Astrologia Hindù

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Astrologia Hindù

(solo per alcuni…)

di Enzo Barillà

– Ciò che l’Astrologia Indiana ci può insegnare

Ciò che l’astrologia indiana ci può insegnare è l’argomento della conferenza
che sono ben lieto di sottoporVi.

Nelle mie intenzioni essa rappresenta anche un omaggio al genio di Carl Gustav
Jung, che nel 1939 scrisse un breve saggio che aveva appunto per titolo Quel
che l’India può insegnarci.

Egli concludeva così il suo scritto: Penso che un viaggio in India, se ve lo
potete permettere, sia nel complesso la cosa più edificante e, da un punto di
vista psicologico, la più consigliabile, anche se vi potrà causare
considerevoli mal di capo.

Un consiglio di Jung vale sempre la pena di essere ascoltato e, limitandomi
all’astrologia, cercherò di portarvi in viaggio nel mondo dell’astrologia
vedica.

Ho usato il termine astrologia vedica perché ne ritroviamo le origini nei VEDA
(Frawley, pag. 40). Qui leggiamo riferimenti astronomici che ci riportano
indietro fino al 6.000 a. C. Altri termini per indicare l’astrologia vedica
sono: astrologia indù, dal nome della omonima cultura e religione, e Jyotish,
termine sanscrito che significa scienza della luce
Occorre dire subito che vi sono profonde differenze tra il sistema indù e
quello occidentale.

Esse si possono riassumere in:

1) differenza di atteggiamento culturale
2) differenza di zodiaco
3) differenza di tecnica interpretativa (numero e significato dei pianeti, uso
degli asterismi, uso di diverse carte oroscopiche, sistemi previsionali)

DIFFERENZA DI ATTEGGIAMENTO
In India, l’astrologo viene interpellato per dare risposte a quesiti
squisitamente di carattere pratico che riguardano per es. quanti figli si
avranno, se saranno maschi o femmine, quando saranno concepiti. Ci si aspetta
di sapere le probabilità di successo nella vita, se il matrimonio sarà felice,
se si vivrà a lungo, se si compreranno case e terre. Si vuole conoscere quale
professione intraprendere e così via.

Si è poco interessati alla propria personalità, psicologia e motivazioni
interiori. (Astro-logos pag.49)

L’astrologia indù è strettamente collegata alla legge del Karma, che
presuppone il ciclo delle rinascite. Secondo questa concezione, l’uomo deve
soffrire le conseguenze delle proprie azioni, anche se c’è libertà di agire o
non agire. Non si può sfuggire alle conseguenze, ma con l’esercizio del libero
arbitrio si può guidare il proprio futuro e creare il proprio destino.
L’astrologia rivelerebbe allora quali sono i risultati delle azioni che non
ricordiamo perché commesse in vite precedenti. (Raman, Planetary influences,
pag. 25)

I pianeti indicano quindi i risultati del Karma precedente, però senza che vi
sia nulla di prestabilito riguardo gli effetti del nuovo Karma che si crea con
l’agire quotidiano.

Secondo VARAHAMIHIRA (astrologo-astronomo del sesto secolo d.C.), l’astrologo
deve possedere le seguenti virtù: deve essere pulito, efficiente, coraggioso,
eloquente, geniale, conoscitore dell’ora e luogo, sincero, non timido in
pubblico, non farsi sovrastare dai colleghi, esperto, scevro da vizi, ben
versato nell’arte di celebrare i riti sia di tipo preventivo che terapeutico,
come nell’arte della magia e dei bagni, dedito agli dèi ……..
Soprattutto, l’astrologo indiano è consapevole di studiare e praticare una
sacra scienza!

Il prof. Ramakrishna Bhat, capo del dipartimento di Sanscrito presso l’Hindu
College dell’Università di Nuova Delhi, ha scritto: Nell’antica India gli
astrologi erano tenuti in grande considerazione, poiché essi coniugavano una
mentalità scientifica con un atteggiamento spirituale nei confronti della
vita; essi conducevano un’esistenza pura e secondo alti principi morali.
Praticavano questa disciplina non per ammassare ricchezze, ma per offrire una
guida ai bisognosi e agli afflitti. Avevano lo scopo di eliminare le cause
delle sofferenze della gente e di rivolgere le loro menti al Dharma e a Dio.

E’ per questo che che ci si aspetta dagli studiosi di astrologia un
atteggiamento reverenziale. I lettori ricorderanno ciò che dice il Signore
verso la fine della Gita: Questo [insegnamento] non dovrebbe essere impartito
a colui che non fa penitenza, non è devoto, non ha interesse e a chi Mi odia.
Ciò è estensibile anche all’astrologia. Iniziando questo studio, si dovrebbe
invocare la benedizione del Sole sull’insegnante e sullo studente affinché ci
dia un chiaro intelletto, un cuore pieno di comprensione e pensieri puri. Che
ci sia consentito di bearci nella Luce Misericordiosa di quel Supremo Fulgore!
(Fundamentals of Astrology, pag. 1-2)

Vorrei precisare che questa citazione è tratta da un libro stampato nel 1992 e
tuttora in comune commercio.

I DUE ZODIACI

Molti di voi certamente sapranno che cosa è lo zodiaco. Mi scuso quindi se
ripeterò cose ben note a beneficio di coloro che si stanno accostando a queste
tematiche.

Si dice zodiaco quella fascia circolare che si estende 8°;-9°; a nord e a sud
dell’eclittica (ovvero del percorso annuale del Sole sulla sfera celeste come
lo si vede dalla Terra). Lo zodiaco è dunque una banda circolare larga circa
17°; nel cui ambito si trovano sempre il Sole ed i pianeti, con l’eccezione di
Plutone.

Il piano dell’eclittica è inclinato rispetto a quello dell’equatore celeste e
forma un angolo di circa 23,5°; (obliquità dell’eclittica). Questa è la
distanza massima dall’equatore che il Sole raggiunge nei giorni dei solstizi.
Eclittica ed equatore si intersecano in due punti: uno di questi si chiama
punto zero o punto gamma o punto vernale o primo punto dell’Ariete. Questo
punto serve agli astronomi per il calcolo della longitudine celeste. Questa è
intesa come la distanza angolare, misurata sull’eclittica, tra il piano ove si
trova l’oggetto celeste ed il primo punto dell’Ariete.

La cintura dello zodiaco è divisa in dodici parti uguali di 30°; cadauna che
rappresentano i dodici segni zodiacali. La posizione degli astri in questa
cintura si calcola a partire dal punto vernale ed è espressa in gradi di
longitudine celeste.

L’inizio dello zodiaco tropico è sempre identico al punto dell’equinozio
vernale e cioè il punto dove si trova il Sole nel primo giorno di primavera.
Trascura quindi il gruppo di stelle (costellazione) visibile alla levata del
Sole nel giorno dell’equinozio stesso.

Lo zodiaco tropico non si basa sulle stelle fisse (o costellazioni), bensì su
come è orientata la Terra rispetto al Sole sicché gli equinozi ed i solstizi
segnano l’inizio delle stagioni. Al tempo d’Ipparco (130 a.C.), il Sole
compariva all’equinozio di primavera all’inizio di un gruppo di stelle che
formavano la costellazione dell’Ariete, con un accavallarsi del segno e della
costellazione dell’Ariete. Oggi tuttavia, a causa dello spostamento di 50
l’anno (1°; ogni 72 anni), il punto equinoziale è retrocesso in 20 secoli di
circa 27°;. Dimodoché l’equinozio di primavera (punto vernale) si presenta
all’inizio della costellazione dei Pesci (Pisces) e tende a passare alle prime
stelle della fine di quella (costellazione) dell’Aquario (Aquarius). (A.
Barbault, La precessione degli equinozi e l’Astrologia, Ric. ’90 n. 14)
Lo zodiaco tropico resta pertanto legato ai punti degli equinozi e dei
solstizi, ed è insensibile al moto precessionale.

Due parole sulla precessione degli equinozi.

Se prolunghiamo l’asse di rotazione terrestre fino alla volta celeste, notiamo
che il Polo Nord celeste va a cadere vicino ad una stella appartenente
all’Ursa Minor, chiamata Stella polare. Poiché il movimento di rotazione della
terra attorno al proprio asse non mantiene un parallelismo assoluto (ciò è
dovuto all’attrazione combinata che Sole e Luna esercitano sul rigonfiamento
equatoriale) ma bensì si sposta lentamente descrivendo un cono di 47°; di
apertura, il polo celeste si sposta a sua volta tra le stelle. Intorno al
7000, Alderamin (Alpha Cephei) diventerà la stella polare, e intorno al 14000
lo diventerà Vega (Alpha Lyrae). La durata di questo moto di precessione è di
circa 26.000 anni.

L’astrologia indù considera la precessione nei calcoli relativi alle
longitudini planetarie. Essa usa uno zodiaco suddiviso in dodici settori di
30°; cadauno tendenzialmente coincidenti con le costellazioni delle stelle
fisse, malgrado che le stesse si estendano fra i 19°; (Libra) ed i 41°;
(Pisces).

Il punto di partenza dello zodiaco siderale corrisponde al punto gamma
dell’epoca in cui si sono sovrapposti il segno e la costellazione dell’Ariete.
Non si conosce in quale data precisa ciò sia avvenuto e le opinioni in
proposito differiscono considerevolmente. Si va infatti dal 76 a.C. (P.E.A.
Gillet) al 397 d.C. (B. V. Raman), passando per il 285 d. C. (Cyril Fagan).
A complicare ulteriormente le cose, non c’è accordo tra i sideralisti su quale
sia il punto della costellazione dell’Ariete da prendere a riferimento.
Infatti, mentre è facilmente accertabile in quale parte del cielo cade oggi
l’esatto punto equinoziale, è difficile da accertare quale sia il primo punto
della costellazione dell’Ariete. E’ controversa l’attribuzione alla stella
fissa che gli Indù chiamano Revati; conseguentemente, varia il momento storico
in cui il primo punto della costellazione ha coinciso con il punto vernale.
L’Ayanamsha (e cioè la differenza tra i due zodiaci, misurata dalla differenza
tra l’odierno punto dell’equinozio di primavera – attualmente all’inizio della
costellazione dei Pesci – e l’inizio della costellazione dell’Ariete) varia
pertanto – per l’anno 1950 – dai 21°;42′ calcolata da B. V. Raman ai 24°;02′
di Fagan-Bradley.

La maggior parte degli astrologi vedici sono però attestati sui 23°;10′
calcolati per incarico del governo indiano (N. C. Lahiri Ayanamsha).
Per passare dall’oroscopo occidentale a quello indù è pertanto sufficiente
sottrarre l’ayanamsha; si ottengono le nuove posizioni planetarie e il nuovo
ascendente del soggetto. Parlerò di questo più avanti. Al momento è
sufficiente notare che molti si troveranno con il segno zodiacale cambiato: ad
esempio un Cancro si ritroverà Gemelli, un Acquario si scoprirà Capricorno.
Ciò potrà risultare gradito o sgradito, ma è bene ricordare che l’astrologia
vedica non attribuisce grande importanza ai segni solari e soprattutto
l’ottica interpretativa è completamente diversa, essendo gli indù più
interessati a delineare eventi e fare previsioni piuttosto che a tracciare
profili psicologici.

Non bisogna inoltre dimenticare che non si deve mai mescolare i due sistemi né
giudicare un sistema usando i principi dell’altro: si farebbe solo confusione.

DIFFERENZE INTERPRETATIVE

Lo zodiaco indù è suddiviso in dodici segni (Rasi) esattamente uguali a quelli
occidentali. I signori dei segni sono i sette pianeti classici poiché non
vengono considerati Urano, Nettuno e Plutone. Gli indù attribuiscono inoltre
grande importanza ai nodi lunari, RAHU (nodo nord) e KETU (nodo sud), che però
non governano alcun segno.

Nello zodiaco si trovano anche 27 costellazioni (Nakshatra) che si estendono
per 13°;20′ dell’arco zodiacale. Ciascuna costellazione è divisa in quattro
parti (Pada) di 3°;20′: dunque in ogni segno zodiacale si trovano mediamente
due costellazioni e un quarto. Ne consegue che alcune costellazioni si trovano
interamente in un segno mentre altre lo occupano solo con alcuni quarti.
Le costellazioni sono governate dai 7 pianeti classici e da Rahu e Ketu.
L’inizio della prima costellazione, Aswini, coincide col primo punto
dell’Ariete.

Tavola delle costellazioni e del relativo governatore

1. Aswini – Ketu
2. Bharani – Venere
3. Krittika – Sole
4. Rohini- Luna
5. Mrigasira – Marte
6. Aridra – Rahu
7. Punarvasu – Giove
8. Pushyami – Saturno
9. Aslesha – Mercurio
10. Makha – Ketu
11. Purva Falguni – Venere
12. Uttara Falguni – Sole
13. Hasta – Luna
14. Chitta – Marte
15. Swati – Rahu
16. Visakha – Giove
17. Anuradha – Saturno
18. Jyesta – Mercurio
19. Mula – Ketu
20. Purvashada – Venere
21. Uttarashada – Sole
22. Sravana – Luna
23. Dhanishta – Marte
24. Satabhisha – Rahu
25. Purvabhadra – Giove
26. Uttarabhadra – Saturno
27. Revati – Mercurio

Le Nakshatra vengono utilizzate
soprattutto per determinare i periodi
planetari secondo il sistema Vimshottari che considera un ciclo di 120 anni,
ritenuto dagli antichi la durata naturale della vita umana.

A ciascuno dei sette pianeti più i nodi vengono assegnati periodi che vanno da
un minimo di 6 ad un massimo di 20 anni. Non sono noti i motivi che stanno
alla base di questa suddivisione temporale, mentre l’ordine dei pianeti
coincide con quello della signoria delle costellazioni come sopra indicato.

Tavola dei Dasha
Sole – 6 anni
Luna – 10 anni
Marte – 7 anni
Rahu – 18 anni
Giove – 16 anni
Saturno – 19 anni
Mercurio – 17 anni
Ketu – 7 anni
Venere – 20 anni

Gli astrologi indiani affermano che il sistema dei periodi planetari è in sé e
per sé molto efficace per formulare attendibili previsioni e non necessita
quindi di ulteriori ausili come ad esempio transiti o rivoluzioni.
Ciascun periodo principale (Mahadasha) è suddivisibile in nove sottoperiodi
(Bhukti) che a loro volta vengono suddivisi in nove periodi minori
(Pratyantardasha), uno per ciascun pianeta incluso i nodi.

Il primo sottoperiodo è governato dallo stesso pianeta che governa il Dasha,
gli altri seguono nel solito ordine.

Il Dasha è quindi un lasso di tempo durante il quale la vita di un soggetto
risente o è governata da un particolare pianeta.

Il Dasha alla nascita si determina considerando la costellazione (Nakshatra)
occupata dalla luna radicale; questa costellazione viene chiamata Janma
Nakshatra o costellazione di nascita. Per calcolare il residuo periodo della
Dasha di nascita ci si serve di apposite tabelle.

I periodi successivi seguono l’ordine già descritto, per cui se, ad esempio,
la Luna alla nascita si trova nella Nakshatra Poorvashada, sappiamo che il
Dasha alla nascita è governato da Venere, al termine del quale inizia il Dasha
del Sole che durerà 6 anni, seguito poi da quello della Luna per 10 anni e
così via di seguito.

Prima di procedere oltre nell’esame del sistema previsionale denominato
Vimshottari, è opportuno occuparci dei concetti base dell’astrologia vedica.
Innanzitutto occorre notare la forma grafica dell’oroscopo indù: essa è
quadrata ed i segni zodiacali si trovano sempre nello stesso posto. Ciò che
varia è la casella occupata dall’ascendente, contraddistinta da una linea
trasversale. Inoltre, le case sono disposte in senso orario, contrariamente a
quanto accade nello schema occidentale.

Il sistema delle case, poi, è molto semplice. La casa che ospita l’ascendente
è ovviamente considerata la prima casa mentre le successive seguono in senso
orario l’ordine dei segni. Per esempio, se l’ascendente è 10°; Toro, la
seconda casa coinciderà con l’intero segno dei Gemelli, la terza con l’intero
segno del Cancro e così via. Un pianeta situato a 1°; in Cancro si troverà
dunque in terza casa, come pure il pianeta posto a 29°;.

Gli indù non si limitano a tracciare il solo tema di natalità. Secondo il
padre dell’astrologia vedica, il mitico Parasara, occorre considerare sedici
carte divisionali o Shodasavargas. Alcuni astrologi occidentali hanno preso a
tracciare le cosiddette armoniche, ma queste si ottengono semplicemente
moltiplicando la longitudine planetaria per il numero dell’armonica ricercato;
l’astrologia vedica trascura il grado longitudinale del pianeta per limitarsi
alla sola presenza nel segno. Per esempio, se si vuole ottenere la nona
armonica vedica (Navamsha), ciascun segno viene suddiviso in nove parti di
3°;20′ cadauna secondo la seguente tabella:

«PRIVATE_
»0°;00′ – 3°;20′
= I Navamsha
3°;20′ – 6°;40′
= II
6°;40′ – 10°;00′
= III
10°;00′ – 13°;20′
= IV
13°;20′ – 16°;40′
= V
16°;40′ – 20°;00′
= VI
20°;00′ – 23°;20′
= VII
23°;20′ – 26°;40′
= VIII
26°;40′ – 30°;00′
= IX

Sicché se ad esempio Saturno nel Rasi è a 19°;57′ nei Gemelli, si trova nella
sesta Navamsha. Poiché i Gemelli sono un segno d’aria, dobbiamo contare sei
segni in segno orario a partire dalla Bilancia, ottenendo così un nuovo
piazzamento nei Pesci. Si seguirà lo stesso procedimento per tutti gli altri
pianeti e l’ascendente, avendo cura di far partire il conteggio dei segni,
sempre in senso orario, iniziando dal segno cardinale.

Se un pianeta si trova in esaltazione o nel proprio domicilio in molte carte
divisionali, lo si considera particolarmente potente e significativo, mentre
perderà forza se è ricorrente nei segni di caduta o in segni nemici.

Secondo il Prof. Bangalore Venkata Raman (Hindu astrology and the West, pag.
300) la Rasi Kundali è la carta fondamentale su cui si basano tutte le altre.
In essa si trovano tutti i fattori che verranno a maturazione nel corso della
vita di un individuo. Essa però deve essere sezionata in altre carte in modo
da potere ottenere una chiara visione di ciascuno di tali fattori. Spesso
succede che gli indizi giudicati importanti nella Rasi (o oroscopo di base)
siano modificati dagli elementi riscontrati nelle carte divisionali. Talvolta
accadono eventi non rintracciabili nell’oroscopo di base ma i cui indizi sono
potenzialmente presenti nelle carte divisionali.

Tutti gli autori sono però concordi nell’affermare che non è possibile
stravolgere le indicazioni presenti nel Rasi. Ciò che vi si trova può essere
accresciuto o diminuito dalle carte divisionali ma mai cambiato radicalmente.
Esaminiamole brevemente.

1. Rasi. E’ la carta di base.
2. Hora. Indica la ricchezza.
3. Drekkana. Indica fratelli, sorelle, legami familiari.
4. Chaturthamsa. Indica le proprietà immobiliari.
5. Panchamsa. Indica le inclinazioni e l’evoluzione spirituale
6. Shashtamsa. Indica la salute e le malattie ereditarie.
7. Saptamsa. Indica i figli.
8. Ashtamsa. Indica la longevità.
9. Navamsha. E’ la più importante e può essere utilizzata, insieme alla Rasi

per indagare su tutti gli aspetti della vita del soggetto. La funzione
principale sarebbe quella di valutare la vita matrimoniale del nato e di
fornire indicazioni sul coniuge. Se un pianeta è forte sia nella carta natale
che nella Navamsha, sicuramente darà buoni risultati. Se è forte nel Rasi e
debole nella Navamsha, i risultati saranno meno positivi. Un pianeta che si
trovi nello stesso segno zodiacale sia nel Rasi che nella Navamsha si trova
nella condizione di Vargottama ed è considerato particolarmente significativo,
nel bene o nel male.

10. Dasamsa. Indica la professione o vocazione.
11. Ekadamsa. Indica legati, eredità ed entrate improvvise derivanti da
speculazioni e giochi d’azzardo.
12. Dwadasamsa. Indica i genitori ma non solamente. Dal suo esame gli Indù
traggono informazioni sull’incarnazione precedente.
13. Le rimanenti carte divisionali numero 13, 14, 15 e 16 sono generalmente
trascurate dagli astrologi.

E’ necessario sottolineare che le Varga sono estremamente influenzate da
scarti – anche molto piccoli – nell’esatta ora di nascita. Per ovviare a
questo inconveniente James Braha, il mio maestro di Jyotish, dà il seguente
suggerimento.

Trovare un evento indicato nella carta divisionale che non sia direttamente
indicato nel tema natale e notare se il fenomeno in questione sia accaduto
sotto una Dasa o Bhukti collegata all’appropriato significatore della varga in
esame. Ad esempio, si supponga che Giove in Cancro (segno della sua
esaltazione) sia il governatore della decima casa della dasamsa (carta della
professione). Se il soggetto ha avuto notevoli avanzamenti di carriera durante
i periodi planetari – maggiori o minori – di Giove e lo stesso non è legato in
alcun modo alla casa decima della Rasi, si deve convenire che l’ora di nascita
utilizzata sia molto accurata. (Transits of the West, Dasas of the East, pag.
438)

Normalmente le varga vengono interpretate senza tener conto degli aspetti che
i pianeti formano tra loro, limitandosi all’esame della loro posizione nei
segni e della loro signoria.

I PIANETI
L’astrologia vedica ha un modo del tutto particolare per classificare i
pianeti fra i benefici o i malefici.

In primo luogo occorre considerare la loro natura.

Giove, Venere, Luna e Mercurio hanno una naturale predisposizione ad agire
beneficamente, mentre Saturno, Rahu, Marte, Ketu ed il Sole sono considerati
naturalmente nocivi.

La Luna, però, se è calante o vicina al Sole è considerata a sua volta
malefica.

I pianeti però vanno valutati anche in base al loro stato terrestre. Ciò
significa che un pianeta naturalmente benefico come Giove può diventare
malefico in relazione alla casa che governa e viceversa un pianeta
naturalmente malefico come Saturno può a sua volta diventare benefico.
Ovviamente questo è in relazione al segno ascendente della carta Rasi e alla
natura delle case su cui mi soffermerò in seguito.

Un esempio. Marte diventa molto benefico quando l’ascendente è il Leone,
poiché governa simultaneamente la quarta (Scorpione) e la nona casa (Ariete),
e cioè una casa angolare ed un trino (trikona). D’altro canto Giove diventa
malefico quando l’ascendente è il Toro, perché governa simultaneamente
l’ottava (Sagittario) e l’undicesima casa (Pesci) e cioè una casa malefica
(dusthana) e una casa crescente (upachaya).

Ritornerò sull’argomento quando Vi illustrerò il significato delle case.
Quindi, per stabilire se un pianeta è benefico o malefico, occorre considerare
sia la sua natura che lo stato terrestre. Non bisogna poi trascurare la
potenza dei pianeti (shad bala), l’amicizia tra pianeti e gli aspetti
planetari (drishtis).

Vediamo ora lo schema dei domicili, esaltazione, caduta e Moolatrikona.
Quest’ultimo termine denota una particolare posizione dei pianeti in cui essi
si trovano particolarmente a proprio agio, e coincide con alcuni gradi di un
domicilio, eccezion fatta per la Luna. L’astrologia indù non conosce il segno
di esilio.

«PRIVATE_
»Pianeta
Domicilio
Esaltazione
Caduta
Moolatrikona
Sole
Leone
Ariete
Bilancia
0°;-20°; Leone
Luna
Cancro
Toro
Scorpione
04°;-20°; Toro
Marte
Ariete
Scorpione
Capricorno
Cancro
00°;-12°; Ariete
Mercurio
Gemelli
Vergine
Vergine
Pesci
16°;-20°; Vergine
Giove
Sagittario
Pesci
Cancro
Capricorno
00°;-10°; Sagittario
Venere
Toro
Bilancia
Pesci
Vergine
00°;-15°; Bilancia
Saturno
Capricorno
Acquario
Bilancia
Ariete
00°;-20°; Acquario
Rahu

Toro
(Gemelli/ Vergine)*

Ketu

Scorpione
(Gemelli/ Vergine)*

in cui i pianeti sono particolarmente potenti.
Essi sono: Sole – 10°; Ariete, Luna – 3°; Toro, Marte 28°; Capricorno,
Mercurio – 15°; Vergine, Giove – 5°; Cancro, Venere – 27°; Pesci, Saturno –
20°; Bilancia. Non c’è unanimità di vedute per Rahu e Ketu.

RAPPORTI TRA PIANETI

inimicizia tra pianeti. Tali rapporti possono essere permanenti e temporanei.

Rapporti permanenti

«PRIVATE_
»Sole:
amico di Luna, Marte, Giove.
nemico di Venere, Saturno.
Luna:
amica di Sole, Mercurio.
nemica di nessuno.
Marte:
amico di Sole, Luna, Giove.
nemico di Mercurio.
Mercurio:
amico di Sole, Venere.
nemico di Luna
Giove:
amico di Sole, Luna, Marte.
nemico di Mercurio, Venere.
Venere:
amico di Mercurio, Saturno.
nemico di Sole, Luna.
Saturno:
amico di Mercurio, Venere.
nemico di Sole, Luna, Marte.
Rahu & Ketu:
amici di Mercurio, Venere, Saturno
nemici di Sole, Luna, Giove.

I pianeti che non sono né amici né nemici tra di loro si considerano neutrali.

Rapporti Temporanei

Si prende in esame la posizione dei pianeti nelle case. Quelli che si trovano
nella seconda, terza, quarta, decima, undicesima e dodicesima casa da quella
ove è situato un pianeta, (contandola come la prima) sono considerati amici
temporanei di quel pianeta.
I pianeti nella stessa casa e nella quinta, sesta, settima, ottava e nona sono
considerati nemici temporanei.
Combinando insieme ambedue le situazioni, si avranno sei tipi di rapporto come
segue:

«PRIVATE_
»Amico permanente + amico temporaneo
= migliore amico
Amico permanente + nemico temporaneo
= neutrale
Neutrale permanente + amico temporaneo
= amico
Neutrale permanente + nemico temporaneo
= nemico
Nemico permanente + amico temporaneo
= neutrale
Nemico permanente + nemico temporaneo
= peggior nemico

I rapporti di amicizia od inimicizia planetaria sono utili per determinare
l’effetto degli aspetti e dei periodi planetari (Dasa e Bhukti). Sono inoltre
indispensabili per valutare l’efficacia dei pianeti nelle case.

Parliamo ora degli aspetti.

L’astrologia indù tratta gli aspetti in modo assai diverso da quella
occidentale. Innanzitutto essa considera che l’influsso di un pianeta si
esercita sempre in senso orario; i pianeti, poi, lanciano aspetti oltre che su
altri pianeti, anche sulle case, non importa se vuote. Ovviamente i pianeti
malefici danneggiano case e pianeti che ricevono i loro raggi. Gli aspetti
vengono considerati da un segno all’altro e non sono reciproci.
Gli aspetti sono pieni o parziali. Tutti pianeti (compresi i nodi lunari)
lanciano aspetti pieni verso il settimo segno a partire dal proprio. Marte
lancia il suo aspetto anche verso il 4°; e l’8°; segno, Giove anche verso il
5°; e il 9°; e Saturno anche verso il 3°; ed il 10°; segno a partire dal
proprio.

Supponiamo che, in un Rasi, Giove sia in Leone e la Luna in Sagittario: si
dirà che la Luna riceve un aspetto da Giove, mentre Giove non riceve nessun
aspetto dalla Luna. Se in quello stesso Rasi Saturno si trova in Gemelli,
avremo anche che la Luna riceve un aspetto da Saturno e Saturno lo riceve
dalla Luna. Essi formano un aspetto reciproco perché si trovano nel settimo
segno l’uno dall’altra, però la Luna viene danneggiata dall’aspetto di
Saturno, mentre Saturno viene beneficato dall’aspetto lunare. Sempre
proseguendo nell’esempio, Giove riceve un aspetto da Saturno. Nel caso di Luna
e Saturno, essi si dicono in Sambandha e cioè sono in particolare rapporto. Vi
sono altre possibilità per cui i pianeti possono trovarsi in Sambandha. Non
esistono orbite nel calcolo degli aspetti, poiché, come si è già detto, essi
si considerano da segno a segno. Per la congiunzione è sufficiente che due o
più pianeti si trovino nello stesso segno.

Vi sono poi altre peculiarità. Se un pianeta si trova troppo vicino al Sole,
esso si dice combusto e perde di potenza. Non c’è accordo nella determinazione
delle orbite di combustione, che variano da pianeta a pianeta. Se due pianeti
si trovano a meno di 1°; di distanza l’uno dall’altro, si dice che essi
combattono una guerra. Vince il pianeta che si trova nel grado longitudinale
più basso. Ad es., se Mercurio è in Pesci a 8°;17′ e Saturno a 9°;01′,
Mercurio vince. Questa regola non si applica al Sole (l’altro pianeta sarebbe
combusto) alla Luna, a Rahu e Ketu. Il vincitore viene molto rinforzato, il
perdente molto indebolito.

Un pianeta che si trova entro 1°; dell’inizio o della fine di un segno non si
esprime pienamente ed è considerato debole.
Un discorso a parte meritano i pianeti retrogradi, che sono considerati
potenti. Marte e Saturno retrogradi perdono della loro nocività e normalmente
beneficiano la casa che occupano. Venere, Giove e Mercurio retrogradi si
indeboliscono ma rimangono positivi.

Un argomento assai importante è costituito dai significatori (Karaka). Ciascun
pianeta infatti è considerato il naturale significatore delle questioni
riguardanti le singole case, sicché un astrologo darà un giudizio definitivo
su una casa solo dopo avere esaminato lo stato del suo karaka. Riprenderò
l’argomento più avanti.

Occorre ora occuparsi brevemente della simbologia planetaria, che differisce
alquanto da quella occidentale.

Il Sole (Surya)
Gli occhi del Sole hanno il colore del miele. Ha un corpo squadrato. E’ puro
di costumi, bilioso, intelligente e ha pochi capelli. (Parashara, 3.23)
E’ considerato un malefico; non è importante come nell’astrologia occidentale,
ma assume però particolari caratteristiche spirituali.

La Luna (Chandra)

La Luna ha una costituzione aerea e flemmatica. E’ dotta ed ha un corpo
rotondo. E’ di bell’aspetto e ha un linguaggio mielato, è mutevole e molto
sensuale. (Parashara. 3.24)
E’ l’elemento più importante dell’oroscopo indù insieme all’ascendente.
Governa l’equilibrio e la pace mentale, il benessere generale. La casa in cui
si trova acquista fondamentale importanza; è bene che non sia isolata, e cioè
che il segno zodiacale che la precede o la segue sia occupato. La Luna
crescente o piena è considerata benefica, calante o nuova è malefica. Gli
astrologi usano tracciare oltre la Rasi e la Navamsha, anche una terza carta
ove il segno in cui si trova la Luna è considerato la prima casa.

Marte (Kuja)

Marte ha gli occhi iniettati di sangue, è volubile, generoso, bilioso,
irascibile ed ha la vita ed il corpo sottile. (Parashara, 3.25)
E’ considerato assai malefico. La differenza con l’astrologia occidentale sta
nel suo essere significatore dei fratelli e sorelle nonché delle proprietà
immobiliari.

Mercurio (Budha)

Mercurio è dotato di un fisico attraente e la capacità di usare parole con
molti significati. Gli piace scherzare. I tre umori sono in lui ben mescolati.
(Parashara, 3.26)
Mercurio assume la qualità dei pianeti con cui è associato. Se è congiunto con
un malefico, la casa in esame dovrà essere valutata come contenente due
malefici. I suoi significati di base coincidono con quelli dell’astrologia
occidentale.

Giove (Guru)

Giove ha un grande corpo, i capelli e gli occhi color giallo; è flemmatico,
intelligente e versato nelle sacre scritture. (Parashara, 3.27)
E’ benefico e soccorrevole, proprio come in Occidente. In India però è
considerato il significatore dei figli e dal suo esame se ne può accertare il
numero, sesso nonché i loro rapporti con i genitori. Significa anche il marito
nell’oroscopo della donna. Rappresenta il buon karma.

Venere (Sukra)

Venere è affascinante, ha un fisico splendido, un temperamento eccellente,
occhi belli; è poeta, di costituzione flemmatica ed aerea ed ha capelli
riccioluti. (Parashara, 3.28)
E’ il significatore degli affari di cuore e matrimoniali. Per il resto le sue
attribuzioni di base non differiscono da quelle occidentali.

Saturno (Sani)

Saturno è alto e sottile, ha occhi gialli, è di costituzione aerea, ha grandi
denti, è indolente, zoppo ed ha capelli grossi e ruvidi. (Parashara, 3.29)
E’ il più temuto dei pianeti, distrugge o danneggia gli altri pianeti con cui
entra in aspetto. Gli indiani gli attribuiscono il cattivo Karma e il destino
duro. Il suo lato positivo è rappresentato dalle qualità ascetiche. E’ il
significatore della longevità.

Rahu & Ketu

Rahu ha l’aspetto del fumo con il fisico di colore bluastro. Risiede nelle
foreste ed è orribile. E’ di costituzione aerea ed intelligente. Ketu è simile
a Rahu. (Parashara, 3.30)
Gli antichi Rishi li hanno battezzati pianeti ombra perché i nodi lunari non
hanno una consistenza fisica. Sono considerati molto malefici.
Astronomicamente, indicano la posizione in cui l’orbita lunare interseca
l’eclittica. Quando c’è luna nuova vicino a un nodo e i due astri sono in
parallelo di declinazione,
si verifica un’eclisse di sole; quando c’è luna piena alle stesse condizioni,
si verifica un’eclisse di luna.
Gli indù li considerano molto potenti in quanto i nodi possono sovrastare i
due luminari: Rahu ha il potere di vincere la Luna e Ketu il Sole. D’altro
canto, Rahu può elargire potere e successo, l’esaudimento di desideri terreni,
ma non pace ed equilibrio interiore. Ketu può donare poteri psichici, saggezza
ed illuminazione.

Maturità dei pianeti

Una caratteristica dell’astrologia vedica è di considerare l’anno in cui ogni
pianeta giunge a maturità, ovvero esplica in pieno i propri effetti. Ciò si
verifica non solo nelle questioni indicate dalla natura del pianeta, ma anche
per quanto attiene le questioni regolate dalla casa in cui si trova o che
governa.
Giove raggiunge la piena maturità nel 16°; anno, il Sole nel 22°;, la Luna nel
24°;, Venere nel 25°;, Marte nel 28°;, Mercurio nel 32°;, Saturno nel 36°;,
Rahu nel 42°; e Ketu nel 48°;.

LE CASE (BHAVA) NELL’ASTROLOGIA VEDICA
Le case rivestono grande rilievo nell’astrologia vedica. Basti pensare che gli
elementi più importanti dell’oroscopo sono l’Ascendente e il segno lunare. Al
segno solare viene attribuita scarsa importanza.
Vi sono alcune classificazioni delle case che in parte collimano con il
sistema occidentale, in parte sono proprie di Jyotish.

«PRIVATE_
»Kendra:
sono le case angolari 1, 4, 7 & 10.
Panapara:
sono le case succedenti 2, 5, 8 & 11.
Apoklima:
sono le case cadenti 3, 6, 9 & 12.

Particolari case sono le Trikona (trini) e le Upachaya (case crescenti) e le
Dusthana (case malefiche).

«PRIVATE_
»Trikona:
sono la 1, 5 & 9 casa.
Vengono considerate estremamente benefiche. I signori dei trini ed i pianeti
che vi si trovano acquistano un significato assai positivo. Giove ama i trini
in modo particolare. La casa 9 è considerata la più forte.
Upachaya:
sono la 3, 6, 10 & 11 casa.
Vengono dette case crescenti perché i pianeti che vi si trovano acquistano
forza col decorrere del tempo. I malefici sono benvenuti in queste case
particolari e danno ottimi risultati, mentre i loro governatori assumono una
colorazione negativa. La 10 è considerata upachaya ma anche kendra. La più
forte e l’11.
Dusthana:
sono la 6, 8 & 12 casa.
Vengono dette case malefiche ed i pianeti che vi si trovano si indeboliscono e
possono causare problemi. La meno problematica è la 6 in quanto anche casa
crescente.

Parlando dei pianeti ho accennato al fatto che l’astrologia vedica considera
anche lo stato terrestre dei pianeti oltre alle loro naturali caratteristiche.
I pianeti, quindi, devono essere valutati da un punto di vista della loro
natura (benefici o malefici naturali) e dal punto di vista della funzione
esercitata in relazione alle case governate (benefici o malefici funzionali).
Le case governate dipendono dall’ascendente – ed ecco perché questo è così
importante; in effetti, esso attribuisce ai pianeti il loro significato
funzionale. Se ne deduce una importante regola astrologica: il significato dei
pianeti dipende sia dalla loro natura che dall’ascendente. Normalmente i
pianeti che governano case malefiche diventano essi stessi malefici, l’inverso
vale per i governatori di case benefiche. Se ricordate ciò che ho detto poco
fa riguardo alle case trikona, upachaya e dusthana, si possono dedurre alcune
regole.

I signori dei trini sono sempre considerati favorevoli; i signori dei kendra
(ad esclusione della prima casa) sono favorevoli se sono anche pianeti
malefici come il Sole, Marte e Saturno ma diventano sfavorevoli se benefici
come Giove, Mercurio, Venere e Luna. In sostanza, si rovescia la natura dei
pianeti. I signori delle case crescenti (upachaya) 3, 6 & 11 sono comunque
negativi; i signori della 2, 8 & 12 sono neutrali funzionali e danno buoni
risultati se congiunti con un benefico.

David Frawley afferma (The astrology of the seers, pag.157):

…L’arte dell’astrologia vedica si impernia soprattutto sulla capacità di
combinare lo stato dei pianeti – naturale e terrestre – allo scopo di ottenere
una interpretazione completa…

Frawley propone il seguente esempio. Si sa che la combinazione (Yoga) dei
signori della 2 e dell’11 casa è molto favorevole all’arricchimento in quanto
ambedue le case sono legate al guadagno. E’ di secondaria importanza se i
pianeti coinvolti siano Giove, naturalmente collegato alla ricchezza, o
Saturno, che porta per sua natura restrizioni e povertà. La natura di Giove
però accresce e rafforza lo Yoga in questione, mentre Saturno ne renderebbe
più lenta o difficoltosa la manifestazione, oppure la limiterebbe alle
proprietà immobiliari. In ogni caso, il fattore predominante è dato dalla
signoria sulle case.

Bisogna a questo proposito ricordare che moltissimi Yoga sono espressi in
termini di signoria delle case.

Nel valutare il significato dei pianeti, occorre però non dimenticare che la
natura essenziale degli stessi non cambia in virtù della signoria sulle case;
si deve pertanto concludere che i benefici naturali, se diventano malefici
funzionali, non perdono mai del tutto la capacità di fare del bene. L’inverso
avviene per malefici naturali.

Sappiamo già che il sistema vedico fa uso dei sette pianeti classici e dei
nodi lunari, trascurando quindi Urano, Nettuno e Plutone.

Ciò comporta che ciascun pianeta – ad eccezione dei luminari e dei nodi lunari
– sia il governatore di due case. Poiché accade frequentemente che una di
queste sia considerata malefica, quale sarà il giudizio sullo stato terrestre
del pianeta in questione? In linea di massima si può affermare che l’effetto
planetario complessivo sia determinato da quale delle due case sia più forte o
preponderante. Si può quindi delineare una tabella che indichi quali siano i
benefici e i malefici funzionali per ciascun ascendente. Ci sono,
naturalmente, differenze d’opinione tra i vari autori; da parte mia, riporto
la classificazione operata da B. V. Raman (How to judge an horoscope, Vol. 1,
pag. 6). I pianeti né benefici né malefici sono considerati neutrali.

«PRIVATE_
»Ascendente
Benefico
Molto benefico
Malefico
Molto malefico
Ariete
(Mesha)
Sole Marte

Giove
Saturno Venere
Mercurio
Toro
(Vrishabha)
Mercurio Marte Sole
Saturno
Giove Luna

Gemelli (Mithuna)

Venere
Giove Sole
Marte
Cancro
(Kataka)

Giove

Marte
Venere Mercurio

Leone
(Simha)
Sole
Marte
Mercurio Venere

Vergine
(Kanya)

Venere
Luna Marte Giove

Bilancia
(Thula)
Mercurio Venere Marte(*)
Saturno
Luna Sole Giove

Scorpione
(Vrischika)
Giove Sole
Luna
Mercurio Venere

Sagittario
(Dhanus)
Marte Sole

Venere Saturno
Mercurio

Capricorno
(Makara)
Mercurio Saturno
Venere
Giove Luna
Marte
Acquario
(Kumbha)
Sole Marte
Venere
Giove Luna

Pesci
(Meena)
Luna Marte

Saturno Sole Mercurio
Venere

(*) è considerato debolmente benefico

Dall’esame della tabella si noterà che alcuni pianeti come Marte, Saturno e
Venere governano contemporaneamente un kendra e un trikona. Ed infatti quando
il Cancro è all’ascendente, Marte governa contemporaneamente la 5 e la 10
casa; quando l’ascendente è il Leone, Marte governa la 4 e la 9. Saturno
invece governa la 4 e la 5 quando la Bilancia sorge all’orizzonte, governa la
9 e la 10 con il Toro. Venere domina la 5 e la 10 nel caso del Capricorno e la
4 e 9 nel caso dell’Aquario.

Questa condizione è considerata altamente benefica; il pianeta in questione
viene chiamato Yogakaraka e conferisce prestigio, stato sociale, prosperità
economica.

Se invece si associano i signori di una casa angolare e di un trino, avremo un
Rajayoga. Il migliore dei due pianeti sarà quello che non è macchiato dalla
signoria di case malefiche o dall’associazione con il governatore di una casa
malefica.

Vi sono moltissimi Yoga descritti negli antichi testi di astrologia come il
Brihat Parashara Hora Sastra, considerata un po’ come la Bibbia degli
astrologi vedici.

Queste combinazioni riguardano i più svariati settori della vita umana: una
prima grande bipartizione li suddivide in Yoga e Arishta. I primi riguardano
la buona sorte e la riuscita, ad esempio in società, nel lavoro, in famiglia.
I secondi si riferiscono alle disgrazie di ogni specie, problemi,
preoccupazioni, disturbi come cattiva salute, perdite finanziarie, una moglie
litigiosa, una prole degenere e così via. Gli Yoga funzionano per così dire a
lato delle indicazioni dell’oroscopo di base e in certo senso si sovrappongono
ad esso. E’ interessante notare che esistono cinque yoga, chiamati
Mahapurushayoga, collegati alla posizione dei pianeti (eccetto i luminari) in
casa angolare coincidente col segno di domicilio od esaltazione. Se una
persona ha uno di questi yoga, egli sarà fortunato; se due, sarà pari ad un
re; se tre, sarà egli stesso un re; se quattro, sarà un imperatore; se tutti e
cinque, egli sarà più di un imperatore.

Ad esempio, il Ruchakayoga, relativo a Marte, provoca questi effetti: il
soggetto acquisirà grandi ricchezze grazie al suo coraggio, sarà eroico,
forte, distruggerà i suoi nemici, sarà arrogante, famoso per le sue virtù,
vittorioso e comandante di eserciti. (Fundamentals of Astrology, pag. 161)
Altro importante argomento collegato all’esame delle case è il concetto di
Karaka.

I Karaka sono i significatori delle questioni relative alle singole case.
L’accurato esame di un oroscopo non può prescindere dalla considerazione dei
vari karaka e della loro forza. Ad esempio, se si vuole conoscere il numero
dei figli, se saranno maschi o femmine, e molte altre notizie che li
riguardano, occorrerà esaminare – oltre la 5 casa – anche Giove, che è il loro
significatore.

Raman suggerisce questa regola. Per giudicare gli eventi relativi ad una casa
occorre considerarne il signore, i pianeti occupanti, il karaka, gli yoga.
Vediamoli uno per uno, come vengono tramandati in Phala Deepika, Sarvartha
Chintamani, Jataka, Parijata.
1 casa (Thanu Bhava): Sole

2 casa (Dhana Bhava): Giove
3 casa (Sahaja Bhava): Marte
4 casa (Sukha Bhava): Luna e Mercurio
5 casa (Putra Bhava): Giove
6 casa (Satru Bhava): Marte e Saturno
7 casa (Jaya Bhava): Venere
8 casa (Mrityu Bhava): Saturno
9 casa (Bhagya Bhava): Sole e Giove
10 casa (Karma Bhava): Sole, Mercurio, Giove e Saturno
11 casa (Ayaya Bhava): Giove
12 casa (Vyaya Bhava): Saturno

Parashara, padre dell’astrologia vedica, riconosce però solo un karaka per
ciascuna casa, ed assegna Luna alla 4, Marte alla 6, Giove alla 9, Mercurio
alla 10.

Se i significatori sono in aspetto con la casa significata, ciò è considerato
positivo, mentre è negativa la sua presenza nella casa.
Ed ora passiamo alla descrizione delle case (secondo James Braha, Ancient
Hindu Astrology for the modern western astrologer).

1 casa (casa del corpo)
Dharma (il dovere o scopo della vita), la nascita, aspetto esteriore,
benessere, fama, temperamento, disposizioni, tendenze, prosperità, forza,
longevità, salute, forza di volontà, condotta, dignità, autoconsapevolezza,
faccia, testa, felicità, prima infanzia, gli inizi della vita.

2 casa (casa delle finanze)
Ricchezza, denaro, vita familiare, felicità domestica, conoscenza, parola,
poeti, oratori, immaginazione, faccia, timidezza, fiducia, bocca, lingua,
vista, gioielli, vestiario, istruzione, insegnanti, cibo bugie, verità,
linguaggio sboccato, carità, occhio destro, collo, gola.

3 casa (casa dei fratelli)
Fratelli, coraggio, avventure, sforzi, vita, energia, entusiasmo, iniziative,
motivazioni, desideri, voce. Musica, danza, teatro. Attori, cantanti,
ballerini, registi, produttori, organizzatori. L’udito, stabilità mentale, la
personalità ferma, i vicini, lettere, comunicazioni, scritti, servitù, brevi
viaggi, mani, braccia, spalle, orecchio destro, seni, la vita.

4 casa (casa della felicità e del benessere)
La madre, passioni del cuore, felicità, terra, attività fisse, fabbricati,
proprietà immobiliari, proprietà ancestrali, benessere, mezzi di trasporto,
titoli accademici, cose che finiscono, fine della vita, questioni private,
fattorie, tombe.

5 casa (casa dei figli)
Figli, intelligenza, la mente, poorvapunya (meriti derivanti dalle vite
passate), speculazioni, gioco d’azzardo, sport, disegno e pittura, senso
morale, meriti, carità, religiosità, idilli, affari di cuore, piacere, mantra,
tecniche spirituali, saggezza, istruzione superiore, dignità regale, buone
azioni.

6 casa (casa dei nemici)
Nemici, concorrenti, persone gelose, malessere, malattia, lavoro, cibo,
appetito, lavoratori subordinati, inquilini, debiti, miseria, zio materno,
cugini, la professione d’infermiere, la professione medica, somministrazione
di alimenti e bevande, lavoro di servizio.

7 casa (casa della moglie)
Vita matrimoniale, la sposa, passioni sessuali, soci di tutte le specie, vene
e lombi, residenza in paesi stranieri, corti di giustizia.

8 casa (casa della morte)
Vita, longevità, morte, testamenti e legati, incassi da assicurazioni,le
finanze del partner, denaro dal partner, (inclusi gli alimenti), incidenti, le
lunghe malattie, malattie croniche, disgrazia, sfortuna, intuizione, scienze
occulte, cose segrete, forza sessuale, malattie veneree.

9 casa (casa della fortuna)
Fortuna, sorte, il padre, religione, filosofia, fede, saggezza, devozione,
guru, nipoti, lunghi viaggi, viaggi, legge, conoscenze superiori di tutti i
tipi, le ginocchia.

10 casa (casa delle attività)
Carriera, professione, fama, onori, condizione sociale, governo,
pellegrinaggi, buone azioni, attività a beneficio della società, autorità,
funzionari governativi.

11 casa (casa dei guadagni e dei profitti)
Brame, ambizioni, desideri, opportunità, amici, fratello maggiore, profitti,
ricchezza, zio paterno, gambe e caviglie.

12 casa (casa delle spese e delle perdite)
Spese, sprechi, sfortuna, salvezza dell’anima, liberazione finale, lo stato in
cui ci trova dopo la morte, piaceri dell’alcova (vita sessuale), biancheria da
letto, restrizioni, ospedali, prigioni, nemici segreti, posti sconosciuti
(terre lontane), vita all’estero, l’udito (orecchio sinistro), vista (occhio
sinistro), piedi.

Per quanto riguarda la vita matrimoniale, gli indù conoscono una condizione
astrologica che esercita un malefico influsso: si chiama Kujadosha (da Kuja,
Marte e Dosha, afflizione). Si tratta della presenza di Marte nella 1, 4, 7, 8
& 12 casa. Se però la prima cade in Ariete, la quarta in Scorpione, la settima
in Capricorno o Pesci, l’ottava in Cancro, la dodicesima in Sagittario, non si
ha Kujadosha. L’effetto è quello di danneggiare la vita matrimoniale in
svariati modi, come conflitti, vedovanza, tradimenti. Il rimedio al Kujadosha
di una persona, uomo o donna che sia, è quello di unirsi ad altra che abbia
anch’essa Kujadosha. In tal modo i malefici influssi vengono reciprocamente
annullati.

Ho già detto che l’astrologia indù attribuisce grande importanza alle case. Ci
sono alcuni principi riguardanti le case da tenere presente nella valutazione
dell’oroscopo. Senza entrare in dettagli defatiganti, ricorderò i seguenti.

1. Se un benefico lancia un aspetto ad una casa, questa fiorisce; se si
tratta di un malefico, questa ne soffre.
2. Se il signore di una casa la occupa o è in aspetto con essa, ciò rafforza
la casa e non la danneggia, anche se è un malefico.
3. Se un benefico occupa una casa e riceve un aspetto da un altro benefico,
la casa ne gode; l’inverso per un malefico.
4. Un pianeta che si trovi in domicilio o in esaltazione accresce
l’efficacia della casa che governa, come pure l’efficacia della casa in cui si
trova.
5. E’ bene avere i benefici nelle case angolari e nei trini, i malefici
nella 3, 6 & 11.
6. E’ meglio non avere pianeti nella 8 & 12; fra benefici e malefici, è
meglio che vi si trovino i benefici.
7. I signori delle case dusthana (6, 8, 12) danneggiano le case in cui si
trovano.
8. Le case vanno giudicate anche considerando come ascendente la casa in cui
si trova la Luna (Chandra Lagna).

Ed ora un’ultima osservazione prima di passare ai sistemi previsionali.
Esistono pianeti che vengono denominati Maraka, e cioè assassini o
significatori di morte. Essi sono i governatori o gli occupanti della 2 e 7
casa; vengono considerati maraka anche i pianeti che si trovano in
congiunzione con essi. Perché la seconda e la settima casa? Gli indù fanno il
seguente ragionamento. Le case della vita sono l’8 nonché l’8 da quest’ultima,
e cioè la 3. Occorre poi considerare la 12 (o casa delle perdite); se contiamo
la dodicesima casa a partire dall’ottava otterremo la 7. Se poi contiamo la
dodicesima a partire dalla terza, otterremo la 2.

B. V. Raman afferma che la morte generalmente avviene durante i periodi e
sottoperiodi di questi pianeti e detta minuziose regole in materia.
Gli indù hanno diversi modi assai complessi per determinare la lunghezza della
vita, che viene così classificata: Balarishta (morte in tenera età) la vita
non oltrepassa gli otto anni; Alpayu (vita breve) dagli 8 ai 32 anni; Madhyayu
(vita media) dai 32 ai 75 anni; Purnayu (vita piena) dai 75 ai 120 anni.
Ricorderete che all’inizio di questa conferenza mi sono soffermato sui
fondamenti del sistema previsionale denominato Vimshottari.
Ci sono molti fattori che devono essere esaminati per determinare se un
periodo planetario sarà positivo o negativo e in quali settori della vita se
ne manifesteranno gli effetti. Preliminarmente occorre valutare la condizione
generale del pianeta in questione. Se ne esaminerà la natura (se è un benefico
o malefico naturale o funzionale), la casa o le case che governa, quella in
cui si trova, gli aspetti che riceve dagli altri pianeti.

Ciò servirà a stabilire se il Dasha avrà, in generale, effetti positivi o
negativi. La casa occupata dal pianeta o quella di cui è il signore
delimiteranno il settore in cui si manifesteranno tali effetti.
Il Pandit Gopesh Kumar Ojha riassume così questo concetto basilare: Se si
dice, secondo i canoni dell’astrologia, che un pianeta avrà certi effetti
[nell’oroscopo di base], egli darà tali effetti durante il suo Mahadasha. Se i
suoi effetti nella carta natale sono stati considerati benefici, durante il
suo Mahadasha egli darà quei buoni risultati; se gli effetti, come descritti
nei precedenti capitoli, sono malefici, egli genererà cattivi risultati con
riguardo alle questioni che sono state trattate prima. Se per alcuni versi è
buono e per altri cattivo, darà risultati misti.

Chiudo queste brevi note con un accenno ai transiti. Questi sono considerati
di secondaria importanza dall’astrologia indù ed acquistano significato solo
se inquadrati nell’ambito del sistema dei dasha e bhukti. Gli effetti di un
pianeta transitante si fanno sentire nella cornice del periodo e sottoperiodo
planetario in corso con riguardo alle questioni della casa transitata e delle
case verso cui il pianeta transitante lancia i suoi aspetti. Inoltre, le case
vengono contate a partire dalla Luna e non dall’ascendente, anche se molti
astrologi ora considerano le case in ambedue i modi.

Un esempio servirà a chiarire quanto detto.

Supponiamo che l’ascendente sia il Leone e che Saturno si trovi
nell’undicesima casa a partire dall’ascendente. Supponiamo ancora che la Luna
sia in quinta. Attualmente, nello zodiaco siderale, Saturno si trova in
Aquario. Nel sistema indù, Saturno transita quindi nella casa settima di
questo ipotetico oroscopo ed interessa tutti i 30 gradi della casa in
questione; per di più, sono coinvolti anche gli affari attinenti le case
prima, nona e quarta (sappiano già che Saturno lancia i suoi aspetti alla
terza, settima e decima casa a partire da quella ove si trova). Considerando
ora la Luna come ascendente, Saturno si trova nella casa terza e lancia i suoi
aspetti alla quinta, nona e dodicesima casa.

Raman ci dà le seguenti indicazioni: Quando Saturno passa attraverso la terza
casa a partire dalla Luna, il soggetto otterrà ricchezze, servitù, beni
voluttuari, cammelli, bufali, elefanti, asini e cavalli. Diventerà influente,
felice, libero da malattie e diverrà enormemente potente e sbaraglierà i suoi
nemici in battaglia.

I transiti più importanti si riferiscono a Giove, Saturno, Rahu e Ketu.

CONCLUSIONI

Giunto alla fine dell’esposizione, non posso non affrontare, sia pure in modo
estremamente sintetico e per accenni, il problema del destino e del libero
arbitrio, della libertà insomma, che l’astrologia vedica porta così
prepotentemente alla nostra attenzione.

Mi limito quindi a sottoporre alcune riflessioni, senza alcuna pretesa.
Molti grandi pensatori si sono cimentati con la questione. Limitandomi a
citarne solo alcuni tra i più noti in Occidente, risparmiandoVi tediosi
excursus storici, ricordo: Socrate, Platone e Aristotele fra i Greci;
Sant’Agostino e San Tommaso d’Aquino, fra i padri della chiesa; Erasmo da
Rotterdam; Martin Lutero e Giovanni Calvino tra i protestanti; Baruch Spinosa
e Gottfried Wilhelm von Leibniz tra i razionalisti; Georg Wilhelm Friedrich
Hegel; Immanuel Kant; Soren Kierkegaard; Jean Paul Sartre; Albert Camus.
Il nostro interrogativo potrebbe, secondo Paolo Valori, enunciarsi nel modo
seguente: Non c’è dubbio che io, ogni singolo io, sono inserito in una trama
quasi infinita di condizioni già date che, in parte almeno, mi determinano in
tutto il mio essere, nella mia vita e nella mia morte. Innanzitutto sono nato,
non so perché, da certi genitori – quindi in una certa ereditarietà – in un
certo luogo, tempo, nazione, con una certa dose di forza fisica, salute,
intelligenza, sensibilità ecc.; sono stato educato in una certa cultura
(lingua costumi, valori morali, religiosi, estetici…); appartengo ad un
determinato periodo storico legato a svariate vicende sociali, politiche,
economiche…; sono spinto da istinti e pulsioni psichiche consce ed inconsce
germinate da tutto questo ambiente che mi ha circondato. Esso non è dipeso da
me, come non dipenderanno da me le malattie, la vecchiaia, la morte. Io, il
mio io sono dunque inserito in un quadro di dati molteplici che indubbiamente
per larga parte mi determinano e che non posso mutare. Nonostante questa mia
finitudine e limitatezza, posso però almeno porre alcuni atti che non siano il
risultato finale di quei fatti e di quei dati ma siano, almeno parzialmente,
derivati dalla mia libera scelta, dal mio libero arbitrio?(Il libero arbitrio,
pag. 7)

Ad una prima intuitiva risposta che la libertà deve esistere se non altro come
conseguenza dell’angoscia insita nella scelta, nell’atto di scegliere
(Kierkegaard), si oppone l’argomentazione che quella stessa libertà viene a
contraddire un ordine concatenato di cause ed effetti che si manifesta nel
mondo fenomenico della natura.

Afferma l’astronomo, fisico e matematico Pierre-Simon Laplace: Dobbiamo dunque
raffigurarci lo stato presente dell’universo come l’effetto del suo stato
anteriore e come causa di quello che seguirà. Un’intelligenza che per un dato
istante conoscesse tutte le forze da cui la natura è animata e la situazione
rispettiva degli esseri che la compongono, se d’altra parte fosse così vasta
da sottoporre questi dati all’analisi, abbraccerebbe in un’unica e medesima
formula i movimenti dei più grandi corpi dell’universo e quelli del più lieve
atomo: niente sarebbe incerto per essa, e l’avvenire, come il passato, sarebbe
presente ai suoi occhi.

Il genio di Shakespeare ci fa intravedere nel Macbeth i due corni del dilemma.

Macbeth incontra casualmente le streghe nella radura, in realtà esseri
androgini, né uomini né donne. Voi, donne, dovreste essere: e tuttavia le
vostre barbe mi vietano di credervi tali. (Atto I, scena III)

Esse lì simboleggiano il passato, presente e futuro. Macbeth viene infatti
salutato col suo titolo di Tane di Glamis (passato) e Tane di Cawdor
(presente) e di futuro re. Subito dopo egli viene informato che il re Duncano,
per ricompensarlo del suo valore in battaglia lo ha investito della signoria
di Cawdor.

Mentre Banquo (che sarà capostipite di re pur senza esserlo lui stesso),
assume subito un atteggiamento prudente ed equilibrato, Macbeth capisce
immediatamente che l’adempimento della predizione comporta azioni scellerate e
ne prova istintivamente orrore. Poi fra sé e sé mormora: E se la sorte mi
vuole re, bene, può incoronarmi, la sorte, senza che io muova un dito.
Sappiamo però che egli si macchierà di orribili delitti che provocheranno fra
l’altro la perdita dell’anima (lady Macbeth impazzisce e muore) e la
conseguente polarizzazione della personalità. Era quindi indispensabile che il
protagonista agisse affinché la predizione si realizzasse.

Sorge la domanda: se le streghe sono una proiezione (dice Banquo: Ma erano qui
davvero quelle cose di cui parliamo; o abbiamo morso a quella radice velenosa
che prende prigioniera la ragione?), se Macbeth ha dato corpo alla sua
smisurata ambizione cercando in un certo qual modo una legittimazione al suo
agire sciagurato, come si spiega la veritiera profezia circa la signoria di
Cawdor?

In realtà è lecito supporre che egli fosse consapevole di quanto il suo
intervento fosse stato risolutivo nella battaglia contro i norvegesi a cui si
era alleato il vecchio Tane di Cawdor; ed era ragionevole pensare che da ciò
si aspettasse una qualche ricompensa.

Prima di proseguire, vorrei soffermarmi su alcuni concetti. Che cosa si deve
intendere per destino? Certamente qualche cosa di diverso e distinto dal fato
degli antichi. Questo ci richiama alla mente una forza cieca e misteriosa alla
quale non ci si può sottrarre. Il Fato domina anche Zeus (Ovidio, Metamorfosi,
IX, 435. Dice Giove: me quoque fata regunt.)

Gradualmente però la divinità assume prima la forma di cooperatrice del fato e
poi di diretta responsabile dello stesso.

Il concetto di destino, per contro, non esclude l’intervento dell’azione
umana.

Questa distinzione fa anche il Leibniz (Teodicea, I, § 55) quando
contrappone al fato maomettano la nozione di destino, che vuol essere insieme
Provvidenza; nel destino il futuro è una risultante di cui anche l’iniziativa
dell’uomo è una componente. Il destino è dunque una nozione che si riferisce
al singolo come tale. Perciò si può dire: segui il tuo destino, cioè: porta a
compimento ciò che devi e puoi fare (e solo in questo caso l’imperativo può
avere un significato), ma non: segui il tuo fato perché il fato non è di
questa o di quella persona, ma è causalità impersonale. (Enciclopedia
Filosofica, Destino, col. 393)

Potremmo adesso affermare che, nello stesso senso in cui Schopenhauer chiama
il mondo l’oggettivazione della volontà, il destino di un uomo è
l’oggettivazione della propria psiche.

Mi richiamo a questo punto alla definizione (di psiche) datane da Jung nel
1927/1931 secondo il quale essa è formata da tre strati: 1) la coscienza; 2)
l’inconscio personale, che consiste di tutti quei contenuti che sono divenuti
inconsci o perché hanno perduto la loro intensità e quindi sono caduti in
dimenticanza, o perché la coscienza si è ritirata da loro (rimozione), e di
quei contenuti, in parte percezioni sensoriali, che per la loro troppo scarsa
intensità non hanno mai raggiunto la coscienza eppure sono penetrati in
qualche maniera nella psiche; 3) l’inconscio collettivo, che è un patrimonio
ereditario di possibilità rappresentative non individuale, ma comune a tutti
gli uomini e forse a tutti gli animali, e costituisce la vera e propria base
della psiche individuale. (La Struttura della Psiche, Vol. 8 pag. 170).
Vediamo dunque che la coscienza costituisce solo parte della psiche; ma è solo
attraverso di essa che siamo in grado di acquistare consapevolezza mettendo a
frutto il patrimonio dell’esperienza e quindi dirigerci verso la totalità del
Sé.

Tale oggettivazione può essere più o meno consapevole, più o meno voluta o
ricercata.

Se si accetta questo, il destino perde allora il carattere di paurosa fatalità
e di estraneità per acquistare – paradossalmente – il colore della libertà. E
cioè: l’esperienza della realtà sta alla psiche come l’effetto sta alla causa.

Hans Künkel affermava: E’ certo che nelle leggi, secondo le quali i pianeti si
muovono, sono scritte le leggi della nostra vita; non sono però leggi che
imperano su di noi come su schiavi, bensì noi stessi siamo quelle leggi.
Obbedendo ad esse, obbediamo a noi stessi. Nelle costellazioni noi possiamo
decifrare qualcosa delle leggi della nostra vita, ma in esse non operano forze
estranee, bensì la nostra stessa forza. Nelle stelle noi vediamo dall’esterno
quelle leggi, che potremmo avvertire nel nostro interno, se sapessimo
ascoltare. Il saggio non impera alle stelle, e le stelle non imperano a
nessuno, neppure agli stolti. Dobbiamo dunque modificare il detto così: il
saggio è la stella. (L’interpretazione Astrologica, pag. 44)

Solo così diviene comprensibile la meditazione che Jung ci offre, già
ultraottantenne, nei suoi Ricordi, Sogni, Riflessioni: Fu solo dopo la
malattia che capii quanto sia importante dir di sì al proprio destino. In tal
modo forgiamo un io che non si spezza quando accadono cose incomprensibili; un
io che regge, che sopporta la verità e che è capace di far fronte al mondo e
al destino. Allora, fare esperienza della disfatta è anche fare esperienza
della vittoria. Nulla è turbato – sia dentro che fuori – perché la propria
continuità ha resistito alla corrente della vita e del tempo. Ma ciò può
avvenire solo quando si rinuncia a intromettersi con aria inquisitiva
nell’opera del destino. (pag. 353)

Torniamo ora al grande Shakespeare. Macbeth si trova dunque di fronte al suo
destino e decide liberamente di andare incontro ad esso. Sa che la sorte non
lo incoronerà se non sarà lui stesso ad incoronarsi. Le streghe non
l’ingannano, non lo inganneranno neppure quando le interpellerà nuovamente.
Giunto all’epilogo della sua avventura prometeica, Macbeth decide di morire
battendosi coraggiosamente piuttosto che subire l’umiliazione della resa. Io
non mi arrenderò grida. E se anche il bosco di Birnam è arrivato a Dunsinane,
e ho te di fronte, non nato di donna, tento l’ultima carta: mi copro col mio
scudo di battaglia. Dài, Macduff! E sia dannato chi primo griderà basta.
Più complicata la figura di Banquo che apparentemente subisce, innocente, i
dettami di una sorte avversa, quasi che egli fosse un passaggio obbligato
sulla strada di Macbeth, un pedone innocente da sacrificare sulla scacchiera
della sua spietata ambizione.

A Banquo le streghe predicono che sarà genitore di re, non re tu stesso,
quindi molto di più di Macbeth che, rendendosene subito conto, decide di farlo
uccidere.

In realtà Banquo sa benissimo che Macbeth, per diventare re, dovrà prima
uccidere il sovrano ed i suoi figli ma non solo non contrasta il progetto
bensì resta a corte dopo l’usurpazione del trono da parte dello stesso
Macbeth. Ed è assolutamente chiaro che Banquo decide di sacrificare
consapevolmente la propria vita pur di generare una nuova dinastia. Ne offre
prova il suo monologo al principio dell’atto III. Ora, Macbeth hai ottenuto
tutto quello che desideravi: sei re, Glamis, Cawdor – tutto… come ti avevano
promesso le sorelle profetiche: e ci sei arrivato, io temo, con un gioco molto
traverso. Fu anche detto, peraltro, che tutto questo non resterebbe poi nella
tua stirpe ma che sarei stato io radice e padre di molti re. Se può uscire, da
quelle fonti, la verità – e chiaramente vere risultarono le loro parole a tuo
riguardo – perché mai le loro promesse, confermate per te, non potrebbero poi
essere anche per me validi oracoli a sollevarmi alla speranza?
Ancora una volta il destino ci viene presentato come frutto di una libera
scelta.

A questo punto è naturale obbiettare che le costellazioni astrologiche sono un
dato di partenza immutabile; il cielo stellato lo troviamo già predisposto al
momento della nascita… e tali costellazioni sono esse stesse i nunzi del
nostro destino.

Citerò ora liberamente dal pionieristico lavoro di Künkel.
Il firmamento è …. il volto dell’uomo, del microcosmo, e contemporaneamente
quello del macrocosmo in un istante determinato. Se la vita di un uomo è
fissata nel suo firmamento, vi sono ugualmente fissati i suoi sentimenti, i
moti del suo animo, il suo destino. Se nel firmamento di un uomo si vede
l’espressione sia della sua psiche che del suo destino, dalla possibilità di
tale comune espressione consegue la concordanza di psiche e destino.
Siamo ora in pieno nel campo dell’astrologia.

Posto che, al di là di ogni ragionevole dubbio, è stata ampiamente dimostrata
la concordanza tra moto degli astri e corso del destino e posto che la psiche
è stata ritenuta artefice della concreta manifestazione del destino, l’anello
mancante risiede allora nella difficoltà di stabilire una biunivoca
concordanza tra astri e psiche.

La difficoltà di risolvere il problema sta soprattutto nella diversità delle
sfere in cui pare si trovino i due termini dell’equazione: da una parte la
psiche immateriale, dall’altra i corpi celesti interamente condizionati al
tempo e allo spazio.

La fisica e la psicologia del profondo hanno avanzato possibili soluzioni
all’apparentemente insolubile aporìa; la prima con l’idea di una
indivisibilità del tutto avanzata da Niels Bohr secondo il quale particelle
dapprima unite e poi separate si comportano come se conoscessero l’una lo
stato dell’altra, persino a grandi distanze. (M.L. Von Franz, Psiche e
materia, pag. 179) La seconda ipotizza a sua volta la sostanziale tra psiche e
materia, considerati come poli di una unica realtà.

Scrive M.L. Von Franz: In entrambi i poli dominano l’assenza di libertà e un
certo automatismo. Quanto più i processi psichici trapassano in modelli di
comportamento e in processi fisiologici, tanto minore libertà sussiste. Le
reazioni divengono automatiche e necessarie. La stessa cosa accade anche nel
polo ultravioletto dello spirito. […..] Solo al centro dello spettro
psichico, nell’ambito dell’ Io cosciente, esiste una certa libertà. […..]

Dov’è dunque il rapporto tra psiche e materia…? E’, o sembra essere, al polo
infrarosso, dove le funzioni psichiche trapassano nei processi fisiologici. La
materia appare talvolta anche all’altro polo, come fenomeno parapsicologico.
Bisogna dunque supporre che la nostra separazione tra materiale e psichico,
tra un esterno osservabile e un interno percepibile, sia solo una
contrapposizione artificiale, una polarizzazione fittizia, elaborata dalla
nostra struttura cosciente, che non corrisponde alla reale essenza
transpsichica. Dobbiamo supporre che questi due poli formino addirittura una
vera e propria realtà unitaria… (Psiche e materia pag. 12)

In questa visione, che porta a giustificare il pensiero cinese che vede la
natura come un’unità psicofisica dotata di senso, o il pensiero di Marsilio
Ficino secondo cui l’universo è Unus Mundus composto da cosmo, anima cosmica e
divino spirito, viene superata la difficoltà di cui si discorreva sopra circa
la separatezza delle sfere di appartenenza della psiche e dei corpi celesti.
La teoria dell’unità di cui abbiamo appena parlato ci spiegherebbe allora come
l’astrologia funziona senza però rispondere al quesito che ci eravamo posti
all’inizio circa la nostra libertà.

Ma a ben vedere, se la costellazione astrologica di nascita viene vista come
uno nel quadro degli elementi predeterminati, come lo sono l’ereditarietà e
l’ambiente, non si può non concludere a favore dell’esistenza della libertà di
scelta o libero arbitrio. E ciò sulla base di due argomenti risolutivi: il
primo poggia sull’esistenza della responsabilità morale; il secondo sulla
considerazione che, senza la libertà, l’esistenza stessa della coscienza si
ridurrebbe ad un lusso gratuito, ad un inutile ed afinalistico epifenomeno
dell’inconscio.

E concludo con le ispirate parole di Ernst Bernhard, nella speranza che anche
Voi le vogliate condividere: Nel corso della vita, attraverso un crescente
atteggiamento individuale di fronte al destino consapevolmente accettato, la
nostra reazione plasma le costellazioni. Così, non altro desiderando se non
quanto gli è stato assegnato, entro la costellazione che sempre si ripete ed è
in se stessa immutabile, l’uomo giunge a plasmare liberamente quel destino
unico che è il suo, nella sicurezza del cuore che trova in sé la propria
conferma. (Mitobiografia, pag. 102,103)

***

BIBLIOGRAFIA
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Künkel H., Schicksal und Willensfreiheit, Jena, 1924
Von Franz M. L., Psiche e materia, Bollati Boringhieri, Torino, 1992
Bernhard E., Mitobiografia, Bompiani, Milano, 1977
Varahamihira, Brhat Samhita, Motilal Banarsidass, New Delhi, 1992
Ricerca ’90, n. 14, 1993

Fine.

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