Il Messaggio del Dalai lama

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Il Messaggio del Dalai lama

a cura di Luciano Villa e di Graziella Romania

< LA PRATICA DELLA COMPASSIONE E DELLA SAGGEZZA >

A cura di Luciano Villa e Graziella Romania, Centro Studi Tibetani FPMT
Sangye Cioeling Sondrio, e-mail: sangye@libero.it

(Articolo pubblicato su DHARMA Numero 14, 2003)

Fin prima dell’alba, dal 16 al 18 agosto 2002, decine di migliaia di ladaki
e tibetani si sono assiepati lungo gli immensi spiazzo erbosi di Choklamsar,
vicino a Leh, la capitale del Ladakh, il Piccolo Tibet Indiano, dove Sua
Santità il Dalai Lama diede i suoi preziosi insegnamenti basandosi sull’antico
testo d’Atisha “La lampada del sentiero per l’illuminazione” e sulle
“Trentasette pratiche del Bodhisattva” di Togmey Sangpo. Tra gli ascoltatori
occidentali figurava anche un gruppo d’italiani che ha registrato il
discorso di Sua Santità, tradotto in inglese dal bravo monaco Lakdhor. Ve ne
proponiamo la parte iniziale, desunta dagli appunti del primo giorno.

Sua Santità il Dalai Lama – «La mia è la pratica della compassione unita
alla saggezza. E’ lo sviluppo delle alte qualità della fede arricchite dalla
comprensione della saggezza, intesa come realtà ultima.

Generiamo la pura compassione, sulla base delle qualità del corpo, della
parola e della mente del Buddha, di Maitreya e di Nagarjuna, facciamo l’offerta
del Mandala e generiamo una pura motivazione, riferendoci al Buddha, al
Dharma e al Sangha. Generiamo la mente di Bodhicitta, la mente altruistica
fino al raggiungimento dell’illuminazione per tutti gli esseri. E’
fondamentale generare la pura motivazione, il che ci preserva dalle cadute e
dalle degenerazioni dei valori morali. Chi è venuto fin qui, pur non
nutrendo fede nel Dharma, ed è solo curioso, resti pure ed ascolti senza
distrarsi.

Cosa significa: Prendere rifugio fino all’illuminazione? Perché è bene
compiere questa pratica mahayana?

Il prendere rifugio equivale, da parte d’ogni essere che si trova in questa
situazione, alla comprensione della propria realtà, del proprio stato ed ad
assumere la conseguente decisione d’affidarsi in ciò che ha la capacità di
purificarci e di proteggerci, conducendoci sulla via corretta. Attraverso
queste pratiche possano tutti gli esseri raggiungere l’illuminazione per il
beneficio di tutti gli esseri senzienti, per la liberazione dalla
sofferenza, per l’illuminazione di tutti gli esseri senzienti. Per questo
motivo m’impegno nella pratica del dare, nella pratica della pazienza e
della moralità: non per la mia liberazione personale, ma per quella di tutti
gli esseri senzienti, dedicando tutti i meriti acquisiti per la salvezza di
tutti gli esseri senzienti.

Grandi capacità di pensiero contraddistinguono l’essere umano

Il Buddha ha condotto, 2500 anni fa, la sua vita all’insegna della
compassione e dello sviluppo dei mezzi abili. Dall’India, il suo messaggio
di tolleranza e di saggezza si diffuse, tra l’altro, in Tailandia, nello
Srhi Lanka, in Cina, in Tibet. Da parte mia continuerò a spiegarne i punti
fondamentali per raggiungere le qualità del Buddha. Non mi stancherò d’illustrare,
a chi me lo chiederà, come riuscire ad eliminare gradualmente le emozioni
affliggenti. Nessuno, infatti, desidera la sofferenza. L’essere umano è
dotato di grandi capacità di giudizio e di riflessione, il che non è una
prerogativa solo degli esseri umani: entrambi, sia l’uomo che gli animali,
non desiderano affatto la sofferenza. Grandi capacità di pensiero
contraddistinguono l’essere umano, le nostre potenzialità intellettive sono
enormi.
Possiamo distinguere due livelli di sofferenza:

– Un livello di sofferenza dipendente dall’esperienza fisica;
– Un altro non legato ai sensi ma all’esperienza della mente.

Quale dei due è il più importante?

Soffriamo quando siamo colpiti da una grave malattia, soffriamo lungo il
cammino della nostra vita in quanto immersi nell’esistenza ciclica del
samara. Da parte nostra, l’unico modo per uscirne è quello d’impegnarci
nelle pratiche spirituali.

Durante il percorso della nostra vita ci sforziamo di migliorare la nostra
posizione economica, d’avere un lavoro appagante e remunerativo, di
guadagnare maggiormente, di possedere una bella dimora, di nutrirci con dell’ottimo
cibo, di circondarci d’amici.

Riflettiamo sull’esperienza della sofferenza. Non possiamo certo pensare di
risolvere la sofferenza mentale solamente con delle esperienze fisiche,
semplicemente migliorando le nostre condizioni di vita. Per qual motivo
tutti questi sforzi non ci fanno star meglio? Semplicemente perché
fondamentalmente si tratta d’un altro tipo di sofferenza.

L’intelligenza umana è in grado di controllare gli altri esseri, anche
quelli più grandi.

Nel nostro caso d’esseri umani, non dobbiamo dimenticare che la nostra
mente può essere facilmente influenzata e disturbata. Nella società attuale
convivono religioni differenti e milioni di persone trovano conforto in
religioni diverse tra loro. Tutto ciò gli animali non se lo possono
permettere. Se paragoniamo la forza fisica d’un essere umano con quella d’un
animale, ci rendiamo subito conto che l’essere umano è più debole d’un
cavallo ed anche d’un asino. Tuttavia l’essere umano è in grado di
sottomettere, di domare e di cavalcare un elefante.

E’ l’intelligenza umana che è in grado di controllare gli altri esseri,
anche gli animali più grandi. Tutto dipende dal controllo che riusciamo ad
esercitare sugli altri. Identico processo avviene nel conflitto tra le
nazioni, situazioni queste che conducono a gravi distruzioni. Anche questi
li possiamo considerare come dei risultati non dell’attività fisica del
nostro corpo, ma delle sue capacità mentali, della sua intelligenza. Anche i
drammatici cambiamenti climatici cui assistiamo sono frutto dalle capacità
dell’intelligenza umana. Tutto dipende delle capacità dell’intelletto. Molta
della sofferenza di cui è afflitta l’umanità dipende dalle capacità
intellettive che possono essere causa sia di dolore sia di benessere.

Essere intelligenti non equivale automaticamente a comportarsi bene!

Il punto principale per raggiungere la felicità è disciplinare la mente,
attraverso il cammino della via del Bodhisattva: l’essere dotato d’una gran
capacità di discriminazione. Pensiamo al Mahatma Gandhi. Scegliere la via
del Bodhisattva significa sviluppare uno speciale senso di responsabilità,
guidato da un profondo senso di disciplina etica, significa sviluppare un’intelligenza
indirizzata a beneficiare gli altri.

Pensiamo agli eventi dell’11 settembre 2001, immaginate i passeggeri di
quegli aerei dirottati, persone abituate a viaggiare per molte ore su aerei
di linea, questi aerei furono appositamente scelti perché immagazzinavano
una gran quantità di carburante, immaginate quanto grande doveva essere la
capacità di programmare simili distruzioni da parte di persone che non
avevano il minimo senso di compassione per quei viaggiatori. Coloro che
hanno pianificato queste stragi erano persone dotate di grandi capacità
progettuali, si trattava d’individui con facoltà ben al di là d’una mente
ordinaria; avevano grande determinazione nel realizzare il loro scopo, e non
temevano alcun rischio. Com’è possibile? La risposta sta nel fatto che le
loro grandi capacità intellettuali erano controllate dall’odio, dal
risentimento, né erano frenati o scoraggiati dai rischi in cui incorrevano,
né dalla paura di sbagliare.

Tuttavia, la sola volontà dell’intelligenza umana, senza il decisivo apporto
della tecnologia (creata anch’essa dall’intelligenza umana), non avrebbe
potuto realizzare simili stragi.

L’intelligenza umana spinta dall’odio, è la causa della distruzione dell’umanità.

Questa è la prova che se la nostra intelligenza non è pacificata, se non è
opportunamente guidata, essa diventa la fonte creatrice di grandi
distruzioni. Con questo, non intendo certamente dire che si debba tornare al
passato o limitare le nostre capacità di progresso. E’ importante rendersi
conto che LA NOSTRA INTELLIGENZA DIVENTA COSTRUTTIVA SOLO SE È RETTA DA UN
GRAN SENSO DI RESPONSABILITÀ, DI COMPASSIONE, DAL DESIDERIO DI LIBERARE GLI
ALTRI ESSERI DALLA SOFFERENZA. Non è importante credere o meno in una
religione. Dipende dalle vostre scelte. Ciò che è veramente importante è di
non sviluppare in voi stessi le emozioni negative, altrimenti le
trasferirete sugli altri. Se la vostra mente è influenzata negativamente,
ovunque si poserà il vostro sguardo, vedrete sempre tutto in modo negativo:
tutto vi sembrerà nero.

Viceversa, sarà tutto l’incontrario, se svilupperete un cuore
compassionevole, se abbraccerete una religione. Tuttavia, che professiate o
meno una religione, l’importante è sviluppare una mente compassionevole.
Anche l’animale compassionevole non è mai solo, anzi è sempre attorniato da
molti altri animali della sua specie. La natura della compassione è di non
desiderare la sofferenza: anzi è esattamente l’opposto della sofferenza
stessa.

La natura della compassione è lo sviluppo delle qualità positive della
mente.

Il che, perlomeno, significa non uccidere, non rubare, non commettere
violenze sessuali, né comportamenti sessuali che creano sofferenza negli
altri, che sono da evitare. Tuttavia, tutto ciò non ha nulla a che fare con
la religione! Continuando questo ragionamento, non potremo non accorgerci
che senza una motivazione non potremo riuscire nell’intento di privare della
vita un altro essere.

Quel che manca ora è il cambiamento dell’abitudine di rubare, d’uccidere, da
sostituire con l’abitudine alla mente compassionevole.

Osserviamo ora l’organismo umano. Esso è composto d’apparati, organi,
cellule, atomi e particelle ancora più piccole.

Alla stessa stregua, nella nostra mente troviamo delle categorie che ci
rendono lieti, altre che ci disturbano, che ci rendono esaltati, altre
ancora che ci rendono arrabbiati, altre che ci rendono felici.

I comportamenti negativi dipendono da scelte negative della nostra mente. E’
molto importante elevare il grado d’istruzione a livello generale, ma siamo
ancora molto indietro in fatto d’educazione alla disciplina mentale: la via
della pace e della felicità. Vi rendete ora conto quanto è importante
rimuovere le emozioni negative. La pratica di trasformare la mente: questo è
il nostro impegno in questa realtà.

Non vi è nessun motivo di riconoscere gli altri come nostri nemici

Tutto in realtà è interconesso, molto di più di quanto non lo fosse un
tempo. I problemi ambientali, economici, ecc. non dipendono solo dagli altri
ma dai nostri comportamenti. Dobbiamo ragionare sui fenomeni. Non vi è
nessun motivo di riconoscere gli altri come nostri nemici. C’è senz’altro
differenza tra una mano e un braccio. Ma essi sono complementari: se il
piede duole anche la mano ne risente. Se la società del Ladak prospera,
anche le famiglie staranno bene e viceversa. Occorre mettersi nei panni
degli altri, occorre almeno pensare di sperimentare la sofferenza delle
altre persone, occorre riconoscere le capacità della nostra intelligenza.
Dobbiamo renderci conto che il nostro benessere dipende da quello altrui.

Per questo motivo non devo pensare solo a me stesso, ma preoccuparmi
perlomeno della mia famiglia, interessarmi alla sofferenza di mia madre, dei
miei famigliari, per poi curarmi dei miei parenti, dei miei vicini di casa,
pensare alla gente del mio villaggio, a quella della mia regione, del mio
paese, delle nazioni attorno alla mia, del mio continente, del mondo intero
e dei mondi.

Non devo rendere la mia mente disciplinata solo attraverso la recitazione
dei mantra, ma rendendomi utile con comportamenti positivi, realizzando
concreti fatti positivi.

Il nostro compito è quello di sviluppare una mente compassionevole,
riflettiamo sulle diverse tradizioni religiose: il loro compito è di
proporre il messaggio autentico della compassione, ci sono delle differenze
su come trasmetterlo, ma tutte esprimono lo stesso messaggio d’amore.

Esistono grandi concezioni religiose molto differenti tra loro.

Alcune sostengono, a differenza d’altre, l’esistenza delle vite passate e
future, altre credono nell’esistenza della creazione e d’una entità ultima
trascendente. Ma perché abbiamo bisogno di tante religioni, diverse tra
loro?

Buddha diede diversi tipi d’insegnamenti, anche apparentemente
contraddittori. Perché lo fece? La risposta sta nel fatto che intendeva
soddisfare i diversi interessi delle persone. Per me i suoi insegnamenti
hanno la capacità di soddisfare alle risposte più profonde. Allo stesso modo
i cristiani si sentono molto appagati gran soddisfazione per l’esistenza d’un
dio creatore.

Dipende dalle scelte personali. Non si deve accettare d’aderire ad una
religione in modo superficiale, ma, una volta che si compie questo passo,
accorre praticare in modo serio.

Anche i buddisti tibetani devono vivere la religione in modo profondo, anche
i seguaci dell’Islam, anche gli induisti: tutti devono capire in modo
profondo le motivazioni della religione cui hanno aderito. E’ perciò
importante capire i significati della propria religione. Diversamente
diventerebbe solo un’adesione superficiale, di facciata. Simile è il
comportamento dei buddisti quando praticano la propria religione in modo
meccanico, distaccato, che finisce per diventare ipocrita. Chi segue una
religione lo deve fare in modo profondo e sincero, rispettando le altre
religioni. Quando la mente non è trasformata in questo senso, allora possono
insorgere i fanatismi.

Lo sviluppo d’una vera tolleranza religiosa

Per evitare questi atteggiamenti, è bene promuovere i contatti
interreligiosi: così è opportuno che i mussulmani dialoghino con i buddisti,
e viceversa. In Ladakh ho visto i risultati di questo processo di dialogo
tra religioni diverse, tra mussulmani e buddisti: questi contatti evitano le
separazioni, le distanze ideologiche, il che è avvenuto qui in Ladakh.
Altrimenti i problemi non faranno che aumentare, se i problemi si
nascondono, essi non faranno altro che diventare esplosivi. Lo sviluppo d’una
vera tolleranza religiosa basata sui contatti umani, sul dialogo tra le
varie religioni è fondamentale per rimuovere le cause dei conflitti
religiosi. Dobbiamo evitare che accada come in Bosnia, dove di mattino si
faceva colazione con l’amico e di pomeriggio lo s’inquadrava nel mirino del
fucile e si sparava su quella stessa persona. Questi ed altri episodi
terrificanti non sarebbero accaduti se si fosse sviluppata una chiara
comprensione interreligiosa.

In passato in India s’affermò una grande tolleranza religiosa. I conflitti
religiosi si sono sempre dimostrati estremamente negativi. Se paragoniamo l’India
al resto del mondo, essa rimane un esempio di tolleranza. All’inizio il
Buddha diede i suoi insegnamenti in pali. Diede insegnamenti anche in
sanscritto a discepoli di grandi capacità e grandemente dediti a pratiche di
purificazione, si trattava di grandi studiosi, capaci d’offrire importanti
interpretazioni. Il Buddha storico raggiunse l’illuminazione prima di
lasciare il proprio corpo.

La fede religiosa fiorisce non all’esterno ma all’interno delle persone

Persino ora, in tutte queste regioni himalayane prossime al Tibet: in Butan,
Sikkim, Ladakh, il Buddismo continua a fiorire e si sviluppa nei templi e
nelle famiglie che tengono in casa copie dei testi sacri del Kangyur e
Tengyur. In queste aree sono fioriti in modo completo gli insegnamenti del
Buddha: e la popolazione li conosce.
Così la fede religiosa fiorisce non all’esterno ma all’interno delle
persone, in modo da rafforzare i poteri positivi della mente, facendo
diminuire sempre più quelli negativi. Non dobbiamo tuttavia porre troppa
attenzione alle pratiche esteriori. Come dobbiamo comportarci? Dobbiamo
essere in grado d’identificare le emozioni affliggenti che disturbano la
nostra mente, fin al punto di arrivare ad eliminarle. Tutti i processi tesi
alla liberazione della sofferenza fanno parte del buddismo. Il Nirvana è lo
stadio di liberazione dalle sofferenze affliggenti. Se evito d’uccidere non
per scelta religiosa ma per timore di dover rispondere alla giustizia, non
sto praticando il Buddismo.

La liberazione dalla sofferenza equivale alla liberazione dal samsara.
Raggiungere la liberazione significa ottenere lo stadio ultimo del Dharma,
di cui distinguiamo diversi livelli: la liberazione dalle emozioni
affliggenti, il raggiungimento dell’onniscienza, di una sempre più profonda
comprensione della vacuità.

Dobbiamo abituarci ala meditazione, essa ha il potere di trasformare la
nostra mente.

Quando preghiamo per lo sviluppo degli insegnamenti del Buddha, non
intendiamo sviluppare la costruzione di templi, stupa o statue delle
divinità, ma espandere in noi stessi le più elevate qualità interiori,
attraverso la comprensione e la pratica degli insegnamenti del Buddha. Non
basta capire il significato dei suoi insegnamenti: è fondamentale metterli
in pratica! Occorre sviluppare saggezza, basata sulla comprensione dei
testi, degli insegnamenti, attraverso uno studio serio ed impegnativo,
basandosi sul confronto.

Occorre ampliare la saggezza basata sulla convinzione, sulla contemplazione,
sull’ascolto, sulla meditazione. Dobbiamo abituarci ala meditazione, essa ha
il potere di trasformare la nostra mente.

Sperimentare gli insegnamenti di Buddha significa ascoltarli e meditare.
Quando vedo, sento e ascolto: di conseguenza, medito. Dobbiamo sviluppare la
saggezza quando osserviamo gli esseri cadere nelle emozioni affliggenti,
dobbiamo essere in grado di riconoscere queste situazioni, identificare il
loro potenziale distruttivo. Da parte nostra dobbiamo sempre più
incamminarci verso la strada della trasformazione della nostra mente,
sviluppandone le qualità positive.

Perché i Buddha sono considerati i vittoriosi?
Esaminiamo il testo di Atisha: la “Lampada del sentiero dell’illuminazione”.
Egli esordisce con l’omaggio a Manjustri, ai Buddha dei tre tempi: del
passato, del presente e del futuro. Perché i Buddha sono considerati i
vittoriosi? Perché essi sono considerati i conquistatori delle forze
negative, i vincitori delle emozioni affliggenti, delle oscurazioni della
nostra mente. Sono i vittoriosi perché la loro via c’indica il cammino per l’illuminazione.
I Buddha sono infiniti, perché senza numero sono gli esseri illuminati. Il
Sangha è connesso alla suprema emanazione del corpo di Buddha. Il Dharma
sviluppa la nostra introspezione interiore, sviluppa saggezza perché ci
porta alla comprensione della realtà ultima che contraddistingue gli esseri
superiori. Il Buddha rappresenta lo stadio del non più apprendimento.

Cos’è la verità convenzionale e cos’è la verità ultima?

Nell’Abisamayalankara si sviluppa il concetto delle due verità:
convenzionale ed ultima, quella che va oltre al modo comune in cui appaiono
le cose, che trascende quelle apparenze che ci fanno sembrare reale ciò che
non lo è.

Dobbiamo capire come esiste una realtà oltre le apparenze. Per questo motivo
il Buddha insegnò l’esistenza delle due verità: quella convenzionale è la
fonte della nostra sofferenza, mentre la verità ultima è la più profonda.
Essa è percepibile solo attraverso ragionamenti e riflessioni. Solo una
mente valida può giungere alla comprensione ed alla distinzione tra queste
due forme di realtà. Capire le verità del Buddha significa riuscire a vedere
la realtà come un’interconnessione di fenomeni. Equivale a vedere la
sofferenza, a vedere le cause della sofferenza, a vedere la possibilità di
far cessare la sofferenza. Occorre giungere alla comprensione della mancanza
d’esistenza intrinseca dei fenomeni, essi non esistono di per sé, ma in
quanto determinati da cause e condizioni. Occorre giungere alla percezione
dell’ignoranza, alla sua comprensione come radice della sofferenza, come
mente errata di percezione distorta della realtà. In questo modo si
percepisce l’ignoranza. E’ così possibile purificare la nostra mente: al
punto di raggiungere il Nirvana e la liberazione dal samsara. Capendo le due
verità, quella convenzionale e quell’ultima, si comprendono anche le quattro
nobili verità.

Il riconoscimento della natura interindipendente.

Ricordiamo gli insegnamenti di Nagarjuna: “Solo coloro che sono animati
dalla compassione possono trarre beneficio dagli insegnamenti del Buddha.”
Cosa significa? Vuol dire che il Buddha, vedendo la sofferenza degli altri
esseri, prova un gran desiderio di volerli liberare da questo stato. Egli
giunge a queste determinazioni attraverso un ragionamento che parte dal
concetto dell’origine interdipendente delle visioni errate, e giunge a
riconoscere l’ignoranza come la causa principale dei 12 anelli dell’origine
interdipendente. Sono conclusioni basate su un solido ragionamento e su
fondamenta corrette. Eliminando le visioni erronee si coltiva il sentiero e
la visione corretta. Quanto più si analizzano le visioni erronee, si vedrà
che esse mancano di fondamento. Quali sono le visioni corrette? Esse sono
basate sul riconoscimento della natura interindipendente, dell’interconnessione
esistente tra ogni fenomeno, tra ogni elemento. Gli insegnamenti del Buddha
mirano a svelare il velo dell’ignoranza, facendo riconoscere le
interconnessioni alla base di qualsiasi elemento. Il raggiungimento dell’illuminazione
o stato di Buddha è riservato a chi praticherà la compassione per molto
tempo, anzi da tempo immemorabile.

Tutti gli insegnamenti dei grandi maestri sono improntati alla compassione.

E’ molto importante giungere a conoscer il significato profondo dell’insegnamento
basato sulla compassione. Prendere rifugio significa incamminarci a
ricercare le qualità di tali insegnamenti del Buddha, significa nutrire
devozione per il Buddha perché mossi dal desiderio di raggiungere quello
stadio, consci del fatto che anch’egli all’inizio era afflitto dalle
emozioni affliggenti, tuttavia egli giunse a rendersene conto e sviluppò
efficaci antidoti per liberarsene. Anche noi, abbiamo le sue stesse
potenzialità. Nella nostra mente non esiste differenza alcuna tra le
capacità del Buddha e le nostre. Anche noi abbiamo la capacità di
comprendere tutti i fenomeni e la loro realtà ultima, la natura ultima della
mente, che dobbiamo giungere a svelare in quanto priva di contaminazioni, di
difetti e di concezioni errate. Allora scopriremo che le emozioni
affliggenti s’originano per certe circostanze. Ci renderemo conto che le
emozioni affliggenti, se ne verifichiamo l’origine, sono causate dall’ignoranza.

Chandrakirti diceva: “Quando, per rimuovere l’ignoranza, sviluppiamo la
visione ultima delle cose, ci renderemo conto di aver trovato il metodo più
valido per rimuovere le emozioni affliggenti. In quel momento avremo
scoperto la via della saggezza e avremo scoperto come migliorare le qualità
della nostra mente. Scopriremo la visione corretta, scopriremo che la natura
del continuum mentale è stabile se non è offuscata dall’ignoranza. Allora,
tutte le emozioni affliggenti svaniranno.

Anteporre la pratica della compassione a quella della vacuità.

In tutti i casi in cui la natura della nostra mente è afflitta dalle
emozioni affliggenti, per potercene liberare dobbiamo rifarci alla purezza
della nostra mente. Per guadagnare la purezza iniziale è perciò necessario
intraprendere la via della purificazione. Nel tantra s’intraprendono
pratiche sottili per riconoscere la natura sottile della mente. Non
dimentichiamo, tuttavia, che chi segue la via del Buddha privilegia la
pratica della compassione a quella della vacuità: praticare la sola
comprensione della vacuità non conduce alla realizzazione, ma è un antidoto
contro le emozioni affliggenti. Dobbiamo vedere la vacuità come rinuncia:
rinuncia all’ignoranza, all’attaccamento, all’orgoglio, all’invidia, all’arroganza,
ai nostri difetti mentali. Allora non riconosceremo come reali le emozioni
affliggenti, realizzeremo il nirvana e lo stato di Arhat, ma per giungere
allo stato di Buddha occorre sviluppare la compassione.

Dobbiamo essere mossi da una motivazione pura.

Possiamo parlare di due tipi di bodhicitta: convenzionale ed ultima.
Entrambe sono basate sull’altruismo e sulla comprensione della realtà
ultima, affinché tutti gli esseri possano raggiungere l’illuminazione. Se
vogliamo comprendere il significato profondo della “Lampada per l’illuminazione”
di Atisha e delle 37 pratiche del Bodhisattva, dobbiamo essere mossi da una
motivazione pura.

Il testo d’Atisha inizia con la richiesta del pio re del Tibet occidentale
Cianciub ‘O, di dare insegnamenti alla portate dei tibetani. Egli non chiede
né iniziazioni, né alti insegnamenti: ma quelli comprensibili da tutti.
Cianciub ‘O domanda al gran saggio Atisha insegnamenti generali, ed
insegnamenti in base alle attitudini individuali, anche per individui
selezionati, per individui speciali.

Per questo è necessario intraprendere il cammino della purificazione ed uno
studio serio e diligente.

“CIAN”, in tibetano significa purificare le emozioni negative affliggenti.
Mentre “CIUB” equivale a interiorizzare le nostre positività.

Il nostro oggetto da raggiungere è la grande illuminazione: sulla base della
mente umana che s’impegna nella meditazione si sviluppa la natura della
mente che realizza lo stato di Buddha. Questo è il sentiero per rimuovere
le concezioni errate.

Perché Atisha usa il termine “Lampada”? Perché l’insegnamento è
paragonabile, per Atisha, alla lampada che illumina le tenebre dall’ignoranza
delle visioni errate.

Abbiamo tre tipi d’individui che praticano il sentiero:

1. gli individui con capacità intellettive limitate, la loro intelligenza è
decisamente superiore a quella degli animali, è la strada di chi cerca di
osservare la moralità, le pratiche virtuose, di chi cerca di realizzare un’alta
concentrazione e un alto livello di meditazione, prova una felicità basata
sull’esperienza dei sensi, cerca di uscire dalla esistenza ciclica per il
beneficio di sé stesso, segue il sentiero per raggiungere la rinascita
umana;

2. gli individui dallo scopo intermedio: tentano d’uscire dal samsara anche
per raggiungere lo stadio della rinascita umana perché disgustati dal
samsara stesso, ma comprendono che ciò è solo un momento di transizione
verso l’illuminazione, comprendono le cause della sofferenza samsarica, al
cui interno si prova sofferenza, rendendosi conto di non poterne uscire se
non controllando le emozioni affliggenti, e si rendono conto che
afferrandosi ad esse si entra nell’esistenza ciclica. Sperimentano una forma
di pace personale, una liberazione per sé, una cessazione delle emozioni
affliggenti per sè stessi, intendono conseguire questa forma di pace per
raggiungere il nirvana in forma solitaria non per il beneficio degli esseri
senzienti. E’ una via praticata anche dai bodhisattva.

3. gli individui dallo scopo elevato: sono coloro che cercano di eliminare
la sofferenza degli altri attraverso l’esperienza della sofferenza
personale, rendendosi conto che la mente personale è afflitta da emozioni
affliggenti, causa della sofferenza stessa. Costoro si prodigano di
rimuovere la sofferenza degli altri esseri senzienti e dalle sue cause, a
partire dalle sue impronte, per la liberazione di tutti gli esseri. E’ il
sentiero compassionevole, è la pratica del bodhicitta per tutti gli esseri
senzienti, è la pratica delle sei perfezioni, è la via delle persone
superiori che tentano di raggiunger l’illuminazione per la salvezza di tutti
gli esseri senzienti.

Il raggiungimento della mente stabile

Veniamo ora alle 37 pratiche del Bodhisattva di Tomgey Sangpo, maestro di
grande disciplina, famoso, tra l’altro, per la sua capacità di rendere
mansueti e disciplinati gli animali (lupi, agnelli, capre), facendoli vivere
in armonia gli uni vicino agli altri. E’ l’insegnamento fondamentale per chi
intende intraprender il sentiero del Bodhisattva. Atisha prosegue con la
parola “Namo”: cosa significa? E’ l’omaggio a Lokesvara, la divinità
compassionevole, che induce allo sviluppo dell’altruismo. Chi ha visto i
fenomeni profondi non giunge né ritorna. Il significato di ciò è l’omaggio
ad Avalokitesvara, alla conoscenza, premessa alle qualità compassionevoli.

Queste sono strettamente connesse, sono immerse nello stadio ultimo della
realtà: è lo stadio di raggiungimento della mente stabile, che non osserva i
fenomeni né come subentranti, né sul punto di scomparire. Così Nagarjuna
riuscì a vedere i fenomeni: come privi di separazione dal loro sorgere e dal
loro scomparire, ma completamente collocati nella natura ultima della
vacuità. Egli raggiunse una visione complessiva del continuum dei fenomeni,
giungendo a possedere la saggezza di vederne la loro natura ultima. E’ una
mente capace di vedere simultaneamente sia la natura convenzionale sia
quella ultima dei fenomeni, della realtà. Si tratta d’adempiere il gravoso
compito di liberare la mente degli esseri senzienti che non sono ancora
emancipati, e di far avanzare, di far maturare sulla via della liberazione
le loro menti. Si tratta quindi di raggiungere le più alte qualità. L’omaggio
ad Avalokitesvara esprime il proposito che tutti gli esseri senzienti
raggiungano l’illuminazione.

E’ importante conoscere le pratiche

Omaggio alle tre porte: corpo, parola e mente. Attraverso queste s’esprime
la nostra attività. La prosternazione del corpo può essere totale o
parziale, o mezza prostrazione. La prostrazione con tutto il corpo, che, per
tutta la sua lunghezza, con le palme delle mani entra a contatto col suolo
è un po’ come la completa caduta a terra d’un albero. Essa ha il pregio di
procurare più meriti, ma occorre una perfetta forma fisica per poterla
praticare. La mezza prostrazione la possiamo considerare impropria.

Nel congiungere le mani dobbiamo far caso di porre i pollici all’interno,
come se custodissimo un gioiello: corpo-parola-mente. Ricordiamoci, inoltre,
di portare le mani al capo: e non al collo!

Con la prostrazione verbale rendo omaggio alle qualità del Buddha.

E’ IMPORTANTE CONOSCERE LE PRATICHE, PERCHÉ, SE INSERITE IN UN CONTESTO VERO
E PROFONDO, ESSE CONCORRONO AL RAGGIUNGIMENTO D’UNA FELICITÀ DURATURA, E NON
AD UNA PACE TEMPORANEA. NON DIMENTICHIAMO CHE LE PRATICHE VIRTUOSE, E QUELLE
DEL DHARMA LO SONO PER DEFINIZIONE, SONO FONTE DI PACE E DI FELICITÀ.

Perché la pratica vera e profonda delle 37 pratiche è in grado di farci
ottenere questi risultati? Le 37 pratiche del Bodhisattva sono tese alla
liberazione di sé stessi e degli altri dall’oceano del samsara della
sofferenza. Tutti noi abbiamo la potenzialità di porre in atto queste 37
pratiche. Tutti possiamo impegnarci in questo cammino per gli altri:
ascoltare, meditare, rimanere concentrati giorno e notte.

Dobbiamo essere in grado di riconoscere la preziosità della vita umana,

proprio in base alle sue potenzialità che, come ho appena accennato, possono
favorire enormemente il cammino verso l’illuminazione, per liberare dal
samsara gli altri esseri senzienti. La vita umana è un bene molto difficile
da conseguire. Per questa ragione occorre conservare al meglio il proprio
corpo, che mai va lasciato deteriorare. Le grandi potenzialità che possiamo
raggiungere col nostro corpo, le dobbiamo dedicare per beneficiare gli altri
esseri. Attualmente sul globo ci sono circa sei miliardi d’esseri umani,
pochi di questi hanno avuto l’occasione d’incontrare gli insegnamenti del
Buddha.

Ma, se sono pochi gli individui che hanno incontrato l’insegnamento del
Buddha, ancor meno sono coloro che accettano l’esistenza del nirvana, che si
impegnano sulla via dell’illuminazione: non solo per sé stessi ma per il
beneficio di tutti gli esseri. Sono pochi coloro che possiedono dei libri
utili a poter intraprendere le pratiche del Dharma. Anche tra i Buddisti
pochi hanno chiarezza sul significato della liberazione, della via dell’omniscenza,
pochi hanno intrapreso queste pratiche.
Non dimentichiamo che, sulla base della vita umana è possibile raggiungere
le più alte rinascite. In che modo? Attraverso il cammino della moralità,
della meditazione stabilizzativi, della saggezza.

Nagarjiuna e Millarepa raggiunsero l’illuminazione in una sola vita.

Ebbene, proprio perché questo supremo bene della vita ci permette di
raggiungere velocemente l’illuminazione, anche questa grandissimi maestri c’insegnano
che occorre tenere in grandissima considerazione questa preziosa esistenza.
La vita umana può essere basata su grandi scopi, tesa a grandi obiettivi
eccellenti. Tuttavia, NON DIMENTICHIAMO CHE TUTTI I FENOMENI SONO
CONDIZIONATI DA CAUSE E CONDIZIONI: QUESTE NON POSSONO ORIGINARSI DI PER SÉ
NÉ, DA ALTRI AGENTI LORO ESTERNI. NON DIMENTICHIAMO CHE LA PREZIOSA
RINASCITA UMANA È ANCH’ESSA IL RISULTATO DI PRECISE CAUSE E CONDIZIONI,
BASATE SULLA PUREZZA DELLE PRATICHE DI ETICA, DI DISCIPLINA MENTALE, DI
MORALITÀ. DAL MOMENTO CHE È VERAMENTE MOLTO DIFFICILE OTTENERE LA PREZIOSA
RINASCITA UMANA, E POICHÉ ORA L’AVETE OTTENUTA, COMPORTATEVI COME SE PER VOI
FOSSE VERAMENTE L’ULTIMA OCCASIONE.

Non fate come coloro che: per i primi venti anni della loro vita non ci
pensano affatto, nei quattro lustri successivi riconoscono l’importanza di
praticare il Dharma ma continuano a procrastinarne la data d’inizio
dicendosi troppo occupati, e nell’ultimo ventennio decidono che è ormai
troppo tardi per iniziare a praticarlo veramente.

Abituatevi a vedere gli altri esseri come se foste voi stessi.

Non basta, infatti, esprimere la determinazione di voler praticare
riconoscendo nella preziosa rinascita umana un bene unico: dobbiamo da
subito impegnarci a realizzare questo cammino. Ora che avete resa piena di
significato questa preziosa rinascita umana, sviluppate la pratica della
Bodhicitta, della mente altruistica, della gran compassione: la mente che
desidera che tutti gli esseri senzienti siano liberi dalla sofferenza. Si
tratta di far sorgere un incommensurabile sentimento di compassione per gli
altri esseri, basato su una concezione libera dall’attaccamento, sia che
siano amici o che si tratti di parenti. Altrimenti cadiamo in una concezione
distorta, svilupperemmo attaccamento e disarmonia.

Preoccupiamoci, invece, indiscriminatamente per tutti gli esseri senzienti,
perché siano liberi in modo equanime dalla sofferenza e dalle sue cause,
inclusi i nostri nemici. Abituatevi a vedere gli altri esseri come se foste
voi stessi, attribuendo a tutti gli altri lo stesso diritto che avete voi di
liberarvi dalla sofferenza e di provare la felicità. Rendiamoci conto che
gli altri esseri possono essere afflitti da diversi tipi di sofferenza.
Osserviamo i nostri sentimenti, verifichiamo se proviamo invidia per il
nostro vicino che ha appena cambiato l’automobile, il frigorifero, ha
rinnovato la casa, magari ha dovuto farsi imprestare dei soldi per
realizzare questo suo sogno.

Rendiamoci conto di come tutti gli esseri sono uniti dai legami delle
afflizioni del samsara.

Facciamo in modo di giungere ad identificare in noi stessi questa
sofferenza. Rendiamoci conto che è difficile percepire la sofferenza degli
altri esseri senzienti. Dobbiamo giungere a sviluppare un forte senso di
rinuncia. Ma rinuncia di cosa? Rinuncerò alle emozioni affliggenti che mi
causano sofferenza e svilupperò invece un forte desiderio di liberare gli
altri esseri dalla sofferenza e che raggiungano l’illuminazione. Altrimenti,
le vostre pratiche del Dharma rimarranno solo dei fatti esteriori. Non
pianteranno delle solide radici in voi stessi.

Occorre quindi ascoltare, contemplare e meditare giorno e notte per
raggiungere l’illuminazione, l’onniscienza. Svilupperò la chiara visione
della vacuità basandomi sulla legge naturale secondo la quale tutti i
fenomeni sono interconnessi. Noi, invece, siamo portati a vederli come
indipendenti. Anche nel mio caso non ho realizzato la vacuità, ma la
percezione che la realtà è interconnessa. Per rimuovere l’ignoranza ho
sviluppato le convinzioni basate sulla conoscenza e sui tre oggetti del
rifugio. La pratica della bodicitta deve essere pertanto sostenuta dalla
pratica della saggezza che conosce la realtà ultima, basata sulla
realizzazione dell’interconnessione fra tutti i fenomeni.

In tal modo la nostra vita diventerà piena di significato. E’ importante
praticare la bodhicitta, iniziamo dalle persone che ci sono più vicine, dai
nostri genitori, dalla nostra famiglia, dai nostri amici, ai nostri colleghi
di lavoro, fino a comprendere le persone a noi estranee, che non conosciamo,
includendo, per concludere, anche coloro che ci sono antipatici o verso cui
proviamo avversione.

Come rendere piena di significato la vostra vita?

Abbandoniamo gli oggetti dell’attaccamento. Ciò non vuol dire, tuttavia, che
dobbiamo abbandonare casa, proprietà e lavoro. Non significa che dobbiamo
lasciare i nostri luoghi di vita, ma vuol dire che dobbiamo lasciare ciò che
ci provoca un forte senso d’attaccamento. Svegliatevi invece più presto di
mattino, ed andate a letto presto la sera: dedicate alle pratiche ogni
momento disponibile. Se sceglierete di vivere in un luogo pacifico ed
isolato, vi accorgerete che le vostre emozioni affliggenti diminuiranno
sempre più, e la vostra mente ne beneficerà.

Come rendere piena di significato la vostra vita? Come valorizzare la nostra
rinascita umana? Rendiamoci innanzitutto conto che la nostra vita ha una
durata limitata, che dovremo per forza separarci da amici e parenti,
lasciandoci alle spalle ricchezze e beni materiali accumulati. La pratica
del Buddha consiste proprio nel rendersi conto veramente di ciò, e di
comprendere la sofferenza conseguente. Pertanto, il nostro compito diventa
quello di andare in soccorso agli altri. Generalmente si desidera poter
disporre di beni materiali, di ricchezze e di essere circondati da amici.

Questi ultimi, e prima ancora i vostri genitori ed i vostri familiari, li
considerate più importanti delle ricchezze, perché con loro potete stabilire
un rapporto, potete parlare, stringere dei legami affettivi. Tutto ciò ha
una durata illimitata? No! Inevitabilmente ci dovremo separare da loro: dai
genitori, dai parenti, dagli amici, dalle ricchezze che abbiamo accumulato.
Al momento della morte dovremo lasciarci alle nostre spalle sia i genitori,
i parenti, gli amici e le ricchezze, ma dovremo abbandonare anche il nostro
corpo. Allora ci renderemo conto che i nostri genitori, i parenti, gli amici
e le ricchezze saranno stati puramente illusori. Pensate ora ai battiti del
vostro cuore e percepirteli. Ebbene, nel momento in cui cessano, finisce
anche la vostra vita. In quell’istante ci renderemo conto di tutto ciò. Il
punto cruciale è: “Il momento della morte rappresenta la fine dell’io, della
persona?

Cos’è la causa della mente ?

Il Buddha dice che la mente dipende in un certo senso dal corpo. Tuttavia,
alla base della mente vi sono delle condizioni sostanziali: la causa
sostanziale della mente non può esser altro che la mente stessa. Non può
esser altro che la mente della vita precedente. Altrimenti, cadremmo in
molte contraddizioni. La causa principale della generazione della mente non
può quindi non essere, che la mente stessa.

La materia, le montagne che ci circondano, il nostro pianeta, le stelle, le
galassie, l’universo, i sistemi d’universi non sono sorti in modo
indipendente, di per sé, ma da cause e condizioni. C’è un momento in cui le
cose perdono la loro forma, diventano vuote, si disintegrano. Così si svolge
il processo degli aggregati fisici, il loro percorso li porta ad accrescersi
per raggiungere ad un certo punto il momento della loro dissoluzione. Così
avviene nella pratica del Kalachakra. Ogni processo è connesso al karma che
induce cambiamenti interni ed esterni. Secondo i testi tantrici, l’origine
degli elementi interni sottili è da ricercarsi nelle energie sottili. Il
fatto che la vostra mente sia o meno disciplinata dipende dall’ambiente
esterno. Le trasformazioni esterne producono effetti sulla vostra mente. Se
non si accettano queste relazioni tra causa ed effetto vi troverete nella
situazione di non poter rispondere a molte domande, a non poter dare delle
spiegazioni fondamentali.

Si trovano bambini in grado di ricordarsi delle vite precedenti.

Vi sono autentici campioni nel campo della matematica, della musica, delle
arti e della scienza. Non dimentichiamo che a tutti questi ragazzi fu data
la stessa educazione. Occorre familiarizzarsi con questi concetti. Occorre
intraprendere la pratica del Bodhisattva a partire da questa stessa vita.
Dobbiamo meditare sulla natura della morte, renderci conto che, pur non
conoscendone il momento, essa è inevitabile. Quando la coscienza lascia il
corpo, l’unico beneficio è la pratica del Dharma, è l’unico aiuto per il
nostro viaggio, come diceva Millarepa. E’ importante comprendere i benefici
della comprensione della morte,
E’ l’attaccamento che ci fa percepire la realtà come permanente. Guardate il
forte di Leh, lì sulla montagna isolata, ora è praticamente un rudere. Fu
invece costruito per durare a lungo, per sopravvivere molte generazioni.

Riflettere sull’impermanenza è di gran beneficio, lo dice il grande maestro
Lama Tzong Khapa nel suo grande libro “I grandi stadi del sentiero”. E’ un
testo dal gran significato e che persegue grandi scopi.

Dobbiamo sforzarci d’intraprendere queste pratiche spirituali, tenendo
presente che lo scopo fondamentale è quello di beneficiare tutti gli esseri
senzienti, in modo equanime, sia verso coloro che vogliono esserci d’aiuto,
sia verso coloro che intendono nuocerci
.
Quando parlo d’amici negativi, non intendo riferirmi a chi vi fa del male,
ma indico anche chi vi fa perder tempo in attività inutili: si tratta di
persone dalla visione miope.

Dobbiamo invece tener presente che, frequentando gli amici spirituali con
cui dividete il sentiero religioso, riuscirete ad incrementare grandemente
le vostre qualità.

Si tratta di seguire una via difficile, qualificante ma impegnativa, come lo
è la disciplina monastica.

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