L’equazione di Schrodinger nello spazio

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L’equazione di Schrodinger nello spazio

09 marzo 2018

L’evoluzione a lungo termine dei dischi di materia che orbitano attorno a grandi masse nel cosmo può
essere descritta dall’equazione di Schrödinger, uno dei fondamenti della meccanica quantistica, che
descrive il mondo di atomi e particelle. Questo inaspettato collegamento tra mondo subatomico e
mondo macroscopico è emerso da uno studio teorico (red)

da lescienze.it/news

La meccanica quantistica è l’insieme delle leggi fisiche che regolano il comportamento del mondo
alla scala atomica e subatomica, cioè atomi, molecole e quant’altro. E l’equazione di Schrödinger è
una delle più importanti leggi della meccanica quantistica. Essa infatti descrive l’evoluzione
temporale dello stato di un sistema, rappresentato da una particolare funzione matematica, chiamata
funzione d’onda, a esso associato.

Avrebbe senso applicarla al mondo macroscopico o addirittura al moto dei corpi celesti? La maggior
parte degli esperti risponderebbe probabilmente di no. Ma queste persone dovrebbero ricredersi,
leggendo i risultati pubblicati sulle “Monthly Notices of the Royal Astronomical Society”.

Gli autori, Konstantin Batygin e colleghi del California Institute of Technology hanno infatti usato
la famosa equazione, che porta il nome di uno dei padri fondatori della meccanica quantistica, il
fisico austriaco Erwin Schrödinger, per risolvere proprio un problema astrofisico: l’evoluzione, su
tempi molto lunghi, delle strutture astronomiche.

Si tratta di una questione ardua, che ha messo a dura prova le capacità di generazioni di
scienziati, che può essere riassunta brevemente così: le grandi masse dell’universo – stelle,
galassie e ammassi di galassie – sono spesso circondate da gruppi di oggetti più piccoli che
orbitano attorno a loro, come i pianeti attorno al Sole. Per esempio, attorno ai buchi neri
supermassicci si osservano sciami di stelle. Attorno a queste stelle, enormi quantità di roccia,
ghiaccio e altri detriti spaziali. Per effetto delle interazioni gravitazionali, spesso questi
enormi volumi di materia formano strutture a forma di disco, piatte e circolari. I dischi,
costituiti da moltissime particelle, possono variare dalle dimensioni del sistema solare fino ad
arrivare a un diametro di molti anni luce. Queste semplici forme circolari, tuttavia, non sono
eterne. Nel lungo passato dell’universo, nell’arco di milioni di anni, si sono evoluti lentamente
fino a produrre distorsioni su larga scala, un po’ come increspature sulla superficie dell’acqua di
uno stagno.

Ma come emergono e si propagano queste distorsioni? La risposta finora è sfuggita anche alle più
avanzate tecniche di modellizzazione al computer, che invece hanno avuto successo nel riprodurre
molti altri aspetti del comportamento dinamico delle galassie e di altre strutture del cosmo.

Batygin ha considerato il problema da una prospettiva nuova. Ha applicato all’evoluzione dei dischi
di materia una tecnica molto usata in fisica, chiamata teoria perturbativa. Spesso i sistemi fisici
sono troppo complessi per poterli descrivere puntualmente con equazioni matematiche. Così si
preferisce cercare una soluzione approssimata delle equazioni, nell’ipotesi che il sistema reale
studiato non si discosti molto da un sistema noto, descritto da equazioni semplici.

Tuttavia, l’impiego di questa approssimazione in un modello per l’evoluzione di un disco di
materiali cosmici ha avuto risultati inaspettati. Pensando a un disco formato da frammenti sempre
più piccoli si arriva quasi a un continuum. Ed è da questi calcoli che, sorprendentemente, emerge
l’equazione di Schrödinger, fondamento della meccanica quantistica.

Il lavoro di Batygin indica che le increspature su larga scala nei dischi astrofisici si comportano
in modo simile alle particelle; inoltre, lo studio mostra che la propagazione delle increspature
all’interno del materiale del disco può essere descritta dalla stessa matematica usata per
descrivere il comportamento di una singola particella quantistica che rimbalza avanti e indietro tra
i bordi interno ed esterno del disco.

“L’equazione di Schrödinger governa l’evoluzione delle perturbazioni ondulatorie. In un certo senso,
le onde che rappresentano le distorsioni e le asperità dei dischi astrofisici non sono troppo
diverse dalle onde di una corda che vibra, che a loro volta non sono troppo diverse dal movimento di
una particella quantistica in una scatola”, ha spiegato Batygin. “Sembrerebbe una connessione ovvia,
ma toccare con mano il collegamento matematico di queste diversi mondi è comunque eccitante”.

dx.doi.org/10.1093/mnras/sty162

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