La riscoperta dell’olfatto: marketing e tecnologia

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La riscoperta dell’olfatto: marketing e tecnologia

Da un po’ di tempo, puntando sul fatto che da sempre l’odore è un potente mezzo d’identificazione,
gruppi bancari, catene di supermercati, negozi d’abbigliamento, hanno “costruito” il proprio profumo
caratteristico. Diffondendo l’odore durante eventi sponsorizzati, culturali o sportivi, di forte
carica emozionale, è possibile condizionare un determinato pubblico a una risposta emotiva
favorevole che scatterà automaticamente al risentire l’odore sul prodotto stesso o nei negozi che lo
vendono.

[ZEUS News – www.zeusnews.it – Prima Pagina, 20-08-2003]

Articolo tratto da Noema – Tecnologie e società

Il cosiddetto logo olfattivo non solo può essere utilizzato su supporti materiali ma può anche
essere diffuso in ambienti. In quest’ultimo caso si ha il vantaggio di occupare interamente lo
spazio e di pervadere completamente la situazione in cui è diffuso.
Diffondendo l’odore durante eventi sponsorizzati, culturali o sportivi, di forte carica emozionale,
è possibile condizionare un determinato pubblico ad una risposta emotiva favorevole che scatterà
automaticamente al risentire l’odore sul prodotto stesso o nei negozi che lo vendono.

Il buon odore del negozio s’identifica nell’inconscio del cliente con la bontà del prodotto o del
servizio proposto. Aromatizzare un locale costituisce una potente arma per conquistare i clienti,
ritagliandosi uno spazio non effimero nelle loro memoria, proprio perchè gli odori restano impressi
nel cervello per molto tempo, sotto forma di emozioni legate alle situazioni in cui sono stati
sentiti per la prima volta.

«Sentire, vedere, odorare, toccare e gustare sono processi produttivi, non solo ricettivi.
Trasformano il mondo, e il mondo che sta mutando li modifica a sua volta» [1]. L’industrializzazione
ha da sempre svolto un ruolo fondamentale nell’evoluzione (o involuzione?) della nostra sensitività.
Ed è soprattutto per questa ragione che le nostre capacità olfattive, che alle origini del mondo
erano molto sviluppate, come in tutti gli altri animali, oggi sono molto indebolite, schiacciate
dallo sviluppo di altri sensi, in primis quello visivo e quello uditivo.

«In effetti, nella cultura contemporanea, almeno in quella occidentale, i due sensi della vista e
dell’udito, le forme percettive considerate più evolute dal punto di vista fisiologico,
filogenetico, funzionale, occupano una posizione privilegiata» [2]; questo a scapito dei sensi della
prossimità, cioè tatto, gusto e olfatto.

L’olfatto, in particolare, è stato per molto tempo avvertito come un senso di serie B, troppo legato
all’animalità dell’uomo, al suo essere naturale. Infatti, «più degli altri sensi […] viene
riconosciuto come l’indicatore del modo in cui l’uomo tratta la propria naturalità quando
progredisce in civiltà. Dallo stato animale allo stato selvaggio, quindi allo stato civilizzato,
l’olfatto umano perde la propria forza e si svaluta» [3].

Piero Camporesi, nell’introduzione al libro di Alain Corbin, parla di un mutamento «della
bestia-uomo che ha invertito il vecchio codice olfattivo; anziché essere attratto, come in passato,
da certi segnali odorosi (ancorché forti o acri), ne viene respinto da una sensibilità modificata.

L’inodore va di pari passo con l’insapore. Più che il palato è l’occhio a decidere e a giudicare la
qualità delle cose» [4]. Una cosa bella viene automaticamente giudicata anche buona: ecco perchè
quando si va ad acquistare della frutta o della verdura si presta più attenzione all’aspetto
materiale che non all’odore che emanano.

Secondo Camporesi sarebbe il senso della vista, definito “più facile e superficiale” a dominare la
cultura delle masse; gli altri quattro sensi non sarebbero che vicari della vista, attraverso cui
tutto passa. «I libri dell’Ottocento, per non parlare di quelli più antichi, avevano un profumo, un
odore. Quelli di oggi sono fatti per essere rapidamente sfogliati. L’occhio ne indaga le prime
cinque e le ultime tre righe. Si ferma alla superficie» [5].

A tutto questo si deve aggiungere che un tempo gli odori si potevano incontrare normalmente nella
vita di tutti i giorni, in quanto giungevano a noi in maniera del tutto naturale. Oggi, invece le
città sembrano non avere più profumi, sempre più spesso nascosti dall’inquinamento: la cappa dello
smog metropolitano sta ormai annullando tutti gli odori che facevano parte del quotidiano,
anestetizzando così il senso dell’olfatto. Per questo motivo la gente che sembra mettersi alla
ricerca del senso perduto compie un gesto istintivo e prioritario: si allontana dalla città, andando
magari al mare, o in campagna, oppure nei boschi.

Ciò che comunque si deve notare è che, in quest’era dei media tecnologici, pur utilizzando in
prevalenza udito e vista, l’uomo ha mantenuto la sua naturale capacità di risposta agli stimoli che
derivano dall’olfatto: aromi e profumi continuano ad avere un importante ruolo sia sul fisico, sia
sulla mente. Del resto, dell’influenza di questo senso conserviamo traccia non solo nel linguaggio –
quando diciamo che qualcosa “ci puzza”, o che “a naso” una persona non ci convince -, ma anche in
alcune pratiche molto diffuse come l’aromaterapia e la profumazione personale.

Come sostiene Diane Ackerman, nella sua Storia naturale dei sensi, «non abbiamo bisogno di odori per
delimitare i territori, né per stabilire gerarchie, né per riconoscere le persone né, in
particolare, per scoprire quando una femmina è in calore. Tuttavia, un semplice sguardo all’uso
ossessivo dei profumi e dei loro effetti psicologici dimostra che l’odore è un vecchio cavallo di
battaglia dell’evoluzione […] Non abbiamo bisogno degli odori per sopravvivere, ma ne siamo
irragionevolmente avidi…» [6].

Bisogna partire dalla considerazione che è proprio attraverso l’olfatto che l’universo animale
riceve i suoi messaggi più significativi nel flusso della comunicazione. E come tutti i messaggi
anche questo è codificato in segni e segnali: precisamente il codice olfattivo si struttura sugli
odori.

La cosa interessante è che il codice olfattivo lavora molto in profondità, in quanto gli stimoli
odorosi vengono elaborati immediatamente dal cervello, prima ancora di venire codificati
razionalmente: la mucosa olfattoria è collegata a quelle aree cerebrali che archiviano le emozioni,
perciò profumi e odori richiamano spesso reazioni di piacere o disgusto legate all’inconscio. In
pratica, prima che la nostra parte conscia e razionale possa ricordare dove abbiamo già sentito una
certa fragranza, l’inconscio risponde rievocando la sensazione registrata nella memoria.

Non si può negare che la comunicazione contemporanea appare dominata dalla simulazione visiva e
acustica, soprattutto perché «produrre simulazioni nel registro del visuale è vantaggioso perchè
concerne informazioni rapide, fruibili a distanza, dotate di un’inerzia trascurabile, codificabili e
conservabili a lungo e facilmente su supporto adeguato, altrettanto agevolmente restituibili e
comunicabili… Tuttavia anche le informazioni riguardanti gli altri sensi della prossimità e del
contatto (olfatto, gusto e tatto), sono simulabili grazie alle tecnologie» [7].

Infatti «oggi la tecnologia consente di creare e ricreare anche gli odori e i profumi, di integrare
la dimensione olfattiva nel linguaggio dell’apparenza, che si fa così sempre più complesso,
multisensoriale, virtuale, sempre più realistico e sempre più artificiale, nuovo “grado zero” della
natura, nuova acquisizione della cultura» [8].

Fu al cinema che si sperimentarono i primi sistemi di simulazione olfattiva, proprio
contemporaneamente all’uso del 3D stereoscopico, per rendere la materia filmica più credibile e
coinvolgente.

Alla creazione, da parte della General Electric, del sistema Smell-O-Rama che accompagnava alla
visione della rosa il suo profumo, emesso da uno spruzzatore, seguirono dei sistemi simili
“adattati” alla visione cinematografica. Nel ’59 videro la luce lo Smell-O-Vision e l’Aroma-Rama,
esperienze che non decollarono non solo per problemi di ordine economico, ma soprattutto per il
continuo mescolarsi degli odori e per la natura del sistema olfattivo, caratterizzato da un grado di
inerzia e di persistenza molto elevato e da un processo di “decodificazione” molto lento e
difficoltoso.

Nel 1962 Morton Heilig inventò una macchina chiamata Sensorama, per simulare una passeggiata in
bicicletta per le strade di New York: oltre alla visione di immagini stereoscopiche, alla percezione
del vento sul viso e dei suoni tridimensionali, in alcune scene si potevano sentire gli odori di
scarico delle auto o il profumo di pizza.

Nel 1981 uscì nelle sale cinematografiche Polyester, girato da John Waters, regista americano
indipendente: fu il primo film in Odorama, una tecnica che permetteva di associare ad alcune scene
del film l’odore adatto a renderle più realistiche. All’ingresso della sala gli spettatori venivano
forniti di una speciale tessera “gratta e annusa”, con tante caselle numerate da grattare quando
sullo schermo compariva il numero corrispondente. In seguito, nel 1989, Luc Besson tentò di
riprodurre un’atmosfera marina nebulizzando nella sala un’essenza liquida durante la proiezione del
suo Le Grand Bleu.

Sul finire degli anni ’80 la Media Sens Communication, società francese, vantava la realizzazione di
due particolari sistemi: il primo, l’Ambianceur, permetteva la diffusione in ambienti di profumi
preconfezionati o realizzati su commissione; il secondo, l’Odorama, consentiva di aggiungere
«l’odore alla comunicazione audiovisiva tramite un dispositivo centrale automatizzato e
programmabile» in grado di dosare l’emissione degli odori e «correlato a una banca immagini su
videodisco» [9].

I recettori olfattivi

Sotto molti punti di vista, il sistema di terminazioni nervose che stanno alla base delle sensazioni
odorose è il più primitivo che si trova nel corpo umano. «Quando inspiriamo, le molecole odorifere
penetrano nella cavità dietro la sella nasale, dove vengono assorbiti dalla mucosa che contiene
cellule recettive munite di microscopici peluzzi chiamati ciglia. Cinque milioni di queste cellule
trasmettono impulsi al centro olfattivo del cervello» [10].

Ciascuna sensazione odorosa può variare a seconda della dimensione soggettiva, tanto che si rivela
più semplice studiarne l’intensità e la durata che non la piacevolezza e i vari attributi
qualitativi. Sappiamo che nel sistema limbico vengono create quelle sostanze neurochimiche come la
serotonina, l’encefalina, l’adrenalina e le endorfine, che funzionano da “risposte” agli stimoli
olfattivi; ed è proprio con l’aiuto di queste sostanze che calmiamo i dolori e ci rilassiamo,
troviamo la felicità, il benessere, l’euforia, siamo più simpatici oppure antipatici, creativi.

Questa comunicazione sublimale è molto rapida ed efficace ma poco conciliabile con il nostro modo di
vivere e ragionare, mentre si integra perfettamente con l’istintualità che governa il mondo animale.
Gli animali, infatti, hanno ulteriormente sviluppato questo sistema attraverso i feromoni, veri e
propri messaggeri invisibili. Si tratta di sostanze organiche, volatili e inodori, secrete da
ghiandole della pelle, capaci di modificare la fisiologia e i comportamenti degli individui della
stessa specie.

Quasi tutte le specie animali possiedono feromoni propri e li utilizzano per segnalare ai propri
simili: intenzioni sessuali, situazioni di pericolo, necessità di aggregazione. I mammiferi sono
dotati di una struttura specializzata nella ricezione di questi segnali chimici, l’organo
vomeronasale, situato ai lati del setto nasale, sotto la mucosa olfattoria.

Nell’uomo esiste una struttura analoga ma sembra si sia atrofizzata con l’evoluzione della specie.
Non è sicuro che possieda dei collegamenti nervosi atti a captare e “leggere” i feromoni, tuttavia
alcuni esperimenti sembrano dimostrare che la specie umana produce sostanze assimilabili ai
feromoni.

Certamente alcuni odori del corpo umano «cambiano composizione a seconda delle emozioni,
dell’aggressività, dello stato di tensione o di rilassamento, informando sulla condizione
dell’individuo, sulla sua salute, sull’attività, sulle sue caratteristiche sessuali, persino sulle
sue peculiarità generiche» [11]; ma quanto queste informazioni sono “leggibili” per gli altri esseri
umani?

Gli esperimenti al riguardo sono pochi: per ora sembra probabile che i feromoni nell’uomo
rappresentino un reperto archeologico, una labile traccia di ciò che millenni fa doveva essere un
sistema necessario per la sopravvivenza della specie, divenuto poi inutile e quindi quasi scomparso.

Una ricerca della psicologa Martha McClintock dell’Università di Harvard ha mostrato che le ragazze
che dormono insieme nei collegi sincronizzano senza volerlo il loro ciclo mestruale, proprio grazie
all’influenza dei feromoni. Mentre un’altra ricerca ha segnalato che, spruzzando con feromoni
maschili una certa sedia nella sala d’aspetto di un medico, questa veniva sempre scelta da donne.
Studiare il grado di influenza di questi fenomeni potrebbe aiutare a comprendere molti comportamenti
umani.

Note

1) KARL KARST,.cit. in SYLVIA FERINO-PADGEN (a cura di), Immagini del sentire: i cinque sensi
nell’arte, Leonardo arte, Milano, 1996, p.15.

2) PIER LUIGI CAPUCCI, Realtà del virtuale. Rappresentazioni tecnologiche, comunicazione, arte,
Cleb, Bologna, 1993, p.61.

3) Ivi, p.64.

4) PIERO CAMPORESI , “Introduzione” di ALAIN CORBIN, Storia sociale degli odori. XVIII e XIX secolo,
Mondadori, 1986, Milano, p.XLVII.

5) in www.dweb.repubblica.it/archivio_d/1996/05/28/attualit/emozioni/088sen288.html

6) DIANE ACKERMAN, Storia naturale dei sensi, Milano Frassinelli, 1992, p.40.

7) PIER LUIGI CAPUCCI, op. cit., p.60.

8) Ivi, p.72.

9) PIER LUIGI CAPUCCI, «Nuovi strumenti della rappresentazione», Lineagrafica, n.1, gennaio 1989,
p.58.

10) DIANE ACKERMAN, Storia naturale dei sensi, Frassinelli, Milano, 1992, p.7.

11) P.L. CAPUCCI, op. cit, p.66.

Prosegui la lettura su NOEMA
www.noemalab.com/sections/specials/tetcm/2002-03/olfatto/comunicazione_marketing.html

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