Rivelazione (i Quaderni di Sarmoung) 1

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Rivelazione (i Quaderni di Sarmoung) 1

< I Quaderni di Sarmoung n° 1 >

– RIVELAZIONE –

Questa straordinaria conferenza “spirituale”, tenuta da Ghislaine Gualdi, è
pro­posta dal Gruppo Teo­sofico Sarmoung ed è dedicata a tutti coloro che si
sentono attratti, anche solo per curiosità, a migliorare ed espandere la
propria coscienza.

(parte prima)

– L’IMPORTANZA DI ESSERE LA PAROLA –

Se il mio linguaggio è tale, è proprio perché tramite il linguaggio qualche
cosa sarà cambiato o porterà del nuovo sul pianeta. Conseguentemente se
qualcuno vuole essere coinvolto in questo nuovo linguaggio, in questo
cambiamento, deve integrarsi con tale linguaggio. Perché insisto su questo
punto? Perché qualunque cosa voi facciate, qualsiasi cosa stiate per
trasmettere all’altro, sia esso soltanto un cambiamento psicologico, o il
capovolgere uno stato di cattivo umore per trasformarlo in uno stato di buon
umore o unicamente un augurio di buona salute, occorre che voi siate
tutt’uno
con ciò che volete comunicare.

Nulla può essere dato nella misura in cui l’individuo non lo possieda già,
nulla può essere trasmesso se l’individuo non è esso stesso ciò che
trasmette. Perché questa condizione? Perché se un concetto non è trasmesso
tramite vibrazioni, non è vivo, non ha alcun prolungamento, alcun’azione,
alcun effetto. Per cui ci sono quelli che “credono” e che mi chiederanno:
“Ma come, ci sono tanti che parlano e che non sono ciò che dicono, ci sono
numerose Guide, numerose persone chiamati “Guru” o maestri del pensiero, che
non testimoniano ciò che predicano, ma che però hanno una folla intorno a
loro!”. Ebbene lasciate che vi rassicuri su questo punto dicendovi: questi
uomini, questi spiriti, non possono essere “eternità”.

Rientra nelle libertà dell’individuo il credere in una persona o il non
crederle, il seguirla o il lasciarla. Sarà una prova di discernimento il
capire se c’è spiritualità o ignoranza nello spirito degli uomini, il
provare a riconoscere colui che parla sinceramente da colui che dice il
falso. Non si corre il rischio di perdersi, come tanta gente teme. Sarà una
prova molto utile per quella gente che non osa andare né a destra né a
sinistra, perché ha paura di perdersi, quando invece bisogna correre il
rischio della prova del discernimento.

Anche se si viene per tutta la vita accecati dal linguaggio di un maestro,
accecati da ciò che insegna, rimanendo sempre chiusi nel proprio metodo,
chiusi nel proprio Ashram, la vita non sarà mai sprecata. Perché si metterà
il discernimento alla prova, e sarà, forse, dall’altra parte, dopo la morte,
che si capirà l’errore. Ma è meglio che l’errore sia consumato una volta per
sempre, in una sola vita e che alla fine il discernimento sia raggiunto,
compiuto, piuttosto che dover essere salvati in virtù d’un avvertimento.
Dover dire all’individuo “guarda che quel tipo non è raccomandabile”, fargli
paura parlandogli di sette, di falsi profeti, e utilizzare, quindi,
l’ignoranza
che c’è in lui – perché la paura è sempre il risultato dell’ignoranza –
correndo il rischio di aggiungere danno al danno, non è auspicabile. Perché
in tal modo l’oggetto dell’ignoranza non sarà rimosso. Immancabilmente
rifarà l’errore un giorno o l’altro. Potrà essere salvato una volta, ma non
due o tre volte, per ciò è meglio che consumi il suo errore fino alla fine
e, accorgendosene, se ne liberi per sempre, per tutte le restanti
incarnazioni.

– CHE COSA CREA LO STATO DI DISCEPOLO? –

In sintesi ciò che bisogna fare è: avere la preoccupazione di integrare ciò
che si pretende dare. Non basta semplicemente voler dare, bisogna essere la
mollica del pane, non solo la crosta, bisogna essere il vino, non solo il
bicchiere, non basta essere solo in modo allegorico ciò che si vuole
trasmettere, bisogna avere sempre la preoccupazione d’essere autentici nella
spiritualità.

Ciò che conta, ve lo dico, non è avere accumulato tante ore di meditazione,
nè esercitare tale o talaltro atto di bontà, nè possedere questo o
quell’aspetto
di purezza nel modo di pensare, ciò che conta è essere autentici. E’
l’autenticità
che crea lo stato di discepolo.

MOLTI SARANNO CHIAMATI MA POCHI GLI ELETTI

Qual è la differenza fra gli aspiranti, fra coloro che riempiono le scuole
iniziatiche, i templi, le chiese, fra tutta quella gente che viene in massa
alla ricerca di qualche cosa, di una speranza, alla ricerca di una
spiegazione, alla ricerca dell’universo, fra quelli che sono discepoli o che
diventeranno discepoli, e gli altri? Ebbene la differenza è rivelata da una
frase molto semplice: “Molti saranno chiamati e pochi saranno gli eletti”.

Perché? Come ho già detto, non perché Dio o la Gerarchia sia selettiva, non
perché Dio voglia solo i migliori e che setacci dopo numerose e demoniache
prove quelli che potranno essere i re o i più forti! No, assolutamente no!

Non si è forse affermato che Dio è Amore, e Amore per tutti. E se è Amore
per tutti non può quindi fare alcuna scelta, neanche quella del migliore
discepolo. Se può perdonare a colui che è nell’abisso, come non potrebbe
perdonare colui che si sforza di salire verso di Lui, anche se commette
degli errori!

Quindi il principio della selezione non è basato sulla scelta che fa Dio,
sulla scelta che fa la Gerarchia, il principio della selezione è fondato
unicamente sull’attitudine del discepolo, è egli stesso che fa la sua
selezione, è egli stesso che opera sulla possibilità di essere scelto, e
come? Semplicemente dimostrando ciò che egli è. Non vi è nessuna legge
nell’universo
che dica “Ebbene, tu discepolo devi rispondere a questo o quel criterio, e
tu, altro discepolo, devi rispondere a tale o tal’altra legge”.

– L’IMPORTANZA D’ESSERE AUTENTICI –

L’universo è uno sbocciare fantastico di diversità, non può esservi un
atteggiamento settario nella scelta del discepolo, non c’è un vaglio
attraverso il quale il quale tutti devono passare. Al contrario vi è una
prova che il cielo richiede, e questa prova è l’autenticità, essere un
discepolo vero, che si comporta come discepolo fin nei più piccoli gesti di
tutti i giorni, sempre, fino alla fine. Non colui che vive il suo lato
spirituale quando è al tempio, quando è di fronte alla gente, quando è nei
salotti e poi, subito dopo, sia sul lavoro, sia nella sua famiglia o sia
nella vita, si comporta come un profano. Nella misura nella quale
l’individuo
crea questa separatività, si pone anche nella categoria dei “chiamati” e
forse, un giorno, di quelli rifiutati.

Al contrario se fa un congiungimento, se fa un’unione, se impara a vivere, a
fare un prolungamento della sua anima nel materiale, se impara a fare sì che
ogni cosa sia unità nel suo spirito, nelle sue azioni, allora egli diventa
non solamente o semplicemente un eletto, ma in più diventa un esempio!

Eppure, guardate cos’avviene intorno a voi. Non serve a niente parlare della
Bibbia, non serve a niente parlare dei grandi scritti sacri, dare delle
spiegazioni, non serve niente parlare di grandi teorie. Lo sapete bene,
quando parlate, quando tre persone vi ascoltano, automaticamente due di
queste vi osservano, e queste due persone cercheranno di giudicarvi per
sapere se siete degni di ciò che dite.

Tanti individui sono capaci di parlare tanto, di essere ascoltati, di
risvegliare anche, di provocare reazioni nella gente e appena tentano di
aprire la bocca, sono giudicati, non sono più creduti, non sono più
ascoltati. Perché? Perché l’individuo non è stupido, anche se avesse un
tasso di stupidità non normale per la terra, egli non è completamente
stupido, e vede bene, sente bene quando chi parla non è in armonia con
quanto dice, quando non è ciò che dice.

Quindi qualsiasi cosa facciate, abbiate cura d’essere autentici.

Non occorre per questo vivere in una nuvola di spiritualità, credendo che la
spiritualità sia qualcosa di molto eterico che deve avvolgere i vostri
spiriti, che deve trasformare i vostri gesti, che deve rendervi molto
ottimisti. Su questo pianeta non dovete passare per degli originali o per
degli emarginati anche se in nome della spiritualità.
Essere reali, far parte del reale, far parte del quotidiano, ma essere
sufficientemente intelligenti per dirigere le vostre azioni sempre in una
direzione spirituale.

Essere abbastanza vigili da dirigere i vostri pensieri sempre in una
direzione spirituale. Essere sufficientemente in ascolto per essere sempre e
ad ogni momento l’aiuto spirituale per gli altri.

Non si tratta, quindi, di diventare un essere eterico, un essere allegro, un
essere leggero senza profondità e consistenza. Un essere rinchiuso nella sua
torre d’avorio anche se è spirituale, che si accontenta di sognare e di
pretendere dagli altri che questo sogno diventi universale, serve a poco.

Bisogna essere concreti, reali, e proprio in questa realtà bisogna
riconoscere la spiritualità.

Anche la spiritualità ha del concreto, è concreta, è reale. è lo spirito che
ha creato la materia, è lo spirito che ha creato il mondo, le rocce, il
vostro corpo di carne. Quindi lo spirito è anche materiale, lo spirito sa
anche essere concreto. La spiritualità, le religioni sono state tanto
denigrate e continuano ad esserlo. Perché? Perché la gente non sa vivere la
spiritualità, la gente sa solo sognare a proposito della spiritualità:
quando qualcuno scopre le leggi della fraternità, da un giorno all’altro si
mette a sorridere verso tutti quelli che passano, si mette a tendere la
guancia destra appena l’hanno colpito sulla sinistra. Così, tali
“illuminati”, perdono il carattere, non hanno più discernimento, nessuna
stoffa, alcuna realtà, e tutto quello che fanno è far ridere di sé e del
gruppo da quale provengono.

Occorre realtà, bisogna essere se stessi, bisogna essere il mondo, ma fare
sempre in modo d’essere diretti dalle forze spirituali e non dalle forze
terrestri, questo è il cambiamento che si deve fare. La personalità deve
essere vissuta dalle forze spirituali e non dalle forze terrestri, che non
sono altro che gli istinti che invadono il fisico.

Ma se il fisico è invaso dalle forze dell’anima, allora la personalità,
qualunque essa sia, sia essa animata da certe qualità, da certe capacità o
meno, diventa lo strumento dell’anima, diventa l’esteriorizzazione finale e
terminale delle forze sottili dell’anima.

In tal modo l’anima compie ciò che è venuta per compiere: essa può allora
irradiare.

Mentre in caso contrario è obbligata a battersi contro le forze terrestri,
per tentare di esprimersi, ed è tale “attrito” che genera un buon numero di
malattie.
In sintesi è necessario curare la realtà spirituale senza dimenticare la
realtà del mondo.

Colui che divide i due aspetti non ha capito niente, si accontenta
semplicemente di fuggire in un paradiso che non esiste. E questa fuga deve
essere fermata, occorre tuffare di nuovo l’uomo nella sua dimensione
terrestre dicendogli: “Sì, sei della terra, ma non appartieni alla terra,
sei della terra in modo transitorio per sperimentare qualche cosa, ma non
dimenticare che sei anche del cielo”. E tra questi due aspetti, che sembrano
dissociati, occorre creare l’unione perché, in verità, non vi è
dissociazione.

Quindi abbiate cura dell’autenticità, abbiate cura di vivere il reale della
terra, in armonia con il reale del divino, ed in quest’unione siate
discepoli autentici.
Vi ascolto: (c’è una domanda, non registrata ed ecco la risposta).

Mi esprimerò con una frase o con un’immagine che corrisponde a ciò che puoi
capire; ipotizziamo che tu sia in una città e che tu stia passando oltre
certe porte: passi oltre una prima porta e ti accorgi di essere in un
negozio che vende pane, cosa crederai? Che questo negozio è una panetteria.
Passi un’altra porta e ti accorgi di essere in un locale dove si vendono
scarpe, dirai quindi che è un negozio di scarpe, poi entrerai in un altro
posto dove la gente è seduta a bere, e dirai che è un bar. Saprai
automaticamente in quale luogo sei perché la cosa è manifesta.

Quindi io cosa manifesto? Te lo dico . Manifesto la parola, e la verità.

Certamente mi puoi domandare: ci sono numerose guide, numerosi maestri che
parlano, sei tra questi? Sei una forma definita o indefinita? Sei precisa o
imprecisa? Sei un’entità o sei un maestro con ascensione ed evoluzione, o
sei semplicemente una guida? Ebbene, vedi, fino ad ora ho voluto dare solo
vaghe spiegazioni perché non voglio che lo spirito dell’uomo lavori a
fabbricare un’immagine, sono venuta a distruggere le immagini.

Guarda cosa è avvenuto nel tempo. Fino a quando gli esseri hanno chiamato
principio “divino” ciò che noi chiamiamo “coscienza cosmica”, fino a quando
hanno chiamato questo principio “eterno”, la gente non immaginava nulla,
null’altro che del fuoco, dello spazio e dell’immensità. Poi un essere è
venuto, e a pieno titolo ha detto “il Padre che è nei cieli”, allora gli
uomini, appena egli ha pronunciato questa parola, che non aveva nulla a che
vedere con qualche cosa di concreto, gli uomini hanno definito un’immagine,
delimitato un concetto rendendo settario un principio che non ha
naturalmente alcun limite.

Dire “il Padre”, in sé non vuol dire nulla, deve solo ricordare agli uomini
che qualche cosa di paterno vigila su di loro, che qualche cosa d’amorevole
li protegge. Non fu detto per concretare un’immagine e deificare la cosa,
perché c’è qualcosa che deve morire su questo pianeta..a proposito del
Divino.

Il Divino è qualcosa di semplicemente sacro, il Divino non è qualcosa da
deificare, il Divino non richiede devoti, il Divino non richiede che la
gente sia in adorazione; l’adorazione, o meglio, la devozione, è il
principio primo dell’entrata nel tempio, la devozione è qualche cosa di
benevolo, ne conveniamo naturalmente, e preferiamo che ci siano solo devoti
piuttosto che solo atei, ma non è ancora questo il modo adatto, il modo
giusto di vedere il Divino, assolutamente no.

La devozione è una tappa, l’adorazione è solo una tappa. Ma non è
l’espressione
reale, l’espressione giusta che si deve rendere alla coscienza cosmica o a
se stessi. Quindi per evitare ancora delle deificazioni, e per evitare
ancora dei comportamenti da bambini stupidi e senza cultura, non voglio dare
alcun nome, non voglio dare alcun’immagine, alcun aspetto a ciò che noi
formiamo. E questo a ragion veduta, credetemi, non è per rimanere nel vago,
non è per non essere toccata con un dito. E’ che non voglio essere
riconosciuta perché il funzionamento del pensiero umano è tale per cui tende
sempre a creare un’immagine, una rappresentazione che poi adora, a creare
un’icona
che poi chiama piangendo: “Vieni perché sono in questa situazione, aiutami
perché sono in quella difficoltà”.

Quando invece il mio principio non è creare una nuova forma d’adorazione o
un prolungamento dell’adorazione, il mio principio è liberare l’individuo,
perché egli si prenda per mano spiritualmente, perché egli sia responsabile
della sua spiritualità, in modo da vivere e da essere la sua spiritualità.
Occorre tirare fuori l’umanità dall’infanzia. Come posso fare uscire
l’umanità
dall’infanzia se poi io stessa le fornisco qualcosa che ulteriormente la
prolungherà?

In ogni caso, per essere comunque in comunicazione con certuni, con quelli
che vorrebbero comunque chiamarmi, vi do un nome per riconoscermi:
chiamatemi semplicemente Pastor. In verità ciò non significa niente: ogni
individuo deve innalzarsi al di sopra di ciò che è immagine apparente. E se
mi do un’apparenza, sia tramite la descrizione di me stessa, sia tramite la
descrizione della mia natura, attraverso questo quadro l’individuo che
funziona solo a livello intellettuale – essendo per ora l’intelletto uno
strumento limitato in grado di recepire solo argomenti con un inizio ed una
fine – non può concepirmi.

Per comprendere un illuminato non serve l’intelletto, ma la coscienza. Di
conseguenza, giacché l’individuo per ora non può concepirmi che attraverso
il suo intelletto, e non volendo dare nutrimento a quell’intelletto, non
darò di me un’immagine. Così coloro che vogliono ricevermi, quelli che
vogliono sentirmi, faranno appello a ciò che c’è di giusto in loro: la
coscienza.

Se dicessi invece: “sono Tizio, mi chiamo Caio, ho tale posizione, ho tale
attrattiva, ho già fatto questo, ho già fatto quello”, ebbene
automaticamente sarebbe l’intelletto dell’uomo ad essere nutrito. E l’uomo,
dopo aver mangiato, andrebbe a riposarsi, si sdraierebbe, le mani sulla
pancia, dicendo “Ce l’ho fatta, sappiamo chi è Pastor, mettiamo la velocità
di crociera e ascoltiamo con calma”. Non voglio questo. Voglio che l’uomo
sia sempre sufficientemente coinvolto, curioso, stimolato, affinché egli
superi se stesso. “Non si sa chi sia Pastor.”, allora bisogna continuare a
cercare, bisogna ancora venire ad ascoltare, bisogna nuovamente trasformarsi
per riuscire a raggiungere una comunicazione con Pastor. è questo di cui la
gente necessita.

Se io dicessi loro chi sono, ciò che faccio, ciò che ho già fatto, allora si
sederebbero – ve lo garantisco – forse verrebbero ad ascoltarmi, forse mi
leggerebbero, anche, ma lo farebbero con calma, bonariamente: “Ecco, è la
storia che continua, che passa serenamente”. Purtroppo però, la gente non
evolve con questo metodo.

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