La catastrofe del vivere, di Jon Kabat-Zinn

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La catastrofe del vivere, di Jon Kabat-Zinn

Non e’ facile riassumere in poche parole l’intera gamma delle
esperienze che ci mettono a disagio, che ci provocano dolore e che
alimentano un sotterraneo senso di paura, insicurezza e impotenza. Se
dovessimo farne un elenco, esso comprenderebbe certamente la nostra
vulnerabilita’ e mortalita’. Potremmo includervi anche la tendenza
collettiva dell’umanita’ alla crudelta’ e alla violenza nonche’
l’immensa mole di ignoranza e avidita’, illusione e inganno che
governa le nostre azioni e le azioni umane in generale.

Come definire la somma delle debolezze, limitazioni e inadeguatezze
umane, delle malattie e invalidita’ con cui dobbiamo convivere, degli
incidenti, delle sconfitte e dei fallimenti che abbiamo vissuto o che
temiamo, delle ingiustizie e dello sfruttamento di cui abbiamo
sofferto o a cui cerchiamo di sfuggire, della perdita di persone
amate e, prima o poi, del nostro stesso corpo? Una metafora che
esprima tutto cio’ dev’essere una metafora non sentimentale. Deve
rappresentare anche il fatto che vivere non e’ un disastro, solo
perche’ siamo esposti alla paura e al dolore; deve contenere la gioia
insieme alla sofferenza, la speranza insieme alla disperazione, la
calma insieme all’agitazione, l’amore insieme all’odio, la salute
insieme alla malattia.

Quando cerco di descrivere l’immensita’ della condizione umana che
tutti prima o poi nella vita ci troviamo a dover affrontare e in
qualche modo trascendere, mi torna sempre alla mente una battuta del
film Zorba il greco, tratto dal romanzo di Nikos Kazantzakis. Quando
l’inglese si rivolge a Zorba e gli chiede: “Zorba, sei mai stato
sposato?”, la risposta di Zorba e’ piu’ o meno: “Non sono forse un
uomo? Certo che sono stato sposato. Moglie, casa, figli, tutto
quanto… l’intera catastrofe!’

Non e’ un lamento, e neppure Zorba vuol dire che essere sposato e
avere figli sia una disgrazia. La sua risposta contiene invece un
supremo apprezzamento della ricchezza della vita e insieme
dell’inevitabilita’ dei suoi dilemmi, dolori, tragedie e ironie. La
via di Zorba consiste nel danzare nella tempesta di questa
catastrofe’, nel celebrare la vita, nel riderne e ridere di se’,
anche di fronte al fallimento e alla sconfitta. In questo modo egli
non e’ mai schiacciato dalle circostanze a lungo, non viene mai in
ultima analisi sconfitto, ne’ dal mondo ne’ dalla sua propria non
indifferente follia.

Chiunque abbia letto il libro puo’ immaginare facilmente quanto
vivere con Zorba possa essere stato letteralmente ‘catastrofico’ per
sua moglie e per i suoi figli: non di rado l’eroe pubblico che tutti
ammirano si lascia dietro una scia di sofferenze nella vita privata.
Tuttavia, fin dal mio primo incontro con quella frase ho sentito che
‘l’intera catastrofe’ coglie qualcosa del coraggio dello spirito
umano nell’affrontare gli aspetti piu’ difficili della vita, e nel
trovare in essi lo spazio per crescere in forza e in saggezza. Per me
affrontare l’intera catastrofe significa scoprire e affrontare la
parte piu’ umana di noi stessi. Non c’e’ un solo essere umano al
mondo che non si trovi di fronte alla propria versione personale
dell’intera catastrofe.

‘Catastrofe’ in questo contesto non significa disastro: significa
piuttosto la pregnante enormita’ dell’esperienza del vivere. Include
le grandi crisi e disgrazie, ma anche la somma di tutte le piccole
cose che possono contrariarci. Ci ricorda che la vita e’ un fluire
continuo, che tutto cio’ che appare permanente e’ in realta’ solo
momentaneo e costantemente in via di trasformazione. Questo vale per
le nostre idee, per le nostre relazioni, per le cose che possediamo,
per cio’ che creiamo, per il nostro corpo, per tutto.

In questo libro studieremo l’arte di abbracciare l’intera catastrofe.
Vogliamo impararla affinche’ le tempeste della vita, invece di
toglierci forza e speranza, ci insegnino a vivere, a crescere e a
guarire, in questo mondo fluido, mutevole e a volte doloroso.
Quest’arte ci impone di imparare a guardare noi stessi e il mondo in
modo nuovo, e a lavorare con il nostro corpo, con i nostri pensieri,
con le nostre emozioni e percezioni in modo nuovo; e ci richiede di
imparare a ridere un po’ di piu’ (anche di noi stessi), cercando
nello stesso tempo di conservare il nostro equilibrio il piu’
possibile. Oggi l’intera catastrofe e’ in evidenza su molti fronti.
Una scorsa ai quotidiani e’ sufficiente a delineare un interminabile
fiume di sofferenze e di infelicita’, in gran parte inflitte da un
essere umano a un altro o da un gruppo di esseri umani a un altro. La
radio e la televisione riversano su di noi una massa di immagini
strazianti di violenza e dolore, descritte con giornalistico
distacco, come se la morte e la sofferenza di esseri umani in Medio
Oriente, in India, in Sudafrica, in Cina o in Italia fossero eventi
naturali quanto quelli del bollettino meteorologico che segue le
notizie.

E anche se non leggiamo i giornali e non guardiamo la televisione, la
catastrofe del vivere ci e’ sempre accanto. Si manifesta nelle
pressioni a cui siamo sottoposti a casa e sul lavoro, nei problemi e
nelle frustrazioni che incontriamo, negli equilibrismi che ci sono
richiesti per sopravvivere in questo mondo frenetico e competitivo.
Possiamo estendere l’elenco di Zorba e includere, oltre alla moglie o
al marito, alla casa e ai bambini, il lavoro, i conti da pagare, i
genitori, gli amanti, i suoceri, la morte, la poverta’, la malattia,
gli incidenti, le ingiustizie, la rabbia, i sensi di colpa, la paura,
la disonesta’, la confusione e cosi’ via. La lista delle situazioni
stressanti della vita e’ interminabile; e cambia continuamente,
perche’ nuovi avvenimenti si producono continuamente e continuamente
ci richiedono un qualche tipo di adattamento o di risposta.

[Da _Guida alla meditazione come terapia (Full Catastrophe Living)_
di Jon Kabat-Zinn, RED, 1993, ISBN 88-7031-389-1]

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