Ritmo circadiano e il buio
di: Donata Allegri – Ecplanet.net
Fra tutti i ritmi della natura, il più evidente è certamente l’avvicendarsi del giorno e della
notte; piante ed animali si sono adattati ad esso. I ritmi biologici, scoperti da Franz Halberg,
seguono una curva sinusoidale, ossia una doppia curva che cresce fino ad un massimo (acrofase) e poi
scende fino a un minimo, variando intorno ad un valore mediano che si chiama mesor.
La doppia curva crescente, decrescente, poi nuovamente crescente e decrescente si completa in un
periodo di tempo ben definito che può essere: un giorno (ritmi circadiani), una settimana (ritmi
circasettani), un mese (ritmi circatrigintani), un anno (ritmi circannuali), e così via. In
particolare, il ritmo circadiano, (dalle parole latine circa e dies = ciclo di quasi un
giorno) è il componente fondamentale di quello che potremmo chiamare “orologio biologico”. Gli
esempi più evidenti di questo orologio sono il battito cardiaco, la variazione della temperatura
corporea durante il giorno, l’apertura e la chiusura di certi fiori rispettivamente all’alba e al
tramonto, le migrazioni di alcune specie animali.
Michael Rosbash e colleghi della Brandeis University hanno condotto esperimenti per capire che cosa
consenta agli abitanti delle estreme latitudini nord di mantenere i ritmi giornalieri. Si sapeva che
gruppi specifici di neuroni sono responsabili dellorologio biologico ma non si era capito che i
neuroni non funzionano separatamente ma collaborano con altri neuroni, in una rete di comunicazione
cellulare, per mantenere i cicli del ritmo circadiano.
Per comprendere questo gli scienziati hanno utilizzato i moscerini della frutta (Drosophila) nei
quali si è visto che i neuroni laterali ventrali sostengono effettivamente i ritmi circadiani
durante periodi di oscurità permanente e che gli schemi di espressione molecolare associati a questi
ritmi continuano il proprio ciclo anche all’interno di altre cellule. Questo richiede la
comunicazione e la collaborazione intercellulare fra i gruppi differenti delle cellule dell’orologio
del cervello.
Istituzione scientifica citata nell’articolo:
Brandeis University www.brandeis.edu/
Donata Allegri
E-mail: donata.allegri@ecplanet.com
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