Passi dal ‘Commento alla Bhagavad Gita’ 12 – Yogananda

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Passi dal ‘Commento alla Bhagavad Gita’ 12

di Paramahansa Yogananda

LA BHAGAVAD-GITA

(CON IL COMMENTO DI PARAMAHANSA YOGANANDA)

(Parte dodicesima)

Versi 32°, 33° e 34°

“Zii, precettori, figli, ed anche nonni, suoceri, nipoti, cognati ed altri parenti, stanno qui
pronti alla battaglia, avendo rinunciato alla vita e alle ricchezze. A che ci serve il dominio, a
che ci serve la felicità o anche la vita – o Govinda – se in nostri parenti, per amore dei quali
desideriamo che l’imputato, le gioie e i piaceri vengano a noi, devono essere uccisi?”.

Interpretazione Spirituale

“Ci sono i precettori delle tendenze prenatali e post-natali, i loro prodotti delle presenti
inclinazioni mentali, e il nonno di tutte le tendenze mentali – l’ego – e tutti i parenti dei
desideri mentali. Essi mi sono molto cari! Adesso li vedo tutti, pronti a combattere con le forze
superiori dell’anima. Io sento che se distruggessi tutti i miei desideri interiori tramite le forze
superiori dell’anima e guadagnassi il regno di Dio, questa vittoria psicologica sarebbe
insignificante; poiché, se tutti miei desideri venissero uccisi dalla disciplina spirituale, come
potrei essere felice con il regno di Dio e in mio possesso, ma senza alcun desiderio interiore
rimasto col quale goderlo?.

Interpretazione Spirituale Elaborata

Il devoto novizio pensa che la realizzazione del regno di Dio consista nel godere per sempre il
regno di Dio con i sensi; ma alla luce del risveglio intuitivo s’accorge che le forze superiori
dell’anima e le più sottili percezioni spirituali di felicità sono pronte a distruggere
completamente piaceri grossolani e i desideri materiali.

Allora il devoto pensa che è terribile dover distruggere l’ego, la coscienza del corpo e tutti i
suoi piaceri dei sensi e i desideri nati dalle abitudini fisiche, per ottenere i poteri spirituali.
Il devoto pensa di nuovo: “Se distruggessi tutti i desideri, non rimarrebbe in me nessuna energia o
ambizione o desiderio con cui godere l’acquisita felicità dell’anima”.

Di solito s’immagina che il paradiso contenga belle cose che fanno piacere ai sensi di vista, udito,
odorato, tatto e gusto. L’aspirante spirituale pensa al paradiso come ad un luogo di godimenti
terreni glorificati. In realtà, quando il devoto deve sedere calmo in meditazione per guardare
dietro lo schermo dell’oscurità, egli si chiede se non sia folle rinunciare ai tangibili piaceri dei
sensi per gli intangibili ed invisibili piaceri dello Spirito.

Il corpo è considerato una macchina che ha sei difetti d’illusione: “Esiste; nasce; cresce; cambia;
decade, e viene completamente distrutto”. E tuttavia la maggioranza degli esseri umani s’aspetta
felicità da questo corpo impermanente. Il devoto deve ricordare che la felicità divina è assai
superiore ed attrae più dei piaceri materiali, ma a causa della precedenza, cioè perché la prima
esperienza è stata quella dei piaceri materiali, l’ego è riluttante ed incapace d’immaginare
qualsiasi altra felicità superiore alla loro. E così l’autocontrollo del devoto diventa estremamente
scoraggiato quando sente che la realizzazione del regno di Dio sta nel massacro dei desideri
materiali.

Quando il sincero devoto si vede turbato dagli suddetti stati mentali, non deve sentire la
solitudine interiore, immaginando la mente come un campo di battaglia deserto pieno dei cadaveri dei
desideri materiali uccisi dalla saggezza. Dovrebbe pensare piuttosto che gli abituali desideri
insaziabili, speranze infrante, disillusioni e morte. Questi piaceri materiali odiano l’avvento
della permanente felicità divina e si sforzano di mantenere la loro presa sul devoto. Questi deve
sapere che sebbene all’inizio è difficile rinunciare all’inferiore felicità materiale, questa è la
sola speranza d’ottenere la permanente beatitudine spirituale, e che egli sarà ampiamente ripagato
quando contatterà effettivamente la superiore e durevole felicità sempre nuova della percezione
interiore dell’anima.

Verso 35°

“O uccisore di Madhu, anche se questi guerrieri dovessero uccidermi, io non potrei desiderare di
chiuderli, neanche se facendolo ottenessi i tre mondi. E quanto meno potrei farlo per amore della
terra”.

Interpretazione Spirituale

“O Uccisore del demone delle difficoltà, anche se questi desideri dei sensi dovessero distruggere la
mia vita spirituale, io non voglio ucciderli. Anche se così facendo diventassi l’eterno padrone
degli universi fisico, astrale e spirituale, non vorrei ucciderli; e quanto meno potrei farlo per
amore della felicità terrena di questa vita”.

Interpretazione Spirituale Elaborata

Quando il devoto s’accorge che deve rinunciare alla tangibile e facile felicità dei sensi, egli
ragiona e prega Dio: “O Distruttore di tutte le difficoltà e Mediatore di tutti i problemi, io non
voglio distruggere i piaceri dei sensi che mi hanno deliziato tutta la vita, anche se essi possono –
come dicono le sacre Scritture – distruggere la mia felicità spirituale”.

Questo stato mentale è posseduto naturalmente dalle persone assalite dalle cattive abitudini.
L’influenza delle cattive abitudini sembra piacevole e le persone sotto il loro influsso non possono
immaginare i loro risultati distruttivi. Quando un santo dice loro di dimenticare le cattive
abitudini, esse sentono ribellarsi tutte le loro anime e dicono: “Non ci importa se la nostra
indulgenza nei sensi uccide la nostra felicità spirituale. Se la morte sarà il risultato, daremmo il
benvenuto alla dolce morte nelle mani dell’indulgenza sensuale, piuttosto che essere torturati dal
dolore della separazione dai sensi, nella speranza d’ottenere qualche sconosciuta felicità
spirituale. Ah no, Anche se guadagnassimo l’autodominio e la felicità in questa vita, o
guadagnassimo la Coscienza Cosmica e il dominio su tutta la creazione fisica – di tutti i pianeti ed
universi, del cosmo astrale e degli universi spirituali – noi non siamo pronti a rinunciare ai
nostri tangibili ed inebrianti piaceri dei sensi”.

Prima che gli atomi, o l’uomo, o il cosmo, o qualsiasi altra cosa fosse creata, è dovuta passare
attraverso tre processi di creazione: la creazione ideale, la creazione d’energia e la creazione
materiale. Per esempio, prima di creare una statua, uno scultore la pensa, e quindi applica le sue
energie mentali e fisiche per crearla. Infine, porta la statua in effettiva esistenza.

Similmente, Dio creò il cosmo e tutto ciò che contiene dapprima come idee, quindi condensò quelle
idee in ombre elettriche, ed infine condensò quelle ombre o oggetti elettrici in oggetti materiali.

Essere proprietario dell’intera terra non sarebbe di grande valore, perché dovreste lasciarla del
tutto al momento della morte, ma avere poteri come quelli del Creatore, e essere in grado di
materializzare mondi dalle idee – questa è una cosa desiderata da molte anime estremamente avanzate
nel sentiero spirituale. Il devoto è così attaccato ai piaceri dei sensi e alla loro immediata
influenza che non vuole la felicità e la sicurezza che può ricevere ottenendo la Coscienza Cosmica e
il dominio sui tre mondi.

Quando il suddetto stato mentale sorge nel devoto, quando pensa che morirebbe nell’indulgenza dei
sensi piuttosto che cercare la conosciuta felicità del dopo-vita, allora dovrebbe pensare in questo
modo:” Io manco d’immaginazione e d’esperienza spirituale, e per questo penso che la presente
felicità dei sensi è la sola felicità degna d’essere posseduta. Fammi cingere i fianchi e credere
nelle parole veritiere delle sacre Scritture e del mio maestro. Fammi meditare profondamente ed
ottenere l’indeperibile felicità sempre nuova della Coscienza Cosmica; allora vedrò la differenza
tra l’eterna felicità divina e i temporanei piaceri dei sensi e quindi cambierò il mio giudizio e
dirò che morirei per la felicità spirituale piuttosto che cedere alle false promesse del sensi”.

Verso 36°

“Invero quale felicità potremmo ottenere, o Janardana, uccidendo questi figli di Dhritarashtra?
L’uccisione di questi uomini malvagi ci getterebbe soltanto nelle grinfie del peccato”.

Interpretazione Spirituale

“O Datore di liberazione, pregato dalla gente per avere la salvezza (Janardana), quale alla strana
felicità potremmo guadagnare distruggendo la progenie di re Desiderio Materiale? L’uccisione di
questi sensi-nemici – anche se essi mi hanno già ferito – secondo le più grandi Scritture è
peccaminosa”.

Interpretazione Spirituale Elaborata

Attraverso l’intervento Divino, un altro pensiero sorge nella mente del dubbioso devoto: “Devo
uccidere i sensi perché mi hanno già dato sofferenza fisica, mentale e spirituale”. La Presenza
Divina indica al devoto le molte sofferenze che gli sono derivate ascoltando le false promesse dei
seni. Alloravil devoto, pur realizzando gli effetti dannosi dei sensi nell’acquisizione divmalattie,
disillusioni, angoscie, lutti, ed ignoranza, argomenta ancora: “O Spirito, Liberatore dei devoti, mi
sembra apparentemente giusto uccidere i sensiv- nemici che mi hanno già ferito, ma secondo la
saggezza suprema ci viene insegnato d’amare i nostri nemici. Non è meglio, o Signore, conquistare
gradualmente i sensi al modo di vivere spirituale con l’amore, invece di distruggerli?”.

Questo è uno dei più forti argomenti delle abitudini dei piaceri dei seni con cui mantenere il
devoto fuggiasco nelle loro grinfie. Le sacre Scritture e ivmaestri istruiscono i devoti non ad
uccidere i poteri dei sensi fuorviati, ma advuccidere le loro accecanti e soffocanti cattive
abitudini, che portano solo infelicità. Al devoto non è chiesto di chiudere gli occhi, tappare le
orecchie, e paralizzare i suoi sensi di odorato, gusto e tatto; ma gli è chiesto di scacciare i
nemici degli attaccamenti visivi, uditivi, olfattivi, gustativi e tattili, che tengono n’anima
imprigionata e dimentica del suo onnipresente regno di Felicità.

Quando i re dell’amore visivo della bellezza fisica, dell’adulazione e delle parole tentatrici,
dell’amore dell’ingordigia, e dell’amore del sesso, sono scacciati dai cuori dei sensi – è allora
che i sensi abbandonano i loro istinti, ossessioni, inclinazioni e pregiudizi materiali e diventano
pronti a seguire la beatitudine divina, l’autocontrollo e l’eterna felicità dell’anima.

Quando il suddetto falso argomento invade la mente del devoto, egli dovrebbe suggerirsi: “I miei
sensi sono stati costretti ad amare i piaceri dei sensi dalla ripetizione delle cattive azioni nate
dalla mia ignoranza e dalle cattive abitudini da me iniziate. Adesso scaccerò il male, sostituendovi
le buone azioni della meditazione, finchè non formerò buone abitudini. Alle cattive abitudini
dell’agitazione sostituirò le buone abitudini di calma e meditazione, e le mie buone abitudini
convertiranno i miei sensi di vista, udito, odorato, gusto e tatto così che potrò dire che vedo,
ascolto, odoro, gusto, tocco, penso e sento solo ciò che è buono”.

Verso 37°

“Perciò non siamo legittimati ad uccidere nostri parenti, i figli di Dhritarashtra. O Madhava, come
potremmo ottenere la felicità uccidendo i nostri parenti?”.

Interpretazione Spirituale

“O Madhava (dio della fortuna), noi non siamo legittimati ad uccidere i nostri seni, la progenie
della nostra mente. Come potremmo ottenere la felicità distruggendo i sensi, attraverso i quali
soltanto la mente esprime se stessa?”.

Interpretazione Spirituale Elaborata

Al comando del direttore Abitudine, il devoto – come un attore ubbidiente – recita diversi ruoli
psicologici sul palcoscenico della coscienza. Quando è identificato con le sue buone abitudini e
stati d’animo, egli si sente propenso a compiere buone azioni e sente apatia per le cattive azioni;
ma quando è sotto l’influenza di abitudini e stati d’animo corrotti, egli pende verso inclinazioni e
dettami maligni. Così, essendo un buon attore il devoto agisce come proprio amico, ed essendo un
cattivo attore agisce inconsapevolmente come proprio nemico.

Questa stanza porta con sé un grande ammonimento etico per i devoti che camminano in modo dissoluto
sul sentiero metafisico. Molti devoti, quando sono saturati di buone abitudini, sono inclini verso
il bene; ma a volte, quando sotto favorevoli circostanze psicologiche germinano i semi interiori
nascosti delle cattive azioni prenatali o post-natali, essi sono ugualmente e nello stesso modo
fortemente inclini a fare il male. Per esempio, se formate l’abitudine di mangiare moderatamente, di
essere regolari nel lavoro, nella ricreazione, nella meditazione e nel frequentare buone compagnie,
sentirete che è la sola cosa da fare nella vita; ma se per caso diventate differente, a causa
dell’improvvisa apparizione di latenti inclinazioni maligne, allora proverete simpatia verso
l’eccessivo mangiare, il lavoro irregolare, l’eccessiva pigrizia, la mancanza di meditazione e il
piacere empio di unirvi a cattive compagnie.

Nella trentasettesima stanza del primo capitolo della Bhagavad Gita siete avvertiti che se
improvvisamente v’identificherete con l’invincibile nemico delle cattive abitudini e dei cattivi
stati d’animo, ogniqualvolta la vostra saggezza v’inviterà a combattere e a distruggere le vostre
prepotenti inclinazioni maligne vi troverete a simpatizzare per le azioni malvage. Con una piccola
analisi psicologica di voi stesso, scoprirete facilmente come mai siete proclivi a sostenere
ugualmente le vostre buone o cattive azioni, quando siete sotto le loro specifiche influenze. Dovete
realizzare che per il uomo è uno stato molto pericoloso quand’egli ama agire secondo i dettami delle
sue dannose cattive abitudini così facilmente, piacevolmente e volentieri come quando è sotto
l’influenza delle buone abitudini.

L’interprete di questa stanza, nelle sue diagnosi di molti pazienti, ha notate molte caratteristiche
curiose nelle persone, quando sostengono che loro abitudini preferite e condannano le abitudini di
altre persone.

Uno studente, un inveterato fumatore e bevitore di caffè forte, ma fanatico vegetariano, stava
discutendo con un altro studente che occasionalmente mangiava pollo, Agnello o pesce, ma che
s’asteneva strettamente dal fumo e dal bere caffè. Diceva: “Com’è terribile da parte tua mangiare
una carcassa d’animale morto. Non m’importerebbe se tu fumassi o bevessi caffè, ma non posso
concepire che mangi carne”. L’altro rispose: “E’ impossibile mangiare qualcosa che non sia stata
uccisa. Tu tagli la testa del cavolfiore e ne mangi la carcassa bollita. Non importa cosa mangi, tu
stai distruggendo qualche forma di vita trasmutandola in una forma differente come parte del tuo
corpo. Che differenza fa se mangi un piccolo pezzo di carne o di pesce? In tutti i modi, il pesce
grande mangia il pesce piccolo, perciò perché non mangiare il pesce grande? Questo è nutriente e non
è nocivo, ma com’è terribile da parte tua inalare deliberatamente la nicotina ed ingoiare la
caffeina quando la scienza ti dice che sono dannose”.

Troviamo in questi casi che entrambi gli studenti parlano e discutono secondo le influenze delle
loro abitudini preferite. Perciò la Gita ammonisce il devoto circa l’opprimente influenza delle
cattive abitudini. Ecco perché troviamo che l’autocontrollo (Arjuna) del devoto dichiara: “O
Spirito, guarda che i sensi, con tutta la loro famiglia psicologica delle cattive inclinazioni, non
abbiano paura d’essere distrutti dai loro parenti psicologici delle buone inclinazioni”.

Il devoto vede gli eserciti delle buone e delle cattive abitudini come membri della stessa famiglia
della coscienza, radunati sul campo di battaglia nella sua introspezione per distruggersi
reciprocamente. Egli pensa: “Che peccato che le mie care abitudini cattive non vedano come sono
pazze a combattere le mie care abitudini buone, e rischiare d’essere distrutte”. In questo stato il
devoto non vuole usare la sua volontà per distruggere le sue care cattive abitudini, e chiede: “A
che serve rinunciare alle mie amate cattive abitudini e diminuire i membri della famiglia delle mie
inclinazioni?”. In questo stato il devoto vuole continuare sia le buone che le cattive abitudini,
poiché entrambe apparentemente lo soddisfano. Egli non realizza che le sue cattive abitudini dalla
bocca dolce, sebbene appartengano alla stessa famiglia della coscienza, portano con loro pericoli
nascosti d’infelicità, pronti ad agire per pugnalarlo nel cuore della sua pace.

Così il devoto dice al Sé interiore: “O Signore, poiché Tu sei il Signore dei sensi ed anche della
discriminazione, perché distruggere i sensi che danno il piacere per mezzo della discriminazione che
dà la saggezza, poiché ambedue sono membri della mia coscienza? Come potrei vivere solo con le aride
inclinazioni che danno la saggezza e rinunciare alla compagnia dei miei allegri sensi?”.

Verso 38°

“Sebbene costoro, con l’intelligenza offuscata dall’avidità, non vedono calamità nella decadenza
delle famiglie e non vedono peccato all’ostilità contro gli amici, perché – o Janardana (Datore di
salvezza) – noi che percepiamo distintamente il male dovuto alla distruzione delle famiglie, non
dovremmo evitare questo peccato?”.

Interpretazione Spirituale

Durante questo conflitto psicologico, la saggezza è controllata dall’avidità, e i sensi non vedono
alcun male nella decadenza del loro clan e nelle ostilità contro i loro amici, le facoltà
discriminative. “Perché – o Datore di salvezza – noi (le forze discriminative) che percepiamo
distintamente i mali della distruzione, non dovremmo ritrarci da questo peccato?”.

Interpretazione Spirituale Elaborata

In questa stanza il devoto continua a pensare come prima. Egli si trova sul campo
dall’introspezione, mentre parla alla Forza della sua anima: “O Dio di mente e materia, o Creatore
dei sensi e della discriminazione, sembra irragionevole distruggere la famiglia delle inclinazioni
dei sensi, poiché hanno le loro specifiche funzioni da compiere nello spettacolo della vita”.

Il devoto vede che le inclinazioni dei sensi sono espressioni della mente tanto quanto lo sono le
inclinazioni della saggezza; perciò non capisce perché il gruppo dei membri dei sensi della famiglia
della coscienza dovrebbe essere distrutto, mentre alle altre inclinazioni discriminative dovrebbe
essere permesso di vivere da sole. In altre parole, a questo punto il devoto crede che le cattive
abitudini animali d’indulgenza sensuale possano esistere fianco a fianco con le buone abitudini, e
rendere completa la casa della vita. Il devoto non riesce a vedere che le cattive abitudini,
malgrado appaiano familiari ed amati abitanti della sua coscienza, promettono di dare felicità ma
danno solo sofferenza, mentre le inclinazioni discriminative danno solo felicità eterna.

E’ difficile ottenere armonia e pace fintanto che nella vita operano forze contraddittorie. Le buone
e le cattive abitudini, anche se sono prodotti della stessa mente, sono differenti. Le buone
abitudini vogliono costruire la casa della saggezza e della felicità eterna, mentre le cattive
abitudini trovano piacere solo nella distruzione della casa della beata conoscenza. Nella sua vita
il devoto può mantenere sia le buone che le cattive abitudini, e essere realmente felice, se impara
a spiritualizzare le inclinazioni dei sensi.

Quando volete soddisfare le vostre cattive abitudini d’ingordigia e di mangiare fino a scoppiare,
questo è brutto; ma quando legate il piacere di mangiare all’autocontrollo e alla moderazione,
questo è buono. Il novizio spirituale può difficilmente distinguere tra gli appetiti dei sensi
governati dalla ragione e gli appetiti dei sensi governati dall’avidità.

Verso 39°

“Con la distruzione della famiglia, periscono gli antichissimi miti religiosi familiari. Quando
viene annientata la religione che ci sostiene, allora anche il peccato sottomette l’intera
famiglia”.

Interpretazione Spirituale

“Distruggendo le inclinazioni dei sensi, brandendo la spada della saggezza, i poteri dei piaceri dei
sensi di vista, udito, tatto, e e così via, saranno annientati. Quando i sensi cesseranno di
compiere i rituali dei loro doveri specifici, il peccato o il dolore coglierà tutti i membri della
famiglia della coscienza umana: i sensi, la mente, l’intelletto, e così via”.

Interpretazione Spirituale Elaborata La famiglia alla quale ci si riferisce qui è la famiglia dei
desideri per gli oggetti dei sensi, che sono di due tipi. Il primo tipo consiste degli oggetti
materiali percepiti dai sensi di vista, udito, tatto, gusto, odorato, e così via. Il secondo tipo
consiste degli oggetti sottili del mondo astrale, percepiti dalla coscienza interiore che va verso
Dio. Il primo tipo è formato da oggetti materiali grossolani e il secondo tipo da oggetti materiali
sottili. Gli oggetti esterni dei sensi generano attaccamento, mentre gli oggetti interni dei sensi
distruggono l’attaccamento fisico. Tuttavia, un attaccamento prolungato agli oggetti interni dei
sensi può deviare la mente del devoto dalla più alta percezione dell’anima.

Questi oggetti materiali ed astrali sono percepiti dai dieci sensi, le cinque forze vitali, la mente
e l’intelligenza. Il desiderio, il non attaccamento, e così via, nascono da queste diciassette forze
di percezione interne ed esterne. ‘Famiglia’ si riferisce a queste forze interne ed esterne, formate
dai poteri di vista, udito, odorato, tatto e gusto, dal potere della parola e dai poteri di
movimento e di tutti gli altri muscoli. ‘Famiglia’ si riferisce anche alla mente, come delle redini
tiene insieme gli stalloni dei sensi e le cinque forze vitali. Le cinque forze vitali. Le cinque
forze vitali sono le funzioni (di crescita dei tessuti) dell’unica vita presente nel corpo, e sono
la funzione metabolica, circolatoria, assimilativa, eliminante e cristallizzante. Il capo della
famiglia è l’intelligenza.

Ogni membro interno ed esterno della famiglia della coscienza manifesta un comportamento differente.
Ogni membro interno ed esterno della coscienza compie il rituale di una funzione specifica; il
dovere della mente è di coordinare i sensi, e il dovere della forza vitale è di tenere insieme in
una unità psicofisica i sensi, il corpo e la mente. Il dovere dell’intelligenza è quello di
armonizzare le forme interne ed esterne e farle vivere secondo il piano supremo della saggezza, come
conviene alla volontà di Dio.

Ora, nella stanza trentanovesima del primo capitolo della Bhagavad Gita, il devoto meditante
perviene ad uno stato d’autorealizzazione nel quale sente che, nella battaglia per
l’autorealizzazione (percezione crescente del Sé interiore), tutti i membri interni ed esterni della
famiglia della coscienza saranno annientati, e con la loro distruzione saranno distrutte le funzioni
specifiche di sensi, mente, forze vitali, intelligenza, e così via. Nel contatto estatico di Dio, i
sensi, la mente, le forze vitali e l’intelligenza rimangono tutti in uno stato sospeso.

Il devoto quindi si chiede se tutte queste funzioni interne ed esterne, rimanendo a lungo in uno
stato sospeso, non saranno infine annientate. Il devoto novizio s’affligge ulteriormente perché ha
paura che, permettendo alle facoltà interne ed esterne di rimanere in uno stato sospeso, i sensi
perderanno il loro potere di godere la bellezza della natura e gli oggetti sottili percepiti durante
le visioni, la mente perderà il suo potere di coordinazione, e l’intelligenza perderà il suo potere
di determinazione e di discriminazione tra giusto e sbagliato. Naturalmente questa è una paura
sciocca, della coscienza, anche se sospesi, non perdono i loro poteri individuali. Al contrario,
sono doppiamente ricaricati dalla batteria cosmica, che è la fonte di tutta la vita e dei poteri
umani.

Anche nel sonno, sebbene sospese, le facoltà interne ed esterne vengono inconsciamente ricaricate
dalla calma interiore e dalla corrente cosmica accumulata nel cervello. Nell’estasi cosciente
(samadhi), le vagabonde forze interne ed esterne della coscienza abbandonano il loro malevolo e
devitalizzante errare nella terra della materia, e tornano a casa per essere rivitalizzate alla
presenza dell’onniringiovanente Dio. Se il sonno riposa le forze interne ed esterne della coscienza,
l’estasi cosciente – ottenuta rimanendo coscientemente oltre lo stato di sonno senza sogno nel
supercosciente – non solo riposa, ma rinforza i poteri interni con illimitata intensità, vitalità e
saggezza divina.

L’uomo di realizzazione sviluppa straordinarii poteri di chiarovegggenza e chiarudienza, la mente
comprende tutto intuitivamente e l’intelligenza non è più guidata dall’erronea ragione umana, ma
dall’infallibile saggezza divina. Per una persona è così ridicolo temere l’annientamento dei poteri
interni ed esterni durante lo stato sospeso del sonno, come per un devoto lo è essere apprensivo
circa la perdita dei poteri delle forze interne ed esterne della coscienza durante la sospensione di
sensi, funzioni vitali, mente ed intelligenza durante l’estasi cosciente di Dio.

Come nel sonno le funzioni vitali rallentano, così nella trance cosciente tutte le sensibilità
interne ed esterne vanno nelle regioni più profonde dello Spirito e vengono talmente assorbite in
Dio che diventano invisibili ed impercettibili nel corpo. Nell’Apocalisse, San Giovanni descrisse
questo stato di estasi dicendo: “Quando Lo vidi, caddi ai suoi piedi come morto.”. Quando San
Giovanni percepì lo Spirito, non diventò incosciente, ma la sua coscienza fu talmente espansa che
percepì lo Spirito – o il suo corpo astrale. sopra di sé. Il suo corpo astrale era uscito dal corpo
fisico e si librava sopra di esso durante la trance. Perciò dice di percepire il suo corpo fisico
come morto, o nella riposante trance profonda simile alla morte, ma non morto come lo intendono gli
esseri umani. Dalla trance uno può tornare in vita a volontà, ma nella morte nessun viaggiatore
ritorna dal confine misterioso.

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