Le ultime ore di una spia

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Le ultime ore di una spia

(il mistero della morte)

Autore: Centro Studi Rosacrociani

Ci sono molte più cose in cielo e in terra di quelle sognate nella vostra
filosofia.

Era seduto nel giardino in rovina di un antico monastero guardando la
confusione di fiori ed erbaccia, segni evidenti di negligenza; l’erbaccia
stessa sembrava raggiungere il predominio, da quando la guerra aveva
cacciato i proprietari originali per dar posto ai soldati che ora erano
accampati; non c’era più tempo per i fiori.

Egli non era uno di loro; era un prigioniero, una spia. Sorpreso con
importanti documenti, era stato condannato alla fucilazione, ed ora stava
aspettando che il plotone d’esecuzione mettesse la parola fine alla sua
avventura.

Ma sarebbe finita così? Che domanda assurda. Era stato abituato a credere
nell’aldilà; ma subito dopo essere entrato all’Università si allineò alla
comune attitudine mentale, la mente scientifica di quell’istituzione. Gli
studi fatti e la critica più sottile avevano provato la fallacità della
Bibbia.

Nella sala di anatomia i vari meccanismi del corpo erano chiariti; la
chimica poteva spiegare le azioni e le reazioni degli organismi; la
psicologia offriva una soluzione sufficientemente ampia alle meraviglie
della mente; in breve, era stato provato che l’uomo era una macchina
pensante che si muove, capace di perpetuarsi attraverso la prole cui
spetterà il compito di continuare il lavoro quando le macchine dei genitori
saranno esauste e verranno deposte nel cimitero. Sovrano o suddito, padrone
o servo, santo o peccatore, chiunque seguiva lo schema meccanico e l’usura
del tempo.

Ma, per una ragione o per l’altra, egli non ne era proprio convinto. Da
quando la guerra lo aveva posto faccia a faccia con l’assassinio di massa e
aveva visto le centinaia di persone morte sul campo, nelle trincee e negli
ospedali, era rimasto turbato dalla loro assoluta convinzione di una vita
dopo la morte. Che ci fosse qualche verità nella loro asserzione di aver
visto gli “Angeli” sia sul campo di battaglia che al loro letto di morte? O
forse era un’allucinazione dovuta alla tensione del momento?

Eppure molti avevano visto queste cose, compagni come il tenente K ed il
capitano Y; gente calma ed equilibrata. Di fatto il capitano non aveva più
bestemmiato dopo quel giorno al Marne; non solo, ma teneva un libro di
preghiere e predicava dei pacifici sermoni ad un sergente noto per il suo
linguaggio brutale. Bene, presto avrebbe saputo; alle cinque era stabilita
la sua fucilazione.

Entrò nella stanza dove aveva dormito durante la notte. La guardia che era
sulla porta lo seguì, fucile in mano, e lo osservò mentre si gettava sulla
rozza branda. Egli guardò in alto e vide la copia di un famoso quadro di
Leonardo da Vinci: L’ultima cena. Non aveva mai avuto una particolare
passione per l’arte, ma qualche cosa in quell’ora sembrava avvicinarlo a
Cristo. Indubbiamente egli aveva avuto un nobile carattere.

Era stato martirizzato per una causa e questo disegno della Sua ultima cena
evidenziava un’analogia con l’uomo sulla branda, che si stava servendo dei
doni della madre terra per l’ultima volta.

Poi gli tornò alla mente l’episodio in cui Leonardo da Vinci aveva chiesto
ad un amico di criticare un quadro appena finito ed i commenti ricevuti
sull’incoerenza dei preziosi calici da cui gli apostoli bevevano. Leonardo,
sospirando, li modificò con alcune pennellate. Aveva messo anima e cuore nel
viso del Redentore, sperando che questo volto glorioso avrebbe attirato
l’attenzione dell’osservatore e cancellato tutto il resto; invece uno dei
particolari meno importanti aveva attirato l’occhio del suo amico escludendo
il volto del Signore.

“Che sia anche il mio caso?” pensò stando coricato sulla branda. “Anche io
ho focalizzato i miei occhi sulle cose meno importanti della vita? Ho visto
la morte così spesso da non averne paura ora che il mio turno è arrivato.
Tuttavia c’è così tanto da fare in questo mondo che provo avversione
all’idea che tutto debba finire nell’oblio.

Cristo disse: “Solo una cosa è necessaria: l’amore”. Se Egli aveva ragione,
io sono stato come l’amico di Leonardo: ho fissato la mia attenzione sul non
essenziale. Invece di cercare le cose eterne, ho concesso tutto il mio tempo
agli interessi temporali. Aimè! Quale è dunque l’utilità di rinvangare nel
passato?

Se continuo così, le mie ginocchia potrebbero cominciare a tremare all’idea
del plotone d’esecuzione. Arrossì e, seguito dallo sguardo della guardia,
tornò nel giardino dove notò una vecchia meridiana e ne lesse l’iscrizione:
Oros non numero misi serenas. (Conto soltanto le ore in cui il sole splende
nel cielo).

“Che bel motto dimenticare tutte le piccole ed ignobili cose della vita e
riconoscere solo il buono, il vero ed il bello!” Esaminando la sua vita, ora
vicina alla fine, quanto aveva vissuto l’ideale presentato da questo motto?
La coscienza lo obbligò a confessare che troppo spesso lo aveva mancato.

Ora era troppo tardi. Perso nelle congetture, i suoi occhi si posero
sull’ombra della meridiana. C’era qualcosa di misterioso circa il suo
furtivo, silenzioso progredire verso l’ora fatale, quando il plotone sarebbe
apparso per adempiere al suo triste dovere.

Non era preoccupato della morte, aveva però iniziato a pensare al problema
dell’esistenza ed ora aveva un opprimente bisogno di trovarne una soluzione.
Ma c’era quell’ombra sulla meridiana, quell’incomprensibile niente, che si
muoveva lentamente indicando che il tempo a sua disposizione era sempre più
breve.

Era abituale che le condanne della legge marziale fossero eseguite al
sorgere del sole. Quel giorno però, un ordine improvviso aveva costretto lo
spostamento dei militari che lo tenevano prigioniero. Egli fu però informato
del fatto che avrebbe affrontato il plotone d’esecuzione al tramonto. Al
momento aveva risposto con un inchino ed una alzata di spalle. Quale era la
differenza? Presto o tardi sarebbe successo comunque. Ora, invece, stava
cominciando a valutare la brevità di quelle poche ore di cui poteva disporre
per riflettere e ragionare.

Ogni volta che osservava l’ombra funesta sulla meridiana, considerava il suo
silenzioso progredire, più eloquente di ogni sermone sulla fugacità della
vita o l’inesorabile certezza della morte.

Tornò a stendersi sulla branda per meglio riflettere sul suo problema
esistenziale. In meno di 90 minuti, avrebbe conosciuto tutto o niente,
sarebbe stato annullato tanto rapidamente quanto la vita estinta dai
proiettili, oppure sarebbe diventato uno spirito libero?

Tutto dipendeva da quale delle due teorie era vera. L’ansia aumentava
d’intensità ad ogni momento; il desiderio di vita diventava così grande da
essere persino doloroso. Ciò che lo angustiava era il fatto che tra tutte le
persone che avevano professato la loro fede nell’immortalità dell’anima,
nessuna sembrava “conoscere”; tutte “credevano”, ecco tutto.

Ad un certo momento però balenò nella sua memoria il ricordo dell’incontro
con un uomo, strano ed affascinante, avvenuto in un popolare posto di mare
dove era solito cercare un po’ di calma e riposo.

Quest’uomo tranquillo, raffinato e modesto, lo aveva attirato fin dal
principio e, in una occasione, la loro conversazione si era rivolta alle
teorie della vita. Mentre egli aveva proposto la sua opinione
materialistica, lo straniero aveva presentato un gran numero di argomenti
apparentemente incontestabili. Non era tanto la forza dei suoi argomenti che
lo colpiva ora, ma il ricordo della voce autoritaria ed il suo modo di
comportarsi che indicavano come egli ben conoscesse ciò di cui stava
parlando. Quell’avvenimento lo aveva impressionato ed ora lo riempiva di una
bruciante curiosità di saperne di più.

“Lo straniero conosceva veramente?”, questa era la domanda che lo assillava.
Egli aveva parlato di uomini che lasciavano i loro corpi volontariamente,
proprio come noi ci togliamo un abito per fare una nuotata”. “Così – disse –
fanno anche coloro che portano la loro coscienza nei mondi invisibili”.

Aveva chiamato uno di questi mondi “La terra dei morti viventi” e aveva
affermato che vi erano i cosiddetti defunti rivestiti di un corpo sottile,
con tutte le loro facoltà, in piena coscienza e con il ricordo delle
condizioni che li circondavano quando erano ancora in vita. Oh, se quello
straniero fosse stato lì ora, avrebbe potuto parlargli ed approfondire
ulteriormente quell’argomento che teneva così impegnata la sua mente.

Ma cos’era quell’ombra che appariva nell’angolo? Era forse lo straniero che,
offuscato e nebbioso, prendeva una specie di forma? Gli sembrava persino di
sentirne la voce che diceva in tono rassicurante: “Non temere, ti incontrerò
quando uscirai dal tuo corpo”. Poi la figura scomparve. Bah! Pensò di aver
avuto una visione, un’allucinazione del suo cervello scombussolato. Il forte
desiderio gli aveva fatto vedere cose che non erano lì; aveva perso la
voglia di meditare. Uscì di nuovo nel giardino a guardare la meridiana la
cui ombra si muoveva incessantemente verso l’ora fatale.

Lo trovarono là con un sorriso di rassegnazione sulle labbra, Salutò
l’ufficiale del plotone d’esecuzione e gli chiese di risparmiargli la
disonorante benda sugli occhi. Camminarono insieme lungo il muro che
costeggiava il giardino. Alla sua fine egli si girò verso il plotone
d’esecuzione, l’ufficiale si fermò su un lato e diede il comando fatale.

Sentì la detonazione dei fucili e provò un acuto dolore al petto. Poi un
forte strappo; involontariamente le sue mani cercarono il cuore – ma che
strano! prima che esse lo avessero raggiunto, il dolore era scomparso.
Velocemente ripose le mani lungo il corpo: non doveva permettere che i
nemici del suo paese lo pensassero un codardo.

Riportò la sua attenzione al plotone d’esecuzione, aspettando di sentire
l’impatto delle pallottole che pensava di aver anticipato con la sua
immaginazione. In nessun altro modo avrebbe potuto spiegare il colpo e il
dolore sentito nel suo cuore.

Ma cosa significava? Il plotone d’esecuzione si stava allontanando come se
tutto fosse terminato. “Avevano sparato a salve?” No. Era impossibile.
Esaminò i suoi vestiti e trovò tre buchi nella parte destra della giacca,
sopra il cuore. Infilò il dito in uno di essi e notò che poteva passarci
tranquillamente; si sentì disorientato per l’assenza di dolore e del sangue.
Evidentemente era stato colpito da tre proiettili e, in accordo con tutti i
canoni della biologia, avrebbe dovuto cadere a terra morto all’istante. Egli
si sentiva però più vivo che mai. Cosa poteva essere successo?

Impulsivamente corse verso il comandante per chiedere una spiegazione, ma
l’ufficiale sembrava ignorasse sia la mano che lo tratteneva sia la domanda
espressa con tono eccitato e continuava a camminare insieme ai suoi uomini
con passo fermo e tranquillo.

Sto sognando? Sono pazzo o cosa altro?” Si chiese la spia sbigottita. “Nè
l’uno nè l’altro, amico mio” rispose una voce accanto a lui. Si voltò di
scatto e vide lo straniero, “il Rosacrociano”, come egli stesso si era
definito.

Con un intenso senso di sollievo, si rivolse verso di lui. Forse lo avrebbe
illuminato su questa incomprensibile esperienza. “Ma come sei arrivato fin
qui? Non ti ho visto entrare con il plotone d’esecuzione”. “I tuoi occhi non
erano ancora in sintonia con le vibrazioni spirituali, eri ancora accecato
dal velo della carne” fu la risposta.

Questo però non fornì al condannato le spiegazioni desiderate, cominciò anzi
a dubitare della sanità mentale del suo interlocutore. “Vedo che non hai
capito e che la mia risposta si è solo aggiunta alle tue perplessità”
continuò lo straniero; “Tu non riesci a comprendere che sei morto”.

“Morto! Certamente vuoi farmi impazzire. Come posso essere morto se sono qui
e sto parlando con te?” chiese la spia sempre più confusa.

“Non mi sono espresso correttamente; avrei dovuto dire che il tuo corpo è
morto” replicò il Rosacrociano. Ma la spia lo fissò nella più assoluta
disperazione; questo lo gettava ancor più nella confusione; o lui era pazzo
o lo era quell’uomo o lo erano tutti e due.

“Il mio corpo è morto!, ma come puoi dire una cosa simile?

Non sono qui, non sto muovendo le labbra e parlando con te? Posso muovere i
miei arti e camminare bene proprio come te, benché confesso di non
sapermi spiegare come posso essere vivo con tre pallottole nel cuore.”

“Ti vedo perplesso, amico mio, e ti spiegherò, ma per prima cosa, vieni con
me nel posto dove eri quando stavi di fronte al plotone d’esecuzione; ci
sono alcune cose che ti interesseranno.”

Insieme camminarono verso quel luogo.

“Guarda là tra i fiori, amico mio” disse il Rosacrociano. Egli guardò verso
la direzione indicata e vide, in parte nascosto dall’erba alta e dai fiori
che crescevano fitti, se stesso disteso a faccia in giu. La spia si piegò
nell’intento di afferrare la forma inerte per le spalle onde sollevarla, ma
la sua mano passò attraverso il corpo come se fosse stata d’aria.

Si raddrizzò e si voltò verso il suo compagno. “Per l’amor di Dio, spiegami
tutto e presto, se non sono ancora impazzito, lo diventerò presto!”
“Pazienza, amico mio” rispose il Rosacrociano. “Sarai a tuo agio fra pochi
minuti, quello che è successo è questo: quando il plotone d’esecuzione sparò
i proiettili fatali, tre di essi entrarono nel tuo cuore con effetto letale;
e tu hai sentito il dolore solo per una frazione di secondo, prima che il
corpo etereo, che stai usando ora, fosse svincolato da quello fisico che ora
giace a faccia in giù. D’ora in avanti questo corpo etereo ti servirà ancor
meglio di quello denso che hai deposto con la morte.”

“Corpo etereo?” balbettò la spia, incapace di seguirlo. “Si, amico mio. Ti
sembra così strano che l’uomo abbia un corpo etereo? La scienza stessa
ipotizza che tutte le cose, dai più compatti minerali ai gas più rari siano
penetrati dall’etere, ed è giusta nelle sue congetture. Il corpo umano non è
un’eccezione alla regola, anche lui è permeato dall’etere.

Quando la morte arriva, questa evade, come ha dimostrato il Dr. McDougall
del Boston General Hospital all’inizio del secolo, facendo degli esami sulle
persone che morivano, constatò invariabilmente una perdita di peso nei loro
corpi al momento dell’ultimo respiro. Ciò che i dottori egli scienziati non
sanno è il fatto che questo etere continua a trattenere la forma e la
similitudine del corpo fisico ormai morto e diventa “la casa dello spirito
eterno”, benchè invisibile a quelli che sono ancora nel corpo fisico.”

Una grande luce e un’espressione di sollievo apparvero sul viso della spia.
“Ma come ha fatto l’etere ad uscire dai miei abiti? Io sto infatti
indossando gli stessi vestiti che ricoprono il mio corpo morto, e come hanno
fatto i buchi delle pallottole a riprodursi in questi abiti?”

“Questo è un trucco della tua mente subconscia, amico mio”, rispose il
Rosacrociano. “Benchè tu non sia consapevole del danno fatto al tuo corpo,
l’esatta circostanza è stata registrata in un atomo, localizzato nel tuo
cuore, quando hai esalato l’ultimo respiro. Ogni respiro che porta aria nei
polmoni contiene pure l’etere che porta con sé un quadro di tutto
l’ambiente, con lo stesso principio per il quale un’immagine è fissata sulla
pellicola di una macchina fotografica.

L’etere arriva nel sangue che arriva al cuore dove l’atomo seme (che
corrisponde alla lastra fotografica) resta impresso con tutti i particolari.
Ogni respiro produce una nuova immagine, in questo modo vengono registrati
sul piccolo atomo seme tutti gli episodi della vita, dalla nascita sino alla
morte.

Queste immagini modellano il tuo destino dopo la morte. ciò costituisce il
fondamento occulto del “come un uomo pensa nel suo cuore, così egli è”.
Quando il cosiddetto defunto esce dal corpo l’etere forma il suo corpo
sottile ed i suoi vestiti di cui riproduce le caratteristiche fisiche con
assoluta fedeltà in accordo con l’ultima immagine registrata sull’atomo
seme!”.

La spia rimase un po’ silenziosa e persa nei suoi pensieri esaminando la
spiegazione del Rosacrociano in ogni suo aspetto. Tutto sembrava
perfettamente solido, logico ed in armonia con le recenti scoperte della
scienza; non era poi di difficile comprensione che l’atomo seme, di cui
aveva parlato il Rosacrociano, dovesse essere estremamente piccolo.

L’occhio di una mosca non ha forse numerose faccette, ognuna delle quali dà
un’immagine dei suoi dintorni, ed il microscopio non ha forse svelato il
mondo delle cose minuscole al punto di essere invisibili? Chi potrebbe
tracciare il limite dell’investigabile?

“Ma sarei andato avanti per sempre con i buchi nei vestiti e le ferite nel
petto, o esse sarebbero guarite e mi sarei procurato altri abiti?” si chiese
perplesso.

“Niente di più facile da rimediare, amico mio; come ti ho detto, qui nella
terra dei morti viventi, come l’uomo pensa nel suo cuore, così è. Coloro che
caddero a centinaia sui campi di battaglia, orribilmente mutilati, furono
terribilmente preoccupati a causa dei loro spaventosi corpi eterici
finché non impararono a pensare a quella che era la forma dei loro
corpi prima di andare in guerra, ovvero corpi sani e robusti.

Ti assicuro che non è stato facile far loro credere che era così semplice.
E’ stato un lavoro lento perchè erano in molti e noi in pochi. Ma
gradatamente si sono convinti e si sono messi a loro volta ad aiutare le
ultime vittime della guerra, così ora ci sono migliaia di aiutanti pronti a
provvedere a questa speciale istruzione”.

“Ah! Sei un allievo sveglio; vedo che hai già riparato i tuoi abiti e
guarito le tue ferite”. “Si” rispose la spia “Grazie a te. Non potrò mai
ripagarti per il sollievo che mi hai dato. Ma ho ancora un problema. Come
mai il mio corpo, steso sul prato, sembra aria e le mie mani lo
attraversano? So che esso è di solida materia!”

“Oh, si! E divertente; le persone nel mondo fisico pensano che i cosiddetti
‘spiriti’ siano essere composti di sostanze intangibili e nebbiose (ammesso
che essi credano nella loro esistenza) e considerano i loro corpi solidi
come roccia. Ma una volta che passano nella terra dei morti viventi, sono
stupiti di scoprire che le persone ancora in carne sono invece così
immateriali quanto noi lo siamo per loro.

E’ infatti molto facile per noi mettere un braccio attraverso di loro e per
loro attraversarci mentre camminano. Infatti, essi sono simili a spiriti per
noi così come noi lo siamo per loro.

“Tu ora sei un cittadino della terra dei morti viventi. Vieni, andiamo a
visitarla. Ma prima, se c’è qualcuno con cui ti piacerebbe parlare,
approfittiamo del fatto che il tuo corpo eterico è ora più denso di quanto
lo sarà in seguito. Ti sarà perciò più facile manifestarti ai viventi.

“La distanza non è una barriera per lo spirito” disse il Rosacrociano.
“Pensa di essere là, e saremo a casa di tua sorella entro due minuti”.
Insieme fluttuarono via anche se alla spia la velocità non sembrò poi così
straordinaria.

Passarono sopra città e villaggi, uno dopo l’altro. Alla spia sembrò di
avere molto tempo per notare i vari dettagli della campagna, l’architettura
delle case, i vestiti della gente, ecc. Mentre passava sopra un grande corso
d’acqua notò le navi con l’equipaggio impegnato nei suoi incarichi. Il tempo
non sembrava né lungo né corto; sembrava addirittura non
esistere; si meravigliò anche di aver preso tutto in modo così semplice,
come se avesse fatto altre esperienze fluttuando nell’aria.

Una cosa, all’inizio, gli causò non poco turbamento: l’aria sembrava
popolata da forme sottili che fluttuavano, proprio come se stesso ed il
Rosacrociano. Dapprima provò ad evitarle ma capì che era impossibile e si
preparò ad affrontare una collisione quando, con sua sorpresa, scoprì che
queste persone passavano attraverso lui ed il suo compagno proprio come se
essi non avessero avuto consistenza alcuna.

Questo lo riempì di costernazione e perplessità fino a quando il
Rosacrociano, osservando il suo dilemma, sorrise rassicurandolo e
consigliandogli di non farci caso. Gli spiegò che quella era l’usanza della
Terra dei morti viventi, perchè tutte le forme erano così plastiche che si
penetravano una con l’altra senza che vi fosse alcun pericolo di perdere la
propria identità.

Arrivati alla meta trovarono la sorella seduta nel suo confortevole
soggiorno. La spia impulsivamente si precipitò verso di lei per abbracciarla
e scoprì, con grande sgomento, che ella era assolutamente ignara della sua
presenza e che le sue mani, invece di afferrarla, la attraversavano.

Si voltò di nuovo verso il Rosacrociano chiedendo cosa avrebbe dovuto fare
per farsi notare. “Mettiti in quell’angolo dove la luce è debole, perchè le
vibrazioni eteriche della luce sono più forti di quelle che tu sei capace di
emettere. Poi concentrati sul messaggio che vuoi inviare a tua sorella e
pensalo con tutta l’intensità di cui sei capace.

E’ stata l’intensità del tuo pensiero, quando eri davanti al plotone, che lo
ha fatto giungere fino a me e mi ha spinto a lasciare il mio corpo fisico
per venire ad aiutarti. Se puoi pensare con la stessa intensità il messaggio
che vuoi inviare a tua sorella, lei lo riceverà ed i suoi occhi saranno
attirati verso di te.

Così istruita la spia fissò lo sguardo su sua sorella e formulò il
messaggio: “Sono nella Terra dei morti viventi; sono morto fisicamente.”
Restò immobile e ripetè il messaggio per qualche minuto. Improvvisamente gli
occhi di sua sorella si volsero verso di lui e, percependo un’insolita
presenza, cominciò a tremare e cadde svenuta sul pavimento. Immediatamente
la spia si precipitò verso di lei per alzarla quando, con un grido di
felicità lei lo riconobbe e si gettò nelle sue braccia.

“Oh, come hai fatto a venire, Bob? Sono solo pochi giorni che ho ricevuto
una lettera dove mi dicevi di essere partito per una missione pericolosa, e
ora sei qui. Cosa è successo?”

Di nuovo un enorme stupore si dipinse sul viso della spia; aveva visto sua
sorella cadere, ed ora stava con lui! Era morta anche lei?

“No” spiegò il Rosacrociano, che avanzò e venne presentato come un amico.
“No, non è morta; è soltanto svenuta e tornerà nel suo corpo. Eccolo là,
disteso sul pavimento, proprio come lo era il tuo dopo l’esecuzione.
Probabilmente non si ricorderà di aver parlato con te né che tu sei
nella terra dei morti viventi.

Però serberà l’impressione di aver visto il tuo spirito e che ti sia
successo qualcosa. Comunque, ogni notte, quando lei si addormenterà, tu
avrai la stessa possibilità di parlarle, perchè quando dormiamo, siamo
realmente nella stessa posizione di quelli che il mondo chiama i trapassati.

In quel momento la sorella della spia sembrò addormentarsi e fu
irresistibilmente attratta verso il corpo steso sul pavimento. Gradualmente
la spia la vide svanire e scomparire nel corpo, che cominciava peraltro a
gemere ed a muoversi.

“Vieni, andiamo” disse il Rosacrociano, “mentre stavi parlando con lei ho
fatto tutto ciò che era necessario per facilitare il suo ritorno alla
coscienza. Non possiamo fare niente altro per lei, perciò vieni, andiamo via
di qui”.

Centro Studi Rosacrociani

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