MUSICA DESIGNER DRUGS E STATI ALTERATI DI COSCIENZA

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MUSICA DESIGNER DRUGS E STATI ALTERATI DI COSCIENZA

di Giovanni Pierini

Relazione redatta in collaborazione con la Dott.ssa Irene Facchini e la Dott.ssa Paola Degli Esposti

fonte: Bollettino S.I.R.T., Novembre 2000

Per approfondire l’analisi degli effetti che gli stimolanti di sintesi possono avere sugli assuntori, è necessario conoscere l’ambiente nel quale queste sostanze vengono consumate, dove le figure sonore svolgono un importante ruolo, anche fisiologico: la discoteca. E’ in questo ambito che cocaina e MDMA in primis, ma anche LSD, metanfetamina, cannabinoidi, eroina, ketamina, vengono prevalentemente assunti, sullo sfondo di abuso di alcool e talora di droghe “lecite” come solventi e nitrito di isobutile-cicloesile di amile.

Data la peculiarità di questa area ricreativa e considerando gli effetti empatogeni, entactogeni e simpaticomimetici dell’ecstasy, è logico pensare che parte delle risposte del soggetto alla sostanza dipenderanno anche dall’interazione con l’ambiente circostante, motivando quindi una indagine sulle interrelazioni tra musica e individuo.

La caratteristica delle forze elementari è di esprimere la massima forza nella minima estensione, tanto che il più importante è sempre il meno apparente, il più nascosto, e si può esprimere solo come archetipo, secondo la formula poetica del mito. Ecco perché da sempre in tutte le culture umane si pone la poesia alla base della conoscenza, e la musica come voce della poesia.

Al pari degli Universali non percepibili dall’uomo nella loro totalità, anch’essa si manifesterà dualisticamente come musica celeste e come musica di oscura magia capace di perdere l’uomo.

Farmacista e incantatrice furono sinonimi per un lungo periodo, poiché in origine le droghe erano somministrate con un rituale cantato, preponderante per importanza.

La musica/poesia originaria permette di vivere nella fisicità del corpo tutta questa tematica, che oggi noi esploriamo con i mezzi dell’analisi psicologica, ma che possiede radici ben consolidate in tutte le culture.

Il sacerdote antico che media fra la vita e la morte unisce in sé anche l’aspetto del musico e del medico creando un ponte di collegamento fra la vita individuale e quella collettiva, e sarà, in tutte le culture, il pontifex, il fabbricatore di questa via-ponte fra umano e divino, e il ponte stesso, come simbolo del passaggio, prenderà vita in forme architettoniche quali l’arte romanica e islamica (es. il tetto del mercato di Isfahan che degrada secondo una scala tonale) come nel disegno degli strumenti e dei ponticelli delle corde, all’ombra del mito di Apollo che dona all’uomo la corazza ricurva di una tartaruga sottesa da corde: la Musica: la Musica trasforma, e Marsia perderà la sua pelle, ovvero la sua precedente condizione umana per assumerne una nuova di più alta dignità.

Le forme vegetali e animali scolpite sui capitelli dal periodo romanico sono precisi equivalenti tonali, e osservando una fila di questi potremmo ancora oggi leggere uno spartito musicale, vere e proprie pietre che cantano, in genere inni di lode al santo cui la struttura era stata dedicata, ma più spesso un canto cosmico, quello delle proporzioni delle sfere e delle virtù celesti, e come ogni cielo era designabile dal solido platonico corrispondente, così la sua nota caratteristica permetteva all’iniziato la composizione di musiche di ordine superiore.

Con tali musiche ci si aspettava di poter convogliare le energie celesti sulla terra, sempre grazie al principio di analogia, e pertanto ecco che riappare il legame fra notazione musicale astronomia e terapia, dove i poteri terapeutici o venefici delle piante, ad es., sono dovuti all’influenza diretta dei cieli superiori sugli inferiori.
Musicalmente l’analogia si esprime quando un ciclo in maggiore o minore passa di grado con un salto tonale a partire da certe note, come per esempio nell’importantissimo salto Fa/Sol che dalla tradizione megalitica scorre in quella sciamanica. Per avvicinare l’uomo alla Natura occorre allora unire canto musicale e danza, trovare il giusto accordo tra utilizzo dinamico del corpo ed equilibrio della mente; la crescita interiore offre la possibilità di un contatto profondo con le possibilità espressive del corpo, il grande mediatore fra il nostro Io e il Mondo (fra tutti l’antichissima disciplina Bharata Natyam). Danza e piacere sono legati e producono effetti ipnotici e stimolanti contrapposti, mediando anche il rilascio di endorfine che rendono resistenti alla fatica e al dolore.

Tali passaggi tonali erano fondamentali nella pratica sacerdotale italica, ben noti agli Etruschi, residuati poi in un tenue ricordo nella struttura dei tipi metrici dell’Alto medioevo. Gli intervalli melodici sono separati da quantità variabili, i toni e semitoni, tali da creare un salto tonale fra le due note, con effetti ben diversi: un salto di 8° porta all’ascolto senso di potenza, di dramma, uno di 6°, detto la voce del cuore, di espressione sentimentale, uno di 3° insiste sul carattere di continuità, adatto a storie e filastrocche, gli intervalli di 4° e 5° suggeriscono cadenze, e quelli di 7°, dissonanti, la tensione che non riesce ancora a risolversi; infine gli intervalli di 2°, detti di mezzo, legano i vari momenti.

L’orecchio musicale si comporta diversamente da quello biologico nell’apprezzare o rifiutare i generi musicali, e la formazione generale della cultura indirizza in modo determinante i risultati e gli effetti dell’ascolto. Nonostante che la progressione dei valori di altezza non sia regolare, noi percepiamo il salire delle note nella scala come perfettamente intervallato, continuo. Ma quello di continuità (e il collegato di proporzionalità) sono concetti formatisi nell’ambito della cultura occidentale, mentre sono ben poco rappresentati in Natura.

Mentre per noi nelle società di massa la parola e il suono sono veicoli portanti della comunicazione/economia, in quelle antiche e tradizionali la parola è celebrazione religiosa e strumento di guarigione; la parola in musica era la scrittura dell’Universo.

La musica Barocca introduce per la prima volta la voce dei sentimenti. Per barocco si intende una forma di espressione musicale all’inizio del ‘600 che trae nome dal termine portoghese “perla di forma irregolare”, ad indicare l’irrompere nella musica della stravaganza, dell’irrazionale, dello scontro dinamico, in una parola dei sentimenti. La notazione musicale si svilupperà nel tempo a favore degli effettivi rapporti numerici fra le frequenze, indipendentemente dalla “temperatura” barocca, cioè dalle regole necessarie per rendere tali intervalli graditi all’udito. Parallelamente si apre l’interesse per altri tipi di esplorazione musicale, e si recuperano i sistemi tonali tradizionali delle culture più diverse. Nascono i fenomeni di commistione di generi, produttivi di forme sempre nuove, come del resto accadeva nel mondo antico a seguito di guerre e trasmigrazioni di popoli. La tecnologia apre nuove prospettive permettendo di uscire dalle limitazioni prima indotte dalla costituzione fisica degli strumenti, e dai limiti fisico acustici delle loro possibilità espressive.

L’apertura allo studio della musica delle più diverse culture umane ripropone alcuni temi ricorrenti: il primo quello della ripetizione (di gesti o suoni) che in parte apparì nel nostro Barocco sotto forma di “basso ostinato” e in tempi moderni nella musica minimalista, l’altro la cura nella scelta delle pause di silenzio fra i suoni. Il silenzio nelle Tradizioni è il momento del Tutto in potenza prima della creazione.
Le parole sono intervallate da pause: anche per noi la pausa è fondamentale, senza di essa non sarebbe possibile una costruzione di note, facendo eccezione per le musiche elettroniche sperimentali. D’altra parte senza pause non è nemmeno possibile costruire le forme della ripetizione ciclica e del ritornello, indispensabili a indurre gli stati di attenzione, e più a fondo, di partecipazione emotiva, di transe.

Il ritmo è nato come elemento portante del percorso di ascesi estatica, di riunione con l’Assoluto, di guarigione. Come esempio degli effetti del silenzio, riflettiamo su ciò che esso può produrre al termine di un brano, quando fa scattare l’emozione catartica dell’applauso. Al Ghazzali diceva che la musica permetteva di estrarre le cose segrete dal cuore. Ma tutte le Religioni costituite hanno poi lentamente circoscritto, limitato e poi vietata la musica e la danza, se non in forme canoniche, assimilandola agli stati di ebbrezza da sostanze, da possessione diabolica. Così come, del resto, riti sacri sono stati mercificati, a livello profano, da esibizionismo a fini di lucro, pur ottenendosi la stessa potenza di indurre estasi, capacità di resistere al dolore nelle prove di resistenza o di automutilazione (fenomeno che noi conosciamo per il raro effetto dell’associazione di fenciclidina con cannabinoli o più frequente, in certe psicosi). Queste osservazioni sono sovente riferite al mondo medio orientale, ma non dimentichiamo che la struttura della forma musica-estasi-possessione è antichissima, come visto prima, sia nell’area mediterranea che in tutte le culture umane dal Neolitico in poi, anche se è delle prime che possiamo sapere di più.

Gli effetti della musica mediati dall’intervallo tonale sono quindi indagabili, come detto prima, sia da un punto di vista fisiologico che secondo l’evoluzione dei modelli culturali; e un aspetto in particolare emerge in tutte le tradizioni, quello dell’estasi e della transe. E’ possibile ravvisare notevoli analogie tra i tradizionali riti di possessione e ciò che accade in discoteca: Thimoty Leary, pioniere della cultura psichedelica degli anni ’60, parla di “set” e “setting”, ovvero di disposizione e dispositivo, entrambi contemporaneamente necessari perché insorga la trance in un soggetto. La disposizione (set) è l’atteggiamento individuale, composto da attitudini interiori, personalità, motivazioni, aspettative, che spingono un soggetto a desiderare la trance, anche se in modo inconsapevole, mentre il dispositivo (setting) è rappresentato dai fattori ambientali esterni, ovvero contesto, ambiente fisico e sociale, guide, che consentono al soggetto l’entrata in trance. Le aspettative per la serata sono assai diverse nella discoteca commerciale rispetto a quella di tendenza: nella prima sono di natura sociale mentre il pubblico di tendenza, e ancora di più il raver, mette la socializzazione in secondo piano rispetto al divertimento: che ne sia cosciente o meno, desidera semplicemente riuscire a provare nuovamente le sensazioni, sperimentate in precedenza, di uno stato modificato di coscienza, nella fattispecie uno stato di transe, che presuppone un dispositivo di iperstimolazione sensoriale e annullamento della coscienza alla ricerca di “verità”.

Nello sciamanesimo l’alterazione di coscienza ha per finalità l’uscita da sè e l’ingresso nella sfera della divinità, il viaggio dell’anima, ed è più correttamente definibile come estasi. Nella transe al contrario sono le forze esterne che entrano nell’uomo, adesso posseduto o “ossesso”. E’ possibile parlare quindi di estasi quando la modificazione di coscienza compare a seguito di meditazione profonda e indirizzata al Divino, mentre invece di transe quando l’alterazione si sviluppa in un contesto muiscale e dinamico, ritualizzato, scandito ossessivamente. Per tale motivo la trance popolare fu considerata una pratica demoniaca, ed è in questo contesto che nascono la figura della strega e il sabba. Al termine di un lungo processo che culmina nei secoli XVI-XVII, la transe è diventata quindi maledetta: ricomparirà sempre più come segno di malessere sociale, soprattutto nei momenti più bui, come in caso di guerre, pestilenze e carestie.

La musica accompagna quasi sempre i riti di possessione e in questo ambito viene circondata da un alone quasi magico, come se la musica in sé fosse la responsabile dell’insorgenza della trance; esistono comunque anche casi (alquanto rari) nei quali la musica non partecipa al rito. Le caratteristiche ricorrenti che si trovano nella ritmica della musica di possessione sono le rotture di ritmo e l’accelerazione del tempo, che vanno solitamente di pari passo con l’intensificarsi del volume del suono.
L’uso di sostanze di apertura verso l’inconscio (entactogene) e verso gli altri (empatogene) tipiche dei rituali dove la musica agiva da promotore per stati modificati di coscienza ritorna nell’uso di sostanze allucinogene e derivati della metamfetamina, delle metossiamfetamine/triptamine, di funghi nei riti moderni, e soprattutto nel rave. Le sostanze vengono assunte anche indipendentemente dalla necessità di raggiungere lo stato di transe, che può arrivare anche per via solo musicale. Nella scenografia dei rave, e in forme diverse anche nelle discoteche techno, si ritrova un insieme di effetti visivi che possono essere considerati induttori di transe. Effetti che spesso producono nel silenzio del dopo spettacolo fenomeni di potenziali evocati, prevalentemente di tipo visivo, a contenuto quindi allucinatorio, e la cosa non è di poca importanza pensando alla condizione di guida e ai rischi correlati. Non è un mistero che le indagini tossicologiche su soggetti deceduti per incidente stradale nei periodi di post discoteca siano prevalentemente negative quanto alla presenza al momento dell’incidente di sostanze psicoattive.

Sul piano fisiologico, l’udito permette di percepire la musica e ciò è ovviamente alla base delle successive elaborazioni psicologiche ed affettive. Il silenzio rappresenta uno spazio vuoto o immobile, mentre il suono rappresenta uno spazio pieno o in movimento: i suoni udibili riempiono quindi uno spazio e consentono così al soggetto di integrarsi in esso. In più, e questa è una caratteristica fondamentale, la musica si svolge nel tempo e, in un certo senso, ne può modificare la percezione. La musica sta infatti a determinare il tempo presente: una nota è nel momento in cui è. La musica è in grado di modificare alcuni parametri ematici, elettrofisiologici e cardiopolmonari. Innanzi tutto, bisogna specificare che è la melodia in sé a determinare tali effetti, mentre le parole non sembrano importanti. Un altro elemento importante è il ritmo della musica ascoltata: difatti alcuni studi indicano che si tende a preferire musica che abbia un tempo compreso tra 70 e 100 cicli/min, ovvero simile alla frequenza cardiaca dell’adulto a riposo; inoltre, sia utilizzando toni puri, sia utilizzando brani musicali, se al soggetto è data la possibilità di regolare il tempo, esso sceglie quello che si accorda meglio col proprio battito cardiaco. La musica influisce sull’ascoltatore, modificandone la frequenza cardiaca: infatti mentre la musica percepita come rilassante tende a far diminuire frequenza cardiaca e respiratoria, la musica più scatenata, come il rock o la techno, tende invece a farle aumentare.

Se per es. si fa un paragone tra suoni della Natura e suoni sintetizzati senza analogie naturalistiche, questi ultimi sono in grado di inibire il parasimpatico e di promuovere spiacevoli sentimenti di allerta, con aumento della frequenza cardiaca e respiratoria. Inoltre, la frequenza cardiaca viene modificata in modo più significativo da musiche conosciute e familiari, rispetto a musiche di uguale tempo ma mai ascoltate prima: ciò può far pensare che nella genesi di tali modificazioni siano importanti i fattori psicologici e affettivi. L’attenzione psicologicamente distaccata ma che sia accompagnata da un senso di disponibilità, permette di integrare come elementi musicali anche i suoni normalmente considerati fastidiosi, come studiò Cage a proposito dei suoni a frequenza costante, da lui sentiti come vere e proprie sculture sonore nello spazio.

Recentemente è stato notato come la musica di tipo melodico possa riequilibrare lo sbilanciamento di livello bioelettrico nelle aree cerebrali frontali, disequilibrio che normalmente accompagna gli stati depressivi di tipo maggiore, soprattutto nell’età avanzata.

Come precedentemente accennato, è opportuno indagare il ruolo del rapporto tra droghe e discoteca, luogo preposto al ballo e alla socializzazione, mentre i rave-party si caratterizza come incontro illegale e saltuario, dove il fulcro dell’azione si concentra sul fenomeno musicale piuttosto che nella ricerca di contatti sociali. E’ interessante poi osservare come nell’ambito della discoteca sia possibile operare due ulteriori distinzioni fra il luogo più commerciale e quello di tendenza. Nella commerciale la musica è quasi completamente composta da canzoni (melodia su ritmo di fondo), mentre nella discoteca di tendenza la musica è quasi completamente costituita da “tracks” (tracce non melodiche di ritmi campionati) emergenti su basse frequenze (dai 20 ai 150 Hz), e per quanto riguarda la situazione italiana le luci sono sottoposte a rigide limitazioni a causa dei possibili danni alla vista.

La sostanza psicoattiva più utilizzata nella discoteca commerciale è l’alcool, mentre i cannabinoidi, l’extasy e la cocaina (sempre con alcool, talora con metanfetamina o ICE e LSD) sono presenti nei raduni di tendenza. La musica di tendenza si può suddividere in due filoni, house e techno, a loro volta suddivisibili in vari tipi. La musica house ha un ritmo che si aggira su 120-135 battute/min e circa il 50% della programmazione è costituito da canzoni. La musica techno è molto più veloce ed ossessiva e circa il 90% della programmazione è costituito da tracks. Tra le situazioni house e techno, sebbene entrambe siano di tendenza, c’è una differenza significativa: nella prima predomina l’interesse alla socializzazione, nella seconda predomina l’interesse verso stati di alterazione della coscienza, di fusione se vogliamo usare un termine psicodinamico.

Nella discoteca, sia essa commerciale o di tendenza, l’ambiente è completamente saturo di musica: i volumi sono altissimi, tanto che le vibrazioni sonore possono essere percepite all’interno del corpo (attenzione però che una pressione sonora oltre 95 Db per 4 ore al giorno porta a danno uditivo (strutture ciliari); il ritmo è veloce, incalzante, il tempo viene frammentato e fermato dalle luci stroboscopiche, il caldo e l’elevata umidità creano un ambiente a volte surreale.

L’atmosfera è spesso estremamente sensuale e questo effetto è caratteristico degli ambienti provvisti di sub-woofer: infatti, da alcuni studi sembra che le basse frequenze ad elevato volume operino una sorta di “massaggio” genitale. L’ambiente è una fonte di stimolazione, così come la disposizione individuale e il grado di attenzione, al punto da eliminare alcuni stimoli amplificandone altri, così che l’attenzione si sposta e si centra sugli eventi più rilevanti, come se il fuoco dell’attenzione si stringesse, ma contemporaneamente appare una minor resistenza alla frustrazione e effetti sgradevoli alla cessazione dello stimolo preponderante, minor potere cognitivo, minor altruismo. Il controllo della corteccia sulla sostanza reticolare si altera, disponendosi ad una curva esponenziale, di saturazione, secondo la quale l’intensità e la durata dello stimolo inibiscono la capacità di controllo individuale sia sui canali sensoriali aperti (non solo quindi quello acustico) sia sulla percezione e il controllo delle emozioni, intese come percezione cognitiva dell’insieme delle funzioni neurofisiologiche attivate. Gli elementi della musica (ritmo – numero di battute nell’unità di tempo-, melodia – canto o forma orizzontale-, armonia – colloquio fra le voci o forma verticale-, tono – altezza del suono o nota-, colore – aspetti del tono legati alla differenza fra gli strumenti-) sono quindi potenziati da molti fattori ambientali, psicologici, fisiologici.

Spettri sonori complessi permettono di polarizzare l’attenzione meglio dei toni puri, tanto che le risposte comportamentali appaiono con minor intervallo di latenza, e più articolate. Le prime due dimensioni della musica, altezza e ritmo, influenzano molto i processi cognitivi, ma anche le rappresentazioni spaziali: i potenziali evocati, soprattutto da musica tonale, aprono la funzione della risposta evocata da parte del sacculus dell’orecchio, responsabile appunto della rappresentazione del nostro spazio. Si nota però che per intensità sonore sopra i 90 dB tali proprietà si modificano, arricchendosi di potenziali evocati anche da parte di muscoli (sternocleidomastoideo). Studi tomografici mostrano come il contenuto armonico attivi le aree centro temporali e le frontali.

Sono controversi i risultati delle indagini volte a scoprire se esista una relazione fra consumo di stupefacenti, e quali, e tipo di musica.

La musica va a influire anche sulla concentrazione plasmatica di alcuni ormoni, soprattutto ACTH, cortisolo e noradrenalina: la musica rilassante e meditativa sembra associata a diminuzione di cortisolo e noradrenalina, mentre la musica pop sembra diminuire i livelli di prolattina e la musica classica sembra invece non influire significativamente su sistema simpatico e asse ipotalamo-ipofisario. Ma tali effetti neuroendocrini sono, almeno in parte, correlati al background professionale e culturale nei confronti della musica: si può avere a seconda dei casi un aumento dello stress, anziché ad una sua diminuzione.

Infine, l’ascolto della musica si accompagna anche a modificazioni del tracciato EEG: in genere si ha una parziale sostituzione del ritmo a con ritmi b, q e d. Queste modificazioni possono essere controllate mediante apparecchiature particolari, chiamate “Brain Machines”, le quali, tramite cuffie ed occhiali, trasmettono determinate frequenze a orecchio e occhio, attivando nel cervello reazioni controllate, visibili mediante modificazioni del tracciato elettroencefalografico, poiché le onde cerebrali si allineano alle oscillazioni acustiche e visive esterne. Pertanto si possono programmare tali macchine per stimolare il ritmo b, allo scopo di aumentare vigilanza e attenzione, o il ritmo a, allo scopo di ottenere un profondo rilassamento, o ancora il ritmo q, per risolvere anomalie del sonno.

Tali modificazioni EEG si prolungano per alcune ore dopo il trattamento, come pure le associate modificazioni del comportamento. Se per es. si vanno e studiare tali modificazioni in soggetti che hanno passato una nottata in discoteca, si può notare come vi sia una diminuzione del ritmo a e un aumento dei ritmi b e q: ovvero c’è una netta prevalenza delle onde cerebrali correlate alle situazioni di stress (onde b) e correlate a sonno e meditazione (onde q), rispetto a quelle correlate alle situazioni di rilassamento (onde a).

Parallelamente, c’è un aumento dello stato di vigilanza, dell’attività psicomotoria, del tono dell’umore e delle energie, che si accompagna anche ad aumento di frequenza cardiaca e pressione arteriosa; all’inverso, c’è una diminuzione di attenzione, concentrazione, tempi di reazione e memoria rispetto al gruppo di controllo. Dato che i soggetti esaminati non hanno fatto uso di alcuna sostanza psicoattiva, si può pensare che le modificazioni appena descritte siano legate alla stimolazione acustica e visiva presente in discoteca, che potrebbe avere un meccanismo d’azione sovrapponibile a quello delle Brain Machines.

Questi macchinari sono anche in grado di permettere il sincronismo dei due emisferi cerebrali, il che sembra migliorare memoria, concentrazione e calma interiore migliorando anche gli stati depressivi essenziali, caratterizzati da una asimmetria persistente delle attivazioni frontali.

L’emisfero sinistro è sede del pensiero razionale e deduttivo, mentre quello destro è sede del pensiero induttivo, dell’istinto e della creatività: i soggetti depressi cronici mostrano uno sbilanciamento stabile dell’attività dei due emisferi, con relativa attivazione frontale destra. Si può notare una diminuzione di tale sbilanciamento, associata a diminuzione del cortisolo salivare, durante e dopo l’ascolto di musica rock, anche se non si osservano modificazioni del tono dell’umore. D’altra parte, sembra esserci una correlazione tra le preferenze musicali rock e metal e la depressione endogena, soprattutto nel sesso femminile. Invece se si sottopongono soggetti depressi (adulto-anziani) a programmi di musicoterapia e rilassamento per un periodo di 8 settimane, si ha un grosso miglioramento del tono dell’umore e degli indici diagnostici di depressione rispetto ai controlli e tali risultati permangono per 9 mesi dopo la sospensione del trattamento. Si è rilevato un aumento della concentrazione di b-endorfina, noradrenalina e GH durante l’ascolto della techno, tanto che al termine dei 30 min di ascolto i livelli plasmatici di tali sostanze sono assai più elevati di quelli rilevati dopo l’ascolto della musica classica, la quale non induce invece modificazioni di tali ormoni.

ACTH e cortisolo seguono andamenti leggermente diversi: la techno porta infatti ad aumento di entrambi tali ormoni, mentre la musica classica ne determina una diminuzione.

Infine, adrenalina e prolattina non vanno incontro a variazioni a seguito dell’ascolto musicale, a parte un leggero innalzamento (non statisticamente significativo) della prolattina nelle femmine dopo la techno-music. Confrontando i dati, si può quindi trovare una correlazione positiva trai picchi di noradrenalina, GH e b-endorfina, le modificazioni dello stato emozionale e l’aumento di frequenza cardiaca e pressione sistolica dopo l’ascolto della techno.

Quindi, in accordo ad altri studi, sembra che la musica techno, come altre musiche dai ritmi veloci, sia in grado di attivare il sistema simpatico e l’asse ipotalamo-ipofisi-surrene.

L’aumento di GH, b-endorfina e ACTH può essere considerato dipendente dall’attivazione noradrenergica centrale, quindi responsabile del picco secretorio degli altri ormoni. Il pattern neuroendocrino indotto dall’ascolto della techno è simile a quello prodotto dallo stress psicologico, con la differenza che nel primo caso non c’è aumento della concentrazione plasmatica di adrenalina, come avviene invece nel secondo. Ciò può suggerire che vi sia una diversa percezione mentale degli stimoli stressori e conseguentemente vi sarebbe la liberazione di neurotrasmettitori diversi.

Il fatto che la techno-music sia costituita prevalentemente da tracks, la rende ripetitiva e ossessiva: ogni momento musicale è uguale o molto simile al precedente e al successivo e ciò enfatizza la cristallizzazione del tempo sul presente. Abbiamo anche visto che la musica da discoteca può agire in modo simile alle Brain Machines, soprattutto se associata a luci psichedeliche, sincronizzando le onde cerebrali sulle frequenze b (13-30 cicli/sec) e q (4-7 cicli/sec), ovvero rispettivamente di tipo stimolante e ipnotico: questo effetto di trascinamento, se così si può chiamare, prosegue per tutta la notte e costituisce uno stimolo stressorio di notevole entità. Nel corso della serata i ritmi accelerano e i volumi aumentano, fino ad arrivare a un acme, analogamente a quanto accade solitamente nelle musiche di possessione: a un certo punto ecco allora insorgere la trance, l’identificazione con la musica e il movimento, la sostituzione della coscienza con l’inconscio.

Purtroppo però, sono poche le persone che, grazie ad adeguati set e setting, possono raggiungere la trance senza l’ausilio di sostanze psicoattive. Nella maggior parte dei casi invece tale stato viene raggiunto con l’aiuto di droghe, prima fra tutte la MDMA. Se si considerano attentamente gli effetti neuro-psichici di tale sostanza, si può osservare come buona parte di essi rientrino nell’ambito degli SMC: alterazioni della percezione del tempo, dispercezioni visive, modificazioni del pensiero con spostamento dell’attenzione verso l’interno e l’inconscio, aumento della coscienza delle emozioni, alterazioni nella percezione dei rapporti spaziali, perdita del limite tra sé e gli altri. Il fatto che vi siano set e setting adeguati e il fatto che l’extasy porti di per sé allo sviluppo di un SMC, favoriscono l’identificazione con la musica: i limiti corporei sembrano sparire e tutto intorno al soggetto diventa musica. A questo punto, la trasformazione è completata e chi balla è letteralmente posseduto dal proprio inconscio e ciò provoca un piacere a quanto pare indescrivibile a chi non l’ha mai provato.

Molti raver descrivono addirittura le proprie esperienze come mistiche, si sentono in armonia con l’universo; per loro la trance è un’apertura verso qualcos’altro ed essa viene vissuta come “rivelazione”, più o meno sconvolgente.

Ma a questo punto sorge un problema: se nel corso di un SMC la realtà esterna è ambigua, se non è presente una guida, sono i prodotti mentali del soggetto in trance a costituirne la guida principale nella percezione della realtà, con tutti i rischi che ne possono derivare. Pertanto esiste una grossa differenza tra la trance che si manifesta all’interno di un rito ben codificato e sotto il patrocinio di una guida esperta, che dà sensazioni di sicurezza e approvazione, e la trance che si manifesta in soggetti allo sbaraglio, dovuta principalmente all’azione di una sostanza chimica. L’assenza di guide può portare ad erronee interpretazioni degli eventi e a grossolani errori di valutazione (nei riguardi di pericoli, proprie capacità, intenzioni degli altri), con comportamenti pericolosi e reazioni eccessive. Tali erronee interpretazioni, da un punto di vista psicoanalitico, sono infatti da considerare momenti proiettivi, che però vengono letti dal soggetto come esterni e quindi dotati di autonomia rispetto all’unità dell’Io.

Per terminare, vorrei fare alcune brevi considerazioni sulle cosiddette “stragi del sabato sera”, tanto reclamizzate dai mass media. Diversamente da quanto molte persone possono essere indotte a pensare da un’informazione sommaria, le indagini tossicologiche su soggetti deceduti per incidente stradale nel dopo-discoteca sono solitamente negative per quanto riguarda la presenza di sostanze psicoattive (fatta eccezione per l’alcool etilico che è presente oltre la soglia consentita di 80 mg nell’8% dei decessi). Per tale motivo si è indotti a pensare che il principale responsabile di tali incidenti sia la stanchezza, che si manifesta col colpo di sonno. E ciò è piuttosto verosimile se si pensa che chi si mette alla guida ha ballato, o comunque è rimasto sveglio, per tutta la notte, che gli amici che trasporta spesso si addormentano lasciandolo così solo alla guida e che il più delle volte l’incidente avviene lungo un rettilineo, dove la guida è monotona, senza segni di frenata.
Un interrogativo: non sarebbe possibile che, nel silenzio del dopo spettacolo, il soggetto vada incontro a fenomeni di potenziali evocati, prevalentemente di tipo visivo (quindi a contenuto allucinatorio), causati dalla precedente iperstimolazione sensoriale, eventualmente accompagnata da SMC? E’ un’ipotesi ovviamente tutta da dimostrare, ma non certo da scartare visti i presupposti su cui si basa.

Gli effetti della musica mediati dall’intervallo tonale sono quindi indagabili, come detto prima, sia da un punto di vista fisiologico che secondo l’evoluzione dei modelli culturali; e un aspetto in particolare emerge in tutte le tradizioni, quello dell’estasi e della transe.

(…) La discoteca è un luogo preposto al ballo e alla socializzazione, dove la musica viene gestita da uno o più disc-jockey (DJ); è la diretta discendente della “balera” e può avere connotazioni diverse (locale all’aperto o al chiuso, circolo privato o ad ingresso libero, ecc.), ma è sempre e comunque regolamentata da leggi. Il rave-party è invece una festa illegale a carattere saltuario, che si tiene in aperta campagna o in stabilimenti industriali abbandonati. Il luogo di questo party è però ben organizzato, con generatori, luci e casse acustiche, che assolutamente nulla hanno da invidiare alle discoteche più attrezzate.

In Italia non esiste una scena rave significativa, che è assai più caratteristica dei Paesi Anglosassoni, ma si può comunque operare una separazione tra due tipi di discoteca: quella “commerciale” e quella “di tendenza”. La musica e le aspettative del pubblico in queste due tipologie di fruizione sono diverse: nella discoteca commerciale la musica è quasi completamente composta da canzoni e il principale fine del pubblico è la socializzazione, mentre nella discoteca di tendenza la musica è quasi completamente costituita da “tracks” e il principale fine del pubblico è il puro divertimento. Il principale fattore distintivo tra questi due generi che più ci interessa è proprio il diverso tipo di musica suonata: mentre la canzone si può definire come una composizione dalla struttura ben codificata, in cui è riconoscibile un tema centrale (melodia) e un accompagnamento, per track si intende una composizione dall’andamento stabile, nella quale non esiste una melodia (si può pensare come una canzone costituita dal solo accompagnamento, che viene quindi in questo caso ad essere il tema centrale esso stesso). Pertanto possiamo distinguere due situazioni estreme: nella prima, prettamente commerciale, vengono usate solo canzoni, nella seconda, estremamente di tendenza (come nel caso dei rave-parties), vengono usati solo tracks.

Solitamente ci si trova però di fronte a situazioni intermedie, nelle quali c’è una commistione trai due generi, pertanto si parla di discoteca commerciale o di tendenza quando prevalga la prima o la seconda situazione. In entrambi i casi è fondamentale il lavoro del DJ, che sceglie i pezzi musicali sulla base delle risposte del pubblico; tale importanza è però massima nelle situazioni di tendenza, nelle quali un bravo DJ può costruire percorsi e discorsi musicali sfruttando l’atmosfera che scaturisce da ciascun track.

Possiamo riassumere come segue le caratteristiche principali dei ritrovi di consumo musicale: in entrambi i casi la musica ha volumi molto elevati, ma mentre nella discoteca commerciale prevalgono le canzoni, solitamente conosciute dal pubblico, nella discoteca di tendenza prevalgono tracks e brani sconosciuti, con un volume sonoro maggiore di quello della discoteca commerciale e massima enfasi sulle basse frequenze (tali caratteristiche sono ancora più accentuate nel rave-party); in entrambi i casi abbiamo abbondanza di luci psichedeliche e stroboscopiche; la coreografia e la scenografia sono particolarmente curate, soprattutto nella discoteca di tendenza; in entrambi i casi l’ambiente è caldo e affollato: a tal proposito sarebbe interessante prendere in analisi la psicologia dei grandi gruppi (l’effetto di gruppo è un tratto generale dei riti di trance e anche la moderna psicologia ha notato come i partecipanti a gran raduni entrino in uno stato di coscienza diverso da quello ordinario), ma tale lavoro richiederebbe una tesi a sé; in entrambi i casi è il DJ a dirigere la musica e il suo lavoro è coadiuvato da LJ e vocalist.

Tutto ciò rappresenta il “setting” della discoteca; ma perché insorga uno SMC è necessario anche un “set” individuale adeguato, che renda possibile la frattura con lo stato ordinario di coscienza. Ecco allora che assumono importanza l’attesa dell’evento e le aspettative del soggetto che si accinge ad entrare in discoteca. Le aspettative per la serata sono assai diverse nei ballerini commerciali e di tendenza: mentre infatti i primi sono alla ricerca di socializzazione, i secondi sono alla ricerca di divertimento. Allora le aspettative del pubblico commerciale sono di natura sociale e vanno dall’incontrarsi con gli amici abituali, alla seduzione, all’approfondimento di amicizie superficiali, anche se sicuramente c’è il desiderio di ascoltare musica e ballare, altrimenti verrebbe scelto un locale di diverso tipo. Invece il pubblico di tendenza, e ancora di più il raver, mette la socializzazione in secondo piano e le sue aspettative sono rivolte al divertimento: che ne sia cosciente o meno, desidera semplicemente riuscire a provare nuovamente le sensazioni, sperimentate in precedenza, di uno SMC, nella fattispecie uno stato di trance, che presuppone un dispositivo di iperstimolazione sensoriale. Secondo Fontaine e Fontana, si possono distinguere tre categorie di raver, che hanno approcci diversi alla trance: gli “adepti dello sballo”, gli “edonisti puri” e i “neo-mistici”. La maggior parte dei raver appartiene alla categoria degli edonisti puri, alla ricerca essenzialmente di piacere, in tal caso provocato dalla trance; gli adepti dello sballo cercano invece una totale compenetrazione con la musica e un annullamento della coscienza, più che una sua alterazione, assumendo grossi quantitativi di droghe di vario tipo; infine i neo-mistici, veramente rari comprendono di vivere uno SMC e sono alla ricerca di “verità”, di fusione con l’universo o col divino.

Comunque sia, ci troviamo di fronte a persone che, nel week-end, cercano qualcosa di diverso rispetto a ciò che hanno nel corso della settimana, vogliono sentirsi al meglio, fare conquiste o divertirsi: per questi motivi si preparano meticolosamente, lasciandosi i problemi alle spalle e pensando solo a quello che li aspetta i discoteca. Il locale poi è così diverso dai grigi, monotoni e statici ambienti di lavoro o studio: le luci, la musica, la gente, tutto punta al movimento, all’allegria, alla sensualità. E’ facile a questo punto capire come possa prodursi, in modo più o meno marcato, un fenomeno di dissociazione tra due sé, quello diurno e quello notturno, ovvero la frattura tra due stati di coscienza, quello ordinario e quello modificato.

Negli ultimi anni sono stati condotti diversi studi per mettere in evidenza gli effetti neuroendocrini e psicologici della musica techno, anche per cercare una possibile relazione con le cosiddette “morti del sabato sera”. In particolare è interessante uno studio condotto a Parma, nato dalla collaborazione fra SerT e Clinica Universitaria, che va ad indagare le possibili associazioni tra cambiamenti emozionali ed endocrini favoriti da questa musica e cerca di definire i tratti di personalità che possono predire tali cambiamenti. A tale scopo, a 16 giovani (8 maschi e 8 femmine), sani e senza disturbi psichiatrici in famiglia, è stata fatta ascoltare musica classica e techno in due diverse sessioni di 30 minuti ciascuna, poi sono stati valutati i cambiamenti nella concentrazione plasmatica di noradrenalina, ACTH, cortisolo, β-endorfina, prolattina e GH, le modificazioni di pressione arteriosa e frequenza cardiaca e lo stato emozionale. Per quanto riguarda le risposte psicologiche ai due diversi tipi di musica, mentre l’ascolto di quella classica porta a sensazioni di rilassamento, calma e serenità, la techno-music induce sentimenti opposti, come tensione, ansietà, angoscia; inoltre 11 soggetti su 16 asseriscono di essersi sentiti stanchi durante l’ascolto della techno. Per quanto riguarda i dati cardiovascolari, mentre la musica classica non porta a modificazioni significative, durante l’ascolto della techno si ha un aumento della frequenza cardiaca e della pressione sistolica, mentre la pressione diastolica resta invariata.

Ma i dati più significativi sono quelli riguardanti i livelli plasmatici di ormoni; in particolare si è rilevato un aumento della concentrazione di β-endorfina, noradrenalina e GH durante l’ascolto della techno, tanto che al termine dei 30 min di ascolto i livelli plasmatici di tali sostanze sono assai più elevati di quelli rilevati dopo l’ascolto della musica classica, la quale non induce invece modificazioni di tali ormoni. ACTH e cortisolo seguono andamenti leggermente diversi: la techno porta infatti ad aumento di entrambi tali ormoni, mentre la musica classica ne determina una diminuzione. Infine, adrenalina e prolattina non vanno incontro a variazioni a seguito dell’ascolto musicale, a parte un leggero innalzamento (non statisticamente significativo) della prolattina nelle femmine dopo la techno-music. Confrontando i dati, si può quindi trovare una correlazione positiva trai picchi di noradrenalina, GH e β-endorfina, le modificazioni dello stato emozionale e l’aumento di frequenza cardiaca e pressione sistolica dopo l’ascolto della techno.

Quindi, in accordo ad altri studi, sembra che la musica techno, come altre musiche dai ritmi veloci, sia in grado di attivare il sistema simpatico e l’asse ipotalamo-ipofisi-surrene. L’aumento di GH, β-endorfina e ACTH può essere considerato NA-dipendente, ovvero l’attivazione noradrenergica centrale può essere responsabile del picco secretorio degli altri ormoni. Il pattern neuroendocrino indotto dall’ascolto della techno è simile a quello prodotto dallo stress psicologico, con la differenza che nel primo caso non c’è aumento della concentrazione plasmatica di adrenalina, come avviene invece nel secondo. Ciò può suggerire che vi sia una diversa percezione mentale degli stimoli stressori e conseguentemente vi sarebbe la liberazione di neurotrasmettitori diversi.

Questo studio presenta però alcune limitazioni che vale la pena affrontare: oltre al fatto che il campione è piccolo, per evitare gli effetti del diverso background musicale e culturale, i soggetti sono stati scelti in base al fatto che non avessero ricevuto un’educazione musicale, che non avessero specifiche preferenze musicali e che non frequentassero discoteche. Nessuno dei soggetti esaminati gradisce quindi questo tipo di musica; inoltre il peggioramento dello stato emozionale e i picchi di NA, GH e β-endorfina sono tanto più evidenti quanto meno la musica techno piace. Sappiamo poi che la β-endorfina aumenta in seguito a qualunque emozione percepita come negativa o dolorosa: un soggetto obbligato ad ascoltare una musica che trova fastidiosa percepirà sicuramente un’emozione negativa e quindi andrà incontro a un aumento degli oppioidi endogeni. E’ possibile quindi che la risposta all’ascolto della techno dipenda almeno in parte dal fatto che essa sia percepita come piacevole o spiacevole: una persona che ami passare il proprio tempo libero in discoteca non trova la musica che lì si suona fastidiosa, pertanto i risultati di questo studio non possono a priori essere applicati ai frequentatori di discoteche. Comunque, in questo studio sono state messe in evidenza alcune differenze nelle risposte dei diversi soggetti alla techno, sulla base di diversità dei tratti del carattere: quelli che erano stati catalogati come “novelty-sensation seeking subjects” (soggetti sempre alla ricerca di nuove sensazioni) risultavano infatti meno infastiditi degli altri da tale tipo di musica.

Riassumendo, sembra che la techno-music sia responsabile di un’attivazione noradrenergica, che è più evidente quando tale musica sia percepita come fastidiosa; i frequentatori di discoteche potrebbero essere quindi meno sensibili a tale effetto simpaticomimetico, in virtù del fatto che gradiscono tale tipo di musica. D’altra parte però, studi eseguiti nell’ambito della medicina sportiva indicano che l’ascolto di musica dal ritmo veloce, in soggetti non allenati, aumenta la resistenza fisica e che l’esercizio, da parte sua, aumenta la sensibilità alla musica e ai rumori. Questo potrebbe in parte spiegare la grossa resistenza fisica di chi balla tutta la notte in discoteca senza assumere sostanze psicoattive. Non bisogna però dimenticare gli altri fattori in gioco in questo ambiente, come i volumi sonori molto elevati, le stimolazioni visive, l’eventuale uso di sostanze psicoattive e, infine, l’assetto psicologico del soggetto, con i suoi problemi, le sue aspettative per la serata e i suoi tratti del carattere; tutti questi sono fattori che possono favorire od ostacolare le modificazioni correlate all’ascolto della musica in modo non prevedibile.

La musica techno induce un aumento della frequenza cardiaca, della pressione sistolica e degli stati emotivi, un aumento dei valori di betaendorfine, ACTH, norepinefrina, GH e cortisolo; l’ascolto di musica classica influisce solo sullo stato emozionale. Epinefrina e prolattina non vengono modificate da alcun tipo di musica. Sembra quindi che la musica techno agisca sui neurotrasmettitori i peptidi e le reazioni ormonali, indipendentemente dal sesso.

Concludendo, ma anche semplificando, si può considerare la musica veloce come un fattore in grado di attivare il sistema simpatico e tale effetto è più accentuato con la musica techno, che oltre a essere veloce è anche molto ripetitiva; pertanto, soprattutto se associata a luci stroboscopiche, può indurre una sincronizzazione delle onde cerebrali su frequenze legate alla tensione e allo stress. Se veramente l’attivazione simpatica segue l’andamento della musica, considerando che in discoteca i volumi e i ritmi, nella maggior parte dei casi, aumentano progressivamente nel corso della serata, all’apice della stimolazione sensoriale si avrà anche la massima stimolazione simpatica: quando poi la musica cessa, diminuisce gradualmente la secrezione di noradrenalina e si fa strada l’esaurimento fisico, come accade quando termina l’effetto di una sostanza stimolante. Da questo punto di vista, quindi, la techno-music (tanto più se associata a luci stroboscopiche) può essere considerata alla stregua di una droga stimolante ed euforizzante, i cui effetti vengono accentuati dal ballo ed esasperati dalle sostanze psicostimolanti, come extasy, cocaina e metanfetamina.

Se si sottopongono soggetti depressi (adulto-anziani) a programmi di musicoterapia e rilassamento per un periodo di 8 settimane, si ha un grosso miglioramento del tono dell’umore e degli indici diagnostici di depressione rispetto ai controlli e tali risultati permangono per 9 mesi dopo la sospensione del trattamento. ACTH e cortisolo seguono andamenti leggermente diversi: la techno porta infatti ad aumento di entrambi tali ormoni, mentre la musica classica ne determina una diminuzione. (…)

Ma tali effetti neuroendocrini sono, almeno in parte, correlati al background professionale e culturale nei confronti della musica: paragonando infatti le risposte alle stesse selezioni musicali di due gruppi di soggetti, il primo rappresentato da studenti di musica e il secondo da studenti di biologia, si può notare come nel primo caso vi sia un aumento del cortisolo plasmatico, mentre nel secondo caso vi sia una sua diminuzione. Questa risposta potrebbe essere spiegata dal fatto che gli studenti di musica ascoltano in modo critico e analitico rispetto agli studenti di biologia e ciò porterebbe a un aumento dello stress, anziché ad una sua diminuzione.

(…) Con musiche di tipo rock “duro” prevalgono gli aspetti di aggressività, di abbassamento degli stati rilassati e di chiarezza mentale, viceversa esempi studiati di designer musica ottengono l’effetto contrario (McCraty) come dire che il peggioramento della performance non è dovuto al tipo musicale in sé, ma alla struttura interna della musica: anche una di tipo “disegnata a tavolino” può quindi produrre effetti di notevole interesse. L’arousal fisiologico si mantiene a livelli ottimali più per la struttura musicale del brano che non per il tipo di parte lirica contenuta (Souson) come dire che la parte melodica si riferisce più ai centri di interpretazione o vvero del linguaggio, diversamente dalla parte ritmica, che agisce prevalentemente sulle aree corticotalamiche e corticolimbiche (Zakharova, Avdeev), con dominanza del ritmo β, θ e δ su quello α con differenze, sulle quali non tutti i ricercatori concordano, sul ruolo eventualmente giocato dalle condizioni individuali circa il grado di preparazione musicale. Certo è che musica di tipo “meccanico” e aritmica induce sperimentalmente una inibizione del tono del parasimpatico con induzione di stati di allerta e di disagio.

Un riesame della casistica di primo soccorso durante 405 grandi concerti ha rilevato come mediamente il rischio di disturbi a livello cardiocircolatorio aumenti statisticamente di 2.5 volte (Grange, Gree, Downs), assieme all’aumento di rischi connessi con eventi di tipo traumatico. Fino al 1998 sono stati inoltre segnalati due episodi di epilessia indotta da musica del genere pop (epilessia musicogena, Nakano, Takase, Tatsumi). Sempre nella popolazione giovanile è stato osservato sperimentalmente (Field e Coll.) che la musica si correla positivamente con un’attività alta a livello frontale sn, e negativo con analoga iperattività a dx, tipica degli stati di depressione cronica: comunque i livelli di cortisolo tendono a diminuire, così come l’attivazione frontale sn, anche se il tono dell’umore non sembra migliorare. Similmente, la musica è dimostrato ormai agire positivamente nei pazienti schizofrenici, inibendo la formazione di allucinazioni uditive a dx (Gallagher, Dinan, Baker). Queste considerazioni hanno fatto sì che la musica sia stata vista anche sotto l’angolo di proposta terapeutica, al fine di facilitare il rientro della frequenza cardiaca, dello stato generale e psicofisiologico di rilassamento, mediante la riduzione del livello circolante degli ormoni stress correlati (adrenal corticosteroids, Watkins, Rider, Floyd, Kirkpatrick); il fatto è considerato di notevole interesse per le correlazioni fra ormoni stress correlati e sistema immunitario.

(…) Comunque, in questo studio sono state messe in evidenza alcune differenze nelle risposte dei diversi soggetti alla techno, sulla base di diversità dei tratti del carattere: quelli che erano stati catalogati come “novelty-sensation seeking subjects” (soggetti sempre alla ricerca di nuove sensazioni) risultavano infatti meno infastiditi degli altri da tale tipo di musica.

Sul piano psicologico, la musica influisce sulla percezione che si ha del proprio “essere”: i suoni definiscono lo spazio in cui un soggetto si trova come uno spazio contenente altre persone, in cui il soggetto in questione viene ad assumere una certa collocazione. Il silenzio rappresenta uno spazio vuoto o immobile, mentre il suono rappresenta uno spazio pieno o in movimento: i suoni udibili riempiono quindi uno spazio e consentono così al soggetto di integrarsi in esso. In più, e questa è una caratteristica fondamentale, la musica si svolge nel tempo e, in un certo senso, ne può modificare la percezione. Infatti, la musica indica che qualcosa sta succedendo, che il tempo è occupato da un’azione in svolgimento, ma contemporaneamente può anche fermare il tempo stesso, cristallizzarlo sul presente. La musica sta infatti a determinare il tempo presente: una nota è nel momento in cui è, poi svanisce (rimanendo però impressa nella memoria di chi ascolta) o ricompare, ma sempre nel presente. Il ciclico o continuo ripresentarsi di una nota crea un senso di sospensione (basti ad es. pensare al rullo dei tamburi prima del salto di un trapezista), ferma il tempo sul presente: niente passato, niente futuro. Quindi oltre a inscrivere un soggetto nello spazio, la musica può anche inscriverlo nel tempo: “io sono qui ora”, ovvero può orientarlo sia nel tempo che nello spazio.

Proprio per queste caratteristiche, la musica accompagna i riti religiosi, in modo più o meno evidente a seconda delle religioni e delle culture considerate; i riti nei quali la musica ha il ruolo più importante sono quelli di “possessione”, durante i quali si raggiungono stati modificati di coscienza conosciuti col nome di “trance”.

fonte: Bollettino S.I.R.T., Novembre 2000

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