Tecniche, terapie e poteri presenti nel New Age – 2

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Tecniche, terapie e poteri presenti nel New Age – 2

Tecniche, terapie e poteri presenti nel New Age alla luce della Parola di Dio

Lo yoga

Il significato di questa parola sanscrita è ‘unione’ e indica una vasta gamma di pratiche orientali
che hanno come scopo quello di unire il praticante yogi con la Realtà ultima, con l’Assoluto che
nell’Induismo porta il nome di Brahman. Nel libro Aforismi yoga di Patanjali troviamo scritta questa
definizione sullo yoga: ‘E’ una parola usata per intendere un metodo di unione spirituale. Lo yoga è
un metodo – uno dei tanti – con cui un individuo può unirsi con la divinità, la Realtà che sta alla
base dell’universo apparente ed effimero. Raggiungere una tale unione significa raggiungere lo stato
dello yoga perfetto’ (Aforismi yoga di Patanjali, a cura di Swami Prabhavananda e Christopher
Isherwood, Roma 1984, pag. 11). Prima di passare a descrivere i diversi tipi di yoga, vogliamo
parlare dello yoga, facendo riferimento al libro appena citato; e questo per capire meglio in che
cosa esso consiste, perché spesso molti ne parlano o ne sentono parlare senza saper in effetti che
cosa esso è realmente. Lo yoga si compone di otto parti, diverse regole e pratiche, che hanno come
scopo quello di liberare la mente dell’uomo dalle sue impurità che costituiscono gli ostacoli che
gli impediscono di realizzare e di conoscere l’Atman che sta al suo interno. Ora, questo Atman, per
l’Induismo, è ‘il Dio all’interno delle creature’ (ibid., pag. 12); che non è altro che ciò che
viene chiamato anche Brahman (l’Atman universale che pervade l’universo) perché ‘l’Atman e il
Brahman sono una cosa’ (ibid., pag. 24).

Quindi quando si sente parlare dello yoga (non importa di che tipo) si deve sempre tenere presente
che alla sua base c’è questa dottrina; e cioè che all’interno dell’uomo esiste la divinità e per
realizzarla occorre che la sua mente sia purificata (o liberata) da tutte quelle impurità che
ostacolano questa realizzazione. E lo yoga è il mezzo che l’uomo possiede per liberarsi da queste
sue impurità e realizzare così l’Atman, in altre parole per realizzare di essere Brahman (che viene
falsamente chiamato Dio). Inoltre va detto che lo yoga è strettamente collegato alla reincarnazione
perché costituirebbe il mezzo tramite cui l’uomo otterrebbe la liberazione dal ciclo delle
reincarnazioni. Liberazione che avverrebbe quando lui si congiunge con Brahman. Che poi l’enfasi in
uno yoga sia messa sulla meditazione, in un altro sulla devozione, in un altro sulla conoscenza, e
in un altro ancora sulle azioni, ha un’importanza relativa, perché in definitiva ogni yoga ha gli
stessi obbiettivi. Veniamo dunque alle otto parti sopra menzionate; esse sono: le varie forme di
astensione dal male (yama), le varie osservanze (niyama), posizioni (asana), controllo del prana
(pranayama), ritiro della mente dagli oggetti dei sensi (pratyahara), concentrazione (dharana),
meditazione (dhyana), assorbimento nell’Atman (samadhi).

Lo yama è l’astenersi dal danneggiare gli altri, dalla falsità, dal furto, dall’incontinenza e
dall’avidità.

I niyama (osservanze) sono: purezza, appagamento, austerità, studio e devozione a Dio. Vogliamo
soffermarci brevemente su queste ultime tre. Per quanto riguarda il risultato dell’austerità ‘sono
rimosse le impurità. Quindi, il corpo e gli organi dei sensi acquisiscono poteri speciali’ (ibid.,
pag. 107) quali chiaroveggenza, telepatia, levitazione ed altri che poi vedremo meglio. Per quanto
riguarda lo studio, che oltre allo studio degli scritti considerati sacri dagli indù comprende la
ripetizione del mantra (una formula ‘sacra’ che il guru affida al suo discepolo al momento della sua
iniziazione), per mezzo di esso ‘si ottiene la visione di quell’aspetto di Dio scelto per
l’adorazione’ (ibid., pag. 107). Per quanto riguarda la devozione, per mezzo di essa ‘si raggiunge
il samadhi’ (ibid., pag. 108). Queste due osservanze sono molto enfatizzate nel bhakti yoga.

Le asana sono delle posizioni che occorre fare assumere al corpo; tra di esse la più famosa è quella
del loto, in cui lo yogi siede con le gambe incrociate e con i piedi che appoggiano sulle cosce.
Esse servono ad assumere la padronanza del corpo, a fare dimenticare il proprio corpo, e a fare
pensare più chiaramente.

Il pranayama è il controllo del respiro che occorre praticare nella posizione assunta; esso consiste
nell’arrestare i movimenti di ispirazione ed espirazione. ‘L’obbiettivo del pranayama è di svegliare
la kundalini e controllare il prana, l’energia vitale’ (ibid., pag. 117). A questo punto è
necessario spiegare che cosa è la kundalini e dire qualcosa sul prana. La kundalini è una grande
riserva di energia che starebbe al fondo della spina dorsale; e viene rappresentata da un serpente
attorcigliato (per questo viene chiamata ‘il potere del serpente’). Quando questa kundalini si
risveglia viene detto che passa nella spina dorsale attraverso i sei centri della coscienza
raggiungendo il settimo che si troverebbe al centro del cervello. Questi centri sono chiamati
chakras. Quando il settimo centro è raggiunto allora si verifica l’illuminazione, si ottiene il
samadhi, si diventa conoscitori del Brahman e ci si unisce con lui. L’autore del libro afferma anche
che ‘il potere tremendo della kundalini non è cosa con cui scherzare’ (ibid., pag. 118), e mette in
guardia dal mettersi a praticare esercizi avanzati di pranayama senza la supervisione costante di un
maestro esperto, e dal praticarli in ogni circostanza finché non si conduca una vita assolutamente
casta e dedicata interamente alla ricerca di Dio ‘altrimenti essi possono portare facilmente a
disturbi mentali del tipo più pericoloso’ (ibid., pag. 117-118).

Questo cosiddetto risveglio della kundalini, come hanno affermato i coniugi Grof che sono esponenti
del New Age, ‘può essere accompagnato da manifestazioni fisiche e psichiche drammatiche, denominate
kriyas’ Queste manifestazioni possono determinare ‘sensazioni potenti di calore e di energia che
risale la spina dorsale e che si associa con tremori, spasmi, tremiti convulsi, e movimenti di
estrema contorsione’ (Christina and Stanislav Grof, ‘Spiritual Emergency: The Understanding and
Treatment of Transpersonal Crisis’ Revision 8 No. 2 Winter/Spring 1986, pag. 9). Per quanto riguarda
l’importanza data al controllo del respiro, ossia del prana, occorre dire che esso si fonda sul
concetto che prana significa energia vitale di cui viviamo e che ‘tutti i poteri del corpo e tutte
le funzioni della mente e dei sensi sono considerati espressioni della forza del prana’ (Aforismi
yoga di Patanjali, pag. 113). Quindi il controllo del respiro servirebbe allo yogi per controllare
tutte le funzioni del corpo e della mente. Va detto che lo hatha yoga si fonda sull’asana e sul
pranayama.

A questo punto la mente è ritratta dagli oggetti dei sensi e di conseguenza anche gli organi dei
sensi si ritraggono dai loro rispettivi oggetti; questo è il pratyahara.

Arriviamo così alle ultime tre parti dello yoga, ossia alla concentrazione (dharana), la meditazione
(dhyana) e l’assorbimento nell’Atman (samadhi). Quando queste tre parti vengono applicate a un
soggetto, sono chiamati samyama.

La concentrazione (dharana) ‘è il mantenere la mente su un centro di coscienza spirituale nel corpo,
o fissarla su qualche forma divina, sia all’interno che all’esterno del corpo’ (ibid., pag. 121).

La meditazione (dhyana) ‘è un flusso ininterrotto di pensiero verso l’oggetto della concentrazione.
In altre parole, la meditazione è concentrazione prolungata’ (ibid., pag. 122).

La meditazione poi sfocia nel samadhi (tralasciamo di parlare dei vari tipi di samadhi) che è uno
stato di trance, o di estasi, in cui ‘c’è una coscienza continua dell’unità dell’Atman e del
Brahman. Non c’è più alcuna identificazione dell’Atman con i suoi involucri. Ogni senso di dualità è
scomparso. C’è pura coscienza unificata’ (ibid., pag. 64). In altre parole uno stato in cui il
soggetto pensante e l’oggetto pensato che simboleggia Brahman diventano uno, si fondono, sparisce la
diversità, e l’uomo realizza di essere Dio! Raggiunto il samadhi per lo yogi il mondo esteriore
diventa semplice apparenza.

A questo punto è bene tornare sui poteri soprannaturali che Patanjali afferma si possono acquisire
mediante lo yoga. Occorre innanzi tutto tenere presente che questi poteri si acquisirebbero
praticando il samyama, ossia le tre pratiche della concentrazione, meditazione e assorbimento. Ecco
alcuni dei poteri citati da Patanjali:

‘Praticando il samyama sui tre tipi di mutamenti, si ottiene la conoscenza del passato e del futuro’
(ibid., pag. 127).

‘Facendo il samyama sul suono di una parola, sulla percezione del suo significato e sulla propria
reazione ad essa – tre cose che ordinariamente sono confuse – si ottiene la comprensione di tutti i
suoni emessi dagli esseri viventi’ (ibid., pag. 128), in altre parole di comprendere lingue
straniere e il suono emesso da ogni tipo di animale.

‘Facendo il samyama su onde-pensiero antecedenti, si ottiene la conoscenza delle proprie vite
passate’ (ibid., pag. 128); questo servirebbe allo yogi a sapere chi è stato nella vita passata.

‘Facendo il samyama sul cuore, si ottiene la conoscenza dei contenuti della mente’ (ibid., pag.
131); questo potere serve a leggere nella mente degli uomini.

‘Facendo il samyama su due tipi di karma – quello che produrrà frutti immediati e quello che
produrrà frutti a posteriori – o riconoscendo i presagi della morte, uno yogi può conoscere il
momento esatto della sua separazione dal corpo’ (ibid., pag. 129).

‘Facendo il samyama sulla forma del proprio corpo, ostruendone la percettibilità e separando il suo
potere di manifestazione dall’occhio dell’osservatore, allora il proprio corpo diventa invisibile’
(ibid., pag. 129).

‘Facendo il samyama su qualunque tipo di forza, come quella dell’elefante, si ottiene quel tipo di
forza’ (ibid., pag. 130).

‘Facendo il samyama sulla cavità della gola, si domina la fame e la sete’ (ibid., pag. 131).

‘Facendo il samyama sullo splendore sotto la calotta del capo, si possono vedere gli essere
celestiali’ (ibid., pag. 131).

‘Facendo il samyama sulla relazione tra il corpo e l’etere e acquistando, tramite la meditazione, la
leggerezza di una fibra di cotone, lo yogi può volare attraverso l’aria’ (ibid., pag. 135).

Ecco dunque descritto lo yoga. Come si può ben vedere esso è uno strumento nelle mani del diavolo
per fare innalzare gli uomini contro Dio perché li porta a credersi Dio quando non sono che polvere
e cenere, un soffio che passa e non è più; per far loro credere che tramite di esso potranno
raggiungere la liberazione dal ciclo delle reincarnazioni e quindi ‘autoredimersi’ da quel processo
impostogli per espiare i loro debiti accumulati nelle vite passate (vedi la parte dove ho confutato
la reincarnazione e la ‘legge’ del karma); fargli acquisire dei poteri (vedi la parte dove ho
confutato i poteri occulti [1]); e per fare penetrare i suoi demoni nel loro corpo o per opprimerli
mediante di essi, come abbiamo visto infatti quando avviene il risveglio della kundalini, che è
l’obbiettivo del controllo del respiro (pranayama) presente nello yoga, si verificano nello yogi
spasmi, tremiti convulsi e movimenti di estrema contorsione. Senza dubbio tutto ciò è un’oppressione
o una possessione demoniaca che si manifesta nel praticante yoga mentre pratica gli esercizi di
pranayama. E’ dunque chiaro che lo yoga un credente non lo deve fare, per non fare spazio alla
superbia della vita (il credersi o realizzare di essere Dio), per non mettersi a credere alla
reincarnazione; per non acquisire poteri diabolici, e per non permettere ai demoni di opprimerlo o
impossessarsi di lui; in poche parole per non fare spazio al diavolo, il serpente antico, che è
l’inventore dello yoga e delle dottrine ad esso collegate.

Adesso vediamo brevemente di parlare dei principali yoga ‘ortodossi’ nell’Induismo, e di alcuni yoga
non ortodossi. I quattro principali tipi di yoga nell’Induismo sono il raja-yoga, il bhakti-yoga,
l’jnana-yoga, e il karma-yoga.

Il raja-yoga (yoga reale) viene anche chiamato lo yoga della meditazione ed in un certo senso si può
dire che è la combinazione di tutti gli altri yoga che vedremo (la descrizione fatta innanzi si
riferisce ad esso). Esso si propone di fare raggiungere al praticante il samadhi, uno stato mentale
‘supercosciente’ in cui egli viene assorbito o si perde nell’oggetto su cui lui si concentra (tanto
che si verifica una unificazione totale tra il soggetto pensante e l’oggetto pensato), e si
congiunge con il principio divino. ‘Il raja yoga ha anche a che fare con lo studio del corpo come
veicolo di energia spirituale. Descrive, per esempio, la natura e la funzione dei vari centri
psichici come il ‘loto del cuore’…’ (Aforismi yoga di Patanjali, pag. 109). Va detto inoltre che
mediante questa pratica yoga lo yogi acquisisce dei poteri soprannaturali (siddhi); viene asserito
infatti che dei yogi che lo praticano sono in grado di rendersi invisibili, di camminare sui carboni
accesi, di dominare il proprio corpo fino a non fargli sentire l’eccessivo freddo o l’eccessivo
caldo, di conoscere i pensieri dell’uomo, ecc.; è evidente la seduzione del diavolo in tutto ciò.
Come si può ben discernere questo sistema meditativo che porterebbe all’ampliamento della propria
coscienza secondo il New Age mira a fare cadere il meditante in uno stato in cui crede di essere uno
con il tutto e a fargli acquisire dei poteri diabolici.

Il bhakti-yoga viene definito come il supremo amore di Dio, che consiste nella consacrazione a lui
di tutte le attività: ‘insegna ad amare senza secondi fini Dio e il bene, e che Dio stesso è
l’amore. Induce quindi ad amare Dio quale principio di ogni bene’ (Mir Shemesh, Occultismo orientale
e filosofia yoga, Milano 1969, pag. 201). E’ il cammino per unirsi a Dio tramite la devozione. Uno
degli esercizi del bhakti-yoga è la ripetizione di una formula sacra; tra coloro che sono dati a
questo bhakti-yoga ci sono gli Hare Krishna. Anche questo yoga non porta per nulla all’unione con il
vero Dio; basta considerare quanto sono lontani da Dio gli Hare Krishna per capire ciò.

L’jnana-yoga è chiamato la via della sapienza, e si propone di fare giungere il praticante, mediante
l’intelletto, a realizzare di essere Brahman. In altre parole il suo scopo è quello di fare uscire
l’uomo, mediante una sorta di illuminazione interiore, dall’illusione di essere distinto dalla
realtà suprema, e di farlo immedesimare nel Brahman indù. Ripetiamo che il Brahman dell’induismo non
è l’Iddio vero di cui parla le Scritture; ma un falso dio. E’ superfluo dire quanto ingannevole sia
anche questa cosiddetta via della sapienza, e come essa porta l’uomo a mettersi in comunione con i
demoni.

Il karma-yoga ‘è la via che conduce a Dio attraverso l’azione (…) D’altro canto ognuno di noi è
impegnato in qualche forma di attività, ma per lo più noi disperdiamo e sprechiamo gran parte delle
nostre energie perché ignoriamo il segreto del lavoro. Il karma yoga ce lo rivela e ci insegna a
lavorare con efficienza, in modo da applicare con vantaggio la maggior parte delle nostre energie al
lavoro che dobbiamo compiere’ (Mir Shemesh, op. cit., pag. 201). Con questo yoga ‘la ruota del karma
smette di girare. Lo spirito trova la pace. Viene conosciuto il Brahman’ (Aforismi yoga di
Patanjali, pag. 108). Anche questo yoga è un falso sentiero che non conduce per nulla alla
beatitudine ma bensì alla perdizione. Non è in questa maniera che si può venire alla conoscenza del
solo vero Dio.

Questi appena visti sono i sistemi yoga ‘ortodossi’ dell’induismo; va detto che quantunque ci siano
delle differenze tra di essi e uno può scegliere di praticare l’uno o l’altro, in effetti ‘non si
può praticare un tipo di yoga escludendo completamente gli altri’ (ibid., pag. 109); perché c’è
sempre qualche aspetto degli altri yoga presente nella vita del praticante yogi. Oltre a questi
sistemi di yoga cosiddetti ortodossi ce ne sono degli altri che non sono compresi tra quelli
ortodossi che sono l’hatha-yoga e il tantra-yoga che si sono diffusi in Occidente. Vogliamo dunque
spendere qualche parola anche su questi tipi di yoga.

L’hatha-yoga, lo yoga più conosciuto in Occidente (che è incluso tra le terapie orientali nella
Guida alla medicina alternativa perché viene detto che esso cura diverse malattie), si fonda su
determinate posizioni corporali (asana) che hanno lo scopo di mantenere il corpo agile e favorire
l’unione armonica della mente e del corpo; e sul controllo del respiro (pranayama) il cui scopo è
esercitare il controllo delle funzioni corporali e accrescere il flusso della forza vitale (prana)
attraverso il corpo del praticante yogi. La pratica asana e del pranayama condurrebbero il
praticante a uno stato di calma in cui sono possibili sia la concentrazione che la meditazione che
condurrebbero a loro volta in uno stato di trance in cui la mente si congiunge con Brahman. Benché
dunque questo tipo di yoga venga presentato come un esercizio fisico rilassante (o come una terapia
‘dolce’) che apporta benefici al corpo esso è strettamente collegato all’Induismo, questa religione
pagana, perché il suo fine ultimo è sempre quello di condurre il praticante alla autorealizzazione,
al suo congiungimento con il Sè universale ossia Brahman. Quindi questa pratica è da rigettare ed
evitare perché il suo obbiettivo è quello di congiungere l’uomo con l’assoluto, che nell’Induismo è
chiamato Brahman e starebbe per Dio ma non è l’Iddio e Padre del nostro Signore Gesù Cristo, ma
bensì il principe di questo mondo. In altre parole perché essa induce a fare posto al diavolo che
cerca tramite di esso di impossessarsi della mente dell’uomo per poi dirigere tutto quanto il suo
corpo.

Il tantra-yoga ha come scopo sempre quello di portare l’uomo a congiungersi con Brahman e
sperimentare così la beatitudine, ma la sua caratteristica è che questo scopo lo si raggiungerebbe
facendo uso – tra le altre cose – di bevande inebrianti o stupefacenti e tramite pratiche sessuali.
Questo tipo di yoga tantrico piace a molti, per ovvi motivi naturalmente, e si sta diffondendo in
Occidente; ma di questo non c’è da meravigliarci, Paolo dice che negli ultimi giorni gli uomini
saranno “amanti del piacere anziché di Dio” (2 Tim. 3:4). Nel caso del tantra-yoga poi viene persino
asserito che questo piacere sensuale conduce alla salvezza; ‘I testi tantrici ripetono sovente un
adagio; gli stessi atti che fanno bruciare taluni uomini nell’inferno per milioni di anni,
conquistano allo yogin la salute eterna’ (Mircea Eliade, Tecniche dello Yoga, Torino 1952, pag.
192)!! Che diremo? E’ veramente triste e sconcertante constatare come il diavolo è riuscito a
persuadere alcuni che degli atti sessuali compiuti con una donna (va tenuto presente che secondo i
testi tantrici gli atti sessuali nel tantra yoga l’uomo è incoraggiato a compierli con una donna che
non sia sua moglie) possano portare l’uomo alla salvezza. E’ superfluo dire che anche questo tipo di
yoga va rifiutato come gli altri.

Ora, per confermare che dietro lo yoga si celano dei seri pericoli voglio trascrivere alcune parole
di Rabindranath R. Maharaj (che è un nostro fratello in Cristo) il quale racconta che cosa
sperimentava quando praticava lo yoga. Ecco alcune delle sue dichiarazioni tratte dal libro Morte di
un guru: ‘Succedeva sovente che mentre ero in profonda meditazione gli dèi diventassero visibili e
parlassero con me. Talvolta mi sembrava di venire trasportato, per proiezioni astrali, su pianeti
lontani o su mondi nei quali regnavano dimensioni diverse (…) Nelle mie trance yogiche io mi
ritrovavo, quasi sempre, solo con Shiva, il Distruttore, seduto timoroso ai suoi piedi, e osservavo
l’enorme cobra attorcigliato attorno al suo collo che mi fissava fischiando e saettando minaccioso
la sua lingua biforcuta’ (Rabindranath R. Maharaj, op. cit., pag. 93); ‘Ancora prima di aver
raggiunto l’età di dieci anni, in aggiunta alla mia meditazione giornaliera, praticavo lo yoga – le
diverse posizioni, gli esercizi di respirazione, le meditazioni – sulla veranda antistante la mia
camera, dalla mezzanotte all’una e mezza del mattino, quando tutti dormivano. Facevo dello Brumadhya
Drishti o del Madhyama Drishti. Questa concentrazione, unita agli esercizi respiratori, mi
proiettavano in uno stato di consapevolezza completamente distaccato dal mondo che mi circondava.
Per mezzo dello yoga sentivo sempre più la presenza di esseri spirituali che mi guidavano e mi
trasmettevano delle forze psichiche. Gli dèi erano una realtà’ (ibid., pag. 111-112); ‘Nulla era più
importante della nostra meditazione trascendentale giornaliera. Essa costituiva il cuore stesso
dello yoga che, come aveva affermato Krishna, era la strada più sicura per arrivare alla beatitudine
eterna (…)

Nel corso della mia meditazione quotidiana cominciai ad avere delle visioni dai colori psichedelici,
a sentire della musica ultraterrena, a visitare dei pianeti esotici nei quali gli dèi conversavano
con me, incoraggiandomi a raggiungere dei livelli di coscienza ancora più alti. Talvolta, mentre ero
in trance, mi imbattevo nelle stesse orribili creature demoniache raffigurate nei templi indù,
buddisti, scintoisti e di altre religioni. Erano esperienze spaventevoli, ma il brahmacharya mi
spiegava che si trattava di cose del tutto normali e mi sollecitava a proseguire nella ricerca
dell’auto-realizzazione. Qualche volta sperimentavo un sentimento di mistica unità con l’universo
intero. Io ero l’universo, signore di tutto, onnipotente, onnipresente’ (ibid., pag. 69-70). Come
potete bene vedere queste parole confermano pienamente che lo yoga è una pratica che fa spazio al
diavolo. Notate che l’autore del libro parla negativamente anche della meditazione orientale (di cui
abbiamo parlato prima) difatti dice di avere avuto delle esperienze spaventevoli durante quella sua
meditazione giornaliera.

Per accedere a Dio c’è solo una via, ed essa è Cristo Gesù; l’uomo per conoscere il solo vero Dio
che ha creato l’universo (ma non è l’universo) e la cui dimora è nei cieli deve ravvedersi e credere
nel Signore Gesù Cristo. Solo in questa maniera si può unire al Signore e diventare “un solo spirito
con lui” (1 Cor. 6:17), rimanendo naturalmente una creatura distinta da Lui che è il Creatore. Tutte
le altre vie, compreso lo yoga, sono vie che non menano alla conoscenza di Dio e neppure all’unione
con Lui. Anche il credente che ha già conosciuto Dio per mezzo di Cristo ha accesso a Dio soltanto
per mezzo del suo Figliuolo, infatti Paolo dice che in Cristo Gesù “abbiamo la libertà d’accostarci
a Dio, con piena fiducia, mediante la fede in lui” (Ef. 3:12). Notate che è per mezzo della fede che
noi abbiamo accesso al Padre, quindi non mediante una pratica come lo yoga. Dico questo perché
alcuni hanno inventato il cosiddetto yoga cristiano come mezzo di accesso a Dio. Nessuno v’inganni
fratelli: andate a Dio per mezzo di Cristo cioè nel suo nome, fatelo in preghiera o nel canto, ma
non appoggiatevi a questo cosiddetto yoga cristiano perché lo yoga rimane sempre yoga cioè una
pratica orientale che affonda le radici nell’occultismo. Ricordatevi che Dio riprese Israele dicendo
che lo aveva abbandonato perché erano “pieni di pratiche orientali” (Is. 2:6).

da www.lanuovavia.net/newage_6.html

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