In lode del non-agire

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In lode del non-agire

da “Ovunque vada, ci sei già”

di Jon Kabat Zinn

 
“Se sedete per meditare, anche per un momento, questo significa non intervenire. E’ molto importante
non pensare che questo tipo d’inattività corrisponda a non far nulla. Invece le due realtà non
potrebbero essere più dissimili. Qui contano consapevolezza e intenzionalità, anzi ne sono
l’essenza.
Superficialmente sembrerebbero esistere due modi di non-agire, uno che comporta l’assenza di
qualsiasi lavoro visibile, l’altro che presuppone quella che chiamerei attività in assenza di
sforzo. In ultima analisi constateremo che sono la stessa cosa. Quello che conta è l’esperienza
interiore. Frequentemente chiamiamo meditazione formale quel processo per cui ci si riserva
volutamente un certo tempo per interrompere qualsiasi attività visibile e coltivare l’immobilità,
senza un programma prestabilito salvo essere completamente presenti a se stessi in ciascun momento.
Senza agire. Forse tali momenti sono il dono più bello che possiamo fare a noi stessi.
Thoreau aveva l’abitudine di starsene seduto per ore sulla soglia di casa, osservando, ascoltando,
mentre il sole attraversava il ciclo e luci e ombre mutavano impercettibilmente.

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A volte non potevo permettermi di sacrificare a nessun lavoro, sia mentale che materiale, il fiore
del momento presente. Amo che vi sia un largo margine di respiro, nella mia vita. Talvolta, qualche
mattina d’estate, dopo aver fatto il solito bagno, sedevo sulla soglia della capanna, dall’alba al
tramonto, rapito in fantasticherie, tra i pini e i noci americani e i sonnecchi, in solitudine e
silenzio indisturbati, mentre gli uccelli cantavano attorno o svolazzavano quieti per la casa,
finché, o il sole che penetrava attraverso la mia finestra a occidente, o il rumore del carro di
qualche viaggiatore, lontano, sulla strada maestra, mi facevano ricordare il trascorrere del tempo.
In quelle stagioni io crebbi come il grano di notte ed esse erano migliori di qualsiasi lavoro
manuale. Quel tempo non fu sottratto alla mia vita, ma mi veniva concesso in sovrappiù, oltre a
quello che usualmente m’è elargito. Capii cosa gli orientali intendano per contemplazione e
abbandono del lavoro. Per la maggior parte, non mi curavo che le ore passassero. Il giorno avanzava
come per illuminare qualche mio lavoro; era mattina e guarda! adesso è sera, e io non ho fatto nulla
degno di nota.
Invece di cantare come gli uccelli io sorridevo alla mia fortuna. Come il passero emetteva i suoi
trilli, sopra il noce, davanti alla mia porta, così, dal mio nido, io lanciavo i miei gridi o i miei
canti sommessi, che egli poteva udire.
TMORI.AU, Walden

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PROVA: se praticate la meditazione quotidiana, cercate di riconoscere in essa la fioritura del
momento presente. Se vi alzate presto, uscite e guardate (a lungo, coscientemente, con attenzione)
le stelle, la luna, la luce dell’alba quando inizierà a diffondersi. Percepite l’aria, il freddo, il
caldo (a lungo, con consapevolezza e attenzione). Rendetevi conto che il mondo attorno a voi è
immerso nel sonno. Quando osservate il firmamento ricordate che visivamente vi collocate milioni
 anni addietro. Il passato è presente ora e qui.
Poi, andate a sedervi o meditate supini. Fate in modo chc il tempo dedicato alla pratica
meditativa corrisponda alla sospensione di ogni attività, al passaggio alla modalità dell’essere, in
cui vi collocate semplicemente immobili e consapevoli, osservando lo svolgersi del presente momento
per momento, senza aggiungere o sottrarre nulla, affermando che « E’. questo ».
 
DOVUNQUE TU VADA CI SEI GIA

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