Il Significato della vita di Albert Einstein

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Il Significato della vita di Albert Einstein

Qual e il senso della nostra esistenza, qual e il significato
dell’esistenza di tutti gli esseri viventi in generale? Il saper
rispondere a una siffatta domanda significa avere sentimenti
religiosi. Voi direte: ma ha dunque un senso porre questa domanda. Io
vi rispondo: chiunque crede che la sua propria vita e quella dei suoi
simili sia priva di significato e non soltanto infelice, ma appena
capace di vivere.

Religiosità cosmica

La più bella sensazione è il lato misterioso della vita. E’ il
sentimento profondo che si trova sempre nella culla dell’arte e della
scienza pura. Chi non è più in grado di provare né stupore né sorpresa
è per cosi dire morto; i suoi occhi sono spenti. L’impressione del
misterioso, sia pure misto a timore, ha suscitato, tra l’altro, la
religione. Sapere che esiste qualcosa di impenetrabile, conoscere le
manifestazioni dell’intelletto più profondo e della bellezza più
luminosa, che sono accessibili alla nostra ragione solo nelle forme
più primitive, questa conoscenza e questo sentimento, ecco la vera
devozione: in questo senso, e soltanto in questo senso, io sono fra
gli uomini più profondamente religiosi. Non posso immaginarmi un Dio
che ricompensa e che punisce l’oggetto della sua creazione, un Dio che
soprattutto esercita la sua volontà nello stesso modo con cui
l’esercitiamo su noi stessi. Non voglio e non possono figurarmi un
individuo che sopravviva alla sua morte corporale: quante anime
deboli, per paura e per egoismo ridicolo, si nutrono di simili idee.
Mi basta sentire il mistero dell’eternità della vita, avere la
coscienza e l’intuizione di ciò che è, lottare attivamente per
afferrare una particella, anche piccolissima, dell’intelligenza che si
manifesta nella natura. Difficilmente troverete uno spirito profondo
nell’ indagine scientifica senza una sua caratteristica religiosità.
Ma questa religiosità si distingue da quella dell’uomo semplice: per
quest’ultimo Dio è un essere da cui spera protezione e di cui teme il
castigo, un essere col quale corrono, in una certa misura, relazioni
personali per quanto rispettose esse siano: e un sentimento elevato
della stessa natura dei rapporti fra figlio e padre.

Le basi umane della morale

Al contrario, il sapiente e compenetrato dal senso della causalità per
tutto ciò che avviene. Per lui l’avvenire non comporta una minore
decisione e un minore impegno del passato; la morale non ha nulla di
divino, e una questione puramente umana. La sua religiosità consiste
nell’ammirazione estasiata delle leggi della natura; gli si rivela una
mente cosi superiore che tutta l’intelligenza messa dagli uomini nei
loro pensieri non è al cospetto di essa che un riflesso assolutamente
nullo. Questo sentimento è il leit-motiv della vita e degli sforzi
dello scienziato nella misura in cui può affrancarsi dalla tirannia
dei suoi egoistici desideri. Indubbiamente questo sentimento è parente
assai prossimo di quello che hanno provato le menti creatrici
religiose di tutti i tempi. Tutto ciò che è fatto è immaginato dagli
uomini serve a soddisfare i loro bisogni e a placare i loro dolori.
Bisogna sempre tener presente allo spirito questa verità se si
vogliono comprendere i movimenti intellettuali e il loro sviluppo
perché i sentimenti e le aspirazioni sono i motori di ogni sforzo e di
ogni creazione umana, per quanto sublime possa apparire questa
creazione. Quali sono dunque i bisogni e i sentimenti che hanno
portato l’uomo all’idea e alla fede, nel significato più esteso di
queste parole? Se riflettiamo a questa domanda vediamo subito che
all’origine del pensiero e della vita religiosa si trovano i
sentimenti più diversi. Nell’uomo primitivo e in primo luogo la paura
che suscita l’idea religiosa; paura della fame, delle bestie feroci,
delle malattie, della morte. Siccome, in questo stato inferiore, le
idee sulle relazioni causali sono di regola assai limitate, lo spirito
umano immagina esseri più o meno analoghi a noi dalla cui volontà e
dalla cui azione dipendono gli eventi avversi e temibili e crede di
poter disporre favorevolmente di questi esseri con azioni e offerte,
le quali, secondo la fede tramandata di tempo in tempo, devono
placarli e renderli benigni. E in questo senso io chiamo questa
religione la religione del terrore; la quale, se non creata, è stata
almeno rafforzata e resa stabile dal formarsi di una casta sacerdotale
particolare che si dice intermediaria fra questi esseri temuti e il
popolo e fonda su questo privilegio la sua posizione dominante. Spesso
il re o il capo dello stato, che trae la sua autorità da altri
fattori, o anche da una classe privilegiata, unisce alla sua sovranità
le funzioni sacerdotali per dare maggior fermezza al regime esistente;
oppure si determina una comunanza d’interessi fra la casta che detiene
il potere politico e la casta sacerdotale. C’e un’altra origine
dell’organizzazione religiosa: i sentimenti sociali. Il padre e la
madre capi delle grandi comunità umane, sono mortali e fallibili.
L’aspirazione ardente all’amore, al sostegno, alla guida, genera
l’idea divina sociale e morale. E’ il Dio-Provvidenza che protegge, fa
agire, ricompensa e punisce. E’ quel Dio che, secondo l’orizzonte
dell’uomo, ama e incoraggia la vita della tribù, l’umanità e la vita
stessa; quel Dio consolatore nelle sciagure e nelle speranze deluse,
protettore delle anime dei trapassati. Tale è l’idea di Dio
considerata sotto l’aspetto morale e sociale. Nelle Sacre Scritture
del popolo ebreo si può seguire bene l’evoluzione della religione del
terrore in religione morale che poi continua nel Nuovo Testamento. Le
religioni di tutti i popoli civili, e in particolare anche dei popoli
orientali, sono essenzialmente religioni morali. Il passaggio dalla
religione-terrore alla religione morale costituisce un progresso
importante nella vita dei popoli. Bisogna guardarsi dal pregiudizio
che consiste nel credere che le religioni delle razze primitive sono
unicamente religioni-terrore e quelle dei popoli civili unicamente
religioni morali. Ogni religione è in fondo un miscuglio dell’una e
dell’altra con una percentuale maggiore tuttavia di religione morale
nei gradi più elevati della vita sociale.

Iddii di forma umana

Tutte queste religioni hanno comunque un punto comune, ed è il
carattere antropomorfo dell’idea di Dio: oltre questo livello non si
trovano che individualità particolarmente nobili.Ma in ogni caso vi è
ancora un terzo grado della vita religiosa, sebbene assai raro nella
sua espressione pura ed è quello della religiosità cosmica. Essa non
può essere pienamente compresa da chi non la sente poiché non vi
corrisponde nessuna idea di un Dio antropomorfo. L’individuo è
cosciente della vanità delle aspirazioni e degli obiettivi umani e,
per contro, riconosce l’impronta sublime e l’ordine ammirabile che si
manifestano tanto nella natura quanto nel mondo del pensiero.
L’esistenza individuale gli da l’impressione di una prigione e vuol
vivere nella piena conoscenza di tutto ciò che è, nella sua unità
universale e nel suo senso profondo. Già nei primi gradi dell’
evoluzione della religione (per esempio in parecchi salmi di David e
in qualche Profeta), si trovano i primi indizi della religione
cosmica; ma gli elementi di questa religione sono più forti nel
buddismo, come abbiamo imparato in particolare dagli scritti
ammirabili di Schopenhauer.

La religiosità cosmica non conosce dogmi

I geni religiosi di tutti i tempi risentono di questa religiosità
cosmica che non conosce nè dogmi nè Dei concepiti secondo l’immagine
dell’uomo. Non vi è perciò alcuna Chiesa che basi il suo insegnamento
fondamentale sulla religione cosmica. Accade di conseguenza che è
precisamente fra gli eretici di tutti i tempi che troviamo uomini
penetrati di questa religiosità superiore e che furono considerati dai
loro contemporanei più spesso come atei, ma sovente anche come santi.

Democrito, Francesco d’Assisi e Spinoza stanno vicini

Sotto questo aspetto uomini come Democrito, Francesco d’Assisi e
Spinoza possono stare l’uno vicino all’altro. Come può la religiosità
cosmica comunicarsi da uomo a uomo, se non conduce ad alcuna idea
formale di Dio ne ad alcuna teoria? Mi pare che sia precisamente la
funzione capitale dell’arte e della scienza di risvegliare e mantenere
vivo questo sentimento fra coloro che hanno la facoltà di
raccoglierlo.

Antagonismo tra religione del terrore e scienza

Giungiamo cosi a una concezione dei rapporti fra scienza e religione
assai differente dalla concezione abituale. Secondo considerazioni
storiche, si è propensi a ritenere scienza e religione antagonisti
inconciliabili, e questo si comprende facilmente. L’uomo che crede
nelle leggi causali, arbitro di tutti gli avvenimenti, se prende sul
serio l’ipotesi della causalità, non può concepire l’idea di un Essere
che interviene nelle vicende umane, e perciò la religione-terrore,
come la religione sociale o morale, non ha presso di lui alcun
credito; un Dio che ricompensa e che punisce e per lui inconcepibile
perchè l’uomo agisce secondo leggi esteriori ineluttabili e per
conseguenza non potrebbe essere responsabile verso Dio, allo stesso
modo che un oggetto inanimato non e responsabile dei suoi movimenti. A
torto si è rimproverato alla scienza di insidiare la morale. La
condotta etica dell’uomo deve basarsi effettivamente sulla
compassione, l’educazione e i legami sociali, senza ricorrere ad alcun
principio religioso. Gli uomini sarebbero da compiangere se dovessero
essere frenati dal timore di un castigo o dalla speranza di una
ricompensa dopo la morte. Si capisce quindi perchè la Chiesa abbia in
ogni tempo combattuto la scienza e perseguitato i suoi adepti.

Mirabile accordo tra religione cosmica e scienza

D’altra parte io sostengo che la religione cosmica è l’impulso più
potente e più nobile alla ricerca scientifica. Solo colui che può
valutare gli sforzi e soprattutto i sacrifici immani per arrivare a
quelle scoperte scientifiche che schiudono nuove vie, è in grado di
rendersi conto della forza del sentimento che solo può suscitare
un’opera tale, libera da ogni vincolo con la via pratica immediata.
Quale gioia profonda a cospetto dell’edificio del mondo e quale
ardente desiderio di conoscere sia pure limitato a qualche debole
raggio dello splendore rivelato dall’ordine mirabile dell’universo
dovevano possedere Kepler e Newton per aver potuto, in un solitario
lavoro di lunghi anni svelare il meccanismo celeste. Colui che non
conosce la ricerca scientifica che attraverso i suoi effetti pratici,
non può assolutamente formarsi un’opinione adeguata sullo stato
d’animo di questi uomini i quali, circondati da contemporanei
scettici, aprirono la via a quanti compresi delle loro idee, si
sparsero poi di secolo in secolo attraverso tutti i paesi del mondo.
Soltanto colui che ha consacrato la propria vita a propositi analoghi
può formarsi una immagine viva di ciò che ha animato questi uomini e
di ciò che ha dato loro la forza di restare fedeli al loro obiettivo
nonostante gli insuccessi innumerevoli. E’ la religiosità cosmica che
prodiga simili forze. Non e senza ragione che un autore contemporaneo
ha detto che nella nostra epoca, votata in generale al materialismo,
gli scienziati sono i soli uomini profondamente religiosi.

Elevare gli uomini

E giusto, in linea di principio, dare solenne testimonianza d’affetto
a coloro che hanno contribuito maggiormente a nobilitare gli uomini,
l’esistenza umana. Ma se si vuole anche indagare sulla natura di essi,
allora si incontrano notevoli difficoltà. Per quanto riguarda i capi
politici, e anche religiosi, e spesso molto difficile stabilire se
costoro hanno fatto più bene che male. Di conseguenza credo
sinceramente che indirizzare gli uomini alla cultura di nobili
discipline e poi indirettamente elevarli, sia il servizio migliore che
si possa rendere all’umanità. Questo metodo trova conferma, in primo
luogo, nei cultori delle lettere, della filosofia e delle arti, ma
anche, dopo di essi, negli scienziati. Non sono, è vero, i risultati
delle loro ricerche che elevano e arricchiscono moralmente gli uomini,
ma è il loro sforzo per capire, è il loro lavoro intellettuale fecondo
e capace. Il vero valore di un uomo si determina esaminando in quale
misura e in che senso egli e giunto a liberarsi dall’io.

Società e Personalità

Se consideriamo la nostra esistenza e i nostri sforzi, rileviamo
subito che tutte le nostre azioni e i nostri desideri sono legati
all’esistenza degli altri uomini e che, per la nostra stessa natura,
siamo simili agli animali che vivono in comunità. Ci nutriamo di
alimenti prodotti da altri uomini, portiamo abiti fatti da altri,
abitiamo case costruite dal lavoro altrui. La maggior parte di quanto
sappiamo e crediamo ci e stata insegnata da altri per mezzo di una
lingua che altri hanno creato. Senza la lingua la nostra facoltà di
pensare sarebbe assai meschina e paragonabile a quella degli animali
superiori; perciò la nostra priorità sugli animali consiste prima di
tutto – bisogna confessarlo – nel nostro modo di vivere in società.
L’individuo lasciato solo fin dalla nascita resterebbe, nei suoi
pensieri e sentimenti, simile agli animali in misura assai difficile
ad immaginare. Ciò che è e ciò che rappresenta l’individuo non lo e in
quanto individuo, ma in quanto membro di una grande società umana che
guida il suo essere materiale e morale dalla nascita fino alla morte.
Il valore di un uomo, per la comunità in cui vive, dipende anzitutto
dalla misura in cui i suoi sentimenti, i suoi pensieri e le sue azioni
contribuiscono allo sviluppo dell’esistenza degli altri individui.
Infatti abbiamo l’abitudine di giudicare un uomo cattivo o buono
secondo questo punto di vista. Le qualità sociali di un uomo appaiono
al primo incontro, le sole valevoli a determinare il nostro giudizio
su di lui. Eppure anche questa teoria non è rigorosamente esatta. Non
è difficile comprendere che tutti i beni materiali, intellettuali e
morali ricevuti dalla società sono giunti a noi nel corso di
innumerevoli generazioni di individualità creatrici. Quello di oggi è
un individuo che ha scoperto in un sol colpo l’uso del fuoco, un
individuo che ha scoperto la coltura delle piante nutritive, un
individuo che ha scoperto la macchina a vapore.

Libertà spirituale degli individui e unità sociale

E tuttavia solo l’individuo libero può meditare e conseguentemente
creare nuovi valori sociali e stabilire nuovi valori etici attraverso
i quali la società si perfeziona. Senza personalità creatrici capaci
di pensare e giudicare liberamente, lo sviluppo della società in senso
progressivo e altrettanto poco immaginabile quanto lo sviluppo della
personalità individuale senza l’ausilio vivificatore della societàUna
comunità sana è perciò legata tanto alla libertà degli individui
quanto alla loro unione sociale. E’ stato detto con molta ragione che
la civiltà greco-europeo-americana, e in particolare il rifiorire
della cultura del Rinascimento italiano subentrato alla stasi del
Medio Evo in Europa, trovò soprattutto il suo fondamento nella libertà
e nell’isolamento relativo dell’individuo. Consideriamo ora la nostra
epoca, in quali condizioni sono oggi la società le personalità? In
rapporto al passato la popolazione dei paesi civilizzati è
estremamente densa; l’Europa ospita all’incirca una popolazione tre
volte maggiore di quella di cento anni fa. Ma il numero di uomini
dotati di temperamento geniale e diminuito senza proporzione. Solo un
esiguo numero di uomini, per le loro facoltà creatrici, sono
conosciuti dalle masse come personalità. In una certa misura
l’organizzazione ha sostituito le qualità del genio nel campo della
tecnica, ma anche, e in misura notevolissima, nel campo scientifico.
La penuria di personalità si fa sentire in modo particolare nel campo
artistico.La pittura e la musica sono oggi nettamente degenerate e
suscitano nel popolo echi assai meno intensi. La politica non manca
solo di capi: l’indipendenza intellettuale e il sentimento del diritto
si sono profondamente abbassati nella borghesia e l’organizzazione
democratica e parlamentare che poggia su quella indipendenza e stata
sconvolta in molti paesi; sono nate dittature e sono state sopportate
perchè il sentimento della dignità e del diritto non è più
sufficientemente vivo.

Decadimento della dignità umana

I giornali di un Paese possono, in due settimane, portare la folla
cieca e ignorante a un tale stato di esasperazione e di eccitazione da
indurre gli uomini ad indossare l’abito militare per uccidere e farsi
uccidere allo scopo di permettere a ignoti affaristi di realizzare i
loro ignobili piani. Il servizio militare obbligatorio mi sembra il
sintomo più vergognoso della mancanza di dignità personale di cui
soffre oggi la nostra umanità civilizzata. In relazione a questo stato
di cose non mancano profeti che prevedono prossimo il crollo della
nostra civiltà. Io non sono nel numero di questi pessimisti: io credo
in un avvenire migliore.

Il sistema economico ostacola la libera evoluzione

A mio avviso l’attuale decadenza sociale dipende dal fatto che lo
sviluppo dell’economia e della tecnica ha gravemente esacerbato la
lotta per l’esistenza e quindi la libera evoluzione degli individui ha
subìto durissimi colpi. Ma per soddisfare i bisogni della comunità, il
progresso della tecnica esige oggi dagli individui un attività assai
minore. La divisione razionale del lavoro diverrà una necessità sempre
più imperiosa e porterà alla sicurezza materiale degli uomini. E
questa sicurezza unita al tempo e all’energia che resterà disponibile,
può essere un elemento favorevole allo sviluppo della personalità. In
questo modo la società può ancora guarire e noi vogliamo sperare che
gli storici futuri presenteranno le manifestazioni patologiche del
nostro tempo come le malattie infantili di una umanità dalle possenti
aspirazioni, provocate dalla corsa troppo rapida della civiltà.

Valore sociale della ricchezza

Sono fermamente convinto che tutte le ricchezze del mondo non
potrebbero spingere l’umanità più avanti anche se esse si trovassero
nelle mani di un uomo totalmente consacrato all’evoluzione del ge nere
umano.Solo l’esempio di personalità grandi e pure può condurre a
nobili pensieri e ad elette azioni. Il denaro suscita soltanto egoismo
e spinge sempre, irresistibilmente, a farne cattivo uso.Si possono
immaginare Mosè, Gesù o Gandhi armati della borsa di Carnegie?

Perchè viviamo

Ben singolare è la situazione di noialtri mortali. Ognuno di noi è su
questa terra per una breve visita; egli non sa il perchè, ma assai
spesso crede di averlo capito. Non si riflette profondamente e ci si
limita a considerare un aspetto della vita quotidiana; siamo qui per
gli altri uomini: anzitutto per coloro dal cui sorriso e dal cui
benessere dipende la nostra felicità, ma anche per quella moltitudine
di sconosciuti alla cui sorte ci incatena un vincolo di simpatia. Ecco
il mio costante pensiero di ogni giorno: la vita esteriore ed
interiore dipende dal lavoro dei contemporanei e da quello dei
predecessori; io devo sforzarmi di dar loro, in eguale misura, ciò che
ho ritenuto e ciò che ancora ricevo.Sento il bisogno di condurre una
vita semplice e ho spesso la penosa consapevolezza di chiedere
all’attività dei miei simili più di quanto non sia necessario. Mi
rendo conto che le differenze di classe sociale non sono giustificate
e che, in fin dei conti, trovano il loro fondamento nella violenza; ma
credo anche che una vita modesta sia adatta a chiunque, per il corpo e
per lo spirito.

Limiti della nostra libertà

Non credo affatto alla libertà dell’uomo nel senso filosofico della
parola. Ciascuno agisce non soltanto sotto l’impulso di un imperativo
esteriore, ma anche secondo una necessità interiore. L’aforisma di
Schopenhauer: “E’ certo che un uomo può fare ciò che vuole, ma non può
volere che ciò che vuole” mi ha vivamente impressionato fin dalla
giovinezza; nel turbine di avvenimenti e di prove imposte dalla
durezza della vita, quelle parole sono sempre state per me un conforto
e una sorgente inesauribile di tolleranza. Aver coscienza di ciò
contribuisce ad addolcire il senso di responsabilità che facilmente ci
mortifica e ci evita di prendere troppo sul serio noi come gli altri;
si è condotti cosi a una concezione della vita che lascia un posto
singolare all’humor.

Il benessere e la felicità

Da un punto di vista obiettivo, preoccuparsi del senso o del fine
della nostra esistenza e di quella delle altre creature mi è sempre
parso assolutamente vuoto di significato. Ciononostante ogni uomo è
legato ad alcuni ideali che gli servono di guida nell’azione e nel
pensiero. In questo senso il benessere e la felicità non mi sono mai
apparsi come la meta assoluta (questa base della morale la definisco
l’ideale dei porci). Gli ideali che hanno illuminato la mia strada e
mi hanno dato costantemente un coraggio gagliardo sono stati il bene,
la bellezza e la verità. Senza la coscienza di essere in armonia con
coloro che condividono le mie convinzioni, senza la affannosa ricerca
del giusto, eternamente inafferrabile, del dominio dell’arte e della
ricerca scientifica, la vita mi sarebbe parsa assolutamente vuota. Fin
dai miei anni giovanili ho sempre considerato spregevoli le mete
volgari alle quali l’umanità indirizza i suoi sforzi: il possesso di
beni, il successo apparente e il lusso.

Un cavallo che tira da solo

In singolare contrasto col mio senso ardente di giustizia e di dovere
sociale, non ho mai sentito la necessità di avvicinarmi agli uomini e
alla società in generale.Sono proprio un cavallo che vuol tirare da
solo; mai mi sono dato pienamente ne allo stato, ne alla terra natale,
ne agli amici e neppure ai congiunti più prossimi; anzi ho sempre
avuto di fronte a questi legami la sensazione netta di essere un
estraneo e ho sempre sentito il bisogno di solitudine; e questa
sensazione non fa che aumentare con gli anni. Sento fortemente, ma
senza rimpianto, di toccare il limite dell’intesa e dell’armonia con
il prossimo. Certo, un uomo di questo carattere perde così una parte
del suo candore e della sua serenità, ma ci guadagna una larga
indipendenza rispetto alle opinioni, abitudini e giudizi dei suoi
simili; ne sarà tentato di stabilire il suo equilibrio su basi cosi
malferme.

Ciascuno deve essere rispettato

Il mio ideale politico è l’ideale democratico. Ciascuno deve essere
rispettato nella sua personalità e nessuno deve essere idolatrato. Per
me l’elemento prezioso nell’ingranaggio dell’umanità non è lo Stato,
ma e l’individuo creatore e sensibile, è insomma la personalità; è
questa sola che crea il nobile e il sublime, mentre la massa e stolida
nel pensiero e limitata nei suoi sentimenti.

La guerra

Questo argomento mi induce a parlare della peggiore fra le creazioni,
quella delle masse armate, del regime militare voglio dire, che odio
con tutto il cuore. Disprezzo profondamente chi è felice di marciare
nei ranghi e nelle formazioni al seguito di una musica: costui solo
per errore ha ricevuto un cervello; un midollo spinale gli sarebbe più
che sufficiente. Bisogna sopprimere questa vergogna della civiltà il
più rapidamente possibile. L’eroismo comandato, gli stupidi corpo a
corpo, il nefasto spirito nazionalista, come odio tutto questo!E
quanto la guerra mi appare ignobile e spregevole! Sarei piuttosto
disposto a farmi tagliare a pezzi che partecipare a una azione così
miserabile. Eppure, nonostante tutto, io stimo tanto l’umanità da
essere persuaso che questo fantasma malefico sarebbe da lungo tempo
scomparso se il buonsenso dei popoli non fosse sistematicamente
corrotto, per mezzo della scuola e della stampa, dagli speculatori del
mondo politico e del mondo degli affari.

Albert Einstein

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