Di che cosa parliamo quando diciamo “droghe dello stupro”

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Di che cosa parliamo quando diciamo “droghe dello stupro”

Ciclicamente il tema delle droghe dello stupro torna attuale. Che cosa sono, realmente? In quali
contesti si usano? E come ci si protegge?

21 luglio 2023 – Elisabetta Intini

Nell’ultimo periodo i fatti di cronaca hanno riportato alla pubblica attenzione il tema delle
cosiddette “droghe dello stupro”. Di che cosa si tratta, esattamente? Quali sono gli effetti di
queste sostanze, e perché sono associate al sesso? Come proteggersi? Ne abbiamo parlato con due
esperte in questo campo.

ESISTONO LE “DROGHE DELLO STUPRO”? «L’assunzione consapevole o meno di qualsiasi sostanza ad effetto
psicotropo, vale a dire in grado di alterare lo stato psico-fisico di un soggetto, è teoricamente in
grado di rendere la persona (sia donna che uomo) incapace di esprimere il proprio consenso ad un
atto sessuale o di esporla in generale a comportamenti a rischio» spiega Sarah Vecchio, tossicologa
del Servizio per le Dipendenze patologiche (Ser.D dell’Asl di Biella) e Direttore del Giornale
Italiano di Tossicologia di Sitox (Società Italiana di Tossicologia).

«Questo non vale solo per tutte le sostanze stupefacenti illegali (eroina, cocaina, amfetamine,
cannabis…), ma anche per l’alcol o per i farmaci ad azione sedativa come ansiolitici e
ipnotico-sedativi. Non esiste quindi “la droga dello stupro”, ma piuttosto esistono numerose
sostanze che possono mettere in pericolo il soggetto che le assume, anche a causa di determinate
caratteristiche farmacologiche come la capacità di indurre disinibizione, miorilassamento, sedazione
e perdita di memoria a breve termine».

«Di conseguenza è frequente anche l’assenza di lesioni fisiche dopo un atto sessuale compiuto in
condizioni di alterazione psico-fisica, a causa dell’incapacità del soggetto di opporre resistenza.
Questo può rappresentare un ostacolo per la persona che pensa di avere subito un atto sessuale non
consenziente a ricorrere alle cure o al supporto di personale specializzato, oltre all’incapacità di
ricostruire con esattezza quanto accaduto e a un inappropriato sentimento di “vergogna”, soprattutto
quando la sostanza è stata assunta volontariamente anche se non con l’obiettivo di perdere
completamente il controllo delle proprie azioni».

«L’espressione droghe dello stupro è entrata nell’immaginario mediatico perché sono sostanze che
possono essere assunte senza rendersene conto e perché sono capitati dei casi di cronaca in cui a
valle di un loro utilizzo succedeva che alcune ragazze venissero abusate» conferma Sabrina Molinaro,
Dirigente di Ricerca e Responsabile dell’area “Epidemiologia e Promozione della Salute”
dell’Istituto di Fisiologia Clinica del CNR di Pisa.

«Il GHB per esempio è una sostanza inodore, incolore, e ha un effetto molto più forte se assunta
insieme all’alcol, per esempio insieme a un cocktail.

Una decina di anni fa in Spagna, Paese dove girava moltissimo, veniva molto utilizzato ma non ai
fini di stupro, piuttosto a scopo di rapina, su maschi e femmine. Le vittime si risvegliavano dopo
poche ore negli angoli dei locali, derubate di tutto e senza ricordarsi che cosa fosse successo».

GHB: CHE COS’È E PERCHÉ È ASSOCIATO AL SESSO? «Il GHB (acido gamma-idrossibutirrico) è tra le
sostanze, insieme a poppers (come l’amile nitrito), cocaina, cannabis, ketamina e catinoni
sintetici, maggiormente utilizzate nel contesto del cosiddetto chem sex, termine che identifica
l’assunzione volontaria di sostanze stupefacenti prima o durante la pratica sessuale con diversi
scopi, tra i quali migliorare le performance e ridurre l’inibizione. Sono soprattutto alcune sue
caratteristiche fisiche (si trova in forma liquida) e farmacologiche (capacità di indurre
disinibizione, sedazione, amnesia retrograda, breve emivita) che hanno fatto sì che fosse
identificata come “la droga dello stupro”, anche se bisogna sottolineare come la sua rilevazione nei
campioni biologici (sangue, urine) sia resa estremamente difficoltosa dal fatto che viene
rapidamente eliminata dell’organismo e che è naturalmente presente nel nostro cervello come
neurotrasmettitore» dice Vecchio.

«Il GHB è utilizzato in certi contesti sessuali per slatentizzare le pulsioni interne, perché rende
molto più disinibiti e disposti ad avere rapporti con altre persone» spiega Molinaro. «Ma questo è
un effetto che non ha solo il GHB: ce l’hanno moltissime sostanze psicoattive. Inclusa l’MDMA, che
però è amarissima, perciò è molto difficile che la si possa assumere senza rendersene conto».

«Usato da solo insieme all’acqua, il GHB ha un effetto di ubriacatura lucida» aggiunge Molinaro, «ci
si sente completamente stonati, in mancanza di equilibrio e con la testa che gira, ma vigili. Si è
più aperti ad avere relazioni, si percepiscono più stimoli dal punto di vista fisico e senza gli
effetti di ottundimento che possono essere dati dall’alcol. Ma se vi si aggiunge l’alcol, e basta
davvero soltanto un bicchiere di vino, si crea un effetto paradosso per cui si arriva a perdere i
sensi».

È VERO CHE IL GHB È NATO COME FARMACO? A CHE SCOPO? «Quando si parla di acido
gamma-idrossibutirrico si deve fare sempre molta attenzione a distinguere il GHB tal quale (e il suo
precursore GBL), che vengono per lo più acquistati su siti illegali come sostanze stupefacenti, dal
sale sodico dell’acido gamma-idrossibutirrico o sodio oxibato, farmaco ad oggi utilizzato con
successo nel trattamento dell’astinenza alcolica e del disturbo da uso di alcol e che nulla ha a che
vedere con i composti sopra citati» chiarisce Vecchio.

ESISTONO ALTRE “DROGHE DELLO STUPRO”? Oltre al GHB, possono essere usati con scopi simili GBL
(gamma-butirrolattone), ketamina, MDMA, alcuni tipi di benzodiazepine come il flunitrazepam, e poi
antidepressivi, cocaina, tranquillanti, sonniferi. Soprattutto, in ambiente scientifico l’alcol è
riconosciuto come la più diffusa droga dello stupro a cui prestare attenzione – la più comune,
essendo facilmente reperibile e legale.

«Qualsiasi sostanza che sia in grado di alterare il nostro stato psico-fisico, che ci faccia perdere
insomma la “lucidità”, ci rende evidentemente incapaci di esprimere consenso o dissenso a proposte o
azioni da parte di terzi e ci espone a comportamenti a rischio, che siano la guida in stato di
alterazione, un rapporto sessuale non protetto o altri. Lo stato di ebbrezza alcolica ad esempio,
come noto, può rendere la persona confusa, incrementare la disinibizione ed esporla a situazioni
pericolose di varia natura. In effetti è proprio l’alcol la sostanza maggiormente riscontrata nei
casi di DFSA (Drug Facilitated Sexual Assault) e quindi una delle sostanze a cui prestare
maggiormente attenzione» puntualizza Vecchio.

«Quello che sento tra i colleghi è che la sostanza alla base di tutte è l’alcol. Solitamente le
persone che denunciano hanno avuto una serata alcolica e poi magari hanno aggiunto una sostanza. Ci
sono tanti psicofarmaci che uniti all’alcol danno lo stesso effetto di collasso e sono magari più
facilmente reperibili» dice Molinaro.

CHI FA USO DI QUESTE SOSTANZE IN ITALIA? «Relativamente al consumo di GHB all’interno della
popolazione studentesca italiana, lo studio ESPAD®2022 mostra come l’1,2% (maschi: 1,1%; femmine:
1,3%) degli studenti tra i 15 e i 19 anni afferma di aver consumato questa sostanza nell’arco della
propria vita, percentuale che scende rispettivamente allo 0,6% (maschi: 0,8%; femmine: 0,4%) e allo
0,3% (maschi: 0,5%; femmine: 0,2%) in riferimento al consumo nell’anno e nell’ultimo mese. La
sostanza è stata usata sopratutto dagli studenti maggiorenni, e soprattutto dai ragazzi» spiega
Molinaro.

«L’uso che rileviamo in questa fascia di età ancora molto giovane è relativamente basso:
considerando che gli studenti di quell’età in Italia sono circa 2 milioni e mezzo, 37.000 ragazzini
che dicono di averlo provato rappresentano un dato da leggere con interesse. Teniamo conto che altre
sostanze più diffuse come la cocaina sono attorno al 2,3% in questa fascia di età».

«Se invece si considerano sostanze come alcol e psicofarmaci assunti per l’alterazione dell’umore, i
consumi riguardano soprattutto le giovanissime: rispettivamente il 34,8% (maschi: 28,5%) e il 15,1%
(maschi: 6,5%) delle studentesse afferma di essersi ubriacata e di aver utilizzato psicofarmaci per
l’umore senza prescrizione medica nel corso dell’anno.

Non è possibile capire dai dati se vi sia un’associazione tra il consumo di queste sostanze e l’aver
subito aggressioni a sfondo sessuale» dice la scienziata.

COME CI SI PUÒ PROTEGGERE? «Oltre ad evitare di mettersi in condizione di perdere la lucidità e di
conseguenza il controllo sulle nostre azioni, è da consigliare anche l’adozione di comportamenti
protettivi, quali il non accettare bevande senza averne avuto la supervisione sulla preparazione e
il mantenere sempre il contatto visivo su quanto stiamo assumendo, evitando di lasciare il proprio
bicchiere o lattina incustoditi» conclude Vecchio.

«E quando sorvegliare i bicchieri non è possibile, è bene stare sempre in compagnia di qualcuno di
cui ci si fidi, che possa monitorarci e notare se iniziamo ad avere atteggiamenti che non sono
normali, e in quel caso accompagnarci al Pronto Soccorso o a casa dai propri genitori in base alle
nostre condizioni» aggiunge Molinaro. «Se siamo in ambienti dove non conosciamo nessuno è sempre
consigliabile restare lucidi. E nel momento in cui ci si rende conto che si sta iniziando a sentirsi
male, chiamare subito aiuto e non rimanere da soli».

da focus.it

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