Meditazione sulla gentilezza amorevole e altri stati sublimi 1

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Meditazione sulla gentilezza amorevole e altri stati sublimi 1

di Sujiva

(parte prima)

– Prefazione –

– LASCIATE PARLARE IL CUORE –

Alcuni anni fa Stephen mi pregò di riscrivere il libro sulla Gentilezza Amorevole, ma solo ora ho
cominciato a farlo e solo dietro sua insistenza. Non c’era alcuna ragione valida per procrastinare
eccetto – pensavo – che non c’era alcuna ragione altrettanto valida per farlo, dato che ho tante
cose importanti da fare, tra cui la meditazione.

Avevo anche un’altra scusa… Avevo bisogno di fare altre esperienze in materia. In fondo, quello che
avevo già scritto nel precedente libro era ancora valido e sufficiente.

Ed ora eccomi qua, nel piccolo chalet dei suoi genitori nei dintorni di Richerenches in Provenza,
Francia. Sono seduto sotto un platano: avevo cominciato a scrivere ciò che sentivo in cuore già da
qualche giorno, da quando siamo ritornati da Berna. Dopo il viaggio, che ci prese circa cinque ore e
dopo un rapido pasto (cucinato da Jitka), nel pomeriggio mi sdraiai sul letto, con il cuore aperto e
completamente pronto a ricevere qualsiasi messaggio mi giungesse da lui sul modo di riscrivere
questo libro. Provai allora una sensazione leggera come se stessi volando, accompagnata da immagini
di uccelli che si libravano nell’aria.

Prima apparve l’immagine di un uccello bianco con la punta delle ali celeste, poi l’immagine di una
civetta. Avevo già notato che la civetta era il simbolo della casa… era chiaro che il proprietario
amava le civette e le si vedeva riprodotte in quadri, in ceramiche e vi era perfino una civetta di
terracotta fissata al tetto della casa. Probabilmente tempo fa vi visse una civetta, che da lungo
tempo ormai era scomparsa… evento assai raro. Interpretai queste visioni come il desiderio che il
mio cuore aveva di volare verso la libertà. Avevo spesso usato l’immagine di un uccello in volo
durante la pratica per diffondere la Gentilezza Amorevole in tutte le direzioni.

La domanda è: cos’è il “cuore”? Noi lo associamo subito a sentimenti ed emozioni, ma è una cosa un
po’ superficiale. Ha significati molto più profondi, talmente profondi da raggiungere il più riposto
significato della vita e dell’esistenza stessa.

Qualche hanno fa lessi un libro interessante che riguardava i consigli che una nonna dava a sua
nipote. Il suo ultimo consiglio – e anche il titolo del libro – era “Vai dove ti porta il cuore”.
Questo consiglio mi colpì. Avevo già notato come in passato mi ero trovato nei pasticci per aver
seguito la mente razionale e aver ignorato il cuore. Quindi ora, quando devo prendere decisioni
importanti consulto il cuore – che per me significa l’intuizione, la conoscenza che viene da dentro.
Assomiglia molto ai sentimenti, ma in lui c’è chiarezza e non è cieco.

Bisogna dare spazio al cuore e ascoltarlo. Lo abbiamo ignorato troppo spesso, specialmente quando
trattiamo con gente razionale che preferisce evitare le “acque profonde”. Dopo un po’ il peso si
accumula e procura problemi alla salute sia fisica che mentale. Ho visto accadere questo a gente che
è venuta a meditare da me. Si lamentavano di crampi e di mali di testa, di stomaco e di cuore. Ma
presto, con la consapevolezza, scoprirono che i dolori erano abbinati alla tensione… o ai
sentimenti. Durante la meditazione di Metta spesso scoprono che i sentimenti che provano in cuore
sono dolorosi, e non gioiosi come speravano.

I sentimenti di gioia e dolore sono strettamente connessi al “cuore”. Non potete sperimentare gli
uni senza gli altri. Per essere veramente felici dobbiamo poterli sperimentare entrambi. Con Metta
accade la stessa cosa che con la pratica della meditazione di consapevolezza Vipassana. Datele tutta
la vostra attenzione e aprite il cuore. Per sapere dove sta veramente il cuore, non dovete lasciare
che la mente razionale faccia da padrona. Al contrario, accantonate la mente razionale e lasciate
che operi quella sottile consapevolezza interiore, che è l’intuizione. Questa intuizione, così
somigliante a un sentimento, così connessa ad esso, risveglia nel cuore un nucleo interno di
condizioni, che porta con sé la risposta a ciò che vogliamo. Questa intuizione ha la sua importanza,
e non deve essere confusa con qualcosa di sfrenato, che va disciplinato.

Una anziana signora che aveva fatto un ritiro con il mio maestro, venne da me e mi disse che aveva
avuto un’intuizione profonda verso la vita, quando il maestro le disse che senza amore per se
stessi, tutto il resto è inutile.

Amore per sé? E’ una cosa difficile da capire in Occidente, ma in Oriente la si dà per scontata. Che
cos’è veramente l’amore per sé? E’ qui che ho trovato la risposta che mette in rapporto le due
meditazioni Vipassana e Metta: insieme formano il seme e il compimento della vita spirituale. E il
“cuore” fa da ponte.

Ora considero che è il cuore a dare un vero significato alla vita e alla nostra stessa esistenza.
L’intuizione è l’occhio interno che ci fa vedere oltre a ciò che la ragione vede. Sorge dalla realtà
dell’esistenza, sempre ponendosi domande su felicità e dolore e ora so che la sua voce è fatta di
canti e di grida. Sì, oserei dire che ha le sue radici nell’”Assoluto” stesso, nel cuore di tutte le
cose. E’ dall’ignoranza di esso che sorge quel senso di incompletezza, che a sua volta ci fa
desiderare e ci fa aggrappare ciecamente alle cose, procurandoci sempre più infelicità. Ma con la
consapevolezza, esso si sviluppa in una nobile ricerca che poi si alza in volo verso la libertà.

Quando trova la sua vera casa, trova anche la vera pace e lì si riposa per sempre. Potremmo perciò
dire che diventa una sorgente infinita di felicità per il mondo.

Mi alzai dal letto e cominciai a prender nota di questi pensieri. In questi 10 giorni di permanenza
qui il cuore scriverà la sua storia, per lo meno la storia delle esperienze che ho fatto sviluppando
la Gentilezza Amorevole. Lo seguirò, questo cuore, nel suo ritmo e nella sua evoluzione. Perciò
credo che sarà proprio una vacanza. E tu, sì tu, mente razionale mettiti da parte, lascia parlare il
cuore.

Vi state ancora chiedendo cos’è il cuore? Guardatevi nello specchio. Ne vedrete il riflesso.

MEDITAZIONE – TEMPO E LUOGO

In senso metaforico, meditazione significa riportare a casa il cuore. Ci sono molti altri modi di
dirlo, come per esempio “conosci te stesso”, modi che toccano proprio il punto centrale. Se uno
preferisce essere più tecnico, può definirlo come un processo di condizionamento che porta alla
realizzazione della Verità assoluta, che è perfetta pace. All’interno di questo processo ve ne sono
poi tanti altri.

Forse avrete sentito parlare di vari tipi di meditazione, diversi per tecnica e oggetto, ma se sono
veramente genuini, devono avere tutti come scopo la pace. Li si può dividere in due modi: a.
Meditazione di tranquillità, che riguarda soprattutto lo sviluppo della concentrazione fino a
raggiungere livelli di assorbimento o di accesso.

b. Meditazione di intuizione profonda, che sviluppa la consapevolezza fino a realizzare la verità
delle tre caratteristiche universali (impermanenza, sofferenza e non-sé) e quindi la liberazione.
Qualsiasi meditazione buddhista ha come scopo il raggiungimento della pace assoluta. Sebbene i due
tipi di meditazione siano due pratiche distinte, possono tuttavia essere collegate e integrate. Alla
fine, però, è solo l’intuizione profonda che porta alla liberazione.

Lo sviluppo della Gentilezza Amorevole rientra nella prima categoria, nella meditazione di
tranquillità. Ma vedrete che la si può praticare e applicare anche alla Vipassana. Come due partner
possono giocare ruoli diversi, talvolta uguali e altre volte no, allo stesso modo la Gentilezza
Amorevole è un’eccellente compagna della Vipassana, in qualunque ruolo si presenti. Per me la
pratica della Gentilezza Amorevole è strettamente connesso alla Vipassana perché so che nei “cuori”
di tutti c’è la stessa… Verità.

Perciò quando parliamo della meditazione di Metta come un esercizio di tranquillità, parliamo dei
livelli più profondi di concentrazione. Generalmente, non vi includiamo le attività quotidiane;
invece dovremmo farlo, poiché gli stati mentali che abbiamo formano la base su cui si sviluppano gli
stati più avanzati. Inoltre, come vedremo in seguito, ci sono molti malintesi circa la
concentrazione; questa può sorgere anche nei momenti più inaspettati. Più si pratica più acquisterà
rilevanza.

Ma prima ci sono delle condizioni di base che bisogna conoscere:

1. Moralità

La moralità è la purezza della mente che concerne le azioni sia fisiche che verbali. In positivo è
astenersi da cose non salutari. Spesso si riferisce ai precetti, per esempio ai cinque precetti:
astenersi dall’uccidere, dal rubare, da una condotta sessuale scorretta, dal mentire e dall’assumere
intossicanti. Le azioni si accumulano nella mente e al momento giusto si faranno sentire. Se sono
salutari, avranno una grande potenza rendendo possibile la meditazione. Perciò la moralità forma una
base mentale armoniosa e pura su cui crescono gli stati mentali più eccelsi

Tuttavia non preoccupatevi se il vostro comportamento non è perfetto, dato che molto raramente
comunque un comportamento può essere perfetto. E’ qualcosa su cui dobbiamo lavorare tutta la vita.
La cosa importante è essere sinceri e determinati nell’impegno. Molti, durante un ritiro di
meditazione, eliminano molte cattive abitudini. Anche una pratica quotidiana regolare è proficua a
questo proposito.

2. Retta visione

La retta opinione è chiara visione, cioè la capacità di distinguere tra il vero e il falso, in modo
da poter dare giudizi corretti e prendere le giuste decisioni lungo la via. E’ una qualità che ci
porta a seguire la direzione giusta, in cui la definizione di “giusto” è basata sulla realtà.

Tradizionalmente, retta visione comprende la retta visione dell’azione (kamma), che si distingue tra
salutare e non salutare e il suo effetto risultante. Questa retta visione forma la base su cui
poggiare e ci allontana dalla confusione, dall’illusione e infine dalla sofferenza.

Poi viene la retta visione delle Quattro Verità: sofferenza, la sua causa, la sua cessazione e il
modo di praticare per ottenerne la cessazione. Questa retta visione si manifesta perfettamente dopo
la Realizzazione ma prima si basa sui concetti su cui costruiamo le nostre esperienze.

Tanto per cominciare, dobbiamo liberarci almeno dalle visioni o opinioni sbagliate. Le opinioni
sbagliate sono forti attaccamenti a credenze che contraddicono la realtà, come credere erroneamente
che non ci sono azioni salutari e non salutari con le loro conseguenze, o credere erroneamente che
non ci sia sofferenza in questo mondo. Veementi negazioni di questo tipo sono segno di follia. Come
minimo, dovremmo avere una mente aperta e chiara per indagare e imparare. Altrimenti, le idee e le
opinioni sbagliate non solo ci impediranno di crescere ma ci porteranno fuori strada verso stati di
grande infelicità. Leggere libri ispirati e incontrarsi con gente saggia ci aiuterà a rafforzare la
retta visione.

3. Tempo

Abbiamo visto che la meditazione è un modo di vivere… di vivere con consapevolezza, in pace,
inoltrandosi nella via della crescita e della comprensione, verso mete spirituali. Perciò dobbiamo
stare in questo stato, se non sempre, almeno tutto il tempo che ci ricordiamo di farlo. Non essere
in pace significa anche essere “persi”. La meditazione si può dividere in:

– intensiva – rilassata.

Non ci sono regole che stabiliscano quanto si debba essere intensi o rilassati, purché ci sia
purezza di mente. Generalmente si mette un maggior sforzo nella meditazione intensiva per cui ci si
può aspettare che il livello di concentrazione salga a livelli molto alti e vi si mantenga a lungo.
Spesso questi sono periodi in cui si fanno grandi progressi in breve tempo e i risultati sono assai
evidenti. Perciò sarebbe bene dedicare più tempo a questo tipo di pratica intensiva. D’altra parte
nella nostra vita quotidiana possiamo mantenere solo un ritmo più rilassato e a lungo andare è
possibile progredire bene se lo si mantiene con regolarità e determinazione. Nella vita quotidiana i
momenti di migliore concentrazione sono la mattina dopo una buona notte di riposo. Anche Metta in
questo periodo della giornata ha un aspetto più pratico.

4. Luoghi adatti

Naturalmente per lo sviluppo della tranquillità bisogna cercare luoghi tranquilli e piacevoli, che
siano sicuri, all’aria aperta e in contatto con la natura. Il posto deve fornire cibo adatto,
alloggi ampi, spaziosi e ben ventilati. La semplicità è più propizia alla calma che le cose
complicate. Anche la pulizia è di aiuto. Non ci devono essere troppe distrazioni o lavori da fare
per avere il massimo di tempo da dedicare alla pratica.

E’ per questo che molti meditatori ricorrono ai centri di meditazione, che d’altronde non sono
difficili da trovare se avete i mezzi per andarvi. Una volta trovato il posto, bisogna trovare un
luogo adatto per sedersi. Alcuni vi sembreranno irresistibili appena li vedete: manteneteli
gradevoli. Non dimenticatevi di portarvi tutte le cose che ritenete necessarie, come il cuscino o la
stuoia.

Per i principianti, la cosa più importante è che nel centro vi sia una guida qualificata o un
compagno spirituale esperto. Questi devono essere pieni di compassione, di comprensione e praticare
loro stessi con diligenza.

5. Postura

La meditazione si può e si deve fare in ogni postura, dato che è uno stato mentale. Comunque, la
postura seduta è molto adatta alla concentrazione, perché si può stare fermi, rilassati, ma anche
vigili. Tuttavia vorrei insistere sulla comodità, perché quando si sta a proprio agio si è
rilassati, tranquilli e concentrati. Sedetevi a gambe incrociate e con il dorso eretto, ma non
rigido. Se le ginocchia sono indolenzite si può usare un cuscino o un panchetto per rialzare le
natiche. Questo aiuterà a tenere il dorso eretto, impedendo così di avere dolori fin dall’inizio. Se
non si riesce a stare così, ci si può sedere su una sedia, evitando però di appoggiarsi allo
schienale perché questo porterebbe all’indolenza e al torpore. Nella meditazione di tranquillità si
richiede che uno stia seduto a lungo, perciò preparatevi!

Siccome però non si può stare sempre seduti, la posizione seduta va alternata con quella camminata.
Camminare serve a molti scopi: è un esercizio buono per la salute e per equilibrare le facoltà di
controllo come nel caso in cui si debba aumentare l’energia o il rilassamento. Aiuta anche a
familiarizzarsi con la concentrazione di Metta pur continuando a muoversi. Si può cambiare il passo
e accelerarlo a seconda degli stati mentali o fermarsi quando la concentrazione si approfondisce.

La posizione sdraiata non è consigliabile perché è a forte rischio di sonnolenza. Inoltre stare
troppo sdraiati è dannoso alla salute, ad eccezione di quando si ha un eccesso di energia. In tal
caso è utile sdraiarsi e perfino addormentarsi.

COS’E’ L’AMORE?

L’espressione pali metta bhavana può tradursi con “meditazione di Gentilezza Amorevole”. Alcuni, per
tradurre bhavana preferiscono usare la parola “coltivazione” ma di solito è usata col significato di
“pratica di meditazione”. L’espressione “gentilezza amorevole” sembra un parolone, ma serve a dare
l’idea giusta. Tecnicamente si riferisce a quello stato mentale che si augura la felicità e il
benessere dell’oggetto (un essere).

Ho un’altra idea, quella di tradurre Metta con “innamorarsi”. Essere concentrati su Metta vuol dire
“essere profondamente innamorati”. Ma questo termine può prestarsi a malintesi per cui è bene
chiarire di che tipo di amore si tratta: è un amore altruistico, spirituale, che non ha desideri o
attaccamenti carnali. L’unica cosa che accomuna i due tipi di amore è che entrambi sono una
“questione di cuore”. A proposito di Metta un amico fece questa riflessione: è come essere
innamorati, eccetto che in Metta c’è pace.

Per distinguerli basta semplicemente vedere se c’è presenza mentale e consapevolezza.

DOV’E’ L’AMORE?

Ricordo che così cantava in un film un bambino, di nome Oliver, che si era perso. Quasi tutti
cercano di trovare al di fuori di sé un partner o un compagno ideale da amare e spesso si scopre che
non è affatto facile. Ma chi abbia meditato, si rende conto che una tale persona la si trova solo
nel proprio cuore. Fa parte delle qualità naturali e può essere coltivata. Questa scoperta porta
molta gioia. Quando uno la vede e la sviluppa non sarà difficile provare amore. Ci sarà amore vero e
durevole per ogni essere che capiti nel vostro spazio mentale. Certo, potreste dire che è amore a
senso unico, ma spesso è solo una questione di tempo prima che l’altro corrisponda, anche se non lo
chiediamo esplicitamente.

CONSAPEVOLEZZA

Preferirei definire questo stato mentale “chiara presenza mentale”, soprattutto parlando a un
principiante in meditazione. Lo si esprime con la parola pali “sati” spesso tradotta con
consapevolezza. Come tutti gli stati mentali, assume diverse sfumature a seconda delle diverse
situazioni. Generalmente è uno stato salutare e puro, in cui la presenza mentale ha le qualità di
chiarezza (in contrasto con il torpore e la confusione), di pace (in contrasto con l’agitazione e
l’ansia) e di morbidezza (in contrasto con la rigidità e l’aggressività). Dipende dalla nostra forza
di volontà produrre qualsiasi stato mentale che desideriamo avere. Se vediamo i vantaggi della
consapevolezza, la coltiveremo sempre di più e così impareremo a conoscerla meglio.

Nella meditazione Vipassana, questa presenza mentale viene coltivata in un modo particolare, libera
da concetti e focalizzata sull’esperienza presente. Diventa allora un’osservazione penetrante che
conduce alla Realizzazione. Nelle cose mondane, può essere sviluppata anche per coltivare abilità
speciali. Nella meditazione di tranquillità come Metta Bhavana, la si usa per un controllo profondo
della mente e per comprenderne i processi.

ESERCITARE METTA VERSO DI SE’

Il metodo tradizionale di praticare Metta è quello di cominciare con se stessi. Per molti
occidentali all’inizio sembra una cosa difficile, mentre in Oriente è data per scontata. Non voglio
qui cercare di analizzare il perché di queste differenze, ma solo chiarire il perché va fatta. Prima
di tutto dare Metta a se stessi non è egoismo; anzi è il desiderio di superare l’egoismo e per
poterlo fare uno si deve prima consolidare spiritualmente cioè essere spiritualmente felice. E’
facile da capire che dobbiamo essere felici prima di augurare che l’altro sia felice. Se questo
ragionamento convince, l’altra domanda da porre è “come rendersi felici?” Forse recitando
meccanicamente “Che io sia libero dai pericoli…”? Certamente dovete evidenziare il significato non
solo con le parole ma anche con le azioni. Perciò ho formulato un approccio utile al nostro scopo e
che serve all’inizio sia per la meditazione di Metta che per quella Vipassana.

Come in ogni forma di esercizio meditativo che riguardi la concentrazione, la prima cosa da fare è
rilassarsi. Prendete qualche respiro profondo per aiutare a rilassarvi. Espirando cercate di
lasciare uscire tutto lo stress che potete. Dopo qualche respiro lasciate che la respirazione
ritorni naturale. L’altra cosa da fare è “passare” la chiara consapevolezza attraverso tutto il
corpo dalla testa ai piedi. Mentre impregnate quella data parte del corpo con chiara consapevolezza
fate in modo anche di rilassarla. Questa attenzione non riguarda solo la parte esterna ma anche gli
organi interni quali il cervello, il cuore, i polmoni, eccetera. Un’altra cosa da ricordare è che la
chiara consapevolezza ha due altre qualità oltre alla chiarezza: pace e morbidezza. Queste tre
qualità si aggregano allo stato di integrità della mente pura che, insieme alla consapevolezza, è la
sorgente di ogni bene nella vita.

Dopo aver fatto scorrere l’attenzione verso il basso del corpo, la si passa dal basso verso l’alto e
ancora viceversa. E’ bene ripetere l’esercizio fino a quando ci si senta tranquilli. Nella
meditazione Vipassana, stando seduti, si cerca di osservare chiaramente le sensazioni, soprattutto
dove il contatto è più evidente. Queste sensazioni formano infatti la base degli oggetti di
Vipassana, che cambiano di momento in momento come flussi di energia. Tuttavia praticando Metta, si
prende consapevolezza della comodità del corpo e degli stati mentali tranquilli, facendo attenzione
e cercando di svilupparli ulteriormente. Ciò porterà la mente a una maggiore e più profonda calma e
benessere. Sarete sorpresi di quanta felicità potrete ricavare semplicemente da questo!

ASPIRAZIONI

Tradizionalmente facendo Metta si usano quattro aspirazioni. La chiave per renderle veramente
efficaci è comprenderle bene, cioè aderire con la mente a quello che si dice. Esse sono:

a) Che io sia libero dai pericoli (Avero homi)

Si può essere liberi dai pericoli semplicemente desiderandolo? All’apparenza sembra solo un pio
desiderio, ma se si esamina la cosa in profondità ci si accorgerà che non è un vuoto desiderio. C’è
di mezzo la consapevolezza e la chiara comprensione che rendono la mente pura e integra. Una mente
così è molto potente e può fare miracoli. Quando la si usa anche nelle attività quotidiane, la
chiara comprensione non solo protegge realmente ma procura anche un buon kamma. In quel momento la
mente è tenuta lontana dalle radici che causano la sofferenza: avidità, odio e illusione, ed è
tenuta al riparo dall’infelicità. La mente così sostenuta, aumenta la sua chiarezza e purezza.

b) Che io sia in pace e libero dalla sofferenza mentale (Abyapajjho homi)

Ho usato “in pace” invece che “felice” per sottolineare l’aspetto salutare della felicità, poiché la
pace è chiaramente uno stato opposto all’agitazione e inquietudine. Saturi così di chiara
consapevolezza, la natura pacifica della mente diventa chiara e propensa a stabilizzarsi un uno
stato profondo di agio e tranquillità.

c) Che io sia sano, libero dalla sofferenza fisica (Anigho homi)

Il corpo e la mente sono interdipendenti. Molte malattie fisiche dipendono dallo stress, ed è per
questo che la meditazione può curarle. La chiara consapevolezza, la pace e la morbidezza ci fanno
sentire a nostro agio fisicamente. Il passare l’attenzione dalla testa ai piedi stabilizza e calma
sia il corpo che la mente, mentre farla risalire dai piedi alla testa rinvigorisce e rigenera.
Soffermarsi più a lungo su una parte dolorante del corpo, può essere di grande giovamento. Infine il
corpo entrerà in uno stato di profonda calma mentre la mente sarà immersa in una grande pace.

d) Che io possa prendere cura di me stesso e vivere felice (sukhi attanam pariharami)

Questa ultima aspirazione compendia la pratica di essere felice in ogni occasione. Condiziona la
mente a essere sempre in uno stato armonico, qualsiasi attività faccia. Nei periodi di meditazione
porterà a un più profondo stato di consapevolezza e tranquillità. Sì, lo ripeto, porta
all’approfondimento o allo sviluppo della consapevolezza e della tranquillità. Cosa, meglio della
pratica spirituale, può aiutare a risvegliare una pace duratura? La Vipassana stessa (intuizione
profonda) è la migliore base sui cui sviluppare Metta. Allora saremo completamente felici e avremo
realizzato la profonda natura ultima dell’esistenza.

(continua)

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