MORTE & COSCIENZA

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MORTE & COSCIENZA

Tra la morte clinica e la morte ampiamente intesa c’è di mezzo la coscienza. Di questo si sta
accorgendo anche la scienza con il suo Progetto di Coscienza Umana (The Human Consciousness
Project(SM): Nuovi Paradigmi nella Scienza della Coscienza. Chissà se a qualcuno di questi studiosi
verrà im mente di leggersi il Bardo, il libro tibetano dei morti?

da www.scienzaeconoscenza.it

Il Progetto Sulla Coscienza Umana è un consorzio internazionale di scienziati e di medici
pluridisciplinari che hanno unito le forze per indagare la natura della coscienza e del relativo
rapporto con il cervello, così come i processi neuronali che mediano e corrispondono alle differenti
sfaccettature della coscienza. Il Progetto sulla Coscienza Umana intraprenderà i primi studi
scientifici su grande scala a livello mondiale riguardo a che cosa accade quando moriamo e al
rapporto fra la mente e il cervello durante la morte clinica. Le diverse competenze delle squadre di
esperti variano dall’arresto cardiaco, alle esperienze di pre-morte e dalla neuroscienza al
neuroimaging, la cura terminale, la medicina di emergenza, l’immunologia, la biologia molecolare, la
salute mentale e la psichiatria.

Il mistero di che cosa accade quando moriamo e la natura della mente umana hanno affascinato
l’umanità dall’antichità ad oggi. Anche se considerata tradizionalmente una materia da dibattito
filosofico, gli avanzamenti nella scienza moderna e in particolare la scienza della rianimazione
hanno ora permesso un metodo obiettivo e scientifico per cercare le risposte a queste domande
stringenti, che includono implicazioni diffuse non solo per la scienza, ma anche per tutta
l’umanità.

Dagli anni 50 e 60, i miglioramenti notevoli nelle tecniche di rianimazione hanno condotto a più
alti tassi di sopravvivenza per i pazienti che sperimentano l’arresto cardiaco. Sebbene molti studi
si siano focalizzati sulla prevenzione e sul trattamento medico acuto dell’arresto cardiaco,
relativamente pochi hanno cercato di esaminare il funzionamento conoscitivo e la condizione della
mente umana sia durante, che a seguito dell’arresto cardiaco stesso. Lo studio approfondito di tali
pazienti, tuttavia, potrebbe servire non solo come la sfaccettatura più intrigante della
rianimazione cardiopolmonare ma può condurre a progressi significativi nel migliorare la cura medica
mentre affronta efficacemente la questione mente-cervello.

Oggi, la maggior parte degli scienziati, tradizionalmente, hanno adottato una visione monista della
questione mente-cervello, sostenente che la mente, la coscienza e il sé umani sono nient’altro che
dei sottoprodotti dell’attività elettrochimica all’interno del cervello, nonostante la mancanza di
alcuna prova scientifica o persino di una plausibile spiegazione biologica su come il cervello
condurrebbe allo sviluppo della mente e della coscienza. Ciò ha condotto alcuni ricercatori
prominenti, quale il nobel neuro scienziato John Eccles a proporre una visione dualista del
problema, sostenendo che la mente e la coscienza umane possano in effetti costituire un’entità
separata e non scoperta, oltre al cervello.

Al contrario della percezione popolare, la morte non è un momento specifico, ma un processo ben
definito. Da un punto di vista biologico, l’arresto cardiaco è sinonimo di morte clinica. Durante un
arresto cardiaco, sono presenti tutti e tre i test di verifica di morte clinica: il cuore arresta il
battito, i polmoni smettono di lavorare e il cervello cessa di funzionare. Successivamente, c’è un
periodo di tempo – che può durare da alcuni secondi fino ad un’ora o più a lungo – durante il quale
gli sforzi medici di emergenza possono riuscire a resuscitare il cuore ed invertire il processo di
morte. Le esperienze che gli individui subiscono durante questo periodo di arresto cardiaco
forniscono una finestra unica per capire che cosa tutti, probabilmente, andremo a sperimentare
durante il processo del morire.

Negli ultimi anni, un certo numero di studi scientifici intrapresi da ricercatori indipendenti ha
rilevato che almeno un 10-20 per cento degli individui che subiscono un arresto cardiaco riportano
un pensiero lucido e ben-strutturato, sono ragionanti, hanno delle memorie e alcune volte un ricordo
dettagliato del loro arresto cardiaco. Ciò che rende queste esperienze notevoli è che mentre gli
studi sul cervello durante l’arresto ci dicono ripetutamente che non c’è attività cerebrale durante
questo periodo, questi individui hanno riportato segnali di percezioni dettagliate che sembrano
indicare la presenza di un alto livello di coscienza in assenza di attività misurabile del cervello.

Questi studi sembrano suggerire che la mente e la coscienza umane possano, in effetti, funzionare in
un momento in cui i test di verifica clinici della morte sono completamente presenti e il cervello
ha cessato il suo funzionamento. Se questi più piccoli studi possono essere replicati e verificati
con quelli più definitivi su grande scala del Progetto sulla Coscienza Umana, possono non solo
rivoluzionare la cura medica dei pazienti criticamente malati e lo studio scientifico della mente e
del cervello, ma possono anche sostenere profonde implicazioni universali per la nostra comprensione
sociale della morte e del morire.

fonte: www.mindbodysymposium.com/human-consciousness-project.html

Traduzione: Elsa Nityama Masetti

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