Meditazione: da non confondersi col pensiero positivo

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Meditazione: da non confondersi col pensiero positivo

di John Kabat Zinn

da: lameditazionecomevia.it

(John Kabat-Zinn è un professore di medicina americano che ha fondato
una clinica per la riduzione dello stress presso l’Università del
Massachussetts, nella quale viene utilizzato un metodo di meditazione
da lui ideato e chiamato Mindfullness, nato da un adattamento della
vipassana. Il suo metodo ha avuto molto successo, tanto che in America
e in altre parti del mondo si sono aperte decine di centri che si
ispirano ai corsi tenuti da Kabat-Zinn)

“La nostra modalità di pensiero differenzia la specie umana da tutte
le altre senza possibilità di confronto. Ma se non prestiamo
attenzione, il nostro pensiero può facilmente sopprimere altre
preziose e miracolose sfaccettature della personalità. Spesso con
immediato svantaggio della consapevolezza.
La consapevolezza non è uguale al pensiero.

È una qualità che lo supera, sebbene ne faccia uso, rispettandone la
validità e la forza. Può essere considerata come un recipiente che
trattiene e incorpora il pensiero, aiutandoci a vedere e a conoscere i
nostri pensieri come tali, impedendoci di considerarli una realtà.

A volte la mente pensante può trovarsi seriamente frammentata; di
fatto, lo è quasi sempre. Questa è la natura del pensiero, mentre la
consapevolezza, sollecitata intenzionalmente in ciascun momento, può
aiutarci a percepire che malgrado questa frammentazione la nostra
natura fondamentale è già integrata e completa. Non solo non è
limitata dalla miscellanea della mente pensante, ma è il contenitore
che raccoglie tutti i frammenti, come una pentola che contiene i vari
ortaggi spezzettati consentendo che cuociano formando un tutto, il
minestrone appunto.

Ma si tratta di una pentola magica, perchè cuoce senza che si debba
far nulla, nemmeno accendere il fuoco. È la consapevolezza stessa che
cuoce, a condizione di mantenerla attiva. Non si deve fare altro che
rimescolare i frammenti rimanendone consapevoli. Qualsiasi cosa si
presenti alla mente o al corpo viene versato nella pentola, diventando
un ingrediente della minestra.

Un altro modo per definire la meditazione è considerare il processo
stesso del pensiero come una cascata perenne. Coltivando la
consapevolezza, ci collochiamo al di là o al di qua del nostro
pensiero allo stesso modo in cui si cercherebbe riparo in una grotta o
in una rientranza dietro una cascata. Continuiamo a vedere e udire
l’acqua, ma ci troviamo discosti dalla corrente.

Con questo tipo di pratica i nostri schemi mentali cambiano
automaticamente in modi che favoriscono integrazione, comprensione e
compassione, ma non perchè tentiamo di cambiarli, sostituendo un
pensiero a un altro che riteniamo più puro. Si tratta piuttosto di
capire la natura dei nostri pensieri come tali e i nostri rapporti con
essi, in modo da utilizzarli a nostro vantaggio e non viceversa.

Decidere di pensare positivamente può essere utile, ma non è
meditazione. Sono soltanto altri pensieri. È possibile lasciarsi
catturare tanto dal cosiddetto pensiero positivo quanto da quello
negativo. Anche questo può essere circoscritto, frammentato,
impreciso, illusorio, fine a se stesso ed erroneo. Occorre un elemento
del tutto diverso per indurre una trasformazione nella nostra vita e
portarci oltre i limiti del pensiero”

 

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