La Catastrofe del Vuoto

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La Catastrofe del Vuoto

di Amira Val Baker

Il vuoto non corrisponde a quanto dice il suo nome, ma è associato all’energia, la domanda è, a
quanto ammonta tale energia?

Sulla risposta non c’è ancora accordo, fisici quantistici e cosmologi si oppongono. Tuttavia, tale
dibattito è piuttosto importante, ha un significato di 122 ordini di grandezza. Questa discrepanza è
detta catastrofe del vuoto, ritenuta una delle peggiori predizioni della fisica conosciuta. Tutto
dipende da come si vede il vuoto. Alla scala quantistica gli scienziati sono solo in grado di fare
inferenze su ciò che sta accadendo. Anche se tali inferenze sono piuttosto precise, la fisica
quantistica può fare predizioni molto corrette. Questo potere predittivo non ci da però una
conoscenza della natura del mondo quantistico e quindi del vuoto quantistico. In passato si pensava
solo ad una convenienza matematica senza fisicità rilevante, pensiero cementato dall’esperimento
Michelson-Morley del 1887, col quale si concluse che lo spazio fosse vuoto assoluto. Tuttavia, per
quanto doloroso per alcuni, iniziò a circolare la voce sul vuoto oscuro. Nel 1947, Hans Beth mostrò
che le osservazioni spettrali dell’idrogeno potevano essere spiegate includendo gli effetti delle
“fluttuazioni del vuoto quantistico”.

Grandi scienziati come Dirac ipotizzarono tale effetto più di un decennio prima, detto Mare di Dirac
e chiaramente Newton e Maxwell non consideravano uno spazio completamente vuoto, ma lo vedevano
simile ad un fluido. Einstein nei suoi ultimi periodi disse che “secondo la teoria generale della
relatività, lo spazio senza etere è impossibile”. Infine, nel 1996 gli effetti del vuoto
quantistico, teorizzati da Hendrik Casimir e detto effetto Casimir, vennero misurati e quindi si
verificarono gli effetti di un reame intangibile. L’idea di spazio non vuoto ora sembra il consenso
generale, come descrive ad esempio Frank Wilczek (vincitore del Nobel) che ci definisce “…figli
dell’etere…” nel suo discorso pubblico del 2017 intitolato “Materiality of a Vacuum”.

Effetto Casimir

Quando due piastre metalliche vengono messe in un vuoto, sono spinte una contro l’altra. Questo
avviene perchè il vuoto contiene energia in diverse modalità di oscillazione, onde. Alcune onde
occuperanno lo spazio tra le piastre e altre occuperanno lo spazio esterno. La differenza di densità
di energia sulle piastre risulterà in una loro attrazione. Per misurare questo mare infinito di
energia, possiamo semplicemente sommare la più piccola energia possibile di un oscillatore armonico,
per tutti i modi di oscillazione possibili. Minore sarà la lunghezza d’onda della vibrazione,
maggiore sarà la sua frequenza e quindi il suo contributo alla densità del vuoto e così avremo un
risultato di infinita densità. Dobbiamo quindi definire prima il nostro quadro di riferimento e
includere solo lunghezze d’onda maggiori di esso. L’ovvio quadro di riferimento è la lunghezza di
Planck, la più piccola unità di energia nell’Universo (almeno nel nostro), quindi il valore a cui
arriviamo è immenso, 10^93 g/cm^3, una densità molto elevata!

Se invece osserviamo la scala opposta, quella cosmologica, troviamo un valore più piccolo di 122
ordini di grandezza, per fare la misura in questa scala dobbiamo basarci sulle osservazioni degli
astrofisici e qualche ipotesi del modello cosmologico. La prima ipotesi dice che viviamo in un
Universo omogeneo e isotropico, ovvero l’Universo appare identico in tutti i punti (omogeneità) e
privo di direzione preferita (isotropico), ma questo implica che non stia ruotando e ne discuteremo
un’altra volta. La seconda ipotesi dice che a grandi scale l’Universo appare piatto. Come per molte
altre cose, esiste un punto critico in cui avvengono cambiamenti, il modello corrente afferma che
viviamo in un Universo piatto e perchè sia vero, allora la densità totale di massa ed energia
dell’univero deve essere pari a tale valore ciritico. In base alle correnti osservazioni, il mondo
materiale è pari al 5% di queste densità critica dell’Universo, mentre materia oscura (27%) ed
energia oscura (68%) costituiscono la parte restante.

La terza ipotesi dice che l’Universo è in espansione e venne proposta nel 1972 dall’astronomo e
cosmologo Georges Lemaître, che postulò l’esplosione del super-atomo primordiale come origine
dell’Universo. Questa idea fu uno shock per gli scienziati di quel tempo e si credeva in un Universo
statico, ma nel 1929, osservando le galassie, Edwin Hubble scoprì che la loro velocità di recessione
aumentava con la distanza, quindi lo spazio tra esse si espandeva. La frequenza di espansione, ora
detta costante di Hubble, è il parametro principale nel modelli di Universo in espansione. Altra
costante conosciuta è detta costante cosmologica, introdotta da Einstein nel 1917 per fermare una
espansione dell’Universo come predetto dalle sue equazioni, ma alla luce della scoperta di Hubble,
Einstein comprese che le sue equazioni erano corrette e rimosse la necessità di una costante
cosmologica.

Infine si scoprì che l’espansione avveniva in modo accelerato, quindi la costante cosmologica venne
reintrodotta come energia “negativa” alla base del fenomeno. Quindi nonostante sia una costante, non
sembra essere proprio tale, deve esserci o no? Ecco la domanda.

Assumendo che l’Universo sia pervaso da una forma di energia (detta energia oscura) e che la
rappresentiamo in termini di costante cosmologica, allora la risposta è sì, dovrebbe esserci. Invece
di essere solo un fattore aggiuntivo, la costante cosmologica è accoppiata alla densità, la densità
critica di 10^-29 g/cm^3, che è di 122 ordini di grandezza inferiore a quanto predetto dalla teoria
quantistica dei campi!
Per comprendere meglio il punto e risolvere la discrepanza, dobbiamo iniziare con una visione
quantizzata dell’universo dalla scala molto piccola a quella molto grande. Il modello olografico
generalizzato introdotto da Nassim Haramein offre tale visione e riguarda le unità di Planck, che
rappresentano il bit fondamentale di informazione dell’universo.

In questo modello, l’energia o informazione di ogni sistema sferico è proporzionale al numero di
Unità Sferiche di Planck (PSU) o voxels nel volume sferico e al numero di voxels sulla superficie
dell’orizzonte sferico. Questa relazione olografica tra l’interno e l’esterno definisce la densità
di massa-energia del sistema, mentre l’inverso definisce la massa espressa dal sistema in ogni
momento dato. Quando pensiamo alla massa del protone in termini di numero di voxels che contiene,
troviamo una densità di massa-energia equivalente alla massa dell’Universo. Se questa energia del
vuoto nel volume di un protone viene espansa fino al raggio dell’Universo, la densità di energia del
vuoto di tale Universo arriverebbe proprio al valore della costante cosmologica di 10^-29 g/cm^3. Il
valore che otteniamo con questo approccio ci porta al valore della materia oscura e questo
suggerisce che la materia oscura sia in realtà l’effetto dell’energia interna dei protoni o la
densità di energia del vuoto alla scala dei protoni.

In modo simile, se guardiamo l’energia esterna disponibile in termini di voxels di Planck
sull’orizzonte di un Universo sferico, si scopre che equivale esattamente alla densità critica
dell’Universo senza necessità di aggiungere una materia o energia oscura. Ovvero, se usiamo la
densità di energia del vuoto alla scala di Planck (10^93 g/cm^3), con la proporzione di energia
disponibile sull’orizzonte sferico, troviamo che con l’espandersi di tale orizzonte alla dimensione
del nostro Universo, la densità di energia decresce di 122 ordini di grandezza. Questo risultato ci
fa ipotizzare che un protone sia sfuggito da un altro Universo e si sia espanso generando il nostro,
proprio come fosse il super-atomo primordiale di Lemaître. Si potrebbe anche concludere dalla nostra
comprensione dell’energia o informazione, che l’Universo si stia espandendo e stia accelerando,
perchè sta facendo conoscenza di sè stesso e quindi richiede ulteriore superficie per immagazzinare
informazione olografica, quindi la frequenza di espansione è governata da un gradiente di pressione
dovuto al potenziale di trasferimento di informazione all’orizzonte.

Questa visione quantizzata dell’Universo non è solamente in grado di risolvere la catastrofe del
vuoto, ma offre anche indizi sull’evoluzione e la dinamica del nostro Universo, i dettagli di questo
lavoro sono stati pubblicati di recente nel Journal of High Energy Physics, Gravitation and
cosmology.

Dr. Amira Val Baker, RSF Research Scientist

resonancescience.org

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