La complessità – parte 1

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La complessita’ – 1

di Oscar Bettelli

La complessità si presenta ai nostri occhi come una normale caratteristica del mondo reale. Il
tentativo di ricondurre a processi semplici la grande varietà di fenomeni naturali ha avuto il suo
più grande successo con la fisica classica. Dal momento in cui la ricerca scientifica sui fenomeni
di dinamica e strutturazione complessa si è stabilizzata all’interno del contesto delle scienze
empiriche alla fine degli anni settanta; a partire dalla comparsa delle Scienze della Complessità
nel più vasto ambito interdisciplinare all’inizio degli anni ottanta; e dal momento in cui la
complessità è diventata materia di forte divulgazione alla fine di questa decade, molti scienziati e
altrettanti divulgatori l’hanno definita come una “rivoluzione scientifica” sorta proprio sotto i
nostri occhi.

Cosa sono i sistemi complessi? Tratti distintivi dei sistemi complessi e del comportamento complesso
sono fenomeni dinamici specifici: Sebbene molti sistemi complessi abbiano una struttura nomologica,
e consistono di principi di base piuttosto semplici e di equazioni fondamentali altrettanto
semplici, si possono individuare al loro interno instabilità dinamiche, biforcazioni e un
comportamento chiamato “Caos Deterministico”, come forme di strutturazione spaziale e dinamica
complessa, e di auto-organizzazione.

“Caos matematico” è il nome per il comportamento completamente casuale e irregolare di un sistema
che non presenta alcuna forma di periodicità.

“Caos Deterministico” è Caos Matematico che si presenta in sistemi deteministici, cioè in quei
sistemi che nella loro dinamica non implicano processi casuali, in quei sistemi in cui cause
identiche conducono a identici effetti. Una delle più importanti conseguenze del caos matematico e
deterministico è la sensibilità del moto: differenze minime nelle condizioni iniziali del moto
possono portare a risultati totalmente differenti; cause simili non portano necessariamente ad
effetti simili. I sistemi caotici in modo deterministico presentano molti punti di instabilità
dinamica. La metafora per la sensibilità del moto che ne risulta è l’”Effetto Farfalla” formulato in
origine in relazione alla sensibilità della dinamica atmosferica (e dei suoi sistemi di simulazione)
alle condizioni iniziali: nei sistemi di dinamica atmosferica estremamente instabili il battito
delle ali di una farfalla in Brasile potrebbe provocare un tornado in Texas. La metafora si applica
non solo a questioni di tempo atmosferico, ma in ogni caso di instabilità dinamica che si presenti
in natura o in matematica. Il comportamento caotico è stato rilevato anche nei sistemi idrodinamici,
negli oscillatori elettrici non lineari , in certi intervalli di parametri dei laser, nel rubinetto
che gocciola, nelle reazioni dei sistemi chimici, nei sistemi di controllo fisiologico, e nella
dinamica delle popolazioni biologiche. Sono state anche avanzate ipotesi sulla possibile importanza
del caos deterministico nell’attività cerebrale durante il sonno, e sulla possibile utilità nella
descrizione dello sviluppo del mercato e dello scoppio delle guerre.

La causa di tutti questi fenomeni in cui la complessità trova espressione è un’intrinseca e dinamica
auto-referenzialità che appare in diverse varietà. Queste varietà sono, per esempio, la non
linearità delle equazioni fondamentali; feedback come meccanismo causale di base; o iterazioni e
delle funzioni ricorsive negli algoritmi di base. Quali campi scientifici si dedicano alla ricerca
del comportamento di sistemi complessi? Quali aree di ricerca riguardano le Scienze della
Complessità? Il nocciolo delle Scienze della Complessità è costituito dalla Teoria dei Sistemi
Dinamici, che forma parte della matematica pura. L’oggetto della Teoria dei Sistemi Dinamici è in
primo luogo e soprattutto il comportamento dei sistemi di equazioni differenziali e, in seconda
istanza, qualunque cosa possa essere trasformata in tali sistemi.

Nello strato che circonda tale nocciolo, si trovano le applicazioni e le conseguenze dirette della
Teoria dei Sistemi Dinamici nel contesto delle scienze empiriche. In questo ambito il concetto più
importante è quello di “Caos Deterministico”: comportamento non periodico che si riscontra in
sistemi deterministici. Alcuni sistemi caotici-deterministici hanno solo un numero molto limitato di
gradi di libertà. Il che è un altro modo per affermare che questi sistemi possono essere descritti
solo da un numero molto limitato di equazioni. Il Caos Deterministico si verifica solo se almeno una
di queste equazioni è non lineare. Esempi di comportamento sistemico che pare essere Caos
deterministico si conoscono in quasi tutti i campi delle scienze empiriche. Un ulteriore e
importante traduzione della Teoria dei Sistemi Dinamici nelle scienze empiriche si trova nella
dinamica dei Sistemi Hamiltoniani non lineari che riguarda il contesto della meccanica classica.

Ancora un passo oltre il nocciolo delle Scienze della Complessità, all’interno del loro spettro di
ricerca, si trova l’indagine di sistemi che possono essere considerati come generalizzazioni più
distanti di quelli descritti dalla Teoria dei Sistemi Dinamici. Il caso più importante è quello
della dinamica complessa nei sistemi definiti su griglie o reti, conosciuti come Automi Cellulari e
Reti Neurali.

Più o meno alla stessa distanza dalla zona del nocciolo si trovano strumenti e concetti collegati al
concetto di complessità, come per esempio la geometria frattale.

Parte delle Scienze delle complessità formano anche differenti teorie ed approcci alla
auto-organizzazione: La termodinamica Non Lineare degli Stati di Non Equilibrio di Prigogine, la
Sinergetica di Haken, la Teoria della Auto-Organizzazione Molecolare di Eigen, il concetto di
Autopoiesis di Maturana e Varela, e i modelli cibernetici di auto-organizazione. Di queste teorie,
almeno le prime due possono essere ricostruite in generale in base al linguaggio della Teoria dei
Sistemi Dinamici, ma normalmente si servono di un loro proprio linguaggio.

Dal punto di vista storico si potrebbe delineare uno sviluppo delle ricerche sulla complessità
relativamente recente.

Oggi la rapida diffusione delle Scienze della Complessità può dare l’impressione che la ricerca
riguardante i fenomeni complessi sia iniziata 20 o 25 anni fa.

Si tratta di un’illusione. Per rintracciare le origini delle Scienze della Complessità bisogna
risalire a più di cent’anni fa.

Le origini della ricerca si trovano nel contesto della Meccanica Classica e nella sua visione
meccanicista e riduzionista del mondo, che dominava la fisica alla fine del XIX secolo. La sua
caratteristica fondamentale è un forte concetto lineare di causalità: il determinismo classico
assume come tesi l’idea che identici effetti hanno cause identiche. La forma forte di causalità data
per scontata all’interno della meccanica classica, implica altre due assunzioni: la prima che
effetti simili abbiano cause simili; e la seconda che principi di base semplici o semplici equazioni
di base portino naturalmente a forme altrettanto semplici di comportamento dinamico. Queste
assunzioni derivate da un concetto forte di causalità sono corrette per sistemi lineari. La
linearità (e il Principio di Superposizione derivato) era uno dei paradigmi centrali della meccanica
classica, che fu disciplinato matematicamente con metodi algebrici ed analitici. Quasi tutti gli
esempi che si trovano nei libri di testo di meccanica classica riguardano sistemi lineari. I fisici
sapevano della non esistenza dei sistemi non lineari; ma tutti li consideravano delle strane
eccezioni alla regola, come casi che probabilmente sarebbero stati sussunti alla regola nel corso di
sviluppi futuri.

Per la meccanica classica tutto sarebbe filato liscio come l’olio se non ci fossero state ancora
delle questioni aperte che rappresentavano la radice di problemi che avrebbero trovato la loro
definitiva soluzione settant’anni più tardi. Una delle questioni era la stabilità del sistema
solare: i corpi del sistema solare rimangono uniti nella forma del moto periodico? O il moto del
sistema solare è non periodico in senso stretto e, un giorno o l’altro, può capitare che uno o più
corpi abbandonino il sistema solare? Tra il 1770 e il 1870, Laplace, Lagrange, Poisson e Dirichlet
avevano già tentato senza successo di risolvere il problema. Non erano nemmeno riusciti a rispondere
al quesito dei tre corpi, un sistema di tre corpi legati esclusivamente dall’interazione
gravitazionale. La descrizione nomologica di entrambi i sistemi è data da sistemi non lineari di
equazioni differenziali. La loro soluzione non è assolutamente banale. All’inizio dell’ultimo quarto
del XIX secolo, all’interno della fisica classica, emersero i primi ben fondati dubbi sulla validità
della visione deterministica del mondo. Fu James Clerk Maxwell, che pensò per la prima volta alla
possibilità di sistemi con traiettorie dinamicamente instabili. Nel suo libro “Matter and Motion”,
pubblicato nel 1877, si trova il seguente suggerimento: […ma ci sono altri casi in cui una piccola
variazione iniziale può produrre enormi cambiamenti nello stato finale del sistema …].

Nei primi anni ottanta del XIX secolo la disputa sulla stabilità del sistema solare era così
virulenta che nel 1885 Re Olaf II di Svezia annunciò su ‘Acta Mathematica’ una competizione il cui
premio sarebbe andato a chi avrebbe risposto alla seguente domanda: “Per un sistema arbitrario di
punti dotati di massa (mass points) che si attraggono l’un l’altro in accordo con le leggi di
Newton, assumendo che due punti qualunque non collidano mai, dare le coordinate dei punti
individuali per tutti i tempi come somma di una serie uniformemente convergente i cui termini siano
costituiti da funzioni conosciute.” In parole più semplici: È possibile rappresentare la soluzione
del problema dei molti corpi in termini di una serie convergente di funzioni (analitiche)
conosciute? Heinrich Bruns cercò di risolvere il problema negli anni seguenti. Nel 1887 fece una
sorprendente scoperta: differenze minime nelle condizioni iniziali definiscono la stabilità o
l’instabilità dinamica del sistema. Nonostante ciò, non fu Bruns ma Henri Poincaré che, nel 1889,
vinse il premio offerto da Olaf II. Egli fornì la prova matematica definitiva della non
integrabilità del problema dei tre corpi. La non integrabilità è una caratteristica del sistema più
severa della non linearità della descrizione matematica. È l’integrabilità di un Sistema
Hamiltoniano che garantisce l’esistenza di una soluzione analitica e la sua stabilità dinamica.

Il concetto di integrabilità è stato della massima importanza per il Formalismo di Hamilton-Jacobi
della meccanica classica. Integrabilità significa che c’è un numero sufficiente di costanti di moto,
tale per cui per ogni variabile del sistema esiste una costante di moto. Il Formalismo di
Hamilton-Jacobi consiste in un metodo di separazione delle variabili basato su una specifica scelta
di coordinate. All’interno del formalismo la separazione delle variabili è la via che conduce a una
soluzione analitica del corrispondente sistema di funzioni differenziali. Il risultato della
separazione delle variabili è dinamica non accoppiata (dynamics decoupled) per i singoli gradi di
libertà. Lo spaiamento (decoupling) è dato per principio per tutti i sistemi lineari, per tutti quei
sistemi la cui descrizione matematica consiste esclusivamente di equazioni differenziali lineari.
Tali sistemi lineari sono già non accoppiati nella loro rappresentazione matematica nei loro
differenti gradi di libertà. Così il Formalismo di Hamilton-Jacobi è basato su un metodo con cui un
sistema non lineare viene trasformato in coordinate in cui appare come un sistema lineare.

Una trasformazione adeguata all’interno del Formalismo di Hamilton-Jacobi è la trasformazione in
quelle variabili in cui il sistema appare linearizzato. Lo spaiamento dei gradi di libertà equivale
a una linearizzazione, una trasformazione in variabili linearizzate. Ma questa trasformazione di
spaiamento, questa separazione di variabili, questa linearizzazione, non è possibile per tutti i
sistemi non lineari. Il Formalismo di Hamilton-Jacobi ha successo solo per quei sistemi non lineari
che sono integrabili. Solo per i sistemi integrabili, solo per quei sistemi con un numero
sufficiente di costanti di moto si possono trovare delle coordinate adeguate alla separazione delle
variabili. Per i sistemi non integrabili la separazione delle variabili è impossibile. Solo i
sistemi lineari non integrabili possono essere trasformati in una rappresentazione matematica
linearizzata con gradi di libertà spaiati. I sistemi non lineari non integrabili non possono essere
linearizzati in alcun modo.

Carl Gustav Jacob Jacobi, sviluppò il Formalismo di Hamilton-Jacobi, era a conoscenza del problema
che questa tecnica matematica della Meccanica Hamiltoniana presentava nel caso dei sistemi non
integrabili ma supponeva erroneamente che i sistemi non integrabili fossero un’eccezione nell’ambito
della meccanica. Per un certo periodo di tempo i suoi successori rimossero completamente il
problema, forse accecati dall’eleganza matematica del formalismo, finché Poincaré non fece la sua
scoperta.

La distinzione importante non è quella tra sistemi lineari e non lineari, ma tra sistemi che possono
essere trasformati in lineari e sistemi che non possono esserlo. E questa seconda distinzione è
identica a quella tra sistemi integrabili e non integrabili. Oggi sappiamo che i sistemi integrabili
sono l’eccezione mentre il caso generale è rappresentato dai sistemi non integrabili. Alla fine del
XIX secolo invece erano considerati come casi estremamente rari. A causa della sua non integrabilità
di principio, un sistema costituito da tre corpi legati dalla gravità non presenta necessariamente
una stabilità dinamica per tutte le condizioni iniziali. Infatti, Poincaré e Bruns trovarono
espliciti casi di instabilità dinamica e scoprirono inoltre che differenze minime nelle condizioni
iniziali portano alla stabilità o all’instabilità. Una delle implicazioni dell’instabilità è appunto
il fatto che il comportamento dinamico è sensibile alla condizioni iniziali. Minime variazioni
portano a differenze significative nel moto. Così, dieci anni più tardi, si ebbe la prova che
l’ipotesi di Maxwell era corretta.

Nel periodo successivo, tra il 1890 e il 1912, Poincaré fu il protagonista principale dell’indagine
sulle di dinamiche complesse nel contesto della meccanica classica.

Lo scienziato sviluppò nuovi metodi qualitativi e non analitici per la descrizione di Sistemi
Hamiltoniani non integrabili.

Dall’anno della morte di Poincaré, il 1912, George David Birkhoff portò avanti il lavoro dello
scienziato francese fino al 1940. Con lui, l’oggetto della sua ricerca si spostò dal contesto della
fisica matematica a quello della matematica pura ed ebbe un proprio nome: “Teoria dei Sistemi
Dinamici”.

I problemi che avevano condotto alla scoperta di instabilità del moto nei sistemi meccanici non
integrabili, anche se trovano la loro origine nel contesto della fisica, erano di natura matematica.
Risultavano semplicemente da un’incompleta conoscenza delle potenzialità strutturali e dinamiche dei
modelli matematici utilizzati nel contesto della fisica. Inoltre, il fatto che la ricerca sulle
dinamiche complesse fosse confinata nell’ambito della matematica pura, può essere attribuito ad
altri due fatti: primo, Poincaré era contemporaneamente un matematico, un fisico, un meteorologo, ed
altro ancora, ma il tempo dell’erudizione universale era terminato con la sua morte. La quantità e
la complessità della conoscenza delle discipline scientifiche riconosciute conduceva al primo stadio
della specializzazione. Dopo Poincaré gli studi accademici dovevano essere indirizzati verso una
sola disciplina. Birkhoff, per esempio, era probabilmente un genio matematico, ma era solo un
matematico. In secondo luogo la fisica teorica della prima metà del secolo era quasi totalmente
impegnata nello sviluppo di quelle ricerche che avrebbero portato alle teorie della relatività,
della meccanica quantistica, alle teorie quantistiche del campo e, più tardi, al problema
dell’unificazione delle forze. Gli strani casi di instabilità dinamica nei Sistemi Hamiltoniani non
integrabili, non suscitavano l’attenzione di molti fisici. Era un problema che riguardava la vecchia
fisica classica.

Ma, anche se la ricerca sui prerequisiti di dinamiche complesse, irregolari, instabili in sistemi
relativamente semplici di equazioni differenziali erano confinati quasi esclusivamente nel contesto
della matematica pura, lontano dai contemporanei sviluppi della fisica, erano le scienze empiriche,
e in particolare proprio la fisica, che continuavano a dare alla matematica ulteriori motivi per
continuare la ricerca sulla dinamica complessa. I maggiori stimoli alla ricerca su base matematica
continuavano ad arrivare dalla fisica classica, in particolare dai problemi di meccanica celeste,
come pure dalla Teoria degli Oscillatori che in quegli anni aveva una speciale importanza per lo
sviluppo dell’ingegneria elettrica.

Infine, durante gli anni sessanta, Edward Norton Lorenz, un meteorologo americano, ma prima ancora
matematico, utilizzò uno dei primi sistemi per computer per investigare dei sistemi di simulazione
per la dinamica atmosferica. I suoi risultati furono quantomeno sorprendenti: un semplicissimo e
rudimentale sistema di simulazione a tre sole variabili si era rivelato un caso estremo di
dipendenza della dinamica dalle condizioni iniziali. La scoperta, più o meno casuale, non fu notata
dalla comunità scientifica prima del 1972 o del 1975, poiché Lorenz pubblicò i suoi risultati nel
Journal of the Atmospheric Sciences, rivista non molto letta dai matematici che altrimenti si
sarebbero interessati prima a questa scoperta. Più tardi quando il suo articolo era ormai diventato
un classico, il fenomeno della estrema dipendenza e suscettibilità del moto alle condizioni iniziali
fu chiamato “Effetto Farfalla”, prendendo spunto da un esempio fatto da Lorenz durante una
conferenza: nei sistemi estremamente instabili di dinamica atmosferica, una farfalla che batte le
ali in Brasile potrebbe provocare un Tornado in Texas.

Nei cinque anni tra il 1970 e il 1975 le diverse linee di sviluppo della ricerca si fusero e prese
piede il fenomeno interdisciplinare che ho introdotto come Scienze della Complessità. Il solo 1975
vide il verificarsi di un gran numero di eventi che si rivelarono di grande importanza. Ne citerò
solo due: Benoit Mandelbrot definì ciò che intendeva per “frattali”: strutture geometriche con
dimensioni non intere e auto-simililarità annidate all’infinito. Tien-Yien Li e James Allen Yorke
applicarono l’espressione “Caos” al comportamento irregolare e instabile di sistemi matematici
semplici. Il nuovo campo di indagine prese forma e divenne visibile alle diverse comunità e
discipline all’interno delle scienze empiriche.

Gli anni tra il 1975 e il 1980 possono essere considerati come un periodo di consolidamento delle
Scienze della Complessità favorito dal moltiplicarsi delle conferenze su questo tema. I matematici,
i fisici, i chimici i biologi e persino i sociologi, si interessarono al nuovo campo di ricerca. Con
l’aiuto di questi concetti, scoprirono il terreno comune alle loro discipline. Questo terreno comune
aveva soprattutto il carattere di modello teorico e ora poteva essere identificato almeno
parzialmente con alcuni concetti della complessità, dell’irregolarità e del caos che furono
riscoperti nella dinamica dei sistemi più diversi. Fu pubblicata la prima rivista dedicata al
fenomeno della complessità: Physica D – Nonlinear Phenomena. Si rivelarono anche di grande
importanza alcune tendenze all’unificazione concettuale come quella che interessava la ricerca e il
dibattito per una misura universale, e al contempo praticabile, della complessità. Tale dibattito
continua ancor oggi senza aver raggiunto alcun risultato definitivo.

Dal 1980 si assiste ad una continua espansione interdisciplinare e a una costante divulgazione. Si
sono tenute moltissime conferenze. Sono stati pubblicati i primi libri di testo, le prime antologie
e i primi testi di divulgazione. Sono nate anche nuove riviste. Contemporaneamente, dall’interno
della comunità scientifica sono emersi i primi dubbi su un’eccessiva espansione dei concetti di
complessità nel panorama interdisciplinare.

Una importante teoria sviluppatasi recentemente prende il nome di teoria dei sistemi dinamici e
assume una notevole importanza nei modelli teorici matematici delle scienze empiriche.

La Teoria dei Sistemi Dinamici è, come mostra lo sviluppo storico delle Scienze della Complessità,
della massima rilevanza per la teoria modello, e quindi per le scienze empiriche: le scienze
empiriche, in particolare modo le scienze naturali cosiddette esatte (e più di ogni altra la
fisica), si servono per la modellizzazione dei sistemi naturali di un metodo matematico basato quasi
esclusivamente su sistemi dinamici continui: cioè su sistemi di equazioni differenziali. La
matematica d’altra parte, e soprattutto la Teoria dei Sistemi Dinamici, ci permette di conoscere il
comportamento delle soluzioni di questi sistemi di equazioni differenziali. Ciò significa che, se un
sistema naturale è modellato in modo adeguato da un sistema di equazioni differenziali, la
matematica può fornire alle scienze empiriche gli strumenti per una descrizione che contenga ogni
possibile comportamento di tale sistema naturale. Perciò l’analisi matematica dei modelli
strutturali costituisce la base per l’applicazione di tali modelli nel contesto delle scienze
naturali.

Ma solo se l’analisi matematica di una specifica classe di modelli strutturali ci fornisce una
conoscenza completa del possibile comportamento della classe di modelli, è possibile ottenere una
conoscenza completa della potenzialità dinamica dei sistemi naturali modellati. Proprio per questa
relazione, i concetti matematici e il loro sviluppo sono di importanza fondamentale per gli aspetti
determinati da un modello teorico delle scienze empiriche. Lo sviluppo delle Scienze della
Complessità fornisce alla teoria del modello e alla filosofia della scienza uno dei migliori esempi
di forme e modi di interazione tra scienze strutturali e scienze empiriche, in particolare tra
matematica e fisica.

continua…

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