La definizione del tempo

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La definizione del tempo

tratto da “ Intervista a Julian Barbour” – Scienza e Conoscenza n.3, 2003

Julian Barbour è inglese ed è un teorico di astrofisica e del tempo. La sua teoria è che l’universo
quantico sia statico, esistente come un set di stati indipendenti dal tempo, governato solo dalla
loro probabilità. La nostra nozione di tempo deriva dall’osservazione di questi stati. Dice Barbour:
“… Il tempo è una illusione. I fenomeni dai quali deduciamo la sua esistenza sono reali, ma li
interpretiamo in modo sbagliato. I miei argomenti sono presentati in The End of Time (La fine del
tempo – n.d.T.)

(…)

D.: Qual è la sua definizione di tempo?

JB.: Dobbiamo stare molto attenti perchè ci sono due forme di fisica ben distinte. Nella fisica
classica, il tempo è qualcosa come un invisibile filo per stendere i panni. In ciascun punto lungo
quel filo, l’universo ha una qualche sistemazione delle sue parti, qualche struttura particolare. Si
può immaginare di fare un’istantanea di quella particolare configurazione di come l’universo si
presenta, poi si può appenderla al file nel tempo che gli corrisponde. Un minuto più tardi si può
fare un’altra istantanea e molte cose nell’universo si saranno mosse in qualche modo. Perciò si
otterrà un’istantanea leggermente diversa da appendere al filo un minuto più tardi. Allora si
avrebbero molte istantanee appese al filo della biancheria, tutte con la loro corretta spaziatura.
Questo è esattamente quello che Isaac Newton pensava del tempo ed è ancora il modo in cui la gente
pensa al tempo tutt’oggi.

Ora, per ciò che riguarda la fisica classica, al punto iniziale del mio lavoro è molto semplice
dire: beh, guarda, in effetti, il filo dei panni non serve assolutamente a niente. L’universo non ha
una struttura esterna di questo tipo. Mi sono messo a descrivere, secondo la fisica classica, come
le cose cambiano la loro posizione nel mondo, ma buttando via quel filo.
Sono riuscito a farlo, e penso che la gente riconosca sempre più che quello è un modo interessante e
possibile di guardare le cose. Nella fisica classica, io non cambio l’idea che esista una sequenza
unica di eventi. Sto solo dicendo che non c’è bisogno di un filo su cui stenderli.
Supponiamo di avere un universo composto da solo tre particelle. Potremmo fare delle istantanee di
quelle tre particelle creando la storia di questo universo. Potrebbe esserci un’intera successione
di queste tre particelle che formerebbero dei triangoli. Si potrebbero immaginare triangoli appesi
al filo dei panni. L’universo newtoniano di tre particelle sarebbe solo una successione di
triangoli.

La meccanica quantistica è tutta un’altra storia. Presume che non ci sia una singola successione di
stati. C’è ogni possibile successione di stati. La meccanica quantistica presume che in qualche modo
che tutti i triangoli siano presenti allo stesso tempo ed è alquanto sbagliato pensare ai triangoli
allineati su un filo. Formano come uno spazio multidimensionale. Si potrebbero anche immaginare in
un grande mucchio.

Ritornando alla foto newtoniana, – poichè mi sono sbarazzato del filo dei panni – , si potrebbe
chiamare ogni triangolo individuale, che sto descrivendo in questo modellino, un istante di tempo.
Non c’è un filo dei panni, non c’è nessuna linea del tempo, ma ci sono istanti individuali di tempo
ed essi sono come delle istantanee dell’universo. Sono appunto quella che è la forma dell’universo
in ogni dato istante.

Per avere un’immagine appropriata della meccanica quantistica, si deve ampliare la propria visione e
pensare che tutti gli istanti possibili di tempo, tutte le forme possibili dell’universo sono
presenti nello stesso momento. La meccanica quantistica è molto, molto diversa e le mie idee non
cominciano ad avere implicazioni entusiasmanti finchè non si assume la possibilità che possano
esserci tutti contemporaneamente. Questo è un grosso cambiamento. La meccanica quantistica è molto
misteriosa. Sembrano esserci delle probabilità. Ora ci addentriamo in acque molto profonde.

La meccanica quantistica, quando si cerca di interpretarla, è molto profonda.
In un modo o nell’altro ci sono delle probabilità per questi possibili istanti di tempo – i
triangoli del mio modello o istantanee dell’intero universo, se siamo realisti. In qualche modo
ognuna di esse ha una probabilità, che è determinata con una regola ben definita. Questa è la figura
matematica che emerge, o almeno è emersa da quello che sto facendo e proponendo. E’ molto, molto
diverso dal metodo ortodosso in cui uno pensa al tempo.

D.: Qual è la grande implicazione della meccanica quantistica nel cambiare la definizione del tempo
da parte sua?

JB.: La cosa veramente interessante è la legge che determina quali probabilità ha ogni istante di
tempo – ogni possibile configurazione dell’universo – e come funziona.
Questo ha grandi implicazioni potenziali per la causalità, la predeterminazione e molte altre cose,
perchè presuppone che l’universo funzioni in un modo molto diverso.

Nel vecchio modo di vedere – (ed è il modo in cui praticamente tutti i miei colleghi fisici ancora
pensano; vedo questo ogni volta che leggo un articolo di fisica) – ci sono condizioni iniziali e poi
ci sono leggi e come l’universo si evolve.
Per qualche ragione vengono create le condizioni iniziali, sia da Dio o spontaneamente, e poi le
leggi prendono il sopravvento e l’universo di evolve da questo. Perciò quello che troviamo intorno a
noi ora è la conseguenza di quello che è stato messo a punto in un passato molto lontano o nel
big-bang.

Non credo affatto che la legge funzioni così. Penso che sia una legge che funzioni tutta d’un colpo
e scelga delle probabilità tutte in modo olistico. In un certo senso, dico che gli istanti di tempo
stanno competendo o possibilmente collaborando uno con l’altro per avere più probabilità possibili.
Suona tutto molto astratto e difficile. E’ una congettura da parte mia, ma penso che sia così.

D.: Il cambiamento diventa qualcosa di molto più reale in ogni momento, piuttosto che nel precedente
modo di vedere le cose, anche se a volte gli scienziati descrivono qualcosa in termini di fisica
quantistica ancora con un modo di pensare lineare.

JB.: Quello che veramente conta ora, non è il cambiamento ma la differenza. Due cose, che sono più o
meno le stesse ma non esattamente le stesse, possono avere diverse probabilità. Questo è tutto
determinato, a mio avviso, da un’enorme legge, che in qualche modo determina tutte le probabilità
nello stesso momento. Sono tutte in risonanza l’una con l’altra in qualche modo. Se le cose sono
fortemente in simpatia le une con le altre, allora questo le aiuta ad avere una maggiore
probabilità.

E’ proprio un bel modo olistico di pensare alle cose. Non è stato programmato in quel modo, ma piace
alla gente con inclinazioni religiose e filosofiche perchè uno può vedere tutta la creazione
contemporaneamente. Da parte mia non provengo da nessuna corrente religiosa. Penso che abbia più a
che fare con il fatto che la scienza lavora con leggi e, in un certo senso, le leggi sono qualcosa
di eterno. Questo introduce la visione teista delle cose.

D.: Gli scienziati più convenzionali al di fuori della fisica, pensano ancora in termini di fisica
classica, in termini di una visione lineare e materialista. Lei sta dicendo che molti fisici pensano
ancora in quel modo?

JB.: Sì, penso sia vero.

D.: Come si può apportare un cambiamento di pensiero?

JB.: Per prima cosa, non è facile cambiare il modo in cui la gente pensa al mondo. Questo è un
processo che richiede molto tempo, per usare il linguaggio convenzionale. Ci vollero qualcosa come
150 anni perchè la proposta di Copernico fosse generalmente accettata.

La meccanica quantistica ha un’interpretazione notevole e radicale, detta interpretazione dei mondi
multipli.
All’inizio poche persone la presero seriamente. Circa dieci anni fa un piccolo gruppo di persone che
cercavano di dare un senso alla cosmologia e alla meccanica quantistica, cercarono di creare quella
che si potrebbe definire cosmologia quantica. La maggioranza di queste persone favorirono
l’interpretazione dei mondi multipli perchè si trovarono nell’assoluta impossibilità di dare un
senso alla meccanica quantistica in qualsiasi altro modo. ( …)

Penso che ci sia una prova chiara che più persone ora prendono seriamente l’interpretazione dei
mondi multipli. Se diventa l’opinione di maggioranza tra i fisici, allora l’idea che ho proposto nel
mio libro sarà molto più facile da accettare per la gente.
La cosa migliore che mi potrebbe succedere, sarebbe che gli scienziati cominciassero seriamente a
cercare di smentire la mia teoria, perchè è sempre bene quando la gente non può smentire una teoria.
Se non ce la fanno, allora ne viene fuori il meglio.

(…)

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