IL LIBRO DEL RISVEGLIO 10

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IL LIBRO DEL RISVEGLIO 10

ovvero detti intuizioni poemi
che indicano la vera sorgente della vita

di Isabella di Soragna

CAPITOLO 13
sofferenza – paura

Anche se la paura è in questo momento, riguarda sempre il futuro… è futuro, basato sul passato…
Vivere nel momento presente non ha nulla a che fare con un presente collegato al passato ed al
futuro. Purtroppo non disponiamo di altre parole. Quindi, non aggrapparti neppure alla parola
presente. Anche il concetto di presente va trasceso…

Anche il desiderio di libertà va abbandonato. E’ l’ultimo desiderio. Poi approderai ad altro,
riconoscerai che tu sei tutto…

Gli uomini dicono facilmente: “Sono legato, soffro, sono in pena”, ma non si sentono altrettanto
liberi di dire: “Sono libero! Sono immortale!”. Perché? Di chi è la colpa? Ciò che dite, ciò che
pensate, quello accadrà.

Poonja

La paura sorge se vi è un “altro”.

Brihadaranyaka Upanishad

Stiamo infliggendo una grossa ferita al mondo che si sta dissanguando. L’abbiamo diviso in due
frammenti ineguali chiamati NOI STESSI e il RESTO, o ME e NON ME. Il risultato è che non abbiamo un
Universo ma un Duoverso, una Dualità non un’Unità. E non sorprende che le due parti siano difettose,
tragicamente malate, finché la terribile ferita non è chiusa e curata.

D.E. Harding

Quando sei di fronte ai dolori di una malattia, se semplicemente non ti lasci coinvolgere, non c’è
nulla che tu non possa sopportare. Così accompagna la malattia, e se provi dolore, lamentati pure!.

Tuttavia devi realizzare che se, in risposta alla malattia, ti lasci oltretutto coinvolgere dai
pensieri, allora in più della malattia, soffri per aver barattato la Mente di Buddha con i pensieri.
La Mente di Buddha è ciò che all’origine è senza pensieri… Allora anche se dici di non provar
dolore, significa che stai solo parlando dell’idea di non provar dolore, e ciò è solo una nozione
basata sul pensiero. In tal modo dopo tutto, non sei libero dalla sofferenza.

Bankei

A che vi giova attribuire la causa dell’infelicità agli avvenimenti della vita, quando quella causa
è in realtà dentro di voi? Quale felicità potete ottenere da cose a voi estranee? Quando la
ottenete, quanto dura?

Non c’è morte né nascita. Ciò’ che nasce è solo il corpo e ciò è la creazione dell’ego. Ma l’ego non
è ordinariamente percepito senza il corpo e così si identifica con esso. E’ il pensiero che conta…
Scoprite chi ha i pensieri.

Non vi è felicità in nessun oggetto del mondo. A causa della nostra ignoranza, noi immaginiamo di
ricavare felicità dagli oggetti. Quando la mente si volge all’esterno esperimenta sofferenza. In
verità quando i suoi desideri sono appagati, essa ritorna al suo posto e gioisce della felicità che
è il Sé.

Ramana Maharshi

Osservate che nell’ottenere un oggetto desiderato vi può essere una momentanea libertà dalla paura,
ma l’oggetto desiderato ed ottenuto non è in realtà la causa di questo.

Dopo aver lasciato questa felicità, dopo esservi staccati da essa, l’ego vuole attribuirla a qualche
causa e così dice “Io ero felice perché ho ascoltato della buona musica”, e così via.

Se conducete fino in fondo questa investigazione, scoprirete di essere questa felicità. Vedete
dunque che in realtà non possiamo parlare in termini di causa ed effetto perché la felicità è senza
causa.

Quando lei dice “sono arrabbiato”, questa rabbia è un concetto: e lei non può far nulla con un’idea
di rabbia. Perciò non si lasci sedurre dal concetto. La rabbia è una percezione, una sensazione del
corpo e della mente. Resti con la percezione, cioè intendo dire accetti totalmente la sensazione di
essere arrabbiato. Nel momento dell’accettazione non vi è spazio per qualcuno che accetta e allora
cessa automaticamente la complicità con la rabbia.

… quello che voi pensate come sofferenza è una reazione evocata dall’immagine che avete creato .

Se soffrite con lui, ne siete complici. Nel momento in cui lo amate, la complicità cessa. L’amore è
libero da ogni immagine. Ma quando vi è emotività o sentimentalismo, quando sentite con lui e
condividete l’immagine che ha di se stesso, allora lo aiutate a sentire la sua pena.

D.: Trovo difficile comprendere come la sofferenza punti verso l ‘ultimo.

J.K.: Non sto parlando della sofferenza come di un concetto, ma come di una percezione, una
sensazione. Di solito noi resistiamo alla pura sensazione e costruiamo qualche idea della
sofferenza. E questo rifiuto è una reazione che contribuisce a rafforzare la sofferenza. Ma quando
permettiamo alla sofferenza di essere pura sensazione, vuota di ogni reazione psicologica, tutta
l’energia prima localizzatasi come sofferenza si libera, e ritorna indietro a dissolversi
nell’ultimo.

Jean Klein

… la strada alla totale indipendenza, ovvero la comprensione che siamo già perfettamente
indipendenti, passa e ripassa per la paura.

Le cose capaci di turbare l’essere umano sono milioni. Nascono da una frattura per cui la vita
smette di essere semplicemente la vita (vedere, udire, toccare, odorare, pensare); ci dissociamo dal
tutto indiviso perché ci sentiamo minacciati. La vita si sposta laggiù mentre io sono qua e ci penso
sopra. Non costituiscono più’ un tutt’uno con la vita; laggiù si è prodotto un evento spiacevole e
io qua, ci penso per trovare una via di fuga dalla mia sofferenza.

Se smettiamo di cercare, cosa ci resta? Ci resta ciò che è sempre stato qui, al centro. Dietro alla
ricerca c’è l’angoscia, il disagio. Quando lo capiamo, vediamo che il punto non è la ricerca ma
l’angoscia e il disagio che spingono a cercare. Capire che cercare all’esterno non è la via, è un
momento magico. Ci rendiamo conto che qualunque cosa cerchiamo, saremo sempre delusi.

Charlotte Joko Beck

… La libertà da tutti i desideri di durare è l’eternità. Ogni attaccamento implica la paura,
perché tutto è transitorio. E la paura rende schiavi. La libertà dall’attaccamento non viene con la
pratica; s’instaura naturalmente quando si conosce il proprio essere.

Quando vedi il dolore e la sofferenza, sii con essi. … e metti a nudo le sue radici; aiutare a
capire è il vero aiuto. Ovviamente, nutri l’affamato e vesti l’ignudo nel frattempo, se puoi.

L’amore dice: “Sono tutto”. La saggezza dice: “Non sono niente” . Tra l’uno e l’altra la mia vita
scorre.

Quale che sia la situazione, se è accettata è piacevole; se no, è dolorosa. Non importa che cosa la
rende accettabile: la causa può essere fisica, psicologica o di altra natura; ciò che conta e
l’accettazione. Inversamente, la sofferenza deriva dalla non-accettazione.

Il dolore è fisico; la sofferenza è mentale. Al di là della mente non c’è sofferenza. Il dolore è
solo un segnale che il corpo è in pericolo e che ha bisogno di attenzione. Allo stesso modo la
sofferenza ci ammonisce che la struttura delle memorie e delle abitudini che chiamiamo “persona” è
minacciata da una perdita o da un cambiamento.

Il dolore è essenziale per la sopravvivenza del corpo, ma nessuno obbliga a soffrire. La sofferenza
è dovuta solo all’attaccamento e alla resistenza, mostra la nostra incapacità di andare avanti, di
fluire con la vita… L’essenza della santità è l’accettazione totale del momento presente,
l’armonia con le cose così come avvengono. Un santo non desidera che le cose siano diverse da quello
che sono; egli sa che, considerando tutte le cose, esse sono inevitabili. Egli è amichevole con
l’inevitabile e perciò non soffre. Può conoscere il dolore, ma esso non lo frantuma. Se può, fa
quello che è necessario per ritrovare l’equilibrio perduto… oppure lascia fare alla vita.

“Io sono” è esso stesso Dio. La ricerca è Dio. Cercando scopri che non sei né il corpo né la mente,
ma l’amore del Sé in te e del Sé in tutto. Le due cose sono un tutto unico. La coscienza in te e la
coscienza in me, appaiono distinte, ma sono un’unica cosa, cercano l’unità e questo è amore.

Nisargadatta Maharaj

Noi uccelli di questo mondo,

Volando ogni dove, passiamo.

Sulla nostra strada c’è una trappola

Che si chiama morte,

Alcuna paura non ne abbiamo,

Aprendo le nostre ali, passiamo.

Seyid Seyfullah

Non combattiamo sulle corna della lumaca,

La nostra vita è come una scintilla tra due pietre.

Yoka Daishi

In questo momento ho i piedi gonfi. Il principio che sa che i miei piedi si sono gonfiati, lui non è
gonfio!

“Io sono” è il sintomo della malattia. Con la comparsa dell’ “io sono”, dello stato di veglia, la
malattia ha preso potere su di te. Ti spinge ininterrottamente a fare una cosa o l’altra, perché sei
imperfetto. Ti devi alzare per orinare, per mangiare, per procurarti questo o quest’altro. Dallo
stato originale di completo rilassamento, ti ritrovi immerso in questo stato di veglia, in questo
stato penoso. Anche se decidi di riposarti, di distenderti, non ti sarà possibile farlo. Si tratta
dell’illusione primordiale, alla quale sono stati dati nomi altisonanti, i titoli di Yogamaya,
Mahashweri… ma non è altro che il potere di mâyâ.

Nisargadatta Maharaj

Questo “io” (voi) non vuol cessare. Ma sa anche che questo corpo cadrà morto come tutti gli altri –
esperimentate la morte altrui- e così avete paura, perché non sapete se questo “io” continuerà dopo
che il corpo è sparito. Ed ecco che create un dopo-vita. La paura crea questo. Se la paura se ne va,
la questione della morte sparisce anch’essa.

Non potete sperimentare la vostra morte … Ognuno di noi senza eccezione, sperimenterà la
“liberazione” al momento della morte. Non potrete sentire il gusto della morte, poiché non vi è
morte per voi. Siete forse nati? Vita e morte non possono esser separate. La vostra struttura
“sperimentante” non può concepire un avvenimento che non può sperimentare…. si cerca di provare a
cosa assomiglia non sentir più niente. Non potete ricordarvi com’era prima di esser nati, non potete
ricordare la vostra nascita, così non avete una base per proiettare la vostra futura non-esistenza.

U.G.: Tutto ciò che fate a questo riguardo, vi procurerà sofferenza – ecco perché dico che la
ricerca di moksha (liberazione) è la dukkha (sofferenza) di tutte le dukkhas.(Risa) Anche se
ottenete ciò che volete, ed esperimentate beatitudine e gioia… c’è probabilmente ancor di più da
provare. Per la loro stessa natura non c’è permanenza nelle cose.

D.: Perché abbiamo tanta paura? Perché aver fiducia nel momento presente è così difficile?

U.G.: Se vivi nell’ego, automaticamente crei situazioni ostili tra “me” e il resto del mondo. Per
difendere un ego devi essere egoista e temere gli altri che minacciano il tuo benessere. Come si può
dar fiducia a qualcuno in una situazione del genere?

U.G.

Devi sapere che il vero distacco consiste nel fatto che lo spirito resta insensibile alle
vicissitudini della gioia e del dolore, dell’onore e del disprezzo, quanto una montagna di piombo è
insensibile a un vento leggero.

Meister Eckhart

Il mistero della vita non è un problema da risolvere, ma una realtà da sperimentare.

van der Leeuw

Coloro che soffrono… vedono il Nirvana come uno scampo e una ricompensa. Immaginano che il Nirvana
consista nel futuro annientamento dei sensi…. non si rendono conto che questo mondo della vita e
della morte e il Nirvana non vanno separati.

Lankavatara Sutra

Da dove si è insinuata questa paura della morte? E’ basata sul concetto che uno è nato, su semplici
parole; questa è la schiavitù. Tutto quello che si deve fare è scoprire la propria sorgente e
dimorarvi.

Nisargadatta Maharaj

Loggia 26

Gesù diceva: La pagliuzza nell’occhio di tuo fratello, la vedi.

Ma la trave che è nel tuo occhio, non la vedi…

… ciò che rimproveriamo agli altri è spesso la “proiezione” di ciò che noi rimproveriamo a noi
stessi; ma che non osiamo confessare. Ciò che sopportiamo meno negli altri sono i nostri propri
difetti. Ascoltando certe conversazioni, si impara più sulla persona che parla che sulla persona di
cui si parla.

Loggia 36

Gesù diceva: Siate passanti.

Sapere che questa tremenda sofferenza, “passerà”, la rende sopportabile. Sapere che questo piacere
affascinante “passerà”, ci rende più liberi nei suoi confronti e meno tristi quando si allontana.

Il vangelo di Tommaso

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