Il Dalai Lama ci parla: “Le origini dell’universo”

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Il Dalai Lama ci parla: “Le origini dell’universo”

Passi tratti da:
Il Dalai Lama ci parla
di John F. Avedon
Traduzione italiana di Francesco Settanni
Chiara Luce Edizioni – Pomaia

L’Universo: Mente e Materia

J.A.: Secondo lei a che stadio è l’evoluzione dell’umanità? Per esempio se lei dovesse considerare
l’intera razza umana come se fosse un singolo individuo, direbbe che ci troviamo nell’infanzia,
nell’adolescenza o nell’età adulta?

D.L.: Secondo l’insegnamento complessivo Buddhista, cioè le scritture Buddhiste il mondo a volte è
migliore, a volte peggiore. Ora, se parliamo del periodo di tempo di un’eone, allora la nostra era
rappresenta ancora l’infanzia, ma in rapporto a un periodo più breve, rappresenta la vecchiaia. Mi
spiego. Secondo l’Abhidharmakosha (13) un grande eone è composto d’ottanta eoni intermedi, divisi in
quattro gruppi di venti. I primi venti sono eoni di vacuità. La vacuità è l’assenza del precedente
sistema di mondi. Sono seguiti da venti eoni di formazione del nuovo sistema di mondi, quindi venti
eoni di durata di questo sistema e infine venti eoni di distruzione del sistema. Ora ci troviamo
negli eoni della durata. All’interno di questi venti eoni intermedi di durata, siamo nel primo lungo
periodo di declino. Così, dopo questo eone di declino ci saranno altri diciotto eoni che
alterneranno un periodo di crescita e uno di declino. Infine il ventesimo eone sarà di crescita. Ora
siamo nel primo eone di declino, quando la durata media della vita umana è di circa cento anni. In
rapporto a questo periodo di declino, siamo già molto avanti e perciò vecchi, mentre in rapporto ai
venti eoni di durata del ciclo non siamo che all’inizio.

J.A.: Questa visione panoramica viene esclusivamente dalle scritture?

D.L.: Sì.

J.A.: È questa l’unica prova che può essere citata a sostegno di questa visione del tempo e dello
spazio?

D.L.: Penso di sì; probabilmente solo dalle scritture. Ma dimentichi tutti questi eoni, è già
difficile per noi spiegare in termini scientifici la stella più vicina, molto difficile.

J.A.: Dov’è e com’è fatta?

D.L.: Difficile è spiegarne la causa reale, e così via. Ciò di cui sto parlando è un sistema di
mondi tra miliardi di altri mondi, come spiegare la natura di una galassia.

J.A.: D’accordo, torniamo al punto di partenza. Qual è la visione Buddhista sull’origine
dell’universo?

D.L.: In termini di materia, è pura energia. In termini di esseri o persone, la forza che li crea e
quella delle azioni che hanno accumulato che li fa rinascere in quel dato modo.

J.A.: Parliamo per prima cosa in termini di materia, della materia inanimata. Che cos’è l’energia
attraverso la quale i fenomeni si manifestano?

D.L.: In termini d’elementi, il primo è il vento. La sua base è lo spazio. In seguito il vento si
muove e in dipendenza da questo viene prodotto il calore, poi l’umidità e infine la solidità,
l’elemento terra. Se si vuole spiegare l’origine del vento iniziale, allora probabilmente deriva dal
periodo di vacuità del precedente sistema di mondi. In ogni caso si tratta di un processo infinito.
Se si parla di un mondo all’interno di un sistema di miliardi di mondi, allora si può parlare di un
inizio; altrimenti in generale non è possibile.

J.A.: Ma inizialmente qual’è la causa diretta dello spazio? E in secondo luogo, di questo vento o
energia (14) di cui lei parla?

D.L.: Se si parla da un punto di vista esteriore, è quello che ho detto: il periodo di vacuità del
precedente sistema di mondi.

J.A.: L’energia scaturisce spontaneamente dalla vacuità?

D.L.: È una cosa naturale, non qualcosa di fabbricato, ma dietro c’è la forza karmica.

J.A.: Che cos’è questa forza karmica?

D.L.: Naturalmente è necessario spiegare il karma. Karma significa azione. Per esempio, adesso sto
parlando e questo è un atto verbale. Muovo le mani e questo è un atto fisico. Poi ci sono le azioni
mentali, casi in cui non c’è nessuna manifestazione fisica o verbale. Queste azioni producono sia
dei risultati immediati che a lunga scadenza. La nostra conversazione genera una certa atmosfera
qui, e questo è un effetto immediato. Comunque il nostro parlare genera anche una potenzialità, o
possiamo dire crea un’impronta nel continuum della mente. Tramite quest’impronta mentale si
produrranno altre azioni buone, cattive e neutre, molto tempo dopo che queste azioni originarie si
sono esaurite. Così ci sono karma positivi, negativi e neutri.

C’è questo stato di distruzione – lo stato di cessazione dell’attività – e questo rimane nel
continuo mentale. Questo stato di cessazione è un negativo – affermativo: un’assenza che include
qualcosa di positivo. È una potenzialità che non è solo la mera cessazione dell’azione, ma che
possiede la capacità di produrre un effetto nel futuro. Questo stato di cessazione può rigenerarsi
continuamente finché non si produce un effetto. Quando incontra le condizioni favorevoli, fruttifica
o matura, non importa quanto tempo sia passato, potrebbero essere anche miliardi d’eoni. Se uno non
si è impegnato nei mezzi che riducono questa potenzialità, come la confessione e l’intenzione
d’astenersi nel caso d’azioni negative – allora questa potenzialità rimarrà intatta.

J.A.: Dove rimarrà?

D.L.: Nel continuo della mente. Per spiegare quest’impronta ci sono due basi: una continua, l’altra
temporanea. Quella temporanea è il continuo mentale e quella continua è il semplice Io, il sé
relativo della persona.

J.A.: Senza addentrarci in questi dettagli, ma tornando al punto iniziale, qual’è la differenza
fondamentale tra mente e materia?

D.L.: La materia è fisica; la mente è pura illuminazione e conoscenza.

J.A.: Qual’è la causa di questa mente?

D.L.: Riguardo alle cause della mente, c’è una causa sostanziale e ci sono le condizioni cooperanti:
una condizione abilitante, e una condizione dell’oggetto osservato. Quest’ultima condizione –
l’oggetto che viene percepito – può essere una forma, ma una forma, una cosa fisica, non può essere
la causa sostanziale di una mente. Ci deve essere qualcosa che di per sé stesso illumina e conosce.
Per esempio quando guardo il registratore, la mia coscienza visiva ha come suo oggetto
d’osservazione il registratore. La sua condizione abilitante – quella che le permette di percepire
colore e forma – è il senso della vista, ma la sua causa sostanziale (chiamata anche condizione
preesistente) che la genera in un’entità che illumina e conosce deve essere un precedente momento
d’illuminazione e conoscenza, un precedente momento di coscienza.

J.A.: Che cosa ha generato quest’entità che è illuminazione e conoscenza? È anch’essa spontanea? Da
dove viene originariamente?

D.L.: La mente non ha inizio.

J.A.: Non c’è inizio…

D.L.: Neanche fine. Per quel che riguarda particolari tipi di mente e di coscienze, c’è un inizio e
una fine, ma se ci si riferisce a questo fattore di illuminazione e conoscenza non c’è inizio né
fine. Ora per alcuni tipi di coscienza ci sono casi in cui non c’è inizio, ma c’è una fine. Per
esempio per un’emozione negativa. Quando alla fine si elimina un’afflizione mentale specifica come
la gelosia, allora il continuo di quella coscienza trova la sua fine. La vera natura della mente è
di essere un’entità di luminosità e conoscenza. Giusto? Non c’è nient’altro.

J.A.: Trova soddisfacente affermare che si tratta semplicemente di natura?

D.L.: Ci sono quattro tipi d’indagine dei fenomeni attraverso la dipendenza: come vedere che il fumo
dipende dal fuoco. Un altro è l’osservazione della funzione delle cose. Il terzo si basa sul
ragionamento: dimostrare l’esattezza o l’inesattezza. L’ultimo è il riconoscimento di ciò che
costituisce la natura dell’oggetto. Per esempio, il fatto che vogliamo la felicità è semplicemente
la nostra natura. Non c’è nient’altro da scoprire. Ora, per quanto riguarda le cause dell’universo,
o si accetta una divinità creatrice, o si accetta il fatto che l’universo non ha inizio. Non c’è
altro modo, non c’è altra possibilità.

J.A.: Stiamo parlando di molte cose in una volta e so che lei è molto stanco alla fine della
giornata. Va tutto bene?

D.L.: Sono completamente riposato.

J.A.: È completamente riposato? Magnifico. Bene. Potrebbe riferire qualche piccolo particolare sulla
sua esperienza personale in modo che la gente possa capire meglio questi argomenti astratti? Per
esempio, lei ha passato gran parte della sua vita meditando, impegnandosi nella pratica. Qual’è la
sua personale esperienza della natura della mente?

D.L.: La sua entità o natura è chiarezza e conoscenza. Attraverso la meditazione sull’immagine di un
oggetto, la mente si genera in quell’oggetto, nella sua conoscenza. La coscienza conosce
quell’oggetto generandosi nella sua immagine, come un riflesso. Ora, le diverse scuole Buddhiste
hanno opinioni diverse sul punto se l’oggetto esiste esteriormente oppure no. In altre parole, se
l’oggetto esiste come entità sostanziale separata dalla coscienza che lo conosce.

J.A.: Esiste separatamente?

D.L.: Alcun dicono di sì, altri dicono di no.

J.A.: Torniamo di nuovo all’inizio. Da una parte, abbiamo questa cosa che illumina e conosce
chiamata mente e che non ha inizio; dall’altra abbiamo la materia. Qual’è la connessione
cosmologica, universale, tra queste due cose?

D.L.: C’è un tipo di spazio che ha la natura della luminosità e dell’oscurità. Questo spazio è come
una zona – come lo spazio che appare ai nostri occhi. C’è un altro spazio che è solo una pura
negazione, un’assenza di contatto ostruente. Quest’ultimo e permanente e quindi immutabile. Dato che
ci sono cause e condizioni per il primo tipo di spazio, si deve quindi postulare il suo continuum
come privo di inizio, poiché deve avere origine da cause concordanti o simili. Lo spazio di cui ho
parlato in precedenza che serve come base del vento, e quest’altro che è impermanente, ma il cui
continuo è senza inizio, sono probabilmente la stessa cosa. Non posso spiegare questo punto in
maniera esauriente. Penso che sarebbe impossibile o quantomeno difficile, affermare che la coscienza
è stata originata dalla materia o che la materia è stata originata dalla coscienza.

J.A.: Perché?

D.L.: Sebbene il compimento d’azioni che possono dare risultati nel mondo materiale dipende dal
fatto che la mente sia o meno disciplinata, quando si parla di continuità – dell’intero continuo di
queste sostanze materiali è difficile affermare che è stata prodotta dalla coscienza. Analogamente,
se la coscienza fosse prodotta dalla materia, allora nei tempi in cui la materia è assente – come
durante gli eoni di vacuità successivi alla distruzione di un sistema di mondi – non ci sarebbero
esseri senzienti. Questo sarebbe in contraddizione con la logica.

J.A.: Vorrei cercare di trovare un punto di contatto tra questo e la logica occidentale. Ventisei
anni fa gli scienziati hanno confermato che una sostanza chimica denominata DNA produce tutte le
forme di vita su questo pianeta. Attraverso infinite combinazioni delle quattro basi chimiche, il
DNA produce le forme di vita. Cosa evoca in lei questo? Che significato – sempre che ne abbia uno –
vede in questa teoria?

D.L.: Lei sta parlando di particelle molto sottili, vero? Di particelle molto sottili, molto minute
che non possono essere osservate direttamente dalla coscienza visiva. Esatto? Ma al giorno d’oggi,
grazie alla tecnologia, la gente è in grado di scoprire questi elementi molto sottili e di
riconoscerli come fisici. Sono molto sottili, si disintegrano costantemente ma possono essere
trovati.

J.A.: Ma il DNA stesso – la vita – che cos’è la vita nelle sostanze chimiche? È coscienza? È questo
quello che è la vita, coscienza?

D.L.: Il DNA probabilmente non è coscienza. Non è che tutto ciò che si muove abbia coscienza. Gli
alberi hanno forma e movimento e le particelle all’interno delle rocce si muovono.

J.A.: Ma è molto evidente che all’interno del DNA stesso c’è una certa intelligenza organizzatrice
in grado di ricombinare questi geni, questi codici chimici. C’è una certa mente che agisce nel DNA.

D.L.: Se il DNA fosse necessario per la coscienza, allora la coscienza dei bambini dovrebbe derivare
dai genitori e questo non può essere assolutamente vero. Non è così.

J.A.: Bene, allora non parliamo in termini di singoli individui, ma in termini più estesi. C’è un
pianeta inanimato e su di esso appare questa sostanza chimica che comincia a produrre esseri in
molte forme differenti. Continua a crescere e a trasformarsi per molti milioni d’anni. Che tipo
d’intelligenza organizza il corso di quest’evoluzione? Cosa sta operando in questo caso? Potrebbe
essere il karma collettivo?

D.L.: Oh, sì.

J.A.: Potrebbe dire di più su questo argomento?

D.L.: C’è il karma collettivo e il karma specifico.

J.A.: D’accordo.

D.L.: Il karma collettivo collegato a questo sistema di mondi non è solo quello degli umani, ma
d’ogni tipo d’esseri senzienti – insetti e così via – nel sistema. Se quattro persone appoggiano le
mani su questo tavolo, il tavolo diventa un oggetto usato in comune da quei quattro. Perciò,
quest’azione fa sì loro accumulare un karma comune del quale fruiranno in futuro. Ora, le cose che
si usano individualmente sono basate sul proprio karma individuale oltre a produrlo.

J.A.: In altre parole, sta dicendo che il DNA è il prodotto del karma collettivo e di quello
individuale di tutti gli esseri in questo sistema di mondi attraverso il quale poi si manifestano?

D.L.: Non ho avuto l’occasione d’approfondire i dettagli del DNA, di studiarlo. Si tratta di
materia: è un oggetto che può essere percepito dalla coscienza visiva. Si vede al microscopio?

J.A.: Certamente. Si. Negli esseri umani e concentrato in 64 cromosomi. In ciascun cromosoma è
distribuito in migliaia di combinazioni chiamate geni.

D.L.: È una cosa fisica. Dal momento che è fisica, allora ha delle parti e delle direzioni. Non può
essere assolutamente senza parti. Se fosse senza parti, se le cose fossero senza parti, allora non
ci sarebbero forme. Non ci potrebbe essere la forma. Probabilmente il DNA non ha coscienza, ma serve
come una delle basi della coscienza.

J.A.: Se il DNA stesso non ha coscienza, qual’è la causa che lo destina a manifestare la coscienza
in modo corretto? Se lei afferma che originariamente la coscienza non manifesta la materia, allora
precisamente cosa produce questo DNA inanimato che, a sua volta, manifesta la coscienza?

D.L.: È la stessa cosa come il potere sensoriale di un occhio. È materia, non è coscienza, eppure
serve come una delle basi della coscienza e in questo modo è una causa della coscienza. Per esempio,
il cervello non è coscienza, eppure serve come base della coscienza. Quando una cosa è una
coscienza, necessariamente non è né forma né colore. Comunque, come ho già accennato oggi, grazie al
potere della stabilizzazione meditativa, il samadhi (15), si può raggiungere o creare un ordine di
livello più elevato nel contesto di una dimensione fisica. Quest’ordine può essere di due tipi:
quello che può essere osservato dai sensi, e quello che può essere percepito solo dalla coscienza
mentale. Esistono entità fisiche sottili che possono essere conosciute solo dalla coscienza mentale.
Così ci sono il fuoco e l’acqua che vengono prodotti dal potere della stabilizzazione meditativa,
eppure non sono veramente fuoco e acqua, poiché sono prodotti solo dipendentemente dal samadhi, ma
possono svolgere la funzione di bruciare o di bagnare.

J.A.: Dov’è questo fuoco di cui sta parlando?

D.L.: Viene prodotto da una persona capace di svilupparlo: fuoco, acqua, vento e così via. È un po’
come una fotografia che una persona riesce a stampare con un’immagine mentale, come abbiamo visto
prima è simile a questo procedimento.

J.A.: Quindi, a un certo livello di controllo mentale, si possono manifestare delle cose fisiche?

D.L.: Sì.

J.A.: A che scopo?

D.L.: Dipende solo dalla motivazione di ciascuno.

J.A.: Capisco. Vorrei chiederle qualcosa a questo proposito. Da quando era bambino, lei si è molto
interessato alla scienza. Perché?

D.L.: Perché? È una mia curiosità. Dunque, vediamo. Avevo visto molte fotografie che hanno
risvegliato il mio interesse. Da bambino ero molto curioso. E quando si cercano i “come” delle cose,
ci s’interessa alla scienza.

J.A.: Per trovare una causa radice, o qualcosa di simile?

D.L.: Quando si cerca la causa radice, allora non si tratta di scienza. La scienza viene dopo la
causa radice.

J.A.: A metà della sua vita lei è passato da un mondo privo di tecnologia alle novità del ventesimo
secolo. Quali sviluppi e scoperte l’hanno maggiormente impressionata o interessata?

D.L.: Sempre oggi, quest’apparecchio che fa analisi radiografiche. È qualcosa di speciale.
L’esplorazione del corpo: riprende ogni centimetro del corpo in sezione: meraviglioso.

J.A.: Perché la trova interessante?

D.L.: È di grande beneficio.

J.A.: È per questa ragione che è la più interessante?

D.L.: Non c’è bisogno di operare la persona per ottenere l’immagine.

J.A.: Alcune di queste macchine creano molti problemi alla gente, oltre ad aiutarla. Quale pensa sia
il modo migliore d’utilizzare la tecnologia?

D.L.: Questo dipende dalla motivazione. Moderazione e gentilezza e andrà tutto bene, ecco tutto.

J.A.: Cosa pensa dell’energia nucleare?

D.L.: Penso che sia positiva.

J.A.: Perché?

D.L.: Perché penso che se è usata correttamente aiuta.

J.A.: Pensa che l’eventuale beneficio sia maggiore del pericolo?

D.L.: Ogni fenomeno è un’originazione dipendente. Quando ci si chiede se l’energia nucleare è un
beneficio assoluto, ovviamente la risposta è no. Ma questo è un argomento difficile. Non si può
affermare che l’energia nucleare è una cosa negativa solo di per sé stessa, perché così facendo
allora sarebbe lei stesso solo un estremista. Giungere a un qualunque estremo potrebbe essere
pericoloso.

J.A.: Cosa pensa delle implicazioni più ampie, a livello spirituale, dell’energia nucleare? Abbiamo
scoperto l’energia dell’atomo, e con questa forza fondamentale possiamo anche distruggere il nostro
mondo. Trova ironico tutto questo?

D.L.: Questo dipende solo dalla vostra capacità di sapere come usare l’energia nucleare. Prendiamo
per esempio l’alimentazione: se una persona non sa mangiare in modo corretto può uccidersi.

J.A.: Torniamo a quello che stavamo discutendo prima; all’esistenza e all’evoluzione dell’universo.
La scienza occidentale ha dimostrato che la vita su questo pianeta si è sviluppata da forme semplici
fino a forme altamente sofisticate. Riesce a identificare quest’evoluzione lineare con la visione
Buddhista d’esistenza ciclica in cui gli esseri migrano, all’interno di una struttura essenzialmente
circolare, attraverso le stesse forme fondamentali di vita?

D.L.: Secondo le scritture che ho citato prima, anche noi crediamo sia a uno stato altamente
sviluppato, che degenera lentamente, che a uno stato primitivo che si evolve. Altrimenti, non so. È
difficile dire, dobbiamo indagare ancora su questo punto. Penso che potrebbero esistere insieme
visioni diverse. Ciò che la scienza ha scoperto sulla natura dell’attuale evoluzione potrebbe essere
vero e nello stesso tempo potrebbe esistere anche un altro tipo d’evoluzione. È difficile dire.

J.A.: C’è una data precisa, un punto o un periodo indicato dalle scritture, in cui l’esistenza
ciclica, il tempo e lo spazio, saranno svuotati di tutti gli esseri?

D.L.: Secondo un testo Buddhista è spiegato in questi termini: se si scava nella terra per una
profondità di un chilometro e per un perimetro di un chilometro quadrato e se si riempie questo
spazio di capelli, ciascuno lungo circa un centimetro, e poi ogni cento anni si getta via un
capello, quando si sarà gettato l’ultimo capello si avrà la lunghezza equivalente a un eone
intermedio, uno degli ottanta. Ecco, è così.

J.A.: Il testo dice quanti grandi eoni ci saranno?

D.L.: Oh, un numero illimitato. Non c’è limite ai maha o grandi eoni. La vita di un pianeta come
questo si disintegra, ricomincia a prendere forma e si disintegra di nuovo in tutto l’universo.

J.A.: Quindi non c’è un determinato momento in cui il samsara, l’esistenza ciclica, avrà fine? È
stato detto che il samsara è senza inizio ma che avrà una fine, non è così?

D.L.: A livello individuale può finire, a livello collettivo è senza inizio né fine. Se si esamina
un individuo, esiste la possibilità di porre fine alle cause che producono la sua esistenza
samsarica, quindi ci sarà una fine, ma se parliamo del samsara nel suo complesso, è difficile
pronunciarsi perché non ha limiti e, di conseguenza, come si può stabilire la durata di qualcosa
d’illimitato? Questo è il problema.

J.A.: Un’ultima domanda. Le forme di vita che vediamo intorno a noi sono essenzialmente divise in
due tipi: uno vegetale, l’altro animale. Le piante sopravvivono, per la struttura del loro
organismo, con la luce del sole, la terra e l’aria. Gli animali invece devono procurarsi il cibo
all’esterno e solitamente uccidendo altri animali. Vede qualche senso, qualche significato
spirituale nel fatto che la vita si manifesti in questi due modi?

D.L.: (Grande risata) Questo è difficile! Secondo il Buddhismo ci potrebbe essere una differenza
basata sul fatto se questa forma di vita è un essere senziente oppure no.

J.A.: Le piante sono esseri senzienti? Hanno coscienza?

D.L.: Come piante no, in generale, ma anche in questo caso c’è un ulteriore complicazione. Che cos’è
una vera pianta e che cos’è un animale? È difficile rispondere. Queste piante intorno a noi
potrebbero essere delle vere piante. In questo caso dovremmo considerarle prive di coscienza. Ci
sono alcune specie di piante, tuttavia, che è difficile dire se hanno coscienza oppure no. Anche il
corpo umano, quando se ne scompongono le cellule, non sono sicuro quali di esse siano dotate di
coscienza e quali no. Secondo le scritture Buddhiste, nel corpo umano ci sono circa ottantamila
cellule dotate di coscienza, ottantamila esseri senzienti, inclusi i vermi. Non credo sia possibile
che il corpo umano contenga ottantamila vermi, che sarebbero visibili a occhio nudo, ma come ho
detto, non necessariamente tutto ciò che si muove ha coscienza.

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