L’equilibrio energetico della casa nella tradizione indiana

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L’equilibrio energetico della casa nella tradizione indiana

di Giulia Bellentani – auraweb.it

Già nel Rig Veda, testo originario del pensiero indù, si parla di cerimonie e tecniche inerenti
all’edificare, e questo argomento ritorna, ampliato e approfondito, in tutti i successivi testi
sacri.

Negli antichi libri indiani vi è un continuo intrecciarsi di prescrizioni rituali e simboliche, di
conoscenze pratiche e racconti mitologici; questi aspetti non si possono scindere, perché insieme si
alimentano ed acquisiscono significato.

Tutti hanno lo stesso fine: garantire l’armonia fra l’edificato e la natura, fra l’umano e il
divino, fra il microcosmo e il macrocosmo. La casa è un tema di tale importanza, che non solo viene
ricordato nei testi sacri (nei Veda, nei Purana, nelle grandi epopee del Ramayana e del Mahabharata,
ecc…), ma anche vi si dedicano interi trattati, contenenti regole per il buon costruire e il
saggio abitare. L’abitazione è pensata come inserita in un contesto universale, al cui equilibrio
co-partecipa, rispecchiandolo e riaffermandolo.

La lettura degli antichi testi indù dedicati all’edificare, o solo tangenzialmente inerenti ad esso,
rivela una concezione dell’abitare evoluta e raffinata. La casa non è una dimora realizzata
casualmente, al semplice scopo di riparare dalle intemperie, ma un luogo sacro, che deve
rispecchiare e garantire l’equilibrio energetico dell’uomo e del cosmo, riconfermandone i legami che
sono alla base dell’esistere.

Una frase, bellissima, contenuta in uno dei trattati afferma: “Se c’è perfezione nel tempio, allora
ci sarà perfezione nell’universo”. Così è anche per la casa. La casa armonica, che risuona in
armonia con la perfezione divina, significa armonia non solo per i suoi abitanti, ma anche per un
contesto più ampio, grazie a sottili equilibri che vengono così rispettati e riconfermati.

L’ORIGINE MITOLOGICA DELL’ABITARE: LA CASA-ALBERO

Edificare non è un’attività dominata dal caso, ma ha precise regole e anche un’origine ben definita
nella tradizione indiana. Il Vayapurana (testo sacro di datazione incerta: VI -X sec. d.C., ma
appartenente a una tradizione orale moto più antica) narra quali eventi condussero l’uomo alla
realizzazione della sua prima casa.

Come in una fiaba, possiamo iniziare in questo modo il racconto dell’uomo e dell’abitare:

“C’era una volta, tanto tempo fa, l’epoca dell’oro, l’era felice in cui gli Dei e gli uomini
vivevano insieme. In quei tempi, anche gli uomini erano simili agli Dei: bastava che pensassero a
qualcosa, ed ecco che ciò si materializzava, senza sforzo senza alcuna fatica.

Non esistevano preoccupazioni, non c’erano dolori; l’uomo viveva sereno, sui monti e in riva al
mare. Allora non esistevano le case, non erano ancora pensate, poiché non se ne sentiva la
necessità. Ma tale epoca di perfezione finì. Gli uomini divennero meno saggi, non più come gli Dei,
e diminuì il potere del loro pensiero. L’armonia con l’ ambiente si alterò e vi furono le prime
piogge; ma per compensarne il disagio apparve un dono speciale: gli alberi.

Nacquero i primi alberi. Gli uomini iniziarono ad abitarvi, ad usarli come protezione e a trarre da
essi tutto ciò che non erano più in grado di creare col pensiero. Gli alberi divennero così
importanti che l’uomo li chiamò “casa”. Ma la saggezza dell’uomo continuava a degradarsi, ad
allontanarsi dalla perfezione dell’età dell’oro.

L’uomo divenne avido: sperimentò cupidigia del possedere e l’appagamento del possesso. Insieme a
questa coppia di opposti vennero ad esistere anche le altre coppie: il secco e l’umido, il caldo
ardente e il freddo pungente, ecc… Iniziò il mondo della dualità, iniziò la nostra era. L’uomo fu
ulteriormente costretto dalla situazione esterna, non più dominata dalla saggezza del pensiero, a
doversi proteggere e così iniziò a costruire case, realizzando esattamente come alberi.”

È questo mito che si snoda fra le varie ere in cui è suddiviso il ciclo di vita del mondo,
descrivendo come l’umanità si allontanò dall’epoca della perfezione, in un processo che comportò con
la necessità di proteggersi e quindi di costruire case. Abitazioni che imitavano gli alberi,
mantenendo così la memoria dell’era di armonia con gli Dei e la Natura.

La casa ha in sé l’eco della perfezione dell’albero e dell’età felice: è lo spazio costituito
costituito e ordinato secondo la memoria dell’era di serena armonia, è il luogo ove tale armonia
viene ricordata e ripristinanta. Quindi la casa, sempre letta e reinterpretata come tramite tra
terra e cielo, (proprio come un albero…), si rivela essere anche il possibile tramite tra un mondo
duale, caotico corrotto, e un mondo di equilibrio e unione.

IL CENTRO DELLA CASA: TRONCO DELL’ALBERO, CUORE DEL DIVINO, OMBELICO DELL’UOMO

La casa è come un albero. L’albero ha un tronco centrale e rami che da questo si dipartono in ogni
direzione. La casa, nella sua forma ideale, ha uno spazio centrale attorno al quale si sviluppano le
stanze dedicate alle varie funzioni abitative.

Il centro è per la casa ciò che il tronco è per l’albero; è il punto dove veniva infisso il palo per
reggere la dimora vedica; è lo spazio vuoto che sostiene energeticamente l’abitazione; è luogo più
sacro l’interno del tempio, ovvero è dove si erge il linga a supporto del cosmo. Il centro fisico
della casa è il suo centro simbolico: è il sostegno, è l’asse, è il cuore vitale, è l’ombelico che
mantiene il legame con la perfezione e l’equilibrio dei cieli e dell’età dell’oro. Lo spazio
centrale è tutto questo ed è anche altro.

La tradizione indù ritiene che vi sia una divinità speciale chiamata Vastupurusha, “essere del
sito”, avente ruolo di protettore della casa, del luogo dove essa sorge e dei suoi abitanti.

Il centro della casa è il punto dove il Vastupurusha ha gli organi vitali: “il cuore l’ombelico
della casa” sono quelli del genius loci che ad essa presiede. Date queste premesse mitologiche, è
facile comprendere come per l’equilibrio energetico della casa occorre prestare massima importanza
suo centro: è il luogo sacro, pulsante, vitale e deve essere libero, senza pesi, senza ingombri.

Metteremo dei pesi sul cuore della divinità che è magicamente collegata con gli abitanti della casa?
O sul suo stomaco? O inopportune strutture che, sull’ombelico, interrompono il contatto con cosmo? O
veleni a intossicare il tronco che tutto sostiene? La risposta non può che essere che esser
negativa.

Ecco perché i sacri testi indù prescrivono di lasciare vuoto lo spazio centrale e proibiscono
assolutamente di mettervi servizi igienici, depositi o elementi strutturali pesanti. Ed ecco perché
nell’arredamento questo è il punto da onorare con elementi preziosi leggeri, ad esempio il tappeto.

Questo per il centro della casa. Tronco dell’albero. Ombelico del Dio dell’uomo. Asse, comunicazione
e sostegno. Non wc, non deposito, non luogo di disordine ma, nell’ideale, spazio vuoto e in
comunicazione col cielo e con la terra come in una casa a corte, o anche spazio libero per
accogliere, come in un appartamento che rispetti antichi equilibri simbolici.

I RAMI DELLA CASA: LE STANZE DEGLI UOMINI E LE RESIDENZE DEGLI DEI

Intorno al centro si dipartono altre componenti: sono i rami, differenziati, quello coi propri
frutti; sono le diverse parti del corpo del Vastupurusha, ciascuna con una determinata funzione;
sono le varie stanze della casa.

Così come lo spazio centrale avevo determinato valore simbolico, a cui mandava la disposizione
interna della casa, così è anche per gli spazi attorno a questo. Il mito del Vastupurusha, a cui si
è accennato e che viene ricordato in quasi tutti i testi sacri indù, racconta che tale essere veniva
messo, per volontà del dio Shiva, nella Terra, divenendo base protettiva dell’edificato e residenze
degli Dei.

Secondo la tradizione, in ogni parte del corpo del Vastupurusha dimora una specifica divinità:
sull’addome (lo spazio sacro centrale) viene il Brahma, Dio dell’origine; sulla fronte vi è Isha,
ovvero Shiva stesso; sulla spalla destra vi è Argalan, ecc…, per un totale di quarantacinque
divinità.

Questo mito è condensato in una rappresentazione grafica: il Vastupurusha Mandala, rappresentante il
Vastupurusha inscritto in un quadrato. Il mandala è suddiviso in vari settori, ciascuno sede di una
divinità, che va orientato nelle direzioni cardinali in modo tale che l’angolo corrispondente al
capo del Vastupurusha stia nella direzione nord-est. Ogni divinità presidente sul corpo del
Vastupurusha ha, di conseguenza, una ben precisa posizione nello spazio, esplicitando con la sua
presenza la “vocazione energetica” di quel settore, caratteristiche in cui si deve tener conto del
disporre funzioni abitative della casa.

APPLICAZIONI PRATICHE DEL VASTU

Nella tradizione indiana esiste uno schema geometrico, di origine mitica e raccolto nei testi sacri,
chiamato Vastupurushamandala, che è rappresentazione mandalica del genius loci. Questo schema
esemplifica le leggi proprie in ogni direzione, personificandole in divinità, come caratteristico
della cultura indù. Infatti, ogni settore del suddetto mandala è considerato residenza di una
divinità, la quale impersona la potenzialità, la “vocazione energetica” propria della posizione in
cui è posta.

Tale mandala deve essere tenuto presente nella distribuzione degli spazi interni, perché le attività
che si svolgono nella casa devono armonizzarsi con le caratteristiche della divinità che presiede a
quella posizione.

A tale proposito, le funzioni abitative della casa devono essere distribuite nel rispetto di queste
energie: i “rami” dell’albero – casa crescono armoniosamente se hanno la giusta esposizione, danno
frutti sani se loro stessi trovano giusto nutrimento. L’uomo che abita nella casa è in equilibrio se
la casa rispetta l’equilibrio del mandala, che è l’equilibrio del cosmo, con tutte le sue forze
chiamate deva, divinità.

Ad esempio, possiamo analizzare le quattro divinità che presiedono agli angoli del mandala e vedere
quali spazi possono essere ubicati in quella posizione.

Il nord – est, luogo dove giace il capo del Vastupurusha prostrato di fronte agli Dei e luogo dove
risiede Shiva (divinità massima) è, col centro dedicato a Brahma, lo spazio più importante dal punto
di vista spirituale; è la stanza per la venerazione degli Dei, per la meditazione e lo yoga.

Il nord-est è anche interpretabile come la direzione dell’acqua (il fiume Gange scorre fra i capelli
di Shiva ed è presente, secondo alcuni testi, nel settore immediatamente adiacente). Ma deve essere
acqua intesa come rinascita e purificazione, non come servizi igienici! Il nord-est è settore
dedicato da Agni: il Dio del fuoco. E’ quindi il posto ideale per la cucina, come vuole la
tradizione delle case indù.

Il sud – ovest è il luogo degli antenati. La terra su cui poggiamo. L’autorità. Quindi la stanza del
capofamiglia, e certamente non dei figli (raccomandano i manuali), per evitare conflitti di potere.

Il nord-ovest è la direzione del vento e di alcune divinità dalla valenza malefica. È questo un
settore particolare: si può cercare di appesantirlo, per contrastare il suo essere sfuggevole e per
bloccare, immobilizzare, la potenzialità negativa (quindi: elementi strutturali pesanti, depositi,
wc). Ma lo si può anche assecondare nella sua instabilità, ponendovi le camere da letto degli
ospiti. È anche la direzione dovrà mettere l’apparecchio televisivo, perché così eviteremo di
passare troppe ore davanti ad esso, venendo sospinti altrove dal vento!

E così via, per ogni settore del mandala: ciascuna divinità ha un suo valore, che si rispecchia
nella casa, riflettendo l’equilibrio del cosmo e del microcosmo. Perché, ricordiamolo, il pensiero
indiano considera tutto correlato ad un Tutto, in una continua danza di rimandi, di allontanarsi e
riunirsi, di passare dall’uno al molteplice e dal molteplice all’uno, dalla dimensione
dell’infinitamente piccolo a quella dell’immensamente grande; in un gioco di manifestazioni dove la
casa – albero è albero – cosmico, è tramite con il divino, è eco e strumento della perfezione, è
corpo del genio, corpo del Dio e anche corpo dell’uomo.

Noi occidentali siamo, finalmente, giunti ad affermare che la casa è “la terza pelle dell’uomo”, e
come tale va considerata. Ma essa non è solo pelle: è corpo, è funzione, è luogo dove si ricordano
le origini e dove si incontrano la dimensione dell’uomo e quella del cosmo, trovando equilibrio nel
rispetto del Vastupurushamandala.

L’AUTRICE

Giulia Bellentani

E’architetto ed esperta di Vatsu.

Si ringrazia la rivista Ambiente & Salute per aver acconsentito alla pubblicazione di questo
articolo.

Ambiente & Salute
Via Accademia, 10
35139 Padova
Telefax 049 – 65.42.31
emporiodellasalute@libero.it

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