RIFLESSIONE SULLA MORTE O TRANSIZIONE – 2

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RIFLESSIONE SULLA MORTE O TRANSIZIONE – 2

parte 2

V – La morte e le grandi tradizioni

Chi non si è già posto le domande: Che succede e cosa diventiamo dopo la morte? Dove si va? C’è
veramente qualcos’altro? E se tutto ciò non fosse vero? Perché si deve morire?
Abbiamo l’abitudine di dire: “Non lo sappiamo, nessuno è mai ritornato a dircelo”. Ma, secondo
il grado di interesse e nella misura in cui l’argomento ha importanza per noi, a suo tempo, il
nostro Essere interiore ci rivelerà questi segreti.
È bene tuttavia ricordarsi che le grandi tradizioni ci hanno lasciato numerosi scritti sugli
stati postumi. Una breve sintesi dei punti più importanti potrà senza dubbio alimentare la nostra
riflessione.

1) Il libro dei morti tibetano o Bardo Thòdol

Questo libro è un trattato scientifico che descrive in modo razionale le differenti tappe del
viaggio dell’anima dal momento della morte a quello della rinascita.

“Questo libro appartiene alla categoria dei testi che insegnano la tecnica e l’arte di morire. Il
suo interesse è centrato sul momento del “passaggio” e sui giorni e le settimane che seguono (1).”

Il termine “Bardo Thòdol” significa “Liberazione mediante comprensione nel piano che segue la
morte”. Il libro contiene un insegnamento di grande saggezza. Alcuni passaggi vanno letti al defunto
per consentirgli di liberarsi più rapidamente dei suoi attaccamenti materiali e umani e così
riconoscere la pura luce. Se, sin dai primi giorni, il defunto non ha saputo riconoscere la chiara
luce e fondervisi, dovrà iniziare il suo viaggio nei vari Bardos, che simbolicamente durano
quarantanove giorni. In breve, in questi Bardos la coscienza del defunto sarà confrontata col mondo
delle illusioni. Queste non sono altro che le illusioni, paure, chimere e fantasmi propri. Quanto
più in fretta saprà riconoscerli, tanto prima si libererà allo scopo di reintegrare il suo stato
divino (o fondersi col Buddha) oppure di reincarnarsi.
Il Karma determina le condizioni dell’esperienza che quest’anima vivrà. Il grande messaggio
trasmesso da questa tradizione buddista tibetana è che dobbiamo liberarci da ogni illusione e
attaccamento per poter raggiungere lo stato di Buddha.

“Il termine Buddha designa ogni persona che si è completamente risvegliata dall’ignoranza e si è
aperta al suo vasto potenziale di saggezza. Un Buddha è colui che ha messo termine definitivamente
alla sofferenza e alla frustrazione scoprendo una felicità e una pace durevoli, incrollabili (4).”
“E ciò può essere realizzato in questa incarnazione (5).”

Secondo tale tradizione, lo stato di Buddha si raggiunge attraverso il non attaccamento. Un buon
mezzo per arrivare a questo distacco o morte dell’ego è lo sviluppo della compassione.

2) Il libro dei morti degli antichi Egizi

Il suo titolo esatto in verità è: “Uscita verso la luce del giorno (1).”
Nella tradizione egizia i simboli hanno un posto preminente come mezzo di trasmissione degli
insegnamenti. Questo non sempre è semplice da comprendere né necessariamente esatto nell’ordine
cronologico degli avvenimenti. I riti funebri erano molto elaborati.

“Lo scopo era di permettere alla coscienza Ka di riunirsi all’anima spirituale Ba (3).”
“La mummificazione serviva a conservare la coesione delle membra. Simbolicamente significa che
l’anima conserva la sua identità e il dominio della Coscienza”.
“La conoscenza dei misteri dipende dalla riunificazione della Coscienza (3).”
“La descrizione della vita dopo la morte costituisce il carattere essenziale del Libro dei morti
Egiziano (4).”
“Una parte del libro era usata come guida dai candidati all’iniziazione; la nozione di morte, in
questo caso, diventava un termine tecnico che indicava il passaggio dal piano di coscienza
quotidiano a quello della super coscienza (1).”

La lettura degli incantesimi trasmette forza e determinazione a colui che li legge. Questi testi
danno l’impressione che sia l’anima in tutta la sua onnipotenza e onniscienza a parlare attraverso
il lettore. La lettura di questo libro sarà senza dubbio di grande ispirazione, sapendo che questa
Tradizione fa parte delle origini dei nostri insegnamenti rosacrociani.

“L’iniziato partiva dal principio che il fenomeno della morte fisica era solo una metamorfosi della
coscienza. Per lui l’anima, dopo aver varcato la soglia, percorreva le tappe successive di
un’evoluzione normale (1).”
“Gli antichi Egizi ritenevano che nascendo sulla Terra, l’uomo moriva per il mondo dell’Al di là; le
sue potenzialità sovrumane subivano un eclissi. La morte terrestre era invece una nuova nascita, una
rinascita nello spirito, un ringiovanimento dell’io profondo. Il defunto diventava un neonato. Il
piano nel quale approdava dopo il passaggio della soglia era la regione dell’assoluta possibilità.
Libero dalla prigione materiale poteva vivere l’esperienza di una libertà totale (1).”

Il punto importante in questa Tradizione è che soltanto la Vita è reale e assoluta, non la
morte. La metamorfosi è l’elemento chiave del pensiero egizio sapendo che consiste in molteplici
trasformazioni. Questo sottintende evoluzione.

3) Lo Zohar

È’ il “Libro dello splendore” della tradizione giudaica.
Un’idea interessante dello Zohar è il paragone tra il sonno e la morte. Ogni notte, vi si legge,
l’anima compie lo stesso viaggio che farà quando lascerà il corpo definitivamente. Lasciando il
corpo vivere unicamente delle sue funzioni vitali, l’anima si eleva verso le regioni superiori. Se è
pura non si lascerà sedurre dalle potenze impure e raggiungerà il regno celeste. Gli angeli le
comunicheranno le verità e poi, al mattino, rinascerà rinnovata. Se gli stati di veglia sono stati
impuri, l’anima dimorerà con gli spiriti impuri che la indurranno in errore. E, venuto il mattino,
ritornerà al corpo che si sveglierà. Nel nostro Ordine, in modo analogo, ci è raccomandato di
elevare i nostri pensieri verso il Cosmico prima di addormentarci.

4) Il Vedanta

Nato dalla tradizione indù, significa letteralmente: “La fine del Veda”.

“Secondo l’induismo, la Vita dell’Universo visibile e invisibile non è altro che illusione cosmica,
maya, un gioco, Lila, entrambi sprovvisti di senso e realtà; solo la morte, realtà assoluta, può
essere presa sul serio (1).”

Il messaggio offerto da questa Tradizione è che dobbiamo pervenire all’unità o alla non dualità.
Solo l’illusione può velarci la realtà. Il nostro desiderio deve essere di unirsi a Brahman, poiché
siamo ciò che pensiamo.

“Si diventa ciò che si è, secondo i propri atti e la propria condotta (3).”
“In verità si deve con zelo purificare questo pensiero che è il ciclo stesso delle rinascite. Si
diventa identico a ciò che si pensa: ecco l’eterno mistero (3).”
“Secondo la Bhagavad-Gita gli esseri avvolti dall’ignoranza (tamas) sono incatenati dalla
negligenza, l’indolenza e l’inerzia e rinascono dopo la morte in matrici di esseri privi di
conoscenza. Coloro che ostentano il desiderio e l’azione (raja) sono attaccati al frutto delle loro
opere e rinascono al mondo dell’azione (pitri-yana). Coloro che si attaccano alla conoscenza
(sattawa) si assoggettano alla felicità e alla purezza e appartengono al Mondo senza macchia di
quelli che conoscono i principi supremi (deva-yana). Ma coloro che non partecipano ad alcuna di
queste tre tendenze (gunas) e che sono fermamente stabili al di sopra della conoscenza, dell’azione
e dell’ignoranza, che considerano allo stesso modo la felicità e la sofferenza, l’onore e l’insulto,
l’amico e il nemico, questi diventano il Brahman (3).”

VI – Esperienze di morte imminente (EMI, o NDE “near death cxperience”)

Gli scritti di queste Tradizioni sono oggi confermati dai racconti delle persone che hanno
provato la morte clinica. Queste persone considerano la loro esperienza ineffabile,
incommensurabile, un mondo di luce indefinibile. Una sensazione di estremo benessere, pace e calma
con una delusione per essere ritornati alla vita sulla Terra. Hanno anche provato una sensazione di
umiltà davanti all’ampiezza dell’avvenimento unita alla sensazione di far parte di un Tutto.
Dopo l’esperienza rimane un punto in comune: tutti hanno una profonda convinzione della realtà
spirituale. “Questa esperienza li ha avvicinati a Dio e non alla Chiesa (2).” (N. Giroux). Secondo
Sogyal Rinpoché (2), l’aspetto più importante della morte imminente è il cambiamento che reca
scomparsa della paura della morte. Il Dr. Kenneth Ring dice (2) che si è constatato un cambiamento
di valore, un comportamento meno materialista, più aperto alla spiritualità, una diminuzione della
paura della morte. Dopo questa esperienza non più il 50%, ma la totalità delle persone, credeva
nella reincarnazione. Non si tratta semplicemente di credere, si dice, ma della certezza di sapere,
una conoscenza assoluta. Tutti coloro che hanno vissuto una EMI sono concordi nel dire che quando il
corpo sta per morire loro non stanno per morire. I suicidi che hanno vissuto la stessa esperienza e
sono ritornati, hanno vissuto lo stesso cambiamento e non vogliono più uccidersi di nuovo (2).

Il Dr. F. Smith (6) riferisce che parecchi ricercatori hanno constatato che lo stesso tipo di
esperienza può sopraggiungere in molte altre circostanze: rilassamento profondo, meditazione, stress
intenso, sogno.
Vita e morte sono indissociabili. La nostra morte sarà ciò che è stata la nostra vita. Noi
reagiamo di fronte alla nostra transizione nello stesso modo in cui abbiamo reagito davanti a tutti
i grandi avvenimenti prodottisi durante la nostra vita. Il dopo morte non è altro che il seguito
continuo di ciò che siamo stati in vita.
Tutte le Tradizioni sembrano d’accordo sul fatto che un’anima pura raggiungerà rapidamente i
piani più elevati, mentre un’anima meno pura stagnerà più a lungo, poiché confrontata con le sue
paure, passioni, desideri, emozioni, che ritardano la sua ascesa spirituale.
L’Ordine Rosa-Croce dice che alla transizione raggiungeremo il piano di coscienza a noi più
adatto. Senza dubbio la meditazione, i pensieri, le parole e le azioni di natura elevata e altruista
contribuiscono all’armonizzazione e all’elevazione del nostro essere.
Ogni Tradizione porta un insegnamento prezioso. Anche se talvolta sembrano opposte, esprimono
ciascuna a suo modo quei principi che convergono verso una stessa realtà.

Conclusione: confronto con la Sfinge

La nostra visione della morte, non potrebbe essere rappresentata dalla Sfinge egizia che è il
contrario della morte? La Sfinge è scolpita nella pietra che rappresenta la terra su cui poggiano le
sue zampe di toro pronte ad agire. Il corpo di leone rappresenta l’animale in noi, l’animale domato,
il leone riportato alla Vita. Le ali d’aquila le permettono di elevarsi per vedere dall’alto; è il
simbolo dell’essere spirituale in noi. Poi quel viso umano che esprime la vita dopo che ha trasceso
la morte, il tempo e lo spazio. Il suo sguardo è vivo e trafigge ogni coscienza. Infine, la Sfinge
esprime l’eterna giovinezza o la vita eterna, poiché non ha età né sesso. Sembra dirci:

“Svegliatevi, non affondate nella materia, non spaventatevi delle vostre realtà; ridiventate
coscienti di ciò che siete realmente: un Essere divino in possesso della vita eterna. Guardatemi! Io
ho attraversato i secoli e sono sempre qua a ricordarvi chi siete…”.

In effetti la morte non esiste realmente. E’ soltanto una transizione verso un altro stato. La
morte è una condizione terrestre e materiale; solo la Vita esiste. Molti mistici e poeti hanno
descritto questo stato e lo hanno chiamato “Illuminazione”, “Coscienza Cosmica” o “Rigenerazione”.
Da questo punto di vista è facile immaginare fino a che punto la nostra morte sarà
meravigliosamente cosciente. Essa, in realtà, non sarà mai una morte, ma la Vita nella sua piena
realtà.

Bibliografia:

(1) “Livre des morts des anciens Egyptiens” – Editions Stock, Paris 1985 (“Libro dei morti degli
antichi Egizi”).
(2) “La Guérison: par delà la souffrance et la mort” – 1er Congrès International, Montréal 1994)
(“La Guangione: al di là della sofferenza e della morte” – 1° Congresso Internazionale, Montreal
1994).
(3) Dominique Viseux: “La mort et les états posthumes selon les grandes traditions” – Guy Trédaniel
Editeur, Paris 1989 (“La morte e gli stati postumi secondo le grandi tradizioni”).
(4) Sogyal Rinpoché: “Le livre tibétain de la vie e de la mort” – Editions de la Table Ronde, Paris
1993 (“Il libro tibetano della vita e della morte”).
(5) E. M. Bucke: “La Conscience cosmique” – Editions du 3e Millenaire, Sherbrooke 1989 (“La
Coscienza cosmica”).
(6) Dr. F. Smith: “Les explorateurs de la mort” – Documentaire vidéo, Office Nationai du film du
Canada. (“Gli esploratori della morte” – Documentario video, Ufficio Nazionale del film del Canada).

www.amorc.it/rivista3.htm

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