CRESCERE E INVECCHIARE – LOUISE L. HAY

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CRESCERE E INVECCHIARE

di LOUISE L. HAY

da IL POTERE E’ IN TE

CAPITOLO DIECI

CRESCERE E INVECCHIARE

Sii comprensivo con i tuoi genitori esattamente come
tu vuoi che lo siano con te.

*Comunicare con i genitori*

L’adolescenza e’ stato il periodo piu’ difficile della mia vita:
avevo tanti interrogativi da risolvere, ma non volevo ascoltare
chi pensava di avere le risposte giuste, soprattutto gli adulti.
Volevo infatti imparare tutto da sola, non fidandomi delle
informazioni che mi venivano fornite dagli adulti.

Ero particolarmente ostile nei confronti dei miei genitori in
quanto vittima di maltrattamenti: non riuscivo a capire come
il mio patrigno potesse trattarmi tanto male, ne’ come mia
madre potesse ignorare quanto accadeva. Mi sentivo ingannata
e incompresa ed ero convinta che la mia famiglia, in particolare,
e il mondo, in generale, fossero contro di me.

Quando iniziai a prestare opera di assistenza agli altri,
soprattutto ai giovani, mi resi conto che molte persone provano
le stesse sensazioni nei confronti dei genitori. Alcune parole
che gli adolescenti usano per descriverle sono, non a caso:
“intrappolato, giudicato, controllato e incompreso.”

Ovviamente sarebbe stupendo avere genitori accomodanti
e comprensivi in ogni occasione: nella maggior parte dei casi
cio’ non e’ tuttavia possibile. Anche se i nostri genitori sono
esseri umani esattamente come noi, pensiamo spesso che
siano ingiusti, irragionevoli e che non capiscano quello che
stiamo passando.

Un mio paziente aveva grosse difficolta’ a comunicare con
il padre: sentiva di non avere nulla in comune con lui e, quando
quest’ultimo gli rivolgeva la parola, era solo per denigrarlo
e criticarlo. Chiesi al mio paziente se sapeva come suo nonno
aveva trattato il figlio, cioe’ suo padre, ed egli ammise di non
averne idea: il nonno era morto prima che egli nascesse.

Gli suggerii dunque di chiedere al padre notizie in merito:
all’inizio esito’, sentendosi a disagio e temendo di venire
ridicolizzato o giudicato ma, in seguito trovo’ il coraggio e
affronto’ il padre.

Quando lo incontrai nel corso della seduta successiva, mi
confesso’ di non aver mai immaginato che infanzia avesse
avuto suo padre: il nonno pretendeva che tutti i figli si rivolgessero
a lui chiamandolo “Signore” e che obbedissero al principio
secondo cui i bambini dovevano essere visti, ma non uditi. Se
osavano esprimere un’opinione contraria, venivano picchiati
duramente: non c’era quindi da stupirsi se il padre era critico!

Quando diventiamo adulti, ci proponiamo di trattare i
nostri figli in maniera diversa da quella dei nostri genitori: tuttavia,
influenzati dal mondo esterno, finiamo, prima o poi, per
parlare e agire esattamente come i nostri genitori.

Nel caso del mio paziente, il padre maltrattava verbalmente
il figlio come suo padre aveva fatto con lui, non necessariamente
perche’ voleva cosi’: agiva semplicemente in conformita’ con i
principi che gli erano inculcati da piccolo.

Il mio paziente riusci’ in tal modo a capire meglio suo padre
e, di conseguenza, a comunicare piu’ liberamente con lui; per
quanto cio’ sia difficile e richieda tempo e pazienza da entrambe
le parti, e’ l’unico modo per avviarsi verso la stessa direzione.

Sono fermamente convinta della necessita’ di scoprire
maggiori particolari sull’infanzia dei nostri genitori. Se sono ancora
vivi, proviamo a domandare loro: “Che cosa sentivi quando
stavi crescendo? Come era l’ambiente familiare? Come ti punivano
i tuoi genitori? Che tipo di pressione subivi all’epoca dai tuoi
coetanei? Ai tuoi genitori piacevano gli amici con cui uscivi?
Lavoravi nel periodo dell’adolescenza?”

Sapendo di piu’ sui nostri genitori, possiamo comprendere
meglio gli schemi educativi che li hanno formati e il perche’ ci
trattano in un determinato modo.

Quanto piu’ ci avvicineremo a loro, tanto piu’ li vedremo
in una luce nuova, positiva: potremo cioe’ gettare le basi
per un rapporto piu’ comunicativo e ricco di amore, di
rispetto e fiducia reciproci.

Se abbiamo difficolta’ persino a parlare con i nostri genitori
iniziamo a farlo mentalmente o di fronte allo specchio:
immaginiamoci, mentre diciamo loro che c’e’ qualcosa di cui
vogliamo parlare, ripetendo cio’ per alcuni giorni. In tal modo
sara’ piu’ facile decidere che cosa dire e come dirlo.

In alternativa, possiamo meditare e parlare mentalmente
al padre o alla madre, cercando di risolvere i vecchi problemi;
perdonandoli e perdonando noi stessi, dicendo loro che li
amiamo; e’ un’ottima tecnica per prepararsi a esprimere le
stesse idee a quattr’occhi.

Nel corso di una delle riunioni da me organizzate un giovane
mi disse di provare molta rabbia e di non avere fiducia negli
altri: in tutti i suoi rapporti interpersonali riciclava infatti
questo schema di sfiducia. Andando alla radice del problema
scoprimmo che era fortemente arrabbiato con suo padre
perche’ non era il papa’ che desiderava avere.

Ancora una volta e’ importante ricordare che non e’ compito
nostro cambiare le persone: in primo luogo, dobbiamo liberare
tutti i sentimenti repressi nei confronti dei genitori, perdonandoli
se non sono stati la mamma e il papa’ che volevamo. Vorremmo
sempre che gli altri fossero come noi, pensassero come noi,
vestissero come noi, facessero quello che noi facciamo;
eppure, sappiamo tutti come siamo differenti gli uni dagli altri.
Per avere lo spazio necessario a essere noi stessi, dobbiamo
dare spazio alle altre persone: forzando i nostri genitori a
essere quello che non sono, ci precludiamo ogni forma di amore
e, inoltre, finiamo per giudicarli esattamente come fanno con
noi. Se desideriamo comunicare con loro, dobbiamo iniziare
a sradicare ogni preconcetto nei loro confronti.

Molti di noi continuano anche da adulti, ad avere un
rapporto di sfida e di lotta con i genitori: questi ultimi attaccano
incessantemente e noi, se vogliamo interrompere il conflitto,
dobbiamo assolutamente smettere di prendervi parte. E’ tempo
di crescere e di decidere che cosa vogliamo; possiamo
iniziare, ad esempio, con il chiamare i genitori per nome.

Continuando, a 40 anni, a chiamarli mamma e papa’, non facciamo
altro che rimanere imbrigliati nel ruolo di bambini. Iniziamo,
invece, a diventare adulti liberandoci del rapporto genitore-
figlio.

In alternativa, possiamo elaborare un “trattamento” basato
sulle affermazioni, specificando il tipo di rapporto che vorremmo
avere con nostra madre e/o nostro padre e iniziando a
ripetere dette affermazioni a noi stessi. Dopo un certo periodo
di tempo, riusciremo a parlarne a quattr’occhi; e se il genitore
ci attacchera’ non lasceremo trasparire i nostri veri sentimenti:
abbiamo diritto ad avere la vita che desideriamo, a diventare
adulti. Non e’ facile, lo so. Prima di tutto e’ bene decidere di
che cosa abbiamo bisogno e in seguito comunicarlo ai genitori,
senza criticarli. Dobbiamo chiedere loro: Come possiamo
procedere insieme per ottenere cio’?

La comprensione si accompagna sempre al perdono, e il
perdono all’amore: se arriviamo al punto di amare e perdonare
i nostri genitori, significa che siamo sulla via giusta per instaurare
rapporti soddisfacenti con ogni altra persona.

*L’adolescente deve stimarsi*

E’, a mio avviso, allarmante l’aumento dei suicidi fra gli
adolescenti: sempre piu’ giovani si sentono sommersi dalle
responsabilita’ della vita e, piuttosto di perseverare e vivere le
numerose avventure che essa ci offre, preferiscono rinunciarvi.

Gran parte di tali problemi e’ dovuta al modo con cui noi
adulti ci aspettiamo che rispondano: non pretendiamo forse
che agiscano come noi? Non li bombardiamo di giudizi
negativi?

L’eta’ compresa fra i 10 e 15 anni e’ molto spesso critica in
quanto l’adolescente tende a conformarsi agli usi e alle abitudini
dei coetanei per essere accettato. In nome di questo bisogno
di accettazione, maschera frequentemente i propri sentimenti
temendo che, dimostrandoli apertamente, gli altri si allontanino
o lo disprezzino.

Le esperienze negative che io ho vissuto da adolescente
non sono nulla in confronto a quelle che si prospettano ai
giovani di oggi: eppure, a 15 anni, vittima di maltrattamenti
fisici e psicologici, me ne andai da casa e abbandonai la scuola.

Pensiamo un istante quale choc subiscono i ragazzi di oggi, posti
di fronte a problemi quali la droga, la violenza, le malattie a
trasmissione sessuale, e, su scala piu’ vasta, la minaccia di una
guerra nucleare, i disastri ambientali, la criminalita’.

Come genitori possiamo discutere con i nostri figli dei lati
positivi e negativi che l’influenza dei coetanei, che si manifesta
fin dai primi anni di eta’, ha su di loro: dobbiamo imparare a
controllarla evitando che ci influenzi troppo.

Analogamente, e’ importante capire perche’ i nostri figli
sono timidi, ribelli, tristi, lenti nell’apprendimento a scuola,
governati da istinti distruttivi… I bambini vengono influenzati
considerevolmente dai valori che la famiglia trasmette loro,
ed effettuano quotidianamente le loro scelte in base ad essi.

Se l’atmosfera familiare non ispira amore, fiducia e comprensione,
essi li cercheranno altrove, ad esempio, unendosi a gruppi
di giovani ribelli, le cosiddette bande in cui si sentono al
sicuro. Nella banda infatti vengono ricreati legami di tipo
familiare, anche se distorti e alterati.

Molti problemi potrebbero essere evitati se solo fossimo
capaci di indurre i ragazzi a chiedersi: Ma questo mi fara’ sentire
meglio? Possiamo aiutare gli adolescenti a fare le loro scelte
in ogni situazione: scelte e responsabilita’ conferiscono loro
nuovamente potere e controllo, liberandoli dalla sensazione di
essere vittime del sistema.

Riuscendo a far capire loro che non sono vittime e che
possono cambiare le loro esperienze assumendosi la
responsabilita’ della propria vita, otterremo risultati
soddisfacenti.

E’ indispensabile mantenere la comunicazione con i figli,
soprattutto nell’eta’ adolescenziale. In genere, quando essi
iniziano a manifestare simpatie e antipatie, vengono investiti da
una serie di “non”:

“Non dire questo, non fare quello, non sentirti
in quel modo, non essere cosi’, non esprimere quell’idea,
non, non, non…” E alla fine cessano di comunicare e, talora,
scappano di casa.

Se vogliamo che i nostri figli crescano accanto
a noi e ci siano vicini nella vecchiaia, dobbiamo mantenere
bene aperti i canali di comunicazione fin da quando sono piccoli.
Plaudiamo alla loro peculiarita’, consentendogli di esprimersi
secondo lo stile preferito, anche se bizzarro e stravagante:
non critichiamoli, ne’ denigriamoli. Non dimentichiamoci che
anche noi abbiamo avuto le nostre bizzarrie e stravaganze!

*I figli imparano da noi*

I figli non fanno mai quello che suggeriamo loro, fanno
quello che noi facciamo: non possiamo dir loro di non fumare,
non bere o non drogarsi se noi per primi lo facciamo. Dobbiamo
fungere da esempio ai loro occhi e vivere la vita che vorremmo
loro vivessero. Quando i genitori sono disposti ad amare
loro stessi, l’intera famiglia vive in un’armonia quasi irreale:
i figli rispondono a quest’atmosfera stimandosi, rispettandosi
e avendo fiducia in se stessi.

Un esercizio utile da fare insieme ai figli per sviluppare la
stima di se stessi e’ compilare una lista di obiettivi da raggiungere.
Chiediamo ai nostri figli di scrivere – mentre noi facciamo
lo stesso – come si immaginano fra dieci anni, fra un anno,
tra tre mesi, che tipo di vita desiderano, che tipo di amici
pensano sia bene avere… inducendoli a fornire brevi
descrizioni e stimolandoli a cercare di realizzare i loro sogni.

Conserviamo le liste di ognuno a portata di mano per
ricordarci piu’ facilmente delle mete stabilite e, dopo tre mesi,
riesaminiamole insieme. Gli obiettivi sono cambiati? Non
dobbiamo lasciare che i nostri figli si abbattano se non hanno
progredito come volevano; le liste, del resto, possono essere
modificate. L’importante e’ fornire loro qualcosa di positivo a
cui attenersi per andare avanti.

*Separazione e divorzio*

Se i genitori si separano e/o divorziano e’ essenziale che
non cessino mai di esercitare con impegno il ruolo di genitore:
e’ infatti estremamente negativo per un figlio sentir dire dal
padre o dalla madre che l’altro genitore non vale nulla.
Come genitori, dobbiamo volere bene a noi stessi anche
nei momenti di rabbia e di paura: a livello emotivo, infatti,
i figli dipendono da noi.

E’ pertanto bene spiegare che i nostri problemi non hanno
nulla a che vedere con loro, ne’ con il loro valore interiore.
Non lasciamo che essi credano che quanto succede sia
colpa loro, come molto spesso fanno: inviamo loro, invece,
messaggi di amore e disponibilita’.

Personalmente, in tali casi, raccomando di utilizzare ogni
mattina, insieme ai figli, la tecnica dello specchio, facendo
affermazioni positive che ci aiutano a uscire nella maniera piu’
indolore possibile da situazioni difficili e sfibranti e a liberare
le esperienze dolorose mediante l’amore.

Esiste un gruppo meraviglioso chiamato “The California state
task force to promote self esteem and personal and social
responsability (Il contingente californiano per promuovere la stima
di se stessi e la responsabilita’ personale e sociale)”, creato nel
1987 da John Vascocellos, che annovera fra i suoi membri
Jack Canfield ed il dr. Emmett Miller. Mi sono unita ai loro
sforzi per far si’ che il governo introduca nelle scuole corsi atti
a promuovere la stima di se stessi; in altri Stati si stanno gia’
muovendo in questo senso.

Siamo, a mio avviso, sul punto di operare considerevoli
cambiamenti sociali, soprattutto nell’ottica di un piu’ valido
riconoscimento del valore di ogni essere umano; se gli
insegnanti, ad esempio, riuscissero a utilizzare positivamente
la stima di se stessi, otterrebbero risultati fantastici con gli
studenti. I giovani, infatti, riflettono profondamente le pressioni
socio-economiche a cui noi stessi siamo sottoposti: qualsiasi
progetto di rivalutazione dell’individuo deve pertanto coinvolgere
studenti, insegnanti, genitori, nonch, associazioni e
organizzazioni di vario tipo.

*Invecchiare bene*

Quanti di noi temono di non invecchiare e di apparire vecchi,
facendo sembrare la vecchiaia un processo orribile e
spiacevole! Eppure, e’ un fatto del tutto normale e naturale; se non
siamo capaci di accettare il “bambino interiore” e di essere a
nostro agio con noi stessi, come possiamo accettare la fase
successiva? Se invecchiamo, quali altre alternative abbiamo?

La nostra cultura ha creato il mito della giovinezza: e’
indubbiamente meraviglioso amare se stessi quando si e’ giovani,
ma perche’ non e’ possibile farlo anche piu’ tardi, in una fase
successiva dell’esistenza?

Le donne soprattutto e anche molti omosessuali sono
spaventati, o addirittura angosciati, al pensiero di invecchiare e
di perdere la loro bellezza. Invecchiare significa avere le
rughe, i capelli grigi e un corpo non piu’ sodo ed elastico. Eppure
io voglio invecchiare! Fa parte della nostra vita terrena: e
noi siamo qui per sperimentare ogni aspetto.

E’ comprensibile non desiderare di invecchiare o di ammalarsi:
cerchiamo pero’ di separare le due idee, di non associare
la vecchiaia alla malattia e, pertanto, alla morte. Personalmente,
non sono affatto convinta che l’uomo debba necessariamente
morire di malattia.

Quando e’ giunto il nostro momento, quando ormai abbiamo
portato a termine il nostro compito, possiamo invece
concederci un sonnellino; oppure, coricarci la sera, distaccandoci
in pace dal mondo terreno. Per fare cio’ non abbiamo bisogno di
ammalarci gravemente, di essere collegati a macchinari per
sopravvivere, ne’ di essere ricoverati in ospedale. Disponiamo
di una quantita’ incredibile di informazioni per conservarci in
buona salute: utilizziamole ora, non quando saremo vecchi.
Invecchiando, possiamo sentirci ugualmente persone
meravigliose e continuare a fare nuove esperienze.

Tempo fa lessi un affascinante articolo riguardante la
scoperta, da parte di ricercatori di un istituto medico di San
Francisco, di una sorta di orologio biologico che potremmo
definire il punto di invecchiamento prestabilito, capace di
regolare il processo di invecchiamento: esso stabilisce quando e
come iniziamo a invecchiare ed e’ regolato principalmente da un
fattore, il nostro atteggiamento nei confronti di tale processo.
Se, ad esempio, riteniamo che a 35 anni si entri nella cosiddetta
mezza eta’, la nostra convinzione scatena determinati
processi biologici nell’organismo che, raggiunti i 35 anni,
accelerano il processo di invecchiamento. Non e’ sorprendente:
siamo noi a stabilire che cos’e’ la mezza eta’ e che cos’e’ la
vecchiaia!

Come e’ regolato il punto di invecchiamento prestabilito
che sta in noi? Personalmente, mi sono creata la prospettiva
di vivere fino a 96 anni, rimanendo attiva e dinamica e, per
tale motivo, mi mantengo in buona salute.

Ricordiamo sempre che raccogliamo quello che abbiamo
seminato: prestiamo dunque attenzione a come trattiamo gli
anziani. Quando saremo vecchi, verremmo trattati esattamente
allo stesso modo. Le opinioni che abbiamo in merito alla
vecchiaia provocano precise risposte del subconscio: tutto
quello che pensiamo e concepiamo mentalmente si realizza
nella vita.

Ricordate, io sono convinta che prima ancora di nascere
scegliamo i nostri genitori, in modo da poter ricevere, nella
vita, determinati e preziosi insegnamenti: il nostro Io Superiore
conosce le esperienze che dobbiamo fare lungo il nostro
cammino spirituale. Qualsiasi obiettivo ci siamo posti deve essere
raggiunto, indipendentemente da quello che dicono o fanno i
nostri genitori: siamo qui per imparare a voler bene a noi
stessi.

In qualita’ di genitori, lasciamo che i nostri figli si esprimano
dando loro lo spazio necessario per farlo in modo sicuro e
positivo. Ed e’ bene ricordare anche che, come noi abbiamo
scelto i genitori, cosi’ essi hanno scelto noi. Tutti noi abbiamo
molte cose importanti da imparare.

I genitori che vogliono bene a loro stessi avranno piu’
facilita’ a insegnare ai figli a comportarsi analogamente: se siamo a
nostro agio con noi stessi, serviremo da valido esempio ai nostri
figli. Quanto piu’ ci adoperiamo per amarci, tanto piu’ i figli
capiranno che si tratta di un sentimento positivo e appagante.

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