Un paradosso impeccabile – gli universi paralleli esistono!

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Un paradosso impeccabile – gli universi paralleli esistono!

di a cura di Barbara Ainis

la notizia apparsa sul New Scientist Magazine a fine settembre attesta che non c’è più alcun dubbio,
nuove prove matematiche spazzano via le ultime obiezioni in merito alla realtà di molti universi o
mondi paralleli definita da alcuni: ripugnante per il senso comune. Il Dr Deutch, sempre di Oxford,
aveva già dimostrato matematicamente che la struttura simile ad un cespuglio dagli innumerovoli rami
creata dall’universo che si separa in altrettante versioni parallele di se stesso può spiegare al
meglio la natura probabilistica del risultato quantistico. Questa dimostrazione finora attaccata ha
trovato conferma rigorosa grazie a David Wallace e Simon Saunders che hanno dichiarato: “Abbiamo
chiarito gli ultimi punti oscuri e siamo giunti ad un ben chiaro verdetto che ci porta ad affermare
con autorevolezza che il lavoro di Everett funziona”. Secondo l’audace osservazione di Everett
infatti l’universo è in costante ed eterna divisione, quindi non c’è nessun collasso d’onda (o di
realtà) bensì ogni possibile risultato a seguito di una misurazione sperimentale accade in un
diverso universo parallelo. Ogni volta che c’è un evento a livello quantistico – il decadimento di
un atomo radioattivo – per esempio, o una particella di luce che avvolge la retina – si suppone che
l’universo si divida in tanti universi o mondi differenti. A questo proposito Scienza e Conoscenza
N° 18 ha intervistato l’estate scorsa Lev Vaidman, una delle autorità mondiali del settore. Da
allora, le ultime scoperte sembrano sottrarre completamente la teoria dei “molti mondi” dalla sfera
metafisica per farla entrare a tutti gli effetti tra i più importanti sviluppi del mondo della
scienza.

Per il linguaggio, anche per il più poetico, è difficile spiegare un paradosso, per un’equazione
matematica no. Chi si ricorda il film Sliding doors? Un rompicapo fantasioso? Non si direbbe.
Secondo la matematica quantistica sembra facilmente inscrivibile in un’equazione, tra le più
scientifiche.
Questa intervista ci permette candidamente di scivolare nella sobrietà e eleganza matematiche dei
molti mondi, verso un’interpretazione della meccanica dei quanti degna di una pellicola
hollywoodiana. E, di una scuola scientifica, tra le più ortodosse.

Provate ad immaginare: vi trovate di fronte a una scelta da compiere e qualcosa, magari una
telefonata o un ingorgo stradale, interviene a farvi intraprendere una strada piuttosto che
un’altra. Immaginate che in quel preciso momento il vostro mondo si divida in due, uno stesso
passato e due futuri, chissà anche molto diversi. Immaginate che questo capiti molte e molte volte e
che una miriade di mondi popolino il nostro Universo. Ricorda molto la trama di un film, ma questa è
la conseguenza esperienziale di una rigorosa teoria matematica, la Teoria dei Molti Mondi, appunto.
Si tratta di un’interpretazione della meccanica quantistica di cui il fisico israeliano di fama
internazionale Lev Vaidman, che abbiamo intervistato durante un suo soggiorno in Italia, è uno dei
più importanti sostenitori. Con lui abbiamo parlato dell’origine e degli sviluppi, della forza e
delle debolezze di una teoria che riesce a conservare il formalismo originario della fisica dei
quanti eliminando il più problematico dei suoi postulati: il collasso d’onda.

SeC: La Teoria dei Molti Mondi non è nuova, il primo a introdurla fu Hugh Everett nel 1957. Ma la
sua popolarità tra i fisici sta crescendo solo di recente. Forse è bene ricordare ai lettori di cosa
parliamo. Cosa si intende con Many-Worlds Interpretation (MWI)?
Lev Vaidman: Si intende una teoria fisica, in grado di dare spiegazione della nostra esperienza con
un formalismo matematico molto “economico” ed elegante, che non cambia le leggi di base della
meccanica quantistica. L’idea che sta alla base è quella dell’esistenza di miriadi di mondi
nell’Universo in aggiunta al mondo che percepiamo. Questi mondi prendono inizio ogni volta che
avviene un esperimento quantistico, in un laboratorio di fisica come nella vita di tutti i giorni.
L’esperimento, ad esempio lo sfarfallio incerto di una luce al neon, ha diversi risultati possibili,
la cui probabilità si dice non-zero. Noi ci accorgiamo unicamente del verificarsi di uno dei
risultati possibili, quello che si avvera nel mondo che osserviamo (la luce si accende in un
determinato momento), ma secondo la MWI tutti i risultati possibili si realizzano, ognuno in un
mondo differente. In tal senso questa interpretazione della meccanica quantistica si può dividere in
due parti: una teoria matematica rigorosa e una spiegazione delle nostre esperienze alla luce di
questa teoria e in correlazione con il concetto di stato quantico dell’Universo, ossia della
funzione d’onda che lo descrive.

Perciò è dalla teoria matematica che prende le mosse l’interpretazione dei Molti Mondi. Lei la
definisce una teoria estremamente economica ed elegante. Da che cosa è nata l’esigenza di un nuovo
formalismo matematico?
Lev Vaidman: E’ importante comprendere il fatto che il formalismo della meccanica quantistica, le
equazioni quantistiche, danno una rappresentazione della realtà che corrisponde a quella dei molti
mondi. Una realtà nella quale in un esperimento quantistico tutti i risultati possibili si avverano.
Questo è stato chiaro fin dagli inizi della fisica dei quanti, ma l’idea è sempre stata considerata
tanto assurda e in palese contraddizione con l’osservazione sperimentale da pretendere
l’introduzione del postulato del collasso: l’esito di un esperimento quantistico non è determinato
dalle condizioni iniziali dell’Universo prima dell’esperimento, ma solo le probabilità sono
governate dallo stato iniziale. Ecco “spiegato” il perché osserviamo l’avverarsi di uno solo dei
risultati possibili. Nel corso degli anni i fisici sono stati, però, molto scontenti di questo
postulato e hanno provato a risolvere il problema modificando oppure aggiungendo qualcosa alla
meccanica quantistica (definendo il collasso come un effetto casuale genuino, o introducendo
l’ontologia delle traiettorie della particella bohmiana). Dal mio punto di vista questi tentativi
non hanno avuto molto successo. Al contrario la teoria dei Molti Mondi si presenta come una proposta
per rimanere fedeli alla meccanica quantistica, così come è nata originariamente senza bisogno del
postulato del collasso, e quindi consente di ammettere le conseguenze filosofiche di questa teoria,
ossia che ci siano mondi paralleli in ognuno dei quali si avvera uno e uno solo dei possibili
risultati di un esperimento quantistico. Non ci sono evidenze sperimentali in favore della teoria
del collasso e contro la teoria dei Molti Mondi. La MWI è una teoria deterministica per un universo
fisico e spiega perché il (o, meglio, un) mondo appare non deterministico agli osservatori umani.

In base a che cosa si crea un nuovo mondo? Ossia, qualsiasi possibilità si trasforma in un mondo e
quindi si realizza?
Lev Vaidman: Non tutti i mondi che si possono immaginare esistono. Quando si costruisce un
esperimento quantistico c’è una probabilità non-zero che ci sia un insieme di risultati. Quello che
sappiamo è che ci sarà una separazione in un numero di mondi pari al numero di possibili esiti che
vengono associati a questo esperimento. Per proseguire nell’esempio di prima, potrà accadere che io
sia condizionato da una luce al neon rotta che si accende e si spegne, e questo evento potrà
cambiare o ritardare una mia scelta. Questo è un evento quantistico e provocherà una separazione e
la nascita di mondi distinti. Perché avvenga questa separazione abbiamo bisogno di una situazione
fisica particolare che ne sia causa. La meccanica quantistica ci assicura che ci sono un certo
numero di esiti per un esperimento, ma non ci assicura del fatto che io sia sufficientemente forte o
sufficientemente convinto di dare atto a qualcosa, pur se nell’esperimento i diversi esiti sono
previsti. Se non sono sicuro di poter dividere il mio mondo in due strade distinte, probabilmente io
non darò seguito all’esistenza di entrambe queste strade. Quello che io non posso fare è fermare
questo dispositivo quantistico e gli esiti che può dare.

Si tratta senz’altro di comprendere un nuovo significato dei termini fondamentali utilizzati per
descrivere l’Universo dal punto di vista della MWI. Cerchiamo di capire più a fondo: che cos’è Un
Mondo e dove si collocano i Molti Mondi?
Lev Vaidman: La fisica descritta dall’equazione di Schrödinger, che riassume il formalismo dei Molti
Mondi, dovrebbe mettere in connessione l’interpretazione matematica con la nostra esperienza. Ma, in
effetti, non esiste un linguaggio adeguato ed è perciò necessario aggiungere delle spiegazioni. Per
definire Un Mondo nella MWI si può far ricorso alla definizione basata sul comune punto di vista
condiviso dagli esseri umani: Un Mondo è la totalità degli oggetti macroscopici in uno stato
definito, descritto classicamente. Ciò, però, non implica che Un Mondo possa essere descritto come
“tutto ciò che esiste”, perché “tutto ciò che esiste” è l’Universo tridimensionale, il solo Universo
fisico che esiste. L’ontologia di questo Universo in termini di meccanica quantistica è uno stato
quantistico. Viene frequentemente chiamato come funzione d’onda quantistica e questa funzione d’onda
quantistica è lo spazio delle configurazioni. Lo spazio delle configurazioni è la moltiplicazione
dello spazio usuale per molte variabili, molte particelle. Quindi c’è ancora un significato per il
nostro spazio normale tridimensionale, possiamo chiederci che cosa sta succedendo in una particolare
area, in un particolare spazio. Ma siccome ugualmente le particelle che ci sono in questa zona
possono essere intrecciate, entangled, con le particelle di un’altra zona, dunque non ci potrà
essere una descrizione di una particolare area in termini di stato puro quantistico. Per la fisica
la località è molto importante. Se tu fai qualcosa in un posto, niente potrà cambiare in un altro.
Questo è a livello dell’universo fisico. Questi mondi di fatto sono una particolare decomposizione
della funzione d’onda dell’Universo. Non sono locali perché sono presenti dappertutto. Dove si
collocano i Molti Mondi? Stanno tutti nel nostro spazio tridimensionale e vivono in parallelo. Ogni
parte della funzione d’onda sente tutto lo spazio. E ce ne sono alcuni che tra loro sono davvero
molto differenti.

Quanto differenti? Non posso trattenermi dal domandare se in uno degli altri mondi io potrei essere
completamente diversa da quella che sono in questo mondo.
Lev Vaidman: Ognuno di noi può esistere in un mondo e non esistere in un altro e quindi presentarsi
o meno come osservatore di questo mondo. Ci può essere un particolare evento quantistico per il
quale questo osservatore viene creato mentre in un altro mondo non lo sarà. Potrebbe essere un
evento quantistico che cambia il mio percorso da un punto a un altro. In uno di questi mondi
incontro una donna e metto al mondo dei figli, mentre in un altro non lo faccio o lo faccio in un
momento molto posteriore. Quando, un osservatore compie una qualsiasi misura abbiamo una divisione
in due storie diverse. Se possiamo inserire queste storie diverse nella funzione d’onda più generale
abbiamo, allora, più mondi diversi. Di fatto un mondo è una particolare storia. Mondi differenti
corrispondono a storie differenti. Tutti gli oggetti possono trovarsi in posti differenti e se sono
nello stesso posto appartengono anche alla stessa storia. Non posso avere esperienza di questo, ma
posso crederlo. Se ricordo di aver fatto un particolare esperimento quantistico, con la convinzione
di fare un esperimento con un certo esito ed un altro con un esito diverso, io sono abbastanza
sicuro che c’è un altro me in un mondo parallelo. Questo mondo che osservo non è più reale di un
altro.

Che cosa vuole dire IO nell’ambito della MWI? Come posso ancora parlare della mia identità?
Lev Vaidman: Nel linguaggio usuale io sono definito in maniera molto precisa: io sono un oggetto
macroscopico, definito in un particolare momento di tempo, attraverso una descrizione completa e
classica dello stato del mio corpo e del mio cervello. Ma nell’interpretazione dei Molti Mondi
quello che io sono ora, tra qualche minuto, quando farò l’esperimento quantistico, si dividerà in
due IO, che avranno in comune solo il ricordo di quel momento e del prima, non il futuro. Ora che
senso ha dire che ci sarà un altro IO o chiedersi quale dei due IO mi apparterrà di più? Già in
questo momento ci sono molti Lev in molti mondi diversi e neppure la loro somma rappresenta il
concetto di IO, benché io corrisponda a tutti quei Lev. E’ chiaro che in quest’ottica si deve
abbracciare la critica al concetto di identità personale.

Qual è in questa teoria il ruolo della dimensione temporale?
Lev Vaidman: Nella meccanica quantistica, il tempo è un parametro, e si comporta senza proprietà
particolari. E’ lo stesso tempo per questo grande Universo fisico e per ciascuna parte di questo
Universo rappresentato dai Molti Mondi. Se voglio andare a una teoria fisica più generale che tenga
conto ad esempio della gravità quantistica e comunque voglia rispondere anche ad altre domande, in
questo caso dovrei cambiare il mio atteggiamento nei confronti del tempo. Ma nel quadro della
meccanica quantistica e dell’interpretazione dei Molti Mondi il tempo non è un problema. Nella
meccanica quantistica c’è un tempo che va da meno infinito a più infinito, ed è rilevante per la
funzione d’onda associata a tutto l’Universo. La funzione d’onda è decomposta, secondo un certo
criterio, in tanti rami che corrispondono ai diversi mondi. E quindi quello che succede col tempo è
che alcuni di questi rami si dividono ulteriormente. Ci saranno pertanto alcuni mondi che nascono in
un particolare momento e che non esistono in un altro momento. Il collasso è una separazione di
mondi. Nel momento del collasso ciascuno di questi mondi inizia la sua evoluzione a partire da quel
momento.

Risulta difficile capire il peso delle nostre scelte in un Universo in cui tutti i risultati
possibili (o quasi) accadono. Quale metro di valutazione resta per indirizzare i nostri
comportamenti?
Lev Vaidman: In effetti ci si può domandare come dovrebbe agire chi crede nella teoria dei Molti
Mondi. Di fatto in questa teoria il concetto di probabilità non ha significato perché tutte le
possibilità avvengono: si tratta di una teoria deterministica, non c’è casualità né ignoranza (i due
elementi che definiscono la probabilità). Questo potrebbe portare ad un comportamento del tutto
irrazionale o all’incapacità di compiere delle scelte. A mio parere la questione va risolta
introducendo il concetto di misura di esistenza. In un qualsivoglia esperimento quantistico, pur
nella convinzione che tutti i risultati si verificheranno, si può definire l’incidenza di un
risultato rispetto a quella di un altro. Un risultato con una maggiore incidenza corrisponderà ad un
mondo con una maggiore misura di esistenza. Abbiamo già detto che io sono strettamente legato a
tutti i miei “successori” che si divideranno a seguito di un esperimento quantistico. Questo vuol
dire che dovrò preoccuparmi della sorte che toccherà a tutti i Lev dei mondi che si creeranno
proporzionalmente alla loro misura di esistenza. Cercherò di favorire il mondo con misura di
esistenza più grande, senza però dimenticarmi dei mondi meno importanti.

Non si torna così a reintrodurre di fatto il concetto di probabilità?
Lev Vaidman: C’è una seria difficoltà con il concetto di probabilità nel contesto della MWI. In una
teoria deterministica, quale è la MWI, il solo possibile significato di probabilità è una
probabilità di ignoranza, ma non ci sono informazioni rilevanti delle quali un osservatore che si
sta accingendo a fare un esperimento quantistico sia ignorante. Non ha senso domandare quale
probabilità ci sia che il risultato sia A o B, perché io corrisponderò ad entrambi i Lev: quello che
osserva il risultato A e quello che osserva il risultato B. Ho tentato di risolvere il problema
costruendo una probabilità di ignoranza nel quadro della MWI. I mondi che si creano a seguito di un
esperimento quantistico, si formano prima che l’osservatore si accorga del risultato. Ciò diventa
più comprensibile nel caso in cui all’osservatore venga dato un sonnifero immediatamente prima
dell’esperimento. Quando si sveglia certamente l’osservatore si troverà di fronte al risultato A o
al risultato B, ma prima di aprire gli occhi sarà ignorante riguardo a questo fatto nel momento in
cui gli viene posta la domanda. Ora la “probabilità” di un risultato di un esperimento quantistico è
proporzionale al totale delle misure di esistenza di tutti i mondi che si realizzano. Così posso
definire la probabilità di un risultato di un esperimento quantistico, che deve essere ancora fatto,
come la probabilità di ignoranza del successore di Lev riguardo all’essere in un mondo con un
particolare risultato. L’argomento del sonnifero non riduce la probabilità di un risultato di un
esperimento quantistico al concetto usuale di probabilità del contesto classico. La situazione
quantistica è fondamentalmente differente. L’argomento semplicemente spiega il principio di
comportamento al quale uno sperimentatore si deve affidare: agire come se ci fosse una certa
probabilità per risultati diversi. Dal momento che, come si è detto, lo sperimentatore è
strettamente legato a tutti i suoi successori e, tutti loro vivranno come rilevante ogni risultato
della scelta dello sperimentatore.

Esiste la possibilità di un collegamento tra i Molti Mondi? E qualora fosse possibile si tratterebbe
di una connessione locale o non-locale?
Lev Vaidman: Per le situazioni pratiche i mondi, dal punto di vista macroscopico, sono mondi diversi
e quindi evolveranno separatamente. Solo teoricamente è possibile costruire un esperimento gedanken
in cui riunire i mondi. Per farlo sarebbe necessario causare un’ulteriore divisione tra questi
mondi. Poniamo di avere i mondi A e B. Dovremmo dividere il mondo A in C e D e dividere il mondo B
in C e in un qualsiasi altro mondo. Almeno un mondo dovrebbe essere comune. Allora i due mondi
separati potrebbero fare interferenza. Il problema è che, però, nel caso degli oggetti macroscopici
separati è estremamente difficile, per non dire attualmente impossibile, farli interferire. Se
abbiamo avuto successo fino ad oggi a stabilire interferenza, ciò è stato possibile solo con
molecole che sono composte al massimo da 70 atomi. Un corpo macroscopico ha 1020 atomi. Comunque
ipotizzando di poter fare interferire due oggetti macroscopici, bisogna ricordare che il singolo
mondo è un concetto non locale, mentre l’Universo è locale. Avremmo bisogno di portare un oggetto
macroscopico in un punto comune in ciascuno dei due mondi. Proprio qui dovrebbe avvenire l’ulteriore
separazione. Ciascun atomo, e molecola, dei due oggetti macroscopici dei due mondi dovrebbe
mantenere la stessa posizione. Questo processo avverrebbe in tutta la zona in cui l’oggetto esiste e
quindi anche localmente tutti i punti dovrebbero essere uguali. Quando si dividono due mondi dal
punto di vista dell’Universo c’è un forte effetto entanglement, perché tutte le particelle che erano
presenti nello stesso punto, sono ora separate. Tutte le particelle del corpo sono “intrecciate”
(entangled) alle loro corrispondenti e noi abbiamo bisogno di separarle nuovamente. Questo
entanglement deve essere distrutto almeno in un ramo per tornare allo stesso mondo, per creare
interferenza tra i mondi. Se voglio tornare ad un solo mondo devo ripercorrere il processo al
contrario, attuando una evoluzione che riporti i due mondi al punto iniziale.

Il suo approccio è senz’altro molto ortodosso e legato alla forza del formalismo matematico, ma
ugualmente si spinge in regioni in cui il limite tra scienza e filosofia è molto labile. Quale la
relazione tra fisica e metafisica?
Lev Vaidman: In effetti ci muoviamo lungo questo limite. La mia ricerca ha a che fare con la
metafisica, che non considero una brutta parola. Quando ragioniamo in termini di MWI, se pur
descrivendo una realtà apparentemente lontana dal nostro modo di vedere il mondo, riusciamo a
spiegare esperienze e paradossi che altrimenti restano inspiegabili. E riusciamo a farlo attraverso
un formalismo matematico, il più economico ed elegante possibile.

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