Che cosa è la meditazione?

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Cosa è la meditazione

(di anonimo)

Cari amici,

non è certamente facile offrire una definizione chiara e sintetica che
vada a soddisfare le qualità proprie di questo vocabolo.

Anche il dizionario non aiuta molto quando sintetizza così : «la
meditazione è il raccogliersi della mente nella considerazione di
profondi problemi filosofici o religiosi — pratica religiosa
consistente nel raccogliersi in se stesso a meditare sulle verità
della fede — predica o scritto di carattere ascetico, o di argomento
morale e filosofico».

Non ci aiuta poiché tutti abbiamo spesso sentito dire che la pratica
meditativa potrebbe arrivare ad illuminarci sulle motivazioni più
profonde del nostro vivere.

A mio avviso ha senz’altro ragione Jiddu Krishnamurti quando afferma
che “la meditazione non è la semplice esperienza di qualcosa al di là
dei pensieri e dei sentimenti di ogni giorno, né la ricerca di visioni
e beatitudini … La meditazione — che è cessazione del pensiero —
apre la porta ad una vastità che trascende ogni immaginazione o
congettura; è comprensione del mondo e delle sue vie … Tutto ciò che
il pensiero formula ha in sé il limite dei suoi confini, il pensiero
ha sempre un orizzonte, la mente meditativa non ne ha, l’uno deve
cessare perché l’altro possa essere … La meditazione non è una
continuazione o una espansione dell’esperienza, al contrario, è la
completa inazione che è totale cessazione dell’esperienza; lo
svuotarsi del conosciuto … Se non c’è meditazione, sei come un cieco
in un mondo di grande bellezza, luci e colori … Meditare non è
ripetere parole, sperimentare visioni o coltivare il silenzio, questa
è una forma di autoipnosi … La mente meditativa è vedere, osservare,
ascoltare senza la parola, senza commento, senza opinione —
attentamente e costantemente — il movimento della vita in ogni suo
rapporto; allora sopraggiunge un silenzio che è negazione del
pensiero, un silenzio che l’osservatore non può richiamare. Se ne
facesse esperienza, riconoscendolo, non sarebbe quel silenzio …”

Eh già… “quel silenzio”. Un silenzio che solo chi ha realmente
meditato svuotando se stesso conosce…

Forse sarebbe più facile definire uno dei traguardi della meditazione:
la Consapevolezza.

A mio avviso lo scopo della pratica meditativa è proprio quello di
favorire la percezione naturale della realtà ed ha fra gli obiettivi
quello di ottenere la corretta comprensione del funzionamento di ogni
cosa.

Questa importantissima pratica vuole essere un’investigazione continua
della Verità, un esame microscopico del nostro processo di percezioni,
ed ha come fine quello di sollevare lo schermo di ingannevoli falsità
e convinzioni errate attraverso il quale normalmente l’uomo vede il
mondo, un mondo illusorio e artificioso.

A ben pensarci non sappiamo chi siamo né comprendiamo i motivi ultimi
della nostra esistenza. Non ci conosciamo affatto e troppo spesso
arriviamo al punto di mentire a noi stessi, incoerentemente, sia sulle
nostre debolezze che sulle motivazioni che le generano. Questo
atteggiamento si rivela un vero e proprio rifiuto della Conoscenza ed
ha come risultato quello di legarci con un nodo sempre più stretto
alla ruota dell’illusione.

La meditazione (nel caso specifico mi riferisco alla meditazione
Vipassana) non è, come molti pensano, un tentativo di dimenticare se
stessi o di occultare i propri problemi; tramite essa possiamo
imparare a vedere nel profondo di noi stessi, esattamente come siamo,
possiamo finalmente vedere cosa alberga dentro di noi, comprenderne
l’essenza ed accettarla pienamente…

Essa favorisce la vera intuizione che peraltro può essere ottenuta
solo se ci si libera di quei giri logici a cui abbiamo permesso nel
tempo di disorientare la nostra mente, solo evacuando dal nostro sé
quei circuiti ingannevoli che ci hanno fatto perdere di vista il
nostro nucleo ed il reale centro delle causale. Svincolandosi da essi
potremo permettere alla nostra realtà superiore di produrre le giuste
‘soluzioni’ e successivamente alla mente coscente di ‘aprirsi’ ad
essa.

La meditazione è come un’attività vivente, che utilizza la
concentrazione come strumento in virtù del quale la consapevolezza può
avere ragione di quel muro di confusione che normalmente ci separa
dalla vivida luce della realtà; questo naturale processo consiste in
un costante aumento della consapevolezza applicata ai meccanismi della
realtà stessa.

Lo scopo che il meditante si propone è perciò quello di purificare la mente.

La pratica meditativa infatti monda il processo del pensiero da quelli
che potremmo definire “irritanti psichici”; vale a dire, da quelle
cose quali avidità, odio e gelosia, che tengono il nostro essere
bloccato in una sorta di schiavitù emotiva.
La meditazione guida la mente verso una condizione di naturale
tranquillità e consapevolezza, profondendo uno stato di concentrazione
e comprensione totale degli eventi.

Di fatto, per meditare, non occorre ‘appartenere’ ad un particolare
credo religioso e non si ha neppure bisogno di *avere fede*.

La fede, così come viene intesa ad esempio nel credo cattolico, non
trova alcun riscontro in quella filosofia religiosa che può ad esempio
essere il buddhismo. Questa “scienza della mente” (proprio in questo
modo lo stesso XIV Dalai Lama, Tenzin Gyatso, ha definito il buddhismo
in un’intervista) non invita i propri seguaci ad un credo dogmatico o
ad aver fede in qualcosa perché si trova scritta in un antico libro
sacro, o perché è attribuibile ad un famoso profeta o ancora perché
insegnata da autorevoli persone. La filosofia buddhista, che si
caratterizza proprio per la sua infinita apertura, conferisce alla
fede un significato che è più vicino a quello di “avere fiducia”, a
“sapere che una cosa è vera perché si è visto che è vera”, a “sapere
che funziona perché è stata osservata dentro se stessi”.

La meditazione porta lentamente ad una vera e profonda trasformazione personale.

La persona che entra nell’esperienza meditativa non è la stessa che ne
esce. Il meditante cambia progressivamente il proprio modo di
relazionarsi, migliorando decisamente il proprio carattere e la
propria personalità attraverso un profondo processo di
sensibilizzazione. La meditazione rende profondamente coscienti dei
propri pensieri, delle parole e delle azioni… affina mano a mano la
concentrazione e la capacità logica. Un po’ alla volta rende chiari i
processi ed i meccanismi del subconscio, acuisce la capacità di
intuizione accrescendo la precisione del pensiero e conducendo
gradualmente ad una diretta conoscenza delle cose, rivelandole proprio
come esse sono, senza pregiudizi né abbagliamenti.

Sono fortemente convinto che nessuna parola e nessun libro potranno
mai descriverci in maniera esaustiva la meditazione.

Per ognuno c’è solo un modo per scoprire le eccezionali virtù di
questa pratica: effettuarla. Si può comprenderla solo direttamente,
praticandola in maniera corretta…

La meditazione è coltivazione della presenza mentale, in una parola:
consapevolezza.

Essa è in relazione con quei livelli personali di coscienza che si
trovano assai più in profondità rispetto al pensiero simbolico, e
proprio per tale motivo molti aspetti della meditazione non si
prestano ad essere espressi attraverso le semplici parole.

La meditazione non è qualcosa che può essere imparata ricorrendo a
termini astratti, non è qualcosa di definibile, ma bensì qualcosa di
cui bisogna fare esperienza… essa può essere compresa solo con una
buona pratica.

Il meditante esegue la sua pratica con un intento specifico:
affrontare la realtà, per fare piena e profonda esperienza della vita
così come essa è, per entrare in contatto con tutto ciò che vi si
trova.

Una pratica ben fatta ci permette di dissipare tutte le illusioni, di
liberarci da tutte quelle piccole e gentili bugie che continuamente ci
diciamo.

Purtroppo quasi tutti sin da bambini, veniamo condizionati molto
profondamente da una cultura deviante, impariamo così, durante il
corso della nostra esistenza, a mentire sistematicamente a noi stessi
e quasi sempre in modo estremamente arguto.
In questo modo subentra gradualmente in noi, senza che ne siamo troppo
coscienti, un sottile autoinganno e si innesca un circolo vizioso,
fatto di false convinzioni, che ci trascina inevitabilmente nel suo
mondo illusorio.
Arriviamo così ad avere un pensiero inautentico che ci costringe a
vedere la realtà da dietro un velo; di conseguenza assumiamo
comportamenti ipocriti e ci ritroviamo, inconsapevolmente, ad
indossare una brutta maschera che tende a coprire il nostro vero
volto, nascondendoci persino a noi stessi.
È invece incantevole osservare come i processi armonici tipici della
pratica meditativa, riescono a profondere in noi quelle particolari
intuizioni che frequentemente si rivelano come vere e proprie
“rivelazioni”. Proprio queste intuizioni infatti aprono sovente il
passo a quel sentiero che conduce alla chiara comprensione di alcune
profonde ed importanti Verità legate alla nostra misteriosa esistenza.

Gunaratana afferma: «alla vipassana bisogna avvicinarsi con questo
atteggiamento: Non importa cosa mi è stato insegnato, voglio
dimenticarmi teorie, pregiudizi e stereotipi. Voglio comprendere la
vera natura della vita, voglio capire realmente cosa sia l’esperienza
di essere vivi. Voglio imparare a conoscere le qualità della vita più
vere e profonde, e non voglio accettare le spiegazioni di qualcun
altro. Voglio scoprire io stesso tutto ciò»…

Difatti lo stesso atteggiamento di base del buddhismo è profondamente
empirico ed antiassolutista. Lo stesso Buddha Shakyamuni, come Gesù il
Cristo del resto, fu decisamente non ortodosso ed antitradizionalista.

Gautama non offrì i suoi insegnamenti come una raccolta di dogmi, ma
piuttosto, come un insieme di asserzioni sulle quali chiunque era
invitato ad investigare.

L’invito che il Buddha rivolgeva a tutti, era: “Venite e vedete”, a
coloro che lo seguivano ripeteva spesso: “Non mettete nessuna testa
sopra alla vostra”, e con ciò egli intendeva raccomandare di non
rifarsi alla parola di qualcun altro, ma piuttosto di verificare ogni
cosa di persona poiché è quello l’unico modo per Conoscere realmente
ed essere convinti di ciò che si osserva.

Dobbiamo inoltre tenere sempre presente che ciò che abbiamo imparato
può e deve spesso essere disimparato. Il primo passo in questa
direzione è proprio capire cosa stiamo facendo mentre lo stiamo
facendo, mettendoci nella tipica posizione di quieta osservazione.

Dobbiamo inoltre ricordare che una buona pratica meditativa induce un
cambiamento radicale nel meccanismo della percezione, e porta con sé
quella gioia che deriva dall’essersi liberati dal pensiero illusorio
ed ossessivo.

La meditazione può “aprire la strada” e guidare chiunque lo desideri
intensamente, verso una nuovo e corretto atteggiamento, conducendoci a
vedere la realtà così come essa è realmente.

La consapevolezza sia con te…

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