La Bhagavad Gita di Yoganandaji – 11

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La Bhagavad Gita di Yoganandaji – 11

< LA BHAGAVAD-GITA >

(CON IL COMMENTO DI PARAMAHANSA YOGANANDA)

PREFAZIONE EDITORIALE

Ed. Vidyananda

(Parte undecima)

Verso 26°

“Allora Partha (Arjuna) vide là radunati in entrambi gli eserciti, nonni suoceri, zii,
fratelli e cugini, e i propri e i loro figli e nipoti, e compagni, maestri ed altri amici ancora”.

Interpretazione Spirituale

Allora, attraverso l’ardente autocontrollo intuitivo nato dalla meditazione, il devoto vide in
entrambi gli eserciti belligeranti i suoi buoni e cattivi parenti psicologici. C’erano la
discriminazione divina e i malvagi sensi, costituiti dai nonni psicologici o dall’ego-coscienza
profondamente radicata di bene o male; i suoceri mentali, o la tendenza paterna dell’estrema
imparzialità con la sua negativa figlia-tendenza interiore della forza vitale attorcigliata; gli zii
psicologici delle tendenze intossicanti dell’illusione; i fratelli e i cugini psicologici delle
tendenze di orgoglio, e le tendenze psicologiche filiari sviluppate dall’autocontrollo e da altre
caratteristiche mentali; e i nipoti psicologici di molti desideri buoni e cattivi, ed amichevoli
abitudini buone e cattive, e i maestri delle tendenze buone e cattive.

Interpretazione Spirituale Elaborata

Quando il devoto oltrepassa lo stato iniziale della meditazione e perviene allo stato medio
dell’autorealizzazione, si trova di fronte a una viva visione psicologica nella quale percepisce le
sue vecchie abitudini buone e cattive come i propri cari e vecchi parenti psicologici radunati sul
campo di battaglia della coscienza, pronti a distruggersi reciprocamente.

La meditazione è il tamburo di guerra interiore che sveglia le buone e le cattive abitudini dal
sonno dell’indifferenza e li rende volenterosi di aumentare le loro forze per conseguire la vittoria
sulla coscienza del devoto. Quando uno è sotto l’influenza delle cattive abitudini, non trova alcuna
resistenza dalle buone abitudini. E’ solo quando il devoto cerca di coltivare le buone abitudini di
concentrazione, calma e pace, e li fa marciare verso il regno dell’anima, che le cattive abitudini
d’incostanza, agitazione ed inquietudine oppongono una resistenza psicologicamente armata.

L’ardore del suo zelo, l’entusiasta novizio spirituale non realizza la resistenza delle cattive
abitudini, quando all’inizio cerca di meditare. Le cattive abitudini non avvertono la silente
invasione delle buone abitudini nel novizio spirituale. E’ solo quando il devoto spirituale intende
fare sul serio, e fa ripetuti sforzi per stabilire i generali delle buone abitudini nel regno della
coscienza, che le cattive abitudini s’impauriscono e fanno furiosi tentativi di scacciare i buoni
invasori.

Così in questa stanza è descritto che Arjuna (o l’autocontrollo del devoto), dopo che fu
portato da Krishna (o la percezione del Sé) tra i due eserciti di buone tendenze discriminative e
cattive tendenze dei sensi, scoprì che entrambe le opposte armate psicologiche erano formate dai
propri parenti mentali delle buone e delle cattive abitudini, che egli amava caramente.

Questa stanza sottolinea che quando il devoto riceve l’aiuto della percezione dell’anima e
delle buone abitudini per combattere le cattive abitudini, improvvisamente egli realizza che il suo
cuore è pieno di compassione per le cattive abitudini, poiché anch’esse sembrano appartenergli e
essere care a lui. In altre parole, malgrado la discriminazione divina e la conoscenza di cosa deve
fare, il devoto realizza che è duro scacciare le care vecchie abitudini dell’agitazione, della
continua azione, dell’erroneo mangiare e dei piaceri dei sensi mediante gli spietati ed infuocati
soldati della calma, dell’estasi, dell’autocontrollo e dei piaceri dell’anima.

Ecco perché il devoto vede radunati nella sua coscienza, pronti per il distruttivo scontro
psicologico, le proprie vecchie e care abitudini buone e cattive, alle quali si riferisce come
nonni, suoceri, zii, fratelli, cugini, figli propri ed altrui, nipoti, compagni e maestri.

Nell’introspezione psicologica, il devoto può trovare buoni e cattivi nonni, o buoni e cattivi ego.
Il buon ego spinge il devoto verso la meditazione e le buone azioni, mentre il cattivo ego attira
l’anima verso il male. Una persona nasce o con un ego spirituale o con un ego materiale, secondo le
sue azioni nelle vite passate. Questa tendenza è chiamata ‘tendenza nonno’ perché domina tutte le
altre tendenze. I nonni psicologici possono essere più d’uno in una persona che è come un Dr. Jekyll
e Mr. Hyde, e che ha degli ego buoni e cattivi ugualmente potenti
.
La tendenza psicologica ‘suocero’ consiste nell’Estrema Calma e Imparzialità (Drupada) prodotta
dal risveglio della Forza Attorcigliata (Draupadi) alla base della spina dorsale (Kundalini). Quando
il devoto risveglia la forza attorcigliata del coccige, per rivoltare il suo corso dai sensi al
cervello attraverso l’isolamento del midollo spinale, allora viene destato l’intenso desiderio
interiore di Dio e il disgusto per le cose materiali. Perciò si dice che questo forte non
attaccamento latente nell’anima ha come suo frutto la forza vitale attorcigliata nel coccige. Quando
il devoto contatta questa forza vitale, e rivolta il suo flusso, essa incontra il suocero
psicologico – l’acuta discriminazione divina.

Gli zii psicologici sono le intossicanti ed ingannevoli tendenze dell’attaccamento ai sensi,
agli oggetti, e così via. Essi sono quasi come padri nel loro potere, perché controllano la
coscienza umana.
I fratelli e i cugini psicologici sono l’orgoglio mentale, che dissuade il devoto
dall’abbandonare la posizione sociale e sopportare le critiche della società e della famiglia per
seguire il sentiero di Dio. Queste tendenze sembrano amichevoli, come fratelli ben intenzionati ma
nell’errore che cercano di salvare il devoto dall’influenza delle buone tendenze.

I figli psicologici sono le percezioni del bene nate dall’autocontrollo e le percezione del
male nate dalle azioni maligne. I nipoti psicologici sono i buoni e i cattivi desideri che si
sviluppano col praticare, sentire e percepire il bene o il male.

Gli amici psicologici sono le buone e le cattive abitudini, poiché le buone abitudini sono
amichevoli ed utili nell’adempimento delle buone azioni, come le cattive abitudini sono amichevoli
ed utili nel compiere facilmente cattive azioni. I maestri psicologici sono le forti tendenze di
bene e male, o le buone e le cattive abitudini che servono come potere stimolante delle buone e
delle cattive azioni.

“Allora il figlio di Kunti, vedendo tutti quei parenti schierati in fila, così parlò tristemente,
pieno di profonda compassione:”.

Interpretazione Spirituale

Allora l’ardente autocontrollo, influenzato dalla negativa natura femminile, guardando le sue
amate ed imparentate cattive abitudini che stavano per essere uccise dalla saggezza accumulata della
meditazione, fu preso da una profonda compassione materiale e pieno di tristezza parlò
introspettivamente dentro di sé.

Interpretazione Spirituale Elaborata

Seguendo il sentiero della meditazione nella speranza della completa liberazione, il devoto
s’accorge che deve distruggere l’ostacolante desiderio per i piaceri materiali. Come un uomo deve
investire e separarsi da piccole somme di denaro per ottenere un guadagno più grande, così il devoto
deve rinunciare all’indulgenza nei piaceri materiali per amore d’ottenere la pura gioia della
meditazione. In migliaia non riescono a capire perché i sensi che danno il piacere eclissano la
gioia dello Spirito. Molti chiedono perché i sensi furono dati all’uomo se non doveva goderli.

Il motivo metafisico dell’autocontrollo è solo una proposta d’affare spirituale calcolata per
dare la più grande felicità all’uomo. L’uomo è l’immagine di Dio, e come tale ha latente dentro di
sé la gioia eterna dello Spirito, come l’albero è celato nel seme. Come i semi bruciati non
germinano, così quando il seme-gioia dell’anima è arrostito dalle fiamme dei desideri materiali non
riesce a produrre l’albero immortale della felicità.

Quando la potenziale felicità permanente dell’anima viene incrostata coi temporanei piaceri dei
sensi, allora la dorata luminosità dell’anima diventa oscura. Quando la mente dell’uomo è attenta a
gelosia, ansia, e così via, egli diventa completamente infelice, ma quando rivolge la stessa
attenzione ed amore, pace ed armonia, si sente supremamente felice. Similmente, l’anima diventa
felice quando dagli inferiori ed affliggenti piaceri del male si volge alle superiori qualità
dell’anima che producono gioia.

Se l’anima viene completamente assorbita nella felicità inferiore, essa non riesce a essere
attenta all’investigazione della permanente felicità superiore. Molte persone possono pensare che la
rinuncia dei piaceri materiali è cosa quasi impossibile nel mondo dell’esistenza indaffarata, ma
all’uomo non è consigliato di tornare nella giungla per trovare pace. Egli deve vivere nel mondo e
tuttavia non appartenergli. Non dev’essere negativo e non deve accecarsi con i piaceri materiali,
dimenticando così di godere la visione dei piaceri superiori.

Fin dall’infanzia uno dovrebbe sviluppare il gusto superiore di contattare i piaceri superiori
di pace, armonia, e così via, e dovrebbe formare presto abitudini spirituali. Siamo dominati dalle
abitudini che formano le nostre tendenze, umori e desideri, e se le cattive abitudini sono
dominanti, i nostri umori ed azioni diventano cattivi. Perciò la priorità delle buone abitudini è
desiderabile, poiché possono guidare le nostre azioni ed umori verso una meta felice.

Il guaio è che migliaia di persone pensano di non poter vivere senza cattivi ed affliggenti
piaceri, come ad esempio prendere bevande che uccidono il corpo. Se però queste stesse persone
dovessero formare buone abitudine, direbbero: “Non possiamo vivere senza il piacere e la pace della
meditazione. Diventiamo completamente infelici quando ci preoccupiamo o indulgiamo in piaceri
inferiori”.

Quando ha già formato abitudini di piacere materiale, il devoto diventa molto triste quando
realizza che deve rinunciare ai suoi carissimi e conosciutissimi parenti psicologici delle cattive
tendenze. Quindi pensa: “Perché non posso godere i piaceri materiali e quelli spirituali insieme?”;
ma questo significa soltanto voler gustare nello stesso tempo una bevanda velenosa e un tonico
rinvigorente.

Se uno prende nello stesso tempo un forte narcotico devitalizzante ed anche un buon tonico
rinvigorente, non andrà da nessuna parte, perché il narcotico annullerà l’effetto del tonico, e
viceversa, producendo dei risultati negativi.

Tuttavia, se uno prenderà sempre più un buon tonico controbilanciante e rinvigorente, e sempre meno
narcotici, questo sarà un modo di liberarsi dai narcotici.

Similmente, quelli che godono parimenti i piaceri dei sensi e i piaceri della meditazione per
molto tempo non andranno da nessuna parte. Bisogna ricordare che anche se uno non riesce a
conquistare la carne, deve meditare lo stesso, perché allora ci sarà un senso di paragone tra i
piaceri inferiori dei sensi e i piaceri superiori dell’anima. Coloro che non riescono a conquistare
i sensi ed abbandonano anche la meditazione, sono casi di decadimento spirituale quasi senza
speranza.

Quando uno medita più spesso e coltiva il gusto per la pace e il contentamento, e gradualmente
dimentica l’indulgenza nei piaceri dei sensi, ha una migliore possibilità d’emancipazione
spirituale. La cosa migliore è coltivare l’abitudine di contattare i piaceri superiori dell’anima
immediatamente dopo il risveglio. Quindi, mentre è pieno dei piaceri superiori dell’anima, uno può
godere quegli innocenti ed innocui piaceri dei sensi come mangiare, incontrare amici, e così via,
senza alcun senso d’attaccamento. In questo modo si vedrà che l’anima spiritualizzerà o cambierà la
qualità di tutti i godimenti materiali.

In questa stanza si dice che il devoto si sente triste per le tendenze materiali che alla fine
devono essere messe da parte per qualche tempo, o in qualche misura, perché militano contro di lui e
lo dissuadono dal cercare i piaceri superiori dell’anima. L’autocontrollo non è negazione, ma
consiste nel rivolgere la dannosa ed affliggente attenzione dell’anima saturata di materia verso la
sana, gioiosa e duratura felicità dello Spirito che si trova nella meditazione profonda.

Versi 28° e 29°

“Vedendo, o Krishna, questi miei parenti radunati qui desiderosi di combattere, le mie membra
vengono meno e la mia bocca è secca.
Tremo tutto e i capelli mi si rizzano. Il sacro arco Gandiva mi scivola dalla mano e la mia pelle
brucia”.

Interpretazione Spirituale

“A causa della concentrazione iniziale che comincio a sentire dentro di me, o Beatitudine della
mia anima, sono riluttante a combattere e ad uccidere i miei parenti dei sensi, che per lungo tempo
hanno dimorato nella mia casa corporea. Le mie membra di volontà d’esercitare l’autocontrollo
vengono meno, e la mia bocca d’intuizione spirituale è secca. Sono agitato e tramante per il
nervosismo mentale. Le mie energie e i miei pensieri vanno verso i sensi. Il sacro arco
dell’autocontrollo e le percezioni spinali scivolano via, e la mia pelle mentale (che copre la mia
coscienza) è bruciata dall’agitazione”.

Interpretazione Spirituale Elaborata

Il suddetto stato viene sperimentato dall’aspirante spirituale che ha percorso qualche distanza
sul sentiero spirituale. All’inizio ogni aspirante spirituale, per l’esuberanza dell’iniziale
esperienza di felicità realizzata in meditazione, è zelante, felice e soddisfatto. Quando però
comincia a progredire e a vedere che i desideri dei sensi sono inquilini della sua vita duri a
morire, egli comincia a chiedersi se è giusto uccidere le gioie materiali che sono pari
all’abbondanza della felicità spirituale. Pensando questo, il devoto si concentra per metà sul corpo
e i suoi piaceri dei sensi e per metà guarda l’assemblea interiore della felicità dell’anima. Quindi
sente pietà per le vecchie abitudini dei sensi e le membra indebolite della volontà, paralizzate dal
latente attaccamento ai sensi, e sente svanire il gusto più sottile per le percezioni spirituali. Il
gusto per le abitudini maligne, come un fuoco, fa seccare il gusto per le migliori percezioni
spirituali.

A questo punto, come la paura fisica fa rizzare i capelli, così la paura di perdere il piacere
dei sensi causa a tutti i pensieri e alle energie nervose simili a capelli di scorrere come fiumi
lontano dalla felicità dell’anima, verso i sensi. E in questo momento di mentalità dubbiosa, la
percezione astrale della spina dorsale e la percezione vitale della meditazione cominciano a
diminuire al pensiero della felicità corporea. Quando uno cammina o agisce col corpo è consapevole
del corpo e delle sue sensazioni, ma quando uno medita, gradualmente le sensazioni corporee
svaniscono, il senso del peso fisico viene dimenticato e una forte percezione di calma e di potere
astrale e spinale possiede la coscienza dell’ego. Quando però uno comincia a diventare agitato,
l’arco spirituale della percezione e dell’energia spinale – che può uccidere gli attaccamenti dei
sensi con frecce di super-felicità – è distrutto e i pensieri che circondano l’ego cominciano a
essere bruciati dall’agitazione, come la pelle è bruciata dai raggi surriscaldati del sole.

Perciò quando succede questo, invece di sentire pietà per i piaceri dei sensi stabiliti per
prima e diventati arroganti, il devoto deve risvegliare con la discriminazione una simpatia divina
per le durevoli percezioni dell’anima.

Il guaio è che spesso le percezioni spirituali duramente guadagnate vengono momentanemente e
completamente oscurate da un risveglio dei vecchi desideri per i piaceri dei sensi, ed allora il
devoto è buttato nel dubbio totale e nella disperazione spirituale. Il devoto deve ignorare questo,
e deve imparare a vedere il bene della felicità spirituale che sta dentro le nuvole oscure delle
percezioni materiali.

La Bhagavad Gita è il più grande trattato metafisico e psicologico che sia mai stato dato al
mondo. Essa descrive in maniera precisa e dettagliata tutte le esperienze del viaggiatore spirituale
sul sentiero della liberazione. Il vero devoto non solo ha fede in Dio, ma Lo adora con intelligenza
e saggezza. L’adorazione cieca può essere scarsamente accettata da Dio; ma noi, essendo dotati coi
grandissimi doni divini dell’intelligenza, della ragione e del libero arbitrio, dobbiamo adorare Dio
in Verità e Conoscenza. A Dio piace vedere i Suoi figli umani, fatti a Sua immagine, usare il Suo
più grande dono – la luce dell’intelligenza – per cercare Lui.

Verso 30°

Arjuna disse: “O Keshava (Krishna), nè riesco a rimanere in piedi. La mia mente erra di qua e di là,
e vedo presagi avversi”.

Interpretazione Spirituale

L’autocontrollo (Arjuna) guidato d’ego pensò tra sé: “O Forza dell’anima, non posso tenermi in
equilibrio. La mia mente vacilla durante i miei sforzi d’ottenere vittoria sui sensi. Sento una
premonizione d’incombente infelicità”.

Interpretazione Spirituale Elaborata

Questa stanza descrive lo sgradevole sentimento irrequieto del devoto, quando realizza che deve
uccidere le sue vecchie, care cattive abitudini predilette. La sua mente può difficilmente rimanere
concentrata su qualcosa. Egli immagina solo premonizioni di tristi ed incombenti stati d’infelicità.

Questo stato viene spesso provato dai devoti sul sentiero della meditazione. In questo stato la
mente ricorda improvvisamente le gioie delle vecchie cattive abitudini e non riesce a immaginare la
felicità che proviene dalla calma della meditazione. La mente vaga continuamente in centinaia
d’esperienze subcoscienti ed è incapace di rimanere concentrata su un oggetto particolare. Sente una
triste solitudine e vede un deserto mentale creato dalla rinuncia di tutte le gioie superficiali.

Quando si ara il terreno per coltivare le messi, bisogna distruggere la sovrabbondanza di verdi
erbacce inutili; ma quando le erbacce sono distrutte, il terreno sembra arido finchè i buoni semi
invisibili non germoglieranno in piante che daranno un buon raccolto. Similmente, il campo della
coscienza è ricoperto dalle erbacce degli inutili piaceri dei sensi, come giocare a carte,
chiacchierare inutilmente, leggere facili novelle o giornali scandalistici, e così via, che
all’inizio sono molto difficili da dimenticare.

La gente farebbe piuttosto qualsiasi cosa per far passare il tempo, eccetto meditare. Quando il
precettore e l’autocontrollo chiedono al devoto di distruggere queste erbacce mentali e di piantare
le abitudini spirituali della meditazione, e leggere buoni libri, e così via, il devoto si sente
abbandonato. Senza le riempienti erbacce mentali delle inutili attività, la mente diventa un arido
deserto di coscienza. Il devoto dimentica che quando il campo della coscienza è seminato coi semi
delle buone qualità, questi si sviluppano nelle piante delle nobili attività, e producono
abbondantemente i frutti della vera felicità.
In questo stato la mente vede la necessità di distruggere le erbacce mentali, e nello stesso
tempo visualizza un arido stato mentale senza alcuna felicità reale; perciò non può stare ferma,
concentrata su una cosa qualsiasi, e a causa della totale indecisione mentale vede solo incombente
infelicità.

Verso 31°

“Nè, o Krishna, percepisco alcun effetto salutare nell’uccidere i miei parenti in battaglia. Non
desidero né il trionfo né il regno, e neanche i piaceri dei sensi”.

Interpretazione Spirituale

“O Forza dell’Anima, io non vedo nessuna felicità psicologica che si possa guadagnare uccidendo
le mie intime abitudini dei sensi, nella battaglia tra i sensi e le forze discriminative. La mia
mente odia l’idea della distruzione dei piaceri dei sensi. Non desidero nulla, né la vittoria
mentale e il regno della felicità, né i piaceri dei sensi”.

Interpretazione Spirituale Elaborata

Questa stanza descrive lo stato mentale che segue lo stato d’indecisione nato dall’agitazione
durante la meditazione. Come conseguenza della disperazione e dell’indecisione, la mente diventa
negativa e si concentra sui risultati della rinuncia mentale delle piacevoli abitudini cattive. Il
devoto irrequieto vede l’aridità dell’autocontrollo ed è incapace di visualizzare la pace duratura
che ne risulta.

In uno stato depresso, incapace di decidere, il devoto improvvisamente decide e dice a se
stesso: “O Forza dell’Anima, io non vedo alcuna utilità nel distruggere tutti i conforti dei sensi
durante la mia battaglia interiore. Non voglio una vuota vittoria mentale. Non voglio il regno della
Coscienza Cosmica. Non voglio la felicità dei sensi”.

In questa fase il devoto passa dal torturante stato di confusione a quello di determinazione
negativa. Il devoto dice a se stesso: “Abbasso la felicità spirituale e quella dei sensi. Non voglio
nulla, poiché dovrei distruggere le mie carissime abitudini dei sensi, con le quali ho vissuto nella
comoda casa della vita. Non voglio la Coscienza Cosmica”.

A questo punto il devoto deve sapere che la rinuncia non è fine a se stessa. Rinunciare a dei
soldi per ottenerne di più può essere doloroso all’inizio, ma non alla fine, quando il denaro
porterà più denaro. Così, la rinuncia alle inutili abitudini quotidiane, come ad esempio quelle di
perdere tempo in pettegolezzi, giocando, e così via, all’inizio sembra poco piacevole ed inutile; ma
bisogna ragionare con la mente del devoto. Bisogna mostrargli che la rinuncia dei falsi piaceri è
necessaria solo perché si possa cercare per quanto vicini e piacevoli, non possono mai dare tanta
felicità quanta ne possono dare le forze spirituali interiori.

Molte persone pensano che i santi che si vestono di sacco e vivono in solitudine, vivono
nell’abnegazione e nell’infelicità; mentre le persone del mondo, con i loro familiari litigiosi e
tuttavia simpatici, con gli inviti a cena, la radio, le danze e tutti gli eccessi, sono più felici;
ma non è così. Molte persone rincorrono questo e quello, nella speranza di trovare la felicità che
non trovano mai. I santi, sapendo che la felicità si può trovare solo nel favo delle percezioni
interiori, non perdono tempo cercando d’estrarre il miele della felicità dalla roccia delle cattive
abitudini. I santi rinunciano alle vie errate, che non portano alla felicità, e seguono il sentiero
della meditazione, che solo può dare la felicità.

Molti devoti, non conoscendo il lato positivo della rinuncia delle cattive abitudini
dell’agitazione per avere la felicità superiore, abbandonano la meditazione dopo pochi tentativi e
si tuffano nei vortici delle comuni abitudini, annegando nell’ignoranza. Il vero devoto deve usare
l’immaginazione spirituale e non deve arrendersi alle memorie delle abitudini irrequiete, che
dicono: “Signora Mente, a che serve meditare al buio? Esci e divertiti ogni giorno, andando al
cinema, e così via”, mentre la mente dice internamente; “Non eliminare i piaceri in cui indulgono
moltissime persone, per sedere nell’infruttuosa meditazione”.
Esercitate la vostra immaginazione e pensate a Gesù e ai grandi Maestri che ottennero
l’immortalità e l’eterna felicità rinunciando ai falsi piaceri ostentati davanti alla mente dal
Satana dell’illusione cosmica. Quando la mente sente simpatia per i piaceri dei sensi abbandonati,
proprio in quel momento immaginate che il vostro carissimo corpo amante dei piaceri dei sensi alla
fine dovrà essere buttato in un sepolcro o gettato nelle fameliche fiamme crematorie, e fate uno
sforzo maggiore per contattare Dio attraverso la meditazione profonda, e fatte conoscenza con
l’immortale, indistruttibile e dimenticata anima reale nascosta dietro il deperibile corpo infestato
di falsi piaceri e che pretende essere vostro.

Il devoto che per una volta ha sentito l’eternamente affascinante Forza dell’Anima nella
meditazione profonda non può mai dimenticare la sua gioia, anche se ridiscende per un po’ da quello
stato.

Dopo la meditazione profonda, se è gettato nell’agitazione dal ricordo delle gioie dei sensi,
il devoto sente un grande scoraggiamento e disagio interiore e improvvisamente non trova più né la
gioia interiore e improvvisamente non trova più né la gioia interiore né i fugaci piaceri dei
sensi, e risolve; “O grande Anima, io non desidero né la felicità interiore nata dall’autocontrollo
e dall’iniziazione spirituale, né i piaceri dei sensi”.

Questo stato mentale dev’essere vinto, e può essere vinto, dalla regolare meditazione profonda
e dipingendosi la Beatitudine sempre nuova sentita nelle grotte profonde della contemplazione.

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