio non finiscono qui. Questa
condizione consente di giungere al nucleo della propria identita’ reale, aiutando a ritrovare se
stessi, nella propria identita’ piu’ intima e vera. Come se si riprendesse quel filo interrotto di
una esperienza di vita incominciata nella propria infanzia e poi impedita e ipotecata dai richiami
del mondo degli altri nel momento del proprio inserimento nel sociale. Allora, si era indifesi e si
aveva creduto alla realta’ dell’ovvio che ci era stata imposta.

L’esperienza del silenzio consente anche di percepire la presenza del Vuoto, la realta’ misteriosa
in cui viviamo e in cui partecipiamo al suo disegno nostro malgrado, inconsapevolmente.
E in questa prospettiva possiamo sviluppare una importante esperienza mistica, quella che ci
consente di scorgere l’esistenza del sentiero misterioso che manifesta la natura segreta
dell’esistenza su cui potersi incamminare ed evolvere verso il risveglio. Un cammino da percorrere
attraverso progressivi stati percettivi di coscienza che portano alla percezione della propria reale
identita’ e alla conoscenza e alla partecipazione dello Shan, la natura reale dell’esistenza.

L’esperienza del silenzio consente inoltre di realizzare una energia spirituale immensa,
canalizzabile in una capacita’ creativa da poter dedicare a se stessi e agli altri in un atto di
amore che ricambia e completa quello ricevuto nella stessa esperienza del silenzio.
E’ nell’esperienza del silenzio che si puo’ giungere, infine, a realizzare la completezza della
propria partecipazione al mistero dell’esistenza, attuando la saldatura del visibile quotidiano con
quella dell’invisibile per realizzare un atto partecipativo nella globalita’ fenomenica dello Shan,
il mistero che e’ la nostra vita e il significato stesso della nostra esistenza.
Ed e’ nell’esperienza del silenzio che diveniamo ricercatori dell’infinito per trovare conferma alle
nostre esperienze di realta’.

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