EVOLUZIONE DELLA COSCIENZA – 1

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EVOLUZIONE DELLA COSCIENZA – 1

da “Enciclopedia olistica”

di Nitamo Federico Montecucco ed Enrico Cheli

DIO.14.000 – L’EVOLUZIONE DELLA COSCIENZA

Introduzione generale – Oltre Darwin – La visione olistico-sistemica dell’evoluzione del corpo e
della mente

La coscienza appare il principio motore dell’evoluzione.
Se le nostre analisi sono esatte, all’origine della vita
v’è una coscienza, o meglio una supercoscienza.

Henri Bergson, Nobel per la letteratura

Il grande problema dell’evoluzione

La vita non sembra più un fenomeno che emerge nell’universo – ma è l’universo stesso che sembra
diventare sempre più vivente. Erich Jantsch

Il processo evolutivo é il più importante fenomeno dell’intera esistenza: la corretta comprensione
delle sue leggi unitarie e della funzione attiva che la coscienza svolge al suo interno può
rappresentare un enorme beneficio per la scienza e l’intera umanità. L’attuale interpretazione
darwiniana dell’evoluzione rappresenta invece la massima evidenza di un processo collettivo di
rimozione della “coscienza” dai fenomeni osservati e di interpretazione frammentata e materialista
delle sue logiche unitarie.

In questo momento storico di grandi cambiamenti, una nuova visione della teoria evoluzionistica che
dia valore all’intelligenza creativa e allo sforzo individuale di ogni organismo vivente potrebbe
essere di immensa importanza. Una differente visione evolutiva potrebbe facilitare il salto di
consapevolezza che l’umanità si appresta a compiere, allo scopo di riformulare una civiltà in
termini planetari, ecosostenibili e pacifici.

Per questo, anche utilizzando con severità il “rasoio di Occam”: entia moltiplicanda non sunt sine
necessitate – cioè che non si devono postulare concetti inutili – sarebbe comunque assolutamente
necessario per una comprensione globale del processo evolutivo, introdurre il concetto di unità di
coscienza, senza il quale non sarebbe possibile comprendere la realtà evolutiva e le sue
implicazioni nello sviluppo del cervello e della coscienza umana.

La coscienza è stata recentemente introdotta anche nell’etologia da numerosi autori sia per la
necessità di una comprensione più profonda che per rispetto degli esseri viventi.

Per ricodificare l’intero processo evolutivo cercheremo di comprendere le antiche visioni evolutive
e come esse si sono modificate fino alla teoria sintetica neodarwiniana, poi analizzeremo i limiti e
i punti critici di questa teoria e delle altre che ad essa si sono opposte senza successo.
Presenteremo quindi la Teoria Sistemica Generale dell’Evoluzione che, basandosi su una serie di
nuovi paradigmi, permette un’interpretazione più fluida e continua dell’evoluzione, offrendo le basi
più adatte all’interpretazione cibernetica olistica, cioè alla reintroduzione della “coscienza” nel
processo evolutivo. Su queste premesse daremo una prima ricodifica dei processi e dei fenomeni
evolutivi basati sull’ipotesi coscienza e sul modello Cyber.

Analisi della teoria neodarwiniana

Le scienze si sono sviluppate in un ordine inverso a quello che si sarebbe potuto prevedere. In un
primo tempo si sottopose al dominio della legge ciò che distava di più da noi, e solo in un secondo
tempo si dominò ciò che era più vicino: prima i cieli, poi la Terra, poi la vita animale e vegetale,
poi il corpo umano e per ultimo – anche se finora imperfettamente – lo spirito umano. La conoscenza
dei particolari rende difficile la visione degli schemi più vasti. Bertrand Russell

Nel clima culturale positivista europeo Charles Darwin pubblica il suo testo fondamentale L’origine
delle specie nel 1859. Le sue idee innovative e riduzioniste hanno catalizzato da allora
(praticamente un secolo e mezzo) l’attenzione della maggior parte degli scienziati, che, basandosi
su presupposti meccanicisitici, hanno sostenuto le sue teorie.

Le scoperte della genetica e della biochimica del Novecento hanno poi contribuito a rafforzare la
teoria di Darwin, sostenendola con una solidissima base di conoscenze, di dati sperimentali e di
ipotesi, che hanno portato all’attuale teoria neodarwinista.

La teoria darwiniana si basa su due concetti essenziali: il “caso” e la “selezione naturale”. Ossia
sulla convinzione che il mondo vivente si è evoluto attraverso “errori di replicazione” o “mutazioni
genetiche accidentali” che generano organismi viventi. Gli esseri viventi a loro volta sono
“selezionati” in maniera logica ma del tutto meccanica e automatica dall’ambiente naturale. Ciò che
più colpisce, in questa teoria, è l’immenso valore conferito al “caso”: esso è causa di ogni
mutazione genetica e quindi agente di ogni trasformazione strutturale e comportamentale. Nella
teoria neodarwiniana il caso sostituisce, sia per importanza che per vastità, l’azione della
coscienza e dell’intelligenza degli esseri viventi.

Fermiamoci un istante prima di essere catturati dalla complessità dei dettagli e delle
interpretazioni e ponderiamo i principi. L’intero processo evolutivo è dovuto al caso!? Com’è
possibile? Il caso nega – in modo assoluto – ogni possibile funzione dell’intelligenza e della
coscienza, che, intuitivamente, sono l’elemento essenziale del processo evolutivo. Anche i concetti
di “selezione naturale” e di “sopravvivenza del più adatto”, pur implicando un’evidente intelligenza
adattativa, sono interpretati dalla scienza come eventi “esterni” negando loro qualsivoglia attività
individuale cosciente, creativa e finalizzata. La selezione naturale è vista come un’impersonale
legge della natura che opera sui nuovi individui portatori di mutazioni e li seleziona
meccanicamente secondo il grado di adattabilità che la nuova mutazione ha dato loro. Ma questa
azione di adattamento e selezione implica necessariamente un soggetto: chi cerca ogni strategia di
adattamento per poter sopravvivere? Chi modifica i propri comportamenti e i propri meccanismi
biochimici per superare problemi ed ostacoli? Chi è l’agente creatore che produce strutture di
affascinante bellezza e complessità?

Lamarck e la trasmissione ereditaria dei caratteri acquisiti

Il neodarwinismo rifiuta altre interpretazioni, ed in particolare la teoria lamarckiana, come prive
di valore e fondamento sperimentale.

Jean Baptiste de Lamarck, nel 1809, propose una teoria coerente dell’evoluzione, postulando un
principio vitale di tipo organico che pervade la natura e ne causa il continuo sviluppo. Fondandosi
sulle teorie di Cabanis, che ipotizzavano un rapporto tra attività psichiche e fisiologiche, Lamarck
sosteneva che ogni organismo vivente possiede una spinta interiore alla perfezione tale da fornirgli
la capacità di adattarsi all’ambiente, e che tali mutamenti adattativi vengono poi trasmessi
ereditariamente. Pur non definendo in modo preciso una coscienza o soggettività individuale, Lamarck
di fatto basava tutta la sua teoria sull’intelligenza creativa e adattativa intrinseca in ogni
essere vivente. Il suo più grave errore fu quello di semplificare il passaggio, dai genitori
direttamente ai figli, delle informazioni acquisite attraverso le esperienze.

La storia della scienza ci ricorda che quello di accorciare i tempi o di ipersemplificare i fenomeni
è un errore particolarmente comune. Nel 1600 il vescovo Ussher calcolò che il mondo era nato nel
4004 a.C., nel 1749 il naturalista francese Buffon calcolò l’età della Terra tra i 70.000 e i
500.000 anni, Kant nella sua Cosmogonia propose milioni, o al massimo,centinaia di milioni di anni.
La cosmologia oggi ritiene che l’età dell’universo sia dai 14 ai 15 miliardi di anni.

La trasmissione ereditaria dei caratteri acquisiti è un processo di estrema complessità la cui piena
comprensione potrebbe richiedere ancora secoli di studi genetici. La trasmissione ereditaria dei
caratteri acquisiti necessita di una differente e più profonda comprensione del complesso e mutevole
comportamento del codice genetico, dei suoi molteplici livelli di lettura e delle logiche con cui le
esperienze sono codificate in termini biochimici e metabolici e memorizzate in sequenze
nucleotidiche.

La trasmissione ereditaria dei caratteri acquisiti potrebbe comunque restare un’ipotesi di lavoro di
pieno rispetto, esattamente come lo è la teoria newtoniana della gravità universale: viene applicata
con successo, sebbene si basi su una forza che non ha mai avuto una conferma sperimentale, nel senso
che la vera natura della forza di gravità è ancora sconosciuta, né sono mai stati scoperti i
“gravitoni”.

Analisi delle teorie evolutive non accettate

La maggior parte delle teorie vitaliste o teleologiche dell’evoluzione è contraddistinta da una
profonda intuizione logica e da una certa visione spirituale. Queste teorie sostenevano il valore
della spinta interna e il senso della coscienza intelligente che anima in ogni organismo il processo
di sopravvivenza, crescita ed evoluzione, tuttavia erano ancora troppo filosofiche nel loro
approccio e nel loro linguaggio per poter essere accettate o verificate in termini scientifici.
Citiamo tra tutte l'”entelechia” e lo “psicoide” di Driesch, “l’élan vital” di Henri Bergson e la
“Noosfera” di Teilhard de Chardin; oppure, erano teorie troppo semplicistiche, come nel caso di
Lamarck: dicendo che “la funzione crea l’organo”, ci fa pensare che i caratteri acquisiti e
trasmessi possano crescere rapidamente come i muscoli di un atleta in palestra.

Sia le convinzioni neodarwiniste che vitaliste posseggono comunque una serie di ragioni e una loro
corretta logica. Con un linguaggio e con dei modelli opportuni, è possibile integrare le differenti
teorie in una visione unitaria che consideri come cause evolutive delle mutazioni sia la casualità
che l’intelligenza.

Un discorso a parte va riservato al creazionismo, un’interpretazione fideista di stampo fortemente
dogmatico, sostenuta di recente soprattutto da movimenti fondamentalisti cristiani degli Stati
Uniti: essi ritengono che Dio (dall’altra dimensione) abbia creato tutto, compreso ogni singolo
passaggio evolutivo, ogni specie e ogni essere vivente, perciò la scienza non può e non deve di
fatto permettersi altre ipotesi. Tali esempi di fanatismo e fondamentalismo esistono tuttora,
proprio perché la scienza a sua volta è arroccata su posizioni fortemente dogmatiche, estremiste e
materialiste.

Dio contro la scienza? Forse è ora di una nuova visione, in cui ogni essere diventi co-creatore
dell’intera evoluzione.

Critica alla scienza senza intelligenza

La critica all’attuale concezione del processo evolutivo è di fatto una critica all’estremismo
razionale che condiziona la cultura scientifica.

Proviamo a riassumere le posizioni della scienza ufficiale:

– l’intero processo evolutivo è frutto del caso, ossia delle leggi della fisica e della chimica,
intese come leggi della materia bruta a cui non viene riconosciuta alcuna intelligenza e coscienza;

– all’interno dell’evoluzione biologica ogni mutazione è dovuta a fattori casuali, come errori di
replicazione del DNA provocati da mutazioni spontanee o indotti da cause accidentali esterne;

– i caratteri acquisiti non vengono trasmessi al DNA;

– le mutazioni genetiche, essendo casuali, non hanno nessuna relazione con i bisogni interni
dell’organismo;

– lo stesso DNA, che contiene la summa delle informazioni genetiche essenziali alla vita e al suo
metabolismo, viene dunque considerato una memoria meccanica, un pull casuale di informazioni, una
banca di informazioni non derivate dall’esperienza;

– il DNA viene trasmesso meccanicamente dai progenitori ai figli senza nessun possibile apporto
creativo dovuto all’esperienza diretta dei genitori, cioè i genitori non possono migliorare;

– non esiste nessun azione concreta sul materiale genetico, derivabile dalla coscienza o
dall’intelligenza; (in realtà non esiste neppure la coscienza)

– non vi è nessuna finalità nel processo evolutivo;

– la selezione naturale è un fattore esterno all’organismo vivente, in parte casuale in parte
deterministico, nel senso che le specie casualmente createsi vengono selezionate dall’ambiente in
modo generico e statistico. Non è considerata la spinta interna dovuta all’intelligenza adattativa
della coscienza individuale.

I pericoli di una visione meccanicista

E’ opportuno sottolineare i pericoli di questa visione scientifica dissacrante. La mancanza del
benché minimo riconoscimento di una coscienza, volontà e intelligenza finalizzata nei processi di
crescita, sviluppo ed evoluzione, che dal semplice porta al complesso, genera infatti drammatiche
ripercussioni umane, sociali ed ecologiche, che possono essere sintetizzate nei seguenti punti:

– Credere che la vita e la coscienza si siano evolute per caso porta ad una parallela visione della
propria vita e della propria coscienza in cui tutto è casuale e privo di consapevolezza.

– A livello individuale, il senso di casualità produce una profonda mancanza di stima delle proprie
potenzialità e una mancanza di amore, sensibilità e rispetto per tutto ciò che è vivente. Prima di
tutto il proprio corpo. Nessuno sforzo individuale può aiutare il proprio processo di evoluzione né
tantomeno quello collettivo.

– A livello sociale crea una percezione pessimistica del futuro umano, in cui si attende che il caso
porti a nuovi eventi positivi. Questo fatalismo passivo inibisce l’impulso umano alla trasformazione
e alla creazione intelligente, per il benessere sociale e dell’intero ecosistema.

– A livello di ecologia globale, l’attuale impostazione scientifica collima con l’impatto
distruttivo che la scienza ha mostrato nei confronti della natura e del vivente in genere. La
mancanza di una dimensione interna psichica negli esseri viventi causa un atteggiamento superficiale
e insensibile verso gli animali e i vegetali, una mancanza di rispetto, in quanto non c’è soggetto
che soffre, ma solo un corpo che si muove e che può essere economicamente utile. Questo, su larga
scala, porta al fenomeno devastante delle estinzioni, dei disboscamenti massivi, alla mercificazione
e riduzione di ogni creatura a materia grezza e merce di scambio.

– A livello scientifico non sono mai state studiate, comprese e quindi utilizzate le logiche
dell’evoluzione intelligente e creativa: questa conoscenza, invece, potrebbe essere di estrema
importanza nel momento storico presente, per accelerare l’evoluzione della coscienza individuale e
facilitare la trasformazione delle culture umane verso una coscienza planetaria.

– A livello spirituale questa concezione offende l’animo umano, inibisce lo sviluppo del potenziale
umano e gli nega la più basilare delle esperienze, quella del senso di armonia e intelligenza e
unità della vita. Negando, con prove scientifiche, l’esistenza di una dimensione spirituale, si
mortifica lo spirito e si inibisce la ricerca del divino dentro e fuori di noi.

Schiaccianti evidenze contro l’interpretazione casuale dell’evoluzione

Più vedo e più osservo, e più questa intelligenza sfolgora dietro il mistero delle cose. Fabre

L’assurdità e la falsità delle posizioni sopra elencate si possono provare con la semplice analisi
dell’intero processo in termini statistici.

In occasione della conferenza tenuta a Milano il 28 Ottobre 1987 per il Progetto Cultura, il premio
Nobel Manfred Eigen ha ribadito che il processo con cui si è venuta a creare la vita e la sua
evoluzione non può essere puramente casuale in quanto le informazioni e le logiche di elaborazione
che essi implicano sono di incredibile complessità e hanno una precisa finalità. Non è la chimica
che distingue gli organismi superiori da quelli inferiori… – sostiene Eigen – l’invenzione è stata
quella delle informazioni! Tutto quello che è successo dal momento dell’inizio della vita è avvenuto
sul piano dell’informazione… La complessità della chimica non è nulla se paragonata con quella del
più semplice oggetto biologico. Prendiamo un gene (del DNA) con 300 nucleotidi.. le diverse
possibili sequenze sono 10 elevato alla 180esima: un numero che eccede quelli che si usano in
astronomia.

Se la possibilità casuale di esistenza di un solo gene fosse quindi astronomica, che dire degli
oltre diecimila geni dell’intero DNA presenti in ogni singola cellula di un moscerino? E dell’essere
umano che contiene centinaia di miliardi di cellule ognuna delle quali porta più di 40.000 geni nel
suo DNA? Secondo Eigen lo studio delle informazioni nei processi viventi apre incredibili
prospettive di analogia con la funzione psichica del linguaggio e della comunicazione, anche se,
ribadisce il Nobel, quando lavoriamo con le informazioni abbiamo a che fare con proprietà
immateriali.

La trasmissione dei caratteri acquisiti è un fatto scientificamente accertato

Ricordiamo che la trasmissione dell’esperienza acquisita è un fatto ampiamente studiato e
riconosciuto a livello di cellule del sistema immunitario, ma totalmente rimosso o negato
dall’interpretazione scientifica ufficiale. Illustriamo brevemente i fatti; negli organismi
superiori il sistema immunitario gestisce le risposte di difesa dagli agenti esterni, come tossine,
virus, batteri ecc. Ad esempio, quando un virus penetra nel corpo attiva la risposta dei macrofagi,
che, dopo aver codificato la forma tridimensionale della proteina estranea (antigene), creano uno
stampo speculare (anticorpo).

I macrofagi – attraverso il loro codice genetico (DNA, RNA macrofagico) – trasmettono questa
informazione-conoscenza, appresa attraverso l’esperienza, ai linfociti immunocompetenti T e B.

I linfociti immunocompetenti T e B si trasformano così in immunoblasti, mettendo in atto un processo
di clonazione cioè di moltiplicazione del DNA modificato dalle esperienze acquisite (che provoca la
più intensa e rapida moltiplicazione cellulare forzata che si conosca nell’organismo), e creano una
popolazione di plasmacellule e piccoli linfociti attivati portatori della specifica memoria genetica
anticorpale verso quel particolare antigene e quindi in grado di proteggere l’organismo
dall’invasione virale.

Questi dati mostrano in modo inequivocabile che: 1) l’esperienza individuale (struttura
dell’anticorpo) viene trasmessa geneticamente, 2) l’informazione trasmessa è frutto di una logica
estremamente intelligente e complessa, 3) l’intero processo non è certo “casuale” in quanto mostra
un’estrema efficienza e utilizzo strategico delle informazioni (conoscenze) finalizzato
all’integrità e alla difesa dell’intero organismo vivente come sistema unitario.

La scienza nega di fronte all’evidenza dei fatti!

Una casa che si costruisce da sola?

E’ paradossale che questa concezione meccanicista e casuale dell’evoluzione prenda il nome di
neodarwinista, quando Darwin stesso, nel ventunesimo capitolo de L’origine delle specie, afferma che
tale concezione non può essere sostenuta e che anche le esperienze possono essere trasmesse
ereditariamente.

Se accettiamo l’ipotesi neodarwinista attuale dell’evoluzione casuale, appare evidente che siamo di
fronte ad un nonsenso. Un paradosso che, per caso, non è mai stato preso in considerazione
nonostante la sua estrema evidenza matematica e logica. La probabilità statistica che un evento
casuale accada dipende infatti dal tempo e dalla complessità: tanto maggiore è la complessità di un
evento, tanto più lungo sarà il tempo statistico necessario perché accada. Se lasciamo un deposito
di materiali edili e dopo un giorno ritorniamo e scopriamo che, per caso, una fila di mattoni si è
miracolosamente messa in pila, siamo di fronte ad un evento molto significativo. Magari nella notte
il vento ha rotto un ramo che è caduto su un’asse su cui erano posti dei mattoni e, per un colpo di
fortuna, essi sono ricaduti uno sull’altro perfettamente allineati e ordinati. Fin qui nulla da
dire, il caso di certo esiste, ma se il giorno dopo ritroviamo che nella notte altri mattoni sono –
casualmente – saltati uno sull’altro, che tra di loro vi è cemento e che formano un vero muro,
cominciamo a pensare che vi sia qualcosa di strano. Se poi dopo alcuni mesi ritorniamo e scopriamo
che un’intera casa è stata costruita, con tetto, finestre, porte, impianti elettrici, tubature
idriche, riscaldamento e pavimento, cominciamo davvero a dubitare della casualità di tale evento:
non si è mai vista una casa costruirsi da sola, non è statisticamente possibile che ciò avvenga.
Oltre un certo livello di complessità intervengono variabili statistiche che portano a tempi
infiniti: la costruzione di una casa implica un progetto organico, cooperazione finalizzata ma
soprattutto l’intelligenza e la coscienza di un architetto.

Il paradosso evolutivo: i tempi di crescita diminuiscono con l’aumento della complessità

Osserviamo il diagramma della Tavola 7° in cui sono rappresentati i tempi di evoluzione dei quattro
grandi regni della natura, il regno minerale, vegetale, animale e umano, nell’arco dell’intera
evoluzione sulla Terra. Se l’età media dell’universo è di 15 miliardi di anni e l’età della Terra è
di 4.5 miliardi di anni, possiamo considerare, con buona approssimazione, che il periodo evolutivo
del regno minerale, o evoluzione atomica, dal Big Bang all’apparire delle prime forme biologiche sul
nostro pianeta, sia durato circa 11 miliardi di anni. L’evoluzione biologica cellulare dalla prima
cellula al primo multicellulare è durata circa 3 miliardi di anni. L’evoluzione dei multicellulari,
dal primo vermino acquatico ai Primati, è durata solo 700 milioni di anni e l’intera evoluzione
umana 30 milioni di anni.

Se l’evoluzione fosse casuale dovremmo assistere ad un progressivo allungamento dei tempi; se
l’intera evoluzione atomica è avvenuta in 11 miliardi di anni, statisticamente l’evoluzione casuale
degli unicellulari avrebbe richiesto tempi migliaia di volte più lunghi. E se, comunque, il primo
unicellulare procariota (senza nucleo) impiega circa due miliardi di anni per evolvere ad uno stadio
di maggiore complessità come cellula eucariota, (con nucleo), il tempo per evolversi fino ad animale
complesso multicellulare, ossia formato da un insieme estremamente complesso e finalizzato di
miliardi ci cellule, sarebbe dovuto essere di gran lunga superiore, mentre è di gran lunga
inferiore.

Il tempo di evoluzione sembra accelerare con l’incremento della complessità. Un enorme errore di
fondo è quindi insito nell’attuale interpretazione neodarwinista dell’evoluzione.

La teoria sistemica generale dell’evoluzione o TSGE

La teoria sistemica generale dell’evoluzione (TSGE), è una nuova e più complessa concezione
dell’evoluzione che nasce dallo sviluppo di differenti campi di ricerca e di differenti modelli e
impostazioni epistemologiche. Ervin Laszlo nel saggio Evoluzione definisce la TSGE una teoria
sistemica generale dell’evoluzione che valga tanto per gli atomi e le molecole del cosmo quanto per
gli organismi viventi e le società umane della biosfera.

La TSGE prende le sue basi teoriche da quelle che attualmente vengono chiamate “scienze della
complessità”, in cui sono presenti: la teoria generale dei sistemi di Ludwig Von Bertalanffi, Paul
Weiss, Anatol Rapoport e Kenneth Boulding, le teorie e i modelli matematici del “caos” e delle
“catastrofi”, la teoria dinamica dei sistemi sviluppata da Thom, Shaw e Abraham, la cibernetica e le
teorie dell’informazione di Wiener, Ashby e Beer, la termodinamica di non equilibrio dei sistemi
aperti dissipativi di Prigogine e Katchalsky, successivamente applicate da Erich Jantsch
all’evoluzione sociale umana, gli studi di Eigen e Schuster sugli ipercicli e i sistemi
auto-organizzantisi, le teorie degli equilibri puntati di Stephen Jay Gould, Niles Eldredge e Steven
Stanley che hanno introdotto la logica dei “salti” e della discontinuità nella biologia
neodarwiniana.

Le TSGE sostengono essenzialmente che il corso dell’evoluzione, per quanto caotico e disordinato
possa apparire, è sottoposto a leggi generali accessibili ai metodi dell’indagine scientifica, e che
queste leggi valgono, allo stesso titolo, per i sistemi fisici, biologici, ecologici, umani e
sociali. L’approccio quindi non può essere ristretto all’interpretazione casuale o meccanica degli
eventi, ma ogni evento, come fenomeno complesso e quindi non completamente determinabile, deve
essere studiato in termini sistemici più ampi e comprensivi di quegli aspetti, come l’informazione,
la mente, l’intelligenza, che sono stati fino ad ora negati dall’analisi darwiniana classica.
L’evoluzione diventa un processo probabilistico e non più deterministico.

L’interpretazione cibernetica olistica dell’evoluzione

La mente, anziché emergere come una tarda escrescenza nell’evoluzione della vita, è sempre
esistita… è la fonte e la condizione della realtà fisica. George Wald, Nobel per la Biologia

La TSGE offre un terreno adatto all’introduzione dell’interpretazione cibernetica dell’evoluzione,
che espande i presupposti teorici generali delle TSGE alla teoria della coerenza elettrodinamica
quantistica (qed-coherence) di Giuliano Preparata ed Emilio del Giudice, al concetto di
“intelligenza attiva” e di “significato” di David Bohm, al concetto di “campo psi” e di “vuoto
subquantistico” di Ervin Laszlo, alla teoria dei “biofotoni” di Fritz Popp, alle logiche cognitive
neuronali, alla psiconeuroimmunologia e delle reti informatiche, integrandole con le logiche della
cibernetica olistica e con il modello Cyber.

Attraverso questi differenti paradigmi è possibile, ancor più di quanto non sia stato fatto dalle
attuali TSGE, evidenziare il ruolo attivo della componente psichica nei singoli esseri viventi,
reali motori dell’evoluzione, e della sua continuità nel tempo, vista come aumento della complessità
informatica. L’approccio della cibernetica olistica permette di rivedere l’intero processo evolutivo
come evoluzione della coscienza e dell’informazione e di studiarlo in termini informatici come
quantità e qualità di scambio di messaggi e come accumulo di conoscenza.

Grazie ad essa ogni organismo vivente è considerato una “unità cibernetica di coscienza” che conosce
e organizza se stessa, nei suoi aspetti biochimici, genetici, psichici e comportamentali sociali,
come un “sistema coerente di informazioni”. La coscienza, intesa come “capacità di comprendere il
senso dell’informazione”, ci permette di interpretare ogni processo energetico, chimico, metabolico,
elettromagnetico, luminoso, sonoro ecc., in termini di flusso di informazione, conoscenza,
comunicazione.

Questa definizione permette di ridurre i delicati processi psichici in termini cognitivi.

Così interpretato l’organismo perde ogni possibile dicotomia tra “corpo” e “coscienza”, in quanto
ogni energia o struttura fisica del suo sistema è già interpretata come informazione strutturale o
circolante e quindi ogni qualsivoglia processo biochimico è già un processo informatico che
presuppone una certa “coscienza cibernetica”. A questo punto il codice genetico diventa realmente
una banca di conoscenza, una memoria fisica di quell’essere vivente che, senza sosta, contiene,
elabora e gestisce miliardi di informazioni al secondo in modo efficiente, unitario e altamente
finalizzato alla stabilità del proprio sistema. Gli individui che hanno elaborato le conoscenze e i
sistemi strategici di risposta comportamentale che offrono più soluzioni adattative si selezionano
sugli altri. Qui il concetto di “selezione naturale” acquisisce identità e individualità creativa,
esprimendo il suo intrinseco senso di intelligenza e di ricerca di conoscenza più ampia ed utile.

Con l’interpretazione cibernetica l’evoluzione diviene un processo di aumento della conoscenza, un
fenomeno cognitivo in cui le esperienze individuali sono memorizzate e trasmesse geneticamente fino
a diventare collettive.

continua…

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