Come la tv danneggia le facoltà mentali

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Come la tv danneggia le facoltà mentali

di Marco Della Luna

Le funzioni psichiche superiori, cognitive e metacognitive, possono essere sviluppate, mediante
l’addestramento (famigliare, scolastico, professionale) e/o pratiche autonome, ma anche impedite
nel loro sviluppo, o danneggiate. Uno dei fattori più attivi in questo senso, sia per intensità che
per quantità di persone colpite, è la televisione, assieme ai videogiochi.

Norman Doidge, in The Brain that Changes Itself (Penguin Books, 2007), espone allarmanti risultati
di rilevamenti scientifici sugli effetti neuroplastici dell’esposizione alla televisione e ai video
games. Preliminarmente, Doidge illustra come la neuroplasticità, di cui già abbiamo trattato, fa sì
che, come il cervello foggia la cultura, così la cultura, le pratiche di vita (anche quelle che
possono essere imposte a fini manipolatori) foggiano il cervello. Lo foggiano generando e
potenziando reti neurali, collegamenti nervosi, innervazioni, che consentono di compiere prestazioni
ritenute estranee alle facoltà dell’uomo, come aggiustare la vista alla visione subacquea senza
l’uso di occhialini (osservato negli “zingari del mare”, una popolazione di pescatori di perle, e
sperimentalmente riprodotto in bambini svedesi – Doidge, cit., pag. 288).

Anche l’attività di meditazione muta il cervello, aumentando le dimensioni dell’insula (pag. 290).
Anche la pratica della lettura produce modificazioni espansive di alcune aree corticali (pag. 293).
I nostri cervelli sono diversi da quelli dei nostri antenati. Principio basilare della
neuroplasticità è che quando due aree cerebrali lavorano abitualmente assieme, si influenzano
reciprocamente e a sviluppare connessioni, formando un’unità funzionale. Ciò può avvenire tra aree
di livello evolutivo diverso: ad esempio, nel gioco degli scacchi, dove si punta a dare la caccia al
re avversario, tra aree arcaiche esprimenti e organizzanti l’istinto della predazione, e aree
corticali esprimenti l’intellettualità (297): in tal modo, l’attività predatoria viene temperata e
trasfigurata. Naturalmente, il condizionamento cerebrale, l’impianto di schemi neurali (valori,
codici, inibizioni, fedi) è assai più agevole e rapido nell’infanzia e nella prima adolescenza,
prima che si compia il processo di sfoltimento dei neuroni e delle loro connessioni (neuroplasticità
sottrattiva) (pag. 288). Per tale ragione, tutte le istituzioni totalizzanti – religiose e politiche
– tendono ad impadronirsi della gestione dell’infanzia; notevole è il caso del regime nordcoreano,
che gestisce i bambini dai 5 anni in poi impegnando quasi tutto il loro tempo in attività di culto
delle personalità del dittatore e di suo padre. Altresì per questa ragione, l’integrazione culturale
e morale degli immigrati adulti è pressoché impossibile, se richiede estesi “ricablaggi” neurali.
(pag. 299). Anche la percezione e l’analisi di eventi avviene in modi diversi a seconda
dell’imprinting ricevuto, e non per effetto di differenze meramente culturali, ma a causa di
diversità di reti neurali, come hanno confermato esperimenti di comparazione tra occidentali e
orientali (pagg. 298-304).

Dopo tali premesse, Doidge spiega come la televisione, e gli schermi in generale, risultano
esercitare un’importante influenza neuroplastica, soprattutto sui bambini, con dannose conseguenze,
nel senso soprattutto di compromettere la facoltà dell’attenzione. Uno studio su oltre 2.500 bambini
ha mostrato che l’esposizione alla tv tra 1 e 3 anni mina la capacità di prestare attenzione e di
controllare gli impulsi nella successiva fanciullezza. Ogni ora passata alla tv a quell’età
comportava una perdita del 10% della capacità attentiva all’età di 7 anni (pag. 307). La pratica di
guardare la tv è molto diffusa tra i bambini sotto i 2 anni. Quindi la tv è verosimilmente
un’importante causa del moltiplicarsi di sindromi di deficit attenzionale e di iperattività (ADD,
ADHD) e della minore capacità di seguire le lezioni, di imparare, di capire – che si nota
vistosamente nelle scuole anche italiane, dove la necessità di abbassare il livello
dell’insegnamento per farsi capire ha già portato a una sostanziale dequalificazione. E
l’introduzione di computers in classe, evidentemente, rischia di peggiorare le cose.

Notevole è che questi perniciosi effetti non sono dovuti ai contenuti delle trasmissioni televisive
o dei videogiochi, bensì al veicolo stesso, allo schermo. Il mezzo è parte costitutiva del
messaggio, come intuì per primo Marshall McLuan. Il medesimo testo è processato diversamente dal
cervello, a seconda che arrivi dalla lettura del giornale o dalla televisione. I centri di
comprensione attivati sono diversi, come mostrano scansioni cerebrali mirate (pag. 308).

“Molto del danno causato dalla televisione e da altri media elettronici, come i music videos e i
computer games, viene dal loro effetto sull’attenzione. Bambini e adolescenti dediti a giochi di
combattimento sono impegnati in un’attività concentrata e sono gratificati in misura crescente.
Video games, come pure il porno in Internet, hanno tutti i requisiti per mutare plasticamente la
mappa cerebrale.” Un esperimento con un gioco di combattimento (sparare al nemico e schivare il suo
fuoco) “mostrò che la dopamina – il neurotrasmettitore della gratificazione, rilasciato anche per
effetto di droghe assuefacenti – è secreto dal cervello durante siffatti giochi. Coloro che
sviluppano dipendenza dai giochi cibernetici mostrano tutti i segni delle altre dipendenze: bramosia
quando cessano il gioco, trascuranza per altre attività, euforia quando sono al pc, tendenza a
negare o minimizzare il loro coinvolgimento effettivo.

Televisione, video musicali, e videogiochi – tutti utilizzanti tecniche tv – operano a un ritmo
assai più rapido che la vita reale, e vanno accelerando, così che la gente è costretta a sviluppare
un crescente appetito per sequenze veloci in quei media. E’ la forma del mezzo televisivo – tagli,
inserti, zumate, panoramiche, improvvisi rumori – che alterano il cervello, attivando quella che
Pavlov chiamava “reazione di orientamento”, che scatta ogniqualvolta avvertiamo un improvviso
cambiamento nel mondo intorno a noi, soprattutto un movimento improvviso. Istintivamente
interrompiamo checché stiamo facendo, focalizziamo l’attenzione, e facciamo il punto. La reazione di
orientamento si è evoluta, senza dubbio, perché i nostri antenati erano sia predatori che prede e
abbisognavamo di reagire a situazioni potenzialmente pericolose o tali da offrire opportunità per
cose come il cibo o il sesso, o semplicemente a nuove circostanze. La reazione è fisiologica: il
battito cardiaco cala per 4 – 6 secondi.

La tv fa scattare questa reazione con frequenza molto maggiore di quanto ci accada nella vita – ed è
per questo che non riusciamo a staccare gli occhi dalla tv, persino nel mezzo di un’animata
conversazione; ed è pure per questo che si finisce per passare alla tv più tempo di quanto si
intende. Poiché i tipici video musicali, le sequenze di azione, e gli spot pubblicitari fanno
scattare la reazione in parola ogni secondo, stare a guardarli ti mette in uno stato di incessante
reazione di orientamento senza recupero. Non c’è da stupirsi, quindi, se le persone si sentono
svuotate dopo aver guardato la televisione. Però contraggono un gusto per essa e finiscono per
trovare noiosi i ritmi di cambiamento più lenti. Il prezzo di ciò è che attività quali lettura,
conversazioni complesse, e ascolto di lezioni divengono più difficili.” (pag. 309-310). In sostanza,
la televisione rende la gente al contempo dipendenti da sé (quindi proni ai suoi input
propagandistici e pubblicitari), e meno capaci di attenzione, dialettica e apprendimento. Diventa
quindi uno strumento di “social control”, un tranquillante per le masse, e al contempo un veicolo
per impiantare in esse la percezione della realtà che si vuole che abbia. Inoltre, la tv crea
disturbi dell’attenzione e del controllo degli impulsi, che aprono un florido e rapidamente
crescente mercato per le industrie farmaceutiche, la psichiatria, la psicologia clinica – come
approfonditamente spiega l’Appendice di Regina Biondetti alla 2a edizione di Neuroschiavi.

Va inoltre evidenziato che la televisione abitua la mente a un rapporto unidirezionale, passivo, e
non interattivo, in cui si può solo recepire senza replicare o criticare, e non vi è il tempo di
analizzare e filtrare. Inoltre, abitua a seguire immagini e suoni, non i discorsi, i ragionamenti;
inibisce la capacità di costruire o seguire sequenze logiche, con corrispondenti difficoltà o
impossibilità di apprendimento attraverso lo studio di testi scritti.
Essenzialmente, la tv è il mass media per le classi mentalmente subalterne e inerti.

Ovvia misura protettiva contro questo mezzo di manipolazione mentale e neurale sarà quindi il non
esporre, o esporre solo minimamente, i bambini alla televisione e ai video giochi, e il moderare
assai anche l’esposizione degli adulti. Inoltre, è opportuno trovarsi tempi e ambienti idonei al
recupero, alla riflessione solitaria, alla conversazione approfondita coi propri simili. Faccio
presente che è importante, ma non è sufficiente, il selezionare i contenuti, cioè il tipo di
programma che si guarda, perché il danno viene soprattutto dalla televisione o dal videogame in sé,
come veicolo, come modo di trasmissione e ricezione

Marco Della Luna – marcodellaluna.info/sito/?p=506

Visto su www.stampalibera.com

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