A che cosa serve ballare?

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A che cosa serve ballare?

Ballare ha favorito la nostra evoluzione rafforzando i legami sociali. Inoltre, stimola la memoria e
riduce lo stress. E non solo.

29 ottobre 2022 – Focus.it

La passione per il ballo accomuna tutte le età, e diversi studi scientifici confermano che ballare
fa bene: migliora l’umore, riduce lo stress e previene malattie come il Parkinson e la demenza assai
più di altre attività fisiche e mentali, tra cui ciclismo, golf, nuoto, lettura e tennis. Lo
attesta, anche, uno studio apparso sul New England Journal of Medicine, i cui autori attribuiscono
il potere del ballo al fatto che danzare comporta sia uno sforzo mentale sia un’interazione sociale.

E questa doppia stimolazione instaurerebbe nuove connessioni neuronali al posto di quelle che, in
caso di decadimento cognitivo, “vanno perse”. Ma il ballo avrebbe un effetto positivo anche sulla
memoria in generale.

IRRESISTIBILE. Un team di ricercatori canadesi ha analizzato le prestazioni cognitive di due gruppi
di persone, cui erano stati distribuiti fasce colorate, badge e cuffie wireless, attraverso le quali
ogni gruppo ascoltava un brano diverso. Ne è emerso che i partecipanti ricordavano il colore delle
fasce e i badge di chi ballava al loro stesso ritmo, mentre erano meno precisi sui contrassegni
indossati da chi seguiva un altro ritmo. In altre parole, muoverci a tempo ci aiuta a ricordare cose
sulle persone con cui balliamo. Certo, possiamo danzare anche da soli. Ma proprio la dimensione
sociale, cioè la relazione con gli altri, resta l’elemento cruciale per capire che senso ha avuto
questa attività nell’evoluzione umana e che senso abbia tuttora.

Il ballo, infatti, richiede l’attivazione dei motoneuroni, ossia dei neuroni che controllano i
muscoli. Questo vale per qualsiasi movimento, ma nella danza le cellule cerebrali si “accendono” in
sintonia con il ritmo. Più spesso ci muoviamo a tempo, più facile diventa per il nostro corpo farlo
senza uno sforzo cosciente. Non solo: per noi umani restare fermi quando ascoltiamo musica è
semplicemente impossibile. Studiosi dell’Università di Oslo (Norvegia) hanno scoperto che, sentendo
un brano, ma anche il battito di un metronomo, involontariamente facciamo oscillare la testa di 7
millimetri ogni secondo e questo succede indipendentemente da età e sesso.

La difficoltà maggiore a restare fermi si è registrata con la musica dance elettronica, e con quella
ascoltata tramite cuffie, che isolano dai rumori esterni costruendo come una “bolla” sonora intorno
alle persone. L’impatto della musica è stato maggiore anche quando sono state ridotte le distrazioni
esterne chiedendo ai soggetti esaminati di chiudere gli occhi: «Involontariamente le persone si
muovevano in media di 2 mil – limetri in più al secondo», hanno riportato i ricercatori.

A TUTTO RITMO. E la causa sembrerebbe legata al tipo di ritmo. Per lungo tempo si è creduto che solo
gli umani, a partire dai tre – cinque mesi, possedessero la capacità di essere stimolati da un
battito regolare. Invece si è scoperto che anche alcuni animali, come i leoni marini della
California, i macachi rhesus e i pappagalli, sanno “tenere il tempo”. Snowball, un cacatua maschio
già famoso per muovere la testa al ritmo dei brani dei Backstreet Boys, nel 2019 ha eseguito 14
diversi movimenti di danza con varie parti del corpo al ritmo di Another one bites the dust e Girls
just wanna have fun.

«Snowball ha sviluppato questo comportamento senza alcun addestramento», ha spiegato Aniruddh Patel,
docente di psicologia all’Università Tufts di Boston (Usa), che ha studiato il fenomeno. «Ciò
suggerisce che muoversi con la musica non sia un prodotto arbitrario della cultura umana, ma una
risposta al ritmo legata alla conformazione del cervello degli esseri viventi, e in particolare ad
alcune capacità cognitive e neuronali». L’importante è che si tratti di un ritmo regolare.

Resta il fatto che, a differenza degli altri animali, gli umani sono gli unici a coordinare i propri
movimenti con quelli altrui. Secondo l’antropologa americana Sarah Blaffer Hrdy, si tratta di
un’abilità che abbiamo acquisito nel Pleistocene (tra 1,8 milioni e 10 mila anni fa), quando i
neonati erano affidati alle cure di più femmine del gruppo e, per farsi allattare, dovevano adeguare
i propri movimenti a quelli dell’adulta di turno, come in un primordiale ballo di coppia.

EVOLUZIONE. Di qui la domanda: a cosa serve ballare? Gli esperti avanzano due ipotesi: la prima è
che il ballo non abbia un significato particolare, bensì sia derivato casualmente dallo sviluppo del
linguaggio e della locomozione eretta, ovvero dei tratti che ci distinguono di più dagli altri
animali che “battono il tempo”. La seconda è che invece la danza sia un comportamento adattativo,
utile per rafforzare i legami sociali umani in modo da migliorare le probabilità di sopravvivenza
del singolo grazie alla forza del gruppo. Su questa scia l’antropologo Edward Hagen della Washington
State University si è spinto a ipotizzare che la danza si sia evoluta come un modo utilizzato dai
primi gruppi umani per valutarsi a vicenda, misurando reciprocamente se c’era “chimica” tra loro in
vista di eventuali alleanze.

In effetti, secondo uno studio del 2006 che ha confrontato il Dna di ballerini e non, è emerso come
i primi possedessero due geni associati a una maggiore abilità comunicativa, utile per cementare i
rapporti umani in generale.

«Il vantaggio competitivo di una società in cui si ballava era la maggiore coesione tra gli
individui», afferma Clive Gamble, professore di archeologia all’Università di Southampton (Regno
Unito). Questo spiegherebbe come mai alcuni studiosi ritengono che grandi balli di gruppo abbiano
avuto luogo già 40mila anni fa. E, più di recente, inequivocabili scene di danza sono state
rappresentate nelle grotte della Valcamonica in Lombardia e di Addaura in Sicilia, figure che
risalgono a quasi 10.000 anni fa.

BALLO DA RIMORCHIO. Secondo Steven J. Mithen, archeologo dell’università inglese di Reading, la
danza sarebbe stata invece un mezzo per mostrare la propria forma fisica e la coordinazione, qualità
che nelle società preistoriche erano utili soprattutto per la sopravvivenza. Mentre oggi lo sono per
far colpo sulla pista da ballo. Concetto brillantemente sintetizzato dal commediografo irlandese
George Bernard Shaw: “Il ballo è l’espressione verticale di un desiderio orizzontale”, ha scritto.
Tuttora, in effetti, le discoteche sono luoghi “da acchiappo”. E la scienza ha scoperto che per
attrarre l’altro sesso, più che dimenarsi a tempo di musica, funzionano movimenti precisi.

Gli psicologi della Northumbria University di Newcastle, nel Regno Unito, hanno utilizzato un avatar
che ripeteva le movenze di vari ballerini, chiedendo a 57 maschi e 143 femmine quali fossero le
movenze più sexy. I ricercatori hanno scoperto che le donne sono attratte dagli uomini che muovono
la parte superiore del corpo, che usano molto spazio per ballare e che variano i loro movimenti.
Hanno anche notato una curiosa preferenza per gli uomini che flettevano e giravano di più il
ginocchio destro.

MASCHI E FEMMINE. I ricercatori ritengono che ciò sia dovuto al fatto che l’80% di tutte le persone
è destrimana e quindi appoggia il peso prevalentemente sulla gamba destra. E quindi chi, al
contrario, «poggia il peso prevalentemente sulla gamba sinistra, muove la destra in modo più
fantasioso, e quindi più attraente», hanno ipotizzato i ricercatori. Gli uomini preferivano invece
le donne che oscillavano maggiormente i fianchi e compivano movimenti asimmetrici delle gambe. I
ricercatori ritengono che l’ampia oscillazione dell’anca sia considerata attraente perché mette in
evidenza l’ampiezza del bacino che, se rotondo al punto giusto, è un chiaro segno di fertilità.

Quanto alla musica riempipista, quella che induce anche i più timidi a scatenarsi, i ricercatori
dell’Università di Oslo hanno concluso che i brani irresistibili hanno un ritmo di 120 battiti al
minuto, come It’s my life di Bon Jovi o Bad Romance di Lady Gaga.

«È il tempo in cui la maggior parte delle persone spontaneamente cammina, facendo due passi al
secondo», ha precisato la responsabile dello studio, Agata Zelechowska. «Una spiegazione è che
diventiamo sensibili a questo ritmo nel grembo di nostra madre, quando, oltre ad ascoltare il suo
battito cardiaco, ci accorgiamo della sua camminata.

RITMO ED EMPATIA. Una seconda ipotesi è che gli esseri umani siano sensibili a questo ritmo
semplicemente perché camminano molto e sono abituati al ritmo dei propri passi. Non tutti però sono
ottimi ballerini: esiste chi sa muoversi in sincronia con il ritmo di un brano e chi no. Come mai? I
ballerini migliori sarebbero le persone più empatiche, quelle più abili a capire le esigenze e i
sentimenti altrui. «Se consideriamo la musica come una sorta di segnale prodotto dagli esseri umani,
ha senso che le persone empatiche vi reagiscano con più forza», conviene la studiosa. Tenetene conto
quando cercate un partner con cui mettervi… in ballo.

Tratto da Balla che ti passa di Elisa Venco

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