Charya Nritya, la danza sacra

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Charya Nritya, la danza sacra

di Alessandra Campoli

L’antico regno himalayano del Nepal e le Danze Sacre. Viaggio alla scoperta della Charya, una
pratica originariamente rituale associata a musica e danza, per recepire e sentire all’interno di sé
l’essenza divina.

Il gruppo tibeto-birmano dei Newar rappresenta la minoranza etnica autoctona della Valle di
Kathmandu, quella che ha consentito la fioritura di una ricca e colta civiltà che, soprattutto in
epoca medievale, ha impresso un carattere distintivo e inconfondibile all’intero Nepal centrale.

Costituendo l’etnia sovrana della Valle di Kathmandu sino alla seconda metà del XVIII secolo – epoca
dell’arrivo della dinastia indo-nepalese degli Shah e il crollo delle tre importanti città stato
Newar di Kathmandu, Patan e Bhaktapur – i Newar svilupparono una forma religiosa dai tratti
fortemente originali, essendo essa il risultato di un sincretismo tra l’induismo di matrice indiana
e il buddhismo mahayana. Di entrambi i contesti i Newar assorbirono e svilupparono soprattutto la
dimensione propriamente tantrica, intimamente connessa con pratiche rituali a carattere magico
incentrate sul culto di divinità appartenenti a questo specifico pantheon.

La musica e la danza avevano entro questo contesto un significato di grande rilevanza. Mentre la
prima era considerata essere un potente mezzo per entrare in contatto con le forze invisibili che
governano il cosmo e per canalizzarne il potere, la seconda era impiegata come strumento per
consentire a queste stesse forze di manifestarsi concretamente tra gli uomini nel corso di
appropriate séance rituali e in virtù di una identificazione tra il danzatore e la divinità stessa.
Scopo principale di questi movimenti, noti come danze Charya, era infatti quello di evocare e
accogliere all’interno del corpo del danzatore la presenza concreta della divinità a cui il rituale
era indirizzato. In tal senso le esecuzioni coreutiche, incentrate nella rappresentazione di figure
divine e nell’esecuzione di gesti simbolici caratterizzanti, avevano luogo entro una dimensione
segreta a cui avevano accesso unicamente gli iniziati ai culti tantrici.

La scelta di uno specifico corredo sacro, ricco di riferimenti simbolici, la rappresentazione di
appropriati mudra attribuiti alle divinità e l’esecuzione di prestabilite sequenze di danza erano
gli elementi cardine che, uniti alla assoluta purezza interiore richiesta ai danzatori, avevano il
potere di catalizzare la presenza del sacro e di propiziare l’epifania divina.

Praticate tradizionalmente in una dimensione di assoluta segretezza, le danze Charya hanno potuto
far ingresso in ambito teatrale solo recentemente. In questi ultimi anni, grazie all’interesse
attivo da parte di alcuni musicisti e danzatori tradizionali, le arti performative Newar hanno avuto
modo di uscire dal ristretto cerchio dell’universo rituale per divenire un attivo elemento di
identità culturale e di diffusione della medesima. La conoscenza della Charya è, tuttavia, ancora
estremamente limitata e tramandata da danzatori che la ricevono secondo una linea di trasmissione
ereditaria all’interno di specifici lignaggi.

Fonti:
KalaMandapa, Buddhist Ritual Dance, Kathmandu, 1986;
Kvaerne, P., An anthology of buddhist tantric songs: a Study of the Caryagiti, Oslo, 1977;
Slusser, M.S., Nepal Mandala: a cultural study of the Kathmandu valley, Princeton, 1982;
Snellgrove, D., Indo-tibetan buddhism, London, 1987;
Vajracharya H.K. – Vajracharya D., A booklet on the material used in the worship rituals, Lalitpur,
1999

Musica:
Nicoletti Martino (editor), Vajrayogini: the tantric musical tradition of the Newar of Nepal, CD con
libretto introduttivo, Ev-K2-CNR – Borgatti Edizioni Musicali, Coll. Sound’s seeds in the autumn of
power

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